Libri di Barbara Nacar
Natura cognitiva della sentenza di patteggiamento e rimedi impugnatori
Barbara Nacar
Libro: Libro in brossura
editore: CEDAM
anno edizione: 2022
pagine: 504
L’introduzione del comma 2 bis, nell’art. 448 c.p.p., ad opera della legge n. 103 del 2017, che – innovando rispetto al sistema dell’88 – per la prima volta, ha delineato i casi di ricorso in cassazione contro le sentenze di patteggiamento, diventa l’occasione per riflettere ancora sul rito semplificato, sebbene dottrina e giurisprudenza, fin dai primi esordi dell’istituto, si siano a lungo impegnate nella esegesi delle disposizioni che lo regolano. E, poiché la Carta dei diritti costituisce un punto di riferimento imprescindibile per il legislatore nel momento della produzione normativa ma, al tempo stesso, una insostituibile guida per l’esegeta nella sua attività interpretativa, la lettura di quelle norme è condizionata – deve essere condizionata – dai precetti contenuti nella Costituzione. Dunque, solo dopo aver individuato gli irrinunciabili capisaldi sui quali fonda il modello di processo costituzionale si potrà procedere alla corretta ermeneusi della disciplina codicistica del patteggiamento, prediligendo l’interpretazione che risulti ossequiosa di quel tipo di organizzazione o, laddove non sia possibile, riconoscendo la incostituzionalità dell’istituto. Uno sguardo ai meccanismi negoziali adoperati oltre confine appare, poi, un utile ed ulteriore prospettiva di studio, sotto un duplice versante. In un’ottica di armonizzazione, le fonti comunitarie, da lungo tempo, hanno sollecitato gli Stati membri ad uniformarsi nella disciplina dei modelli alternativi di definizione del processo e, a tal uopo, sono state predisposte minime garanzie che dovrebbero essere assicurate in tutti gli Ordinamenti giuridici. Sicché, diventa importante comprendere se il legislatore italiano si sia adeguato ad esse. Sotto altro aspetto, l’esame dei più rilevanti modelli di giustizia consensuale adottati dagli Stati comunitari – e dei relativi mezzi di gravame esperibili avverso la sentenza recettiva dell’accordo – potrebbe divenire un riferimento proficuo per individuare possibili alternative alle tipiche forme negoziali predisposte nel nostro sistema processuale. Una volta ricostruito l’istituto alla luce di tutte queste indicazioni, si potrà riflettere sulle vicende impugnative. Invero, se il legislatore del 2017 ha ridotto le questioni prospettabili nel giudizio in cassazione ragionando sulle specificità del procedimento semplificato e sugli spazi di negoziabilità ivi riconosciuti, è conseguenziale che qualsiasi critica sulla disciplina codicistica che delinea gli strumenti attivabili e le doglianze contestabili in quella sede, possa essere correttamente svolta solo quando si sia chiarita la natura giuridica della sentenza recettiva dell’accordo formulato dalle parti.
Legalità della pena e poteri del giudice dell'esecuzione
Barbara Nacar
Libro: Libro in brossura
editore: CEDAM
anno edizione: 2017
pagine: 344
Negli ultimi anni, il diritto vivente, nel riscrivere le regole che disciplinano il procedimento esecutivo, ha attribuito, al giudice che governa la fase, la legittimazione a ripristinare la legalità della pena, pure in assenza di una espressa previsione normativa che gli riconosca la funzione. Gli innovativi principi, coniati in materia dalle Sezioni unite, recepiscono i dicta provenienti dalla Corte di Strasburgo, la quale colloca la legalità penale nell'alveo dei diritti fondamentali della persona, non derogabili neppure in tempo di guerra o di altro pubblico pericolo che minacci la Nazione. Oggi, dunque, il giudice può intervenire sul trattamento penale - oltre che nei casi indicati dal codice e in quelli già ammessi dalla giurisprudenza più remota - quando la sanzione sia divenuta illegale per effetto di una pronuncia della Consulta che abbia ablato dall'Ordinamento la norma utilizzata per determinare il debito punitivo; quando sia la stessa Corte di Strasburgo a ritenere che la pena contrasti con i principi convenzionali; nonché qualora la illegalità sia dovuta ad un errore commesso nel giudizio cognitivo. Il presente studio, dunque, partendo dall'analisi delle vicende storico-processuali che hanno indotto il Supremo consesso a tali originali affermazioni, mira a chiarire quale sia la pena illegale emendabile dal giudice dell'esecuzione, per trarne coerenti regole comuni da applicare in casi non direttamente considerati dalla giurisprudenza, sebbene riconducibili alla medesima ratio. L'operazione è necessaria non solo per evitare soluzioni eterogenee delle prassi giudiziarie di fronte a fattispecie omologhe; ma anche per rileggere le disposizioni codicistiche che consentono al giudice dell'esecuzione, sia pur in ipotesi eccezionali, di modificare la pena comminata con sentenza divenuta irrevocabile.

