Libri di Sait Faik Abasiyanik
Ora è il tempo per amarsi
Sait Faik Abasiyanik
Libro: Libro in brossura
editore: Lunargento
anno edizione: 2020
pagine: 112
Sait Faik (1906 -1954), uno dei più grandi scrittori turchi di racconti e poesie, scrive d'amore per l'umanità intera, per l'uomo singolo, per i giovani, per la natura. Sono poesie, le sue, colme di passioni, inconfessabili o più aperte, e di sensi di colpa, che esprimono un appello rivolto al mondo intero, agli elementi tutti, perché lo soccorrano. Un grido d'amore lanciato dalla sensibilità unica di Sait, che sa cogliere, con l'occhio attento della sua inquietudine, la bellezza moltiplicata dai riverberi del mare di Istanbul e della sua isola, Burgaz.
Un uomo inutile
Sait Faik Abasiyanik
Libro: Copertina morbida
editore: Adelphi
anno edizione: 2021
pagine: 263
«Lui è nato per osservare il mondo con meraviglia» scrive Sait Faik Abasiyanik di uno dei suoi tanti doppi che compaiono in questi racconti. «Per stupirsi senza capire nulla. Camminare per le strade, vedere e non vedere che cosa fa la gente». E poi? «Indugiare su un ponte e guardare in basso il colore dell'acqua, ammirare le gambe di una ragazza» - e chiedersi: «quella ragazza, chi riuscirà a baciarla?». Un incorreggibile flâneur: questo è stato Sait Faik, uno dei massimi scrittori turchi del Novecento. Dopo studi irregolari, una manciata di anni trascorsi in Francia, fiacchi tentativi, sempre falliti, di rassegnarsi a un qualsivoglia mestiere, il perdigiorno bramoso di «amare la gente» non ha fatto altro che immergersi nell'esistenza brulicante e misera dei quartieri cosmopoliti di Istanbul, e osservare avidamente, con gli occhi sempre un po' lucidi per il troppo raki, non solo gli esseri umani - lo attraggono, in particolare, certi «ragazzi di vita» che quasi mai trova il coraggio di abbordare - ma anche i cani, gli uccelli, i pesci, il cielo, il mare, i tram, le chiatte, i taxi... È qui che, tra osterie, bordelli, pasticcerie e alberghetti, vagabonda e beve per tutta la sua breve vita, fino a morire, a soli quarantotto anni, di cirrosi epatica. Eppure questo irriducibile sfaccendato riesce a perseguire con indomabile tenacia la propria vocazione letteraria, e a tracciare, un racconto dopo l'altro, una pennellata dopo l'altra, un affresco partecipe e struggente del mondo stambuliota della prima metà del Novecento - «venditori di giornali, di fiammiferi, di stecche per baveri e bustini, mercanti d'amore ... costruttori, pizzicagnoli, teatranti, scrittori, librai, acquaioli, tabaccai, professori, lustrascarpe, studenti...» - in una prosa asciutta e affilata, e insieme ebbra, franta, trafelata come dopo una lunga corsa, nella quale baluginano, qua e là, folgoranti accensioni liriche: «Desiderava tanto baciare delle labbra: morbide, umide, insipide o saporite, crepitanti come capelli elettrici... Voleva impazzire al calore di una mano».