Libri di Maria Nadotti
Modi di morire
Iona Heath
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2008
pagine: 116
Che cosa succede quando la medicina è messa in scacco da una malattia terminale o semplicemente dalla vecchiaia, vale a dire dal ciclo naturale della vita? Che rapporto si instaura tra medico e paziente, quando il crinale tra vita e morte si fa sempre piu sottile? Come dialogare con chi sta per lasciarci? Come accompagnarlo senza ridurlo a oggetto di un inutile accanimento terapeutico? Come e quando passare dalla cura all'alleviamento? Come rendere più lieve e dignitoso il trapasso? "Modi di morire" è la descrizione di un viaggio entro il cui perimetro le parole di poeti, scrittori e pensatori illuminano la lotta di uomini e donne comuni e i dettagli di vite e di morti che sono sempre, in qualche misura, straordinarie. Tra i compagni di strada di Heath: Samuel Beckett, Walter Benjamin, Hans Georg Gadamer, John Berger, Susan Sontag, W.G.Sebald, Lev Tolstoj, Isaiah Berlin, Philip Larkin, Saul Bellow, Zbigniew Herbert, Seamus Heaney, George Steiner, Roberto Juarroz, Joseph Conrad, Boris Pasternak, James Joyce, Jorge Luis Borges, scrittori che hanno familiarità con l'immaginazione sospesa dei morti.
I capolavori: Il malinteso-Il ballo-David Golder-Come le mosche d'autunno-Il vino della solitudine-Jezabel-La preda-Il calore del sangue-Il signore delle anime-Due-I cani e i lupi-I fuochi dell'autunno-I doni della vita-Suite francese
Irène Némirovsky
Libro: Libro rilegato
editore: Newton Compton Editori
anno edizione: 2016
pagine: 1579
Sono raccolti in questo volume i racconti e i romanzi più rappresentativi dell'opera letteraria di Irene Némirovsky, dal primo testo pubblicato su una rivista, "Il malinteso", all'ultimo, "Suite francese", che l'autrice non potè completare. Irene scomparve fisicamente nel campo di sterminio, ma ancora prima era stata condannata all'invisibilità dalla paura che, opprimente come le mura di un lager, si materializzava intorno a lei, donna ebrea nella Francia invasa dai nazisti. Della codardia, dell'ipocrisia, della stupidità e della grettezza ottusa si vendicò nei suoi scritti, vivisezionando con una penna acuta e affilata i vizi e le virtù dei suoi compatrioti d'elezione. Senza risparmiare nessuno: contadini dipinti in paesaggi bucolici che si rivelano rozzi, violenti ed egoisti; ricchi ebrei incatenati alla loro esistenza dorata, arida e vuota, dove contano solo i beni accumulati; madri poco materne, che Irene odia con furia e di cui smaschera la fatuità, l'aridità affettiva, il bisogno di sottomettersi per avere protezione; figlie che rinunciano alla loro vita perché ormai troppo invischiate in meccanismi di rivalità e sopraffazione. In questa foresta lussureggiante di personaggi scomodi e resi alla loro nudità, di rapporti sofferti e analizzati con precisione scientifica, ci perdiamo volentieri, risucchiati da una scrittura affascinante e magnetica, come se leggessimo un unico, lunghissimo romanzo, in cui la parola fine arriva troppo presto. Introduzione di Maria Nadotti.
I love Dick
Chris Kraus
Libro: Libro in brossura
editore: BEAT
anno edizione: 2018
pagine: 304
Filmmaker sperimentale di trentanove anni, Chris è sposata con Sylvère, docente universitario di cinquantasei anni. Non facendo più sesso, i due però non evitano affatto di parlare. Praticano anzi una rigorosa «decostruzione» a modo loro. In altre parole, si raccontano tutto. Dopo aver trascorso l'intero anno sabbatico di Sylvère in un cottage sperduto tra le montagne a un'ora e mezza da Los Angeles, una sera i due cenano in un sushi bar di Pasadena con Dick, critico culturale inglese e buon conoscente di Sylvère. Al termine della serata Dick li invita a casa sua, nel deserto di Antelope Valley, per trascorrervi la notte ed evitare così di avventurarsi sulle strade innevate. Chris si rende conto che l'inglese flirta apertamente con lei. Ma la mattina dopo, quando si sveglia sul divano letto offerto dal loro generoso ospite, Dick non c'è più. Quella scomparsa le sembra il perfetto compimento di un'intensa storia non vissuta, anzi, come confessa a Sylvère, di una «scopata concettuale».
Damasco
Suad Amiry
Libro: Libro in brossura
editore: Feltrinelli
anno edizione: 2017
pagine: 272
Damasco suona magica e favolosa, e continua a suonare così mentre si riempie di violenza e di fantasmi. Nessuno meglio di Suad Amiry poteva raccontare il fulgore del passato per aprire una porta sul presente. Il racconto comincia nel 1926, nel palazzo di Jiddo e Teta - marmi colorati, soffitti a cassettoni, fontane che bisbigliano nell'ombra -, comincia quando, dopo trent'anni di matrimonio, Teta torna per la prima volta ad 'Arrabeh, il villaggio da cui era partita poco più che bambina per andare in sposa al ricco e nobile mercante damasceno Jiddo. Il viaggio di Teta - intrapreso nella speranza di poter dare l'ultimo saluto alla madre - imprime una svolta inattesa al suo matrimonio: il sensuale Jiddo la tradisce. Il perfetto equilibrio della casa sembra spezzarsi, ma poi la vita della famiglia riprende: la dolcezza delle consuetudini smussa le asperità, i rituali attenuano e riassorbono i contrasti, gli equilibri si riassestano. Suad Amiry conduce il lettore nei cortili e nelle stanze della famiglia Baroudi, con i fastosi pranzi del venerdì, le rivalità tra i figli maschi pigri e viziati, il vincolo indissolubile tra le figlie femmine. Passano gli anni, ed è ancora una volta l'arrivo di un bambino a sparigliare le carte, a far luce nelle pieghe più nascoste dell'intimità domestica: vengono così a galla segreti inimmaginabili, come quello che lega la tenera Karimeh alla sorella maggiore Laila, che con piglio inflessibile ha assunto il ruolo di capofamiglia...
Questione di sguardi. Sette inviti al vedere fra storia dell'arte e quotidianità
John Berger
Libro: Libro in brossura
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2015
pagine: 304
Osservare un'immagine è un gesto in apparenza semplice, naturale come respirare, ma in realtà attiva meccanismi socioculturali complessi. Oggi siamo esposti a migliaia di messaggi visivi ma, paradossalmente, siamo sempre meno capaci di vedere: accettiamo senza fiatare le promesse della pubblicità e attribuiamo ai quadri del passato un valore che forse non possiedono. In una galassia di opere d'arte riproducibili, tecnicamente, all'infinito, ciò che rimane sono le immagini stesse: l'atto di vedere determina il nostro posto all'interno del mondo che ci circonda, e benché quel mondo possa essere spiegato a parole, le parole non possono annullare il fatto che il rapporto tra ciò che vediamo - per esempio il Sole che tramonta imporporando l'orizzonte - e ciò che sappiamo - la Terra scandisce il tempo ruotando su stessa - non è mai definito in modo univoco. Saper spiegare il fenomeno è sempre leggermente insufficiente rispetto a quello che vediamo. John Berger interpreta questo scarto ineludibile nei sette saggi qui raccolti - alcuni solo visivi - e suscita nel lettore una stupita meraviglia, portandolo a rimettere in discussione ciò che crede di sapere sull'arte e incoraggiandolo a usare lo sguardo in modo diverso, attivo e critico.
Il taccuino di Bento
John Berger
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2014
pagine: 174
Forse non tutti sanno che il filosofo Baruch Spinoza, detto Bento, uno degli esponenti del razionalismo del XVII secolo, antesignano dell'Illuminismo e sommo conoscitore dell'esegesi biblica, disegnava. Anzi, era intimamente ossessionato dal disegno. Dopo la scomunica e la cacciata dalla comunità ebraica di Amsterdam, si dedicò al disegno con un trasporto così assoluto che, quando non lavorava come tornitore di lenti, si rinchiudeva nel suo studio ad abbozzare figure o paesaggi, a tracciare centinaia di schizzi a matita e a china. Quando morì, i suoi amici recuperarono le sue lettere, i manoscritti, gli appunti, ma non trovarono nessuna traccia dei suoi disegni. Molti anni dopo, a John Berger viene regalato un vecchio taccuino da disegno intonso e l'autore, mosso da un impulso segreto e irresistibile, sente che quel libricino è proprio quello di Baruch Spinoza. Inizia così un dialogo a due voci e a quattro mani in cui l'autore e saggista inglese, convinto che nella silenziosa pratica del disegno risieda la chiave per accedere al senso del mondo e delle cose, immagina di rileggere le parole del filosofo olandese, e di osservare il mondo con i suoi occhi. Il risultato è un libro che, con una prosa limpida e delicata, crea un ponte tra l'Olanda del XVII secolo e il tempo inquieto in cui viviamo. Una mappa stupefacente che aiuta a orientarsi nel nostro incerto presente, a indagare la sostanza profonda delle cose, e la relazione che ci lega a esse.
La lingua rubata. Di letteratura, Palestina e silenzio. Una riflessione e un dialogo con Maria Nadotti
Adania Shibli
Libro: Libro in brossura
editore: Casagrande
anno edizione: 2025
pagine: 56
Questo libro, pubblicato in occasione dei vent’anni del festival di letteratura e traduzione Babel, riunisce uno scritto di Adania Shibli e una conversazione tra lei e Maria Nadotti. «In Palestina/Israele, crescendo ti rendi conto che la lingua è molto più di uno strumento per raccontare o comunicare. Può essere attaccata, può essere distrutta, può essere maltrattata. La questione è quindi: come ci si può fidare della lingua quando è essa stessa causa di dolore, quando ti abbandona e devi affrontare la crudeltà nella solitudine, senza parole?» Nello scritto e nella conversazione che compongono questo libro, una scrittrice palestinese guarda a quel che sta accadendo nella sua terra. Ma nel momento in cui vorrebbe dirlo, vede con sgomento la lingua ritirarsi, venirle meno. «Cosa puoi dire di fronte a una distruzione di questa portata?» osserva parlando con la saggista Maria Nadotti. «È una sensazione molto strana. Di colpo il linguaggio ti abbandona». Eppure – come è capitato in tante tragedie della storia – la letteratura resiste, cercando modi di dire l’indicibile anche quando il linguaggio sembra irreparabilmente «attaccato, spezzato, abusato». Adania Shibli è stata ospite di Babel Palestina nel 2011, in un’edizione curata con la consulenza di Maria Nadotti.
Contro il mercato della salute
Iona Heath
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2016
pagine: 109
"Le persone sane sono persone malate che semplicemente non sanno di esserlo". La battuta di una vecchia commedia è uscita dai teatri per inverarsi negli attuali sistemi sanitari. Quel paradosso va sotto il nome, in apparenza confortante, di medicina preventiva: screening di massa attuati con sofisticate apparecchiature di misurazione biometrica rilevano minime anormalità spesso indolenti e non progressive, su cui agisce poi un trattamento farmacologico di correzione della "devianza". Sollecitudine per la salute pubblica o affare colossale per il complesso medico-industriale? Iona Heath non ha esitazioni. Assimila le politiche neoliberiste in materia di rischio epidemiologico a una "licenza a stampare denaro". Ma nella sua accorata accusa contro la "combinazione tossica di interesse personale e buone intenzioni" la dottoressa Heath, tra i medici più esperti e stimati del Regno Unito, non è sola. Ricerche scientifiche pluridecennali hanno ormai dimostrato che l'illusione statistica dell'efficacia della prevenzione dipende soltanto dall'ampliamento della nozione di malattia e dall'abbassamento della soglia dei protocolli di intervento. Il risultato di questo regime di sovradiagnosi e sovratrattamento è una medicalizzazione della vita che ci fa sentire tutti un po' malati, mentre storna ingenti risorse dalla cura di chi ne ha davvero bisogno, ossia le fasce soccombenti della popolazione.
Necrologhi. Pamphlet sull'arte di consumare
Maria Nadotti
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2015
pagine: 196
Ci fissano seducenti e annoiati dalle pagine di un rotocalco, si affacciano spettrali tra le pagine di cronaca e la politica estera, giganteggiano sui muri sventrati dei palazzi in ristrutturazione. Sono attraenti e surreali, inerti e violenti, cartacei e carnali. Sono i corpi delle pubblicità, presenze ubiquitarie martellanti, a volte inavvertibili e per questo pericolose, più spesso ossessive. In un paese in cui anche i biscotti a gli strofinacci da cucina vivono rapporti simbiotici con corpi nudi a seminudi, Maria Nadotti propone una galleria di immagini raccolte in anni di ricerche, le accosta, le osserva, le giustappone, le commenta. Accetta il ruolo morale della critica ma rifiuta ogni moralismo, respinge il politically correct, indica senza additare. Affida a una scrittura vivace e febbrile, comica e militante il ruolo del controcanto. Ricava l'affresco ironico e battagliero di un paese in tempo di crisi e guerra, percorso da pulsioni inconfessabili e sempre disposto a indignarsi e autoassolversi, pronto a relegare le donne nel ruolo di vittime sacrificali o in quello di dominatrici, ora dark lady e ora bambine. "Necrologhi" si nutre di questi corpi, vaga curioso in un paesaggio dove Eros e Tanathos si avviluppano senza sosta, in cui modelle dai tacchi a spillo si aggirano tra le macerie di un bombardamento e maschi efebici giacciono distesi, un po' odalische e un po' passioni di Cristo. Perché le pubblicità sono porose, assorbono ogni cosa, la filtrano per poi espellerla...
Qui, dove ci incontriamo
John Berger
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2015
pagine: 169
Un libro nomade, che viaggia attraverso l'Europa, dove storie apparentemente disparate si rivelano parti di un tutto, momenti perduti ritrovano il loro posto. Memorie sensuali del passato penetrano nel presente. Città - Madrid, Cracovia, Lisbona, Ginevra, Londra - costituiscono ibridi rievocativi di un vecchio e nuovo mondo. Lisbona è la cornice perfetta per un incontro, una passeggiata e un lungo dialogo con il fantasma della madre: "Una vecchia con l'ombrello sedeva immobile su una panchina del parco. Con quel tipo di immobilità che richiama l'attenzione. Seduta sulla panchina del parco, voleva farsi notare". A Ginevra vive la figlia dell'autore, e c'è la tomba di Jorge Luis Borges: "Le quattro parole sulla parte frontale della stele erano, abbiamo scoperto, in inglese antico (o arcaico). And Ne Forthtedon. Non avere paura". Non c'è autore che riesca, come John Berger, a raccontare l'altra faccia delle città, dei luoghi. Non quello che si può immaginare, ma quello che si riesce a vedere solo con gli occhi dell'immaginazione. Nell'attraversare confini e barriere temporali "Qui, dove ci incontriamo" è un romanzo giocoso e inatteso.
La speranza, nel frattempo. Una conversazione tra Arundhat Roy, John Berger e Maria Nadotti
Arundhati Roy, John Berger, Maria Nadotti
Libro: Libro in brossura
editore: Casagrande
anno edizione: 2010
pagine: 50
Una scrittrice e attivista, impegnata da anni a restituire voce e visibilità agli abitanti più indifesi del subcontinente indiano, e un altrettanto formidabile narratore, artista, critico dell'arte, instancabile interprete delle «ferite del mondo». A quindici anni dal loro incontro con Maria Nadotti, questo piccolo libro permette di continuare a meditare sulle loro parole, attuali oggi come allora.
Elogio del margine-Scrivere al buio
bell hooks, Maria Nadotti
Libro: Libro in brossura
editore: Tamu
anno edizione: 2020
pagine: 264
Ventidue anni fa la prima comparsa in Italia di bell hooks, autrice di riferimento sul tema del razzismo subito dalle donne nere negli Usa. Oggi la sua riscoperta diventa quanto mai necessaria. Nei saggi di Elogio del margine, scopriamo i luoghi in cui si è svolta e si svolge la resistenza delle donne afroamericane, a partire dalla casa, scudo di protezione dalla violenza razzista. In Scrivere al buio, dialogo critico e allo stesso tempo intimo con Maria Nadotti, bell hooks mette il suo pensiero alla prova di argomenti ordinari: i rapporti familiari e di coppia, l’istruzione, l’uso del denaro, la pratica della scrittura. Il pensiero femminista deve parlare alle donne di condizione meno agiata, riconoscendo la storia particolare delle donne afroamericane.

