Libri di Matteo Morandini
Li chiamavano ye-ye. Il secondo scudetto viola e la storia di un calcio che non c'è più
Matteo Morandini
Libro: Libro in brossura
editore: Limina
anno edizione: 2011
pagine: 148
Quattro amici, ex ragazzi degli anni Sessanta, raccontano a un ragazzo dei giorni nostri l'ultima età dell'oro del calcio. Nel 1969 Firenze visse per la seconda volta nella sua storia la gioia immensa di uno scudetto. I protagonisti di quegli anni ricordano il clima di spensieratezza e di allegria in campo e nello spogliatoio, ma anche il rigore e la serietà di chi teneva in mano il timone del calcio. La freschezza e la gioventù della Fiorentina ye-ye (così venivano chiamati i giovani in quegli anni) furono la forza e il limite di un gruppo che, nella sorpresa generale, strappò applausi su tutti i campi. La forza, perché i ragazzi terribili forgiati da Beppe Chiappella e plasmati dal Petisso Pesaola giocavano un calcio veloce e moderno; il limite, perché la poca esperienza e il mal d'alta quota presentarono presto il conto. Fu l'ultimo esempio di squadra vincente costruita in casa, con un blocco di giovani talenti cresciuti nel vivaio viola ai quali venivano affiancati, di anno in anno, giocatori già affermati. Quei giovani un po' guasconi e figli del loro tempo rappresentarono la migliore miscela di genio e sregolatezza, ma anche di armonia e disciplina tattica, che ne fece una squadra perfetta, anche se solo per una stagione. Durò poco la Fiorentina ye-ye e due anni dopo lo scudetto il sogno era già finito. Ma è stata l'ultima squadra che ha cucito il tricolore sulle casacche viola.
Come nessuno. Adrian Mutu, la consacrazione di un fenomeno
Matteo Morandini
Libro: Libro in brossura
editore: Limina
anno edizione: 2009
pagine: VI-152
Che cosa fa la differenza tra un campione e un giocatore normale? La classe, senza dubbio, il talento, i trofei vinti, ma questi sono ingredienti che possono non bastare. Perché puoi anche essere un fenomeno in mezzo al campo, ma perderti quando i riflettori dello stadio si spengono e si accendono quelli della fama, della gloria facile, delle amicizie sbagliate. E puoi cadere da quelle altezze e non avere poi la capacità per rialzarti, per rimettere sullo stesso binario il campione e l'uomo, il talento e la responsabilità che questo comporta. Tutto questo e molto di più è Adrian Mutu, campione indiscutibile, arrivato giovanissimo in Italia dalla provincia sperduta della Romania con le stimmate del predestinato, l'erede di Hagi consacrato nella provincia italiana a suon di gol e giocate sopraffine e poi caduto nella polvere di una Londra che doveva essere un sogno ed è stata un incubo. Un campione che si è rialzato più forte di prima, tornato in Italia grazie a Luciano Moggi, che di lì a poco sarebbe finito nel fango di Calciopoli ma che non ha mai dubitato delle potenzialità di "Adi". Un campione che, per strani incroci che solo il destino può architettare, sarebbe diventato il Fenomeno con la effe maiuscola arrivando a Firenze grazie alla caduta in serie B dell'odiata (dai fiorentini) Juventus, riabbracciando il suo "maestro di vita" Cesare Prandelli.