Libri di Bernadette McDonald
Winter 8000. Himalaya d'inverno: gli alpinisti che hanno sfidato la montagna nella stagione impossibile
Bernadette McDonald
Libro: Libro rilegato
editore: Mulatero Editore
anno edizione: 2020
pagine: 336
"Winter 8000" è l'ultima opera di Bernadette McDonald, pluripremiata scrittrice canadese specializzata in montagna e alpinismo. Il libro dedica un capitolo ad ognuno dei giganti di 8.000 metri e racconta la sfida dell'uomo per conquistarne la vetta in invernale: Everest, Manaslu, Dhaulagiri, Cho Oyu, Kangchenjunga, Annapurna, Lhotse, Shishapangma, Makalu, Gasherbrum II, Gasherbrum I, Broad Peak, Nanga Parbat e K2. Questi sono i nomi delle vette leggendarie di cui si occupa la McDonald, ripercorrendo le gesta dei polacchi, primi assalitori degli 8000 invernali sotto la spinta del team di Andrzej Zawada, per poi passare dalle imprese di tutti i grandi alpinisti internazionali, compreso il nostro Simone Moro, o Tomek Mackiwicz ed Elisabeth Revol, noti per la drammatica vicenda sul Nanga Parbat del 2018. Con 32 pagine di foto esclusive.
L'arte di essere libero. Voytek Kurtyka l'alpinista leggendario
Bernadette McDonald
Libro: Libro in brossura
editore: Alpine Studio
anno edizione: 2021
pagine: 312
Voytek Kurtyka è uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi. Nato nel 1947, è stato uno dei protagonisti dell'età d'oro dell'alpinismo himalayano: un periodo - gli anni 70 e 80 - che ha ridefinito lo stile di scalata sulle grandi montagne dell'Himalaya. Formato sulle mitologiche montagne dei Tatra, il suo approccio visionario verso lo stile alpino sulle grandi montagne della Terra lo ha portato a realizzare ascensioni straordinarie che occupano una posizione di primo piano nella storia dell'alpinismo. Si pensi alla salita della parete ovest del Gasherbrum IV, la "parete lucente", considerata l'ascensione più incredibile di sempre. Come lui, i suoi compagni di cordata - Jerzy Kukuczka, Erhard Loretan, Alex Maclntyre, John Porter e Robert Schauer - erano i miti di quegli anni. Di carattere schivo e riservato, Kurtyka ha declinato per vent'anni innumerevoli inviti ad apparizioni pubbliche e interviste, creando attorno a sé un alone di mistero che ha accresciuto il suo mito. Nel 2016 è stato insignito del Piolet d'Or alla carriera, premio che aveva rifiutato ripetutamente prima di convincersi ad accettarlo. "L'arte di essere libero" è il ritratto approfondito di uno degli scalatori più rispettati e ammirati del mondo dell'alpinismo mondiale.
L'arte di essere libero. Voytek Kurtyka l'alpinista leggendario
Bernadette McDonald
Libro: Libro in brossura
editore: Alpine Studio
anno edizione: 2018
pagine: 295
Voytek Kurtyka è uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi. Nato nel 1947, è stato uno dei protagonisti dell'età d'oro dell'alpinismo himalayano: un periodo - gli anni 70 e 80 - che ha ridefinito lo stile di scalata sulle grandi montagne dell'Himalaya. Formato sulle mitologiche montagne dei Tatra, il suo approccio visionario verso lo stile alpino sulle grandi montagne della Terra lo ha portato a realizzare ascensioni straordinarie che occupano una posizione di primo piano nella storia dell'alpinismo. Si pensi alla salita della parete ovest del Gasherbrum IV, la "parete lucente", considerata l'ascensione più incredibile di sempre. Come lui, i suoi compagni di cordata - Jerzy Kukuczka, Erhard Loretan, Alex Maclntyre, John Porter e Robert Schauer - erano i miti di quegli anni. Di carattere schivo e riservato, Kurtyka ha declinato per vent'anni innumerevoli inviti ad apparizioni pubbliche e interviste, creando attorno a sé un alone di mistero che ha accresciuto il suo mito. Nel 2016 è stato insignito del Piolet d'Or alla carriera, premio che aveva rifiutato ripetutamente prima di convincersi ad accettarlo. L'arte di essere libero è il ritratto approfondito di uno degli scalatori più rispettati e ammirati del mondo dell'alpinismo mondiale.
Eroi silenziosi. Da Tenzing e Mahdi a Minima G, il trionfo degli alpinisti locali sulle grandi montagne di Himalaya e Karakorum
Bernadette McDonald
Libro: Libro rilegato
editore: Mulatero Editore
anno edizione: 2025
pagine: 288
Maurice Herzog è ampiamente noto nel mondo dell'alpinismo - e non solo - come il primo uomo ad aver raggiunto la vetta dell'Annapurna. Ma quanti conoscono Ang Tharkay, lo sherpa che, durante la spedizione francese del 1950, trasportò Herzog per chilometri nonostante i suoi gravi congelamenti? Spesso dimenticati nei resoconti ufficiali, gli alpinisti locali dell'Himalaya e del Karakorum, come Tharkay, sono stati elementi fondamentali nelle spedizioni e nelle prime ascensioni delle montagne più alte e impegnative del mondo. In Eroi silenziosi, la pluripremiata autrice Bernadette McDonald restituisce loro il posto che meritano, offrendo un racconto intenso e appassionato delle imprese di alpinisti sherpa, balti, ladakhi, hunza, astori, magar, bhotia, rai e gurung. Dal tragico esordio delle spedizioni al Nanga Parbat, alla storica salita all'Everest di Tenzing Norgay nel 1953, fino ai successi meno conosciuti di molti altri, Eroi silenziosi rende finalmente giustizia a chi è sempre rimasto nell'ombra, sia nella storia che nel presente. Nel XXI secolo, gli scalatori locali stanno conquistando il centro della scena. Una squadra di alpinisti nepalesi ha recentemente raggiunto per prima la vetta del K2 in inverno - intonando insieme l'inno nazionale nei passi finali verso la cima. L'intero Pakistan ha pianto la scomparsa del leggendario Little Karim, noto per i suoi coraggiosi salvataggi in quota e per il profondo impegno verso la sua comunità. Ma questo riconoscimento è arrivato dopo un lungo percorso: per decenni, una tradizione radicata ha privilegiato gli alpinisti stranieri a discapito di quelli locali. Superare l'ombra di questo colonialismo dell'alpinismo richiede tempo, determinazione e un cambiamento culturale profondo. Grazie a un accesso diretto e privilegiato alle fonti - gli alpinisti e le loro famiglie - e con il supporto di ricercatori sul campo in Pakistan e Nepal, McDonald ha scritto un'opera destinata a rivoluzionare il modo in cui percepiamo la storia e l'eredità dell'alpinismo sulle montagne più alte della Terra.
L'arte di essere libero. Voytek kurtika
Bernadette McDonald
Libro: Libro in brossura
editore: Priuli & Verlucca
anno edizione: 2024
pagine: 308
Voytek Kurtyka è uno dei più grandi alpinisti di tutti i tempi. Nato nel 1947, è stato uno dei protagonisti dell'età d'oro dell'alpinismo himalayano: un periodo - gli anni Settanta e Ottanta - che ha ridefinito lo stile di scalata sulle grandi montagne dell'Himalaya. Formato sulle mitologiche montagne dei Tatra, il suo approccio visionario verso lo stile alpino sulle grandi montagne della Terra lo ha portato a realizzare ascensioni straordinarie che occupano una posizione di primo piano nella storia dell'alpinismo. Si pensi alla salita della parete ovest del Gasherbrum IV, la «parete lucente», considerata l'ascensione più incredibile di sempre. Come lui, i suoi compagni di cordata - Jerzy Kukuczka, Erhard Loretan, Alex MacIntyre, John Porter e Robert Shauer - erano i miti di quegli anni. Di carattere schivo e riservato, Kurtyka ha declinato per vent'anni innumerevoli inviti ad apparizioni pubbliche e interviste, creando attorno a sé un alone di mistero che ha accresciuto il suo mito. Nel 2016 è stato insignito del Piolet d'Or alla carriera, premio che aveva rifiutato ripetutamente prima di convincersi ad accettarlo. L'arte di essere libero è il ritratto approfondito di uno degli scalatori più rispettati e ammirati del mondo dell'alpinismo mondiale.
Volevamo solo scalare il cielo
Bernadette McDonald
Libro
editore: Versante Sud
anno edizione: 2012
pagine: 320-XXXII
Tomaz Humar. Prigioniero del ghiaccio
Bernadette McDonald
Libro
editore: Versante Sud
anno edizione: 2012
pagine: 308-XII
Nell'agosto del 2005 Tomaz Humar rimane intrappolato su una stretta cengia a 5900 metri di quota, durante l'apertura in solitaria di una nuova via al centro della più grande parete al mondo: l'imponente versante Rupal del Nanga Parbat (8126 m). Trascorsi sei giorni, l'alpinista sloveno si ritrova senza cibo, col carburante agli sgoccioli e sotto il costante tiro delle valanghe. In una brevissima finestra di bel tempo, tre elicotteri si alzano in volo nel tentativo di strapparlo alla furia mortale della parete. Il tutto sotto gli occhi attenti e curiosi di milioni di spettatori di tutto il mondo, attratti da quella vicenda per l'audacia della salita, la notorietà dell'alpinista, il rischio elevatissimo di quell'operazione di soccorso, e aggiornati dai bollettini che il campo base pubblica ora dopo ora sul sito web di Humar.
I guerrieri venuti dall'est. Storia dell'alpinismo sloveno
Bernadette McDonald
Libro: Copertina morbida
editore: Alpine Studio
anno edizione: 2019
pagine: 347
Dopo la seconda guerra mondiale, per la Jugoslavia iniziò l'era di Tito, l'uomo che guidò la nazione per i successivi 30 anni. Un lungo periodo in cui ben pochi potevano uscire liberamente dai confini nazionali. L'eccezione erano gli alpinisti! Dopo una granitica formazione, lo Stato sosteneva i più "meritevoli" consentendo loro di tentare le montagne più difficili del mondo per la gloria nazionale. Fu così che gli alpinisti jugoslavi iniziarono negli anni '60 a realizzare impressionanti salite in Himalaya. In queste spedizioni spiccavano gli alpinisti Sloveni, provenienti dalle selvagge Alpi Giulie, una grande riserva di cime e di pareti dove poterono forgiare la loro maestria e audacia. Quando Tito morì, nel 1980, il periodo di isolamento politico terminò. Ma questo diede vita ad una serie di sanguinosi conflitti etnici che fino a quel momento erano stati sedati con la repressione e l'autoritarismo. Il leader serbo Milosevic riuscì così a incoraggiare una reazione a catena tra tutti gli stati jugoslavi facendo leva sulle loro identità etniche. Compresi gli sloveni. La nuova Slovenia continuò così a supportare gli alpinisti. Entro il 1995 tutti gli Ottomila furono saliti da almeno uno sloveno, e in seguito molte tra le più straordinarie imprese furono portate a termine da questi incredibili alpinisti. "I guerrieri venuti dall'est" è una storia in cui traspare la voglia di salire montagne ardite e pareti audaci, come intrepidi erano questi silenziosi uomini d'acciaio, protagonisti di una delle più belle storie dell'alpinismo mondiale. Nomi ormai noti come come Humar, Cesen, Sveticic, Knez, Karo, si alterneranno ad altri meno noti come Kunaver, Belak, Manfreda, Kozjek, Prezelj... tutti uniti da una tempra fuori dal comune e da una volontà incrollabile che consentì loro di conquistare il conquistabile e di essere più forti della tempesta.
I guerrieri venuti dall'est. Storia dell'alpinismo sloveno
Bernadette McDonald
Libro: Libro in brossura
editore: Alpine Studio
anno edizione: 2017
pagine: 284
Dopo la seconda guerra mondiale, per la Jugoslavia iniziò l'era di Tito, l'uomo che guidò la nazione per i successivi 30 anni. Un lungo periodo in cui ben pochi potevano uscire liberamente dai confini nazionali. L'eccezione erano gli alpinisti! Dopo una granitica formazione, lo Stato sosteneva i più "meritevoli" consentendo loro di tentare le montagne più difficili del mondo per la gloria nazionale. Fu così che gli alpinisti jugoslavi iniziarono negli anni '60 a realizzare impressionanti salite in Himalaya. In queste spedizioni spiccavano gli alpinisti Sloveni, provenienti dalle selvagge Alpi Giulie, una grande riserva di cime e di pareti dove poterono forgiare la loro maestria e audacia. Quando Tito morì, nel 1980, il periodo di isolamento politico terminò. Ma questo diede vita ad una serie di sanguinosi conflitti etnici che fino a quel momento erano stati sedati con la repressione e l'autoritarismo. Il leader serbo Milosevic riuscì così a incoraggiare una reazione a catena tra tutti gli stati jugoslavi facendo leva sulle loro identità etniche. Compresi gli sloveni. La nuova Slovenia continuò così a supportare gli alpinisti. Entro il 1995 tutti gli Ottomila furono saliti da almeno uno sloveno, e in seguito molte tra le più straordinarie imprese furono portate a termine da questi incredibili alpinisti. “I guerrieri venuti dall'est” è una storia in cui traspare la voglia di salire montagne ardite e pareti audaci, come intrepidi erano questi silenziosi uomini d'acciaio, protagonisti di una delle più belle storie dell'alpinismo mondiale. Nomi ormai noti come come Humar, Cesen, Sveticic, Knez, Karo, si alterneranno ad altri meno noti come Kunaver, Belak, Manfreda, Kozjek, Prezelj... tutti uniti da una tempra fuori dal comune e da una volontà incrollabile che consentì loro di conquistare il conquistabile e di essere più forti della tempesta.
Finalmente una donna. Ritratti di montagne al femminile
Bernadette McDonald, Linda Cottino, Sandra Tafner
Libro: Copertina morbida
editore: Museo Naz. della Montagna
anno edizione: 2008
pagine: 144
Ti telefono a Katmandu. La storia di Elizabeth Hawley
Bernadette McDonald
Libro: Libro in brossura
editore: CDA & VIVALDA
anno edizione: 2007
pagine: 200
Tutti gli alpinisti che sono passati da Katmandu diretti alle grandi cime dell'Himalaya conoscono Elizabeth Hawley, l'eccentrica signora americana che dal 1960 risiede in quella città e raccoglie sistematicamente tutte le notizie relative alle scalate himalayane, interrogando e contro-interrogando i protagonisti al fine di registrare e trasmettere dei dati il più possibile rispondenti alla verità. Scrupolosa e aggressiva, a volte tagliente, apprezzata ma spesso temuta, Elizabeth Hawley è un archivio vivente. Nessuno al mondo conosce come lei tanti alpinisti e tante storie sulle scalate in Himalaya, verificate fin nei minimi dettagli. Corrispondente dal Nepal per le maggiori riviste alpinistiche mondiali e soprattutto per grandi agenzie ed editori di catene di giornali come la Reuters e la Time Inc., amica personale di grandi himalaisti come Edmund Hillary e Reinhold Messner, ma anche delle maggiori personalità della politica e dell'ambiente diplomatico internazionale della capitale nepalese, Elizabeth Hawley ha vissuto per oltre quarant'anni al centro di quella società, della quale ha registrato ogni avvenimento e i cambiamenti epocali. Il libro racconta la sua vita dalla partenza dall'America negli anni cinquanta per un lungo giro attorno al mondo, alla decisione di stabilirsi a Katmandu, fino al culmine della sua incredibile carriera nel ruolo che si è creata su misura e che la vede ancora oggi impegnata, unica e insostituibile.