Libri di Lucio Felici
Ultime lettere di Jacopo Ortis
Ugo Foscolo
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2008
pagine: 256
Fuggiasco da Venezia, dopo Campoformio, Jacopo si isola sui Colli Euganei. Qui conosce Teresa e se ne innamora, ma sa che questo è un amore impossibile, perché Teresa è promessa a Odoardo. Jacopo si mette in viaggio per l'Italia, senza una meta e ovunque vede la tragedia dell'oppressione straniera, né lo consolano le bellezze naturali o la saggezza del vecchio Parini, incontrato a Milano. La tragica conclusione è una denuncia al mondo di una doppia delusione.
I sonetti
Gioachino Belli
Libro: Prodotto composito per la vendita al dettaglio
editore: Einaudi
anno edizione: 2018
pagine: 5038
Belli tenne sempre nascosti i suoi Sonetti, che mostrò e recitò solo ad amici fidati. Dei 23 pubblicati durante la sua vita, solo uno uscì con il suo consenso: un omaggio in versi all'attrice Amalia Bettini che apparve nel 1835 su una rivista teatrale milanese. Meditò tuttavia a lungo di pubblicarli, a partire dal 1831, quando cominciò a sgorgare fluente la sua vena romanesca, che produrrà oltre duemila sonetti prima di arrestarsi nel turbine politico e militare che sconvolse Roma nel 1848-49. Coabitarono in lui la tentazione di bruciarli e la volontà di predisporli per una stampa futura, magari postuma. Nelle sue carte testamentarie ordinò di distruggerli ma affidò in mani sicure i loro autografi, corredati da preziose note per lettori non romani, e disconobbe le copie apocrife o deformate che circolavano sotto il suo nome, in manoscritti o in opuscoli stampati alla macchia. La prima vera edizione delle Poesie inedite belliane, che uscì nel 1865-66, due anni dopo la morte del poeta, a cura del figlio Ciro, contiene 166 poesie italiane in vario metro e 797 sonetti romaneschi, un terzo circa del corpus. Per prevenire la censura pontificia vennero scartati i testi di satira politica e religiosa e quelli di materia erotica. I sonetti inclusi vennero depurati dalle espressioni indecenti e dai riferimenti polemici al clero. Pur così castigata, e perciò criticata, questa silloge è frutto di un'iniziativa coraggiosa, intrapresa quando Porta Pia era ancora intatta. L'anno della breccia, 1870, uscì l'antologia di Duecento sonetti che Luigi Morandi attinse in parte dalla stampa purgata, in parte dalla «tradizione popolare»: nonostante questi limiti, l'antologia pubblicata da un editore di importanza nazionale, il Barbèra di Firenze, diede un sensibile impulso alla conoscenza di Belli oltre i sette colli. La prima edizione complessiva e fondata sugli autografi uscì tra il 1886 e il 1889 per le cure dello stesso Morandi, che aggiunse note integrative a quelle dell'autore: vi riunì i 2143 sonetti allora noti - altri 123 saranno rintracciati poi - e li dispose in ordine cronologico, con la rilevante eccezione dei sonetti osceni, estrapolati e riuniti in tomo a sé, che divenne un vero bestseller. Una svolta decisiva nella tradizione a stampa dei Sonetti si ha nel 1952 con l'edizione di Giorgio Vigolo, corredata di un'attenta annotazione che, per i sonetti più congeniali al criticopoeta, si dilata in suggestivi commenti. Egli riporta i 2279 sonetti secondo la lezione degli autografi, fatta salva l'uniformazione dell'oscillante grafia diacritica del poeta; li dispone in ordine cronologico, con la rilevante eccezione della lunga collana sul colera, Er còllera mòribbus, posta a chiusura della raccolta, come fosse un poemetto autonomo. Importanti acquisti per chiarire la genesi e l'elaborazione dei Sonetti si hanno con la pubblicazione degli appunti preparatori e delle varie stesure dell'Introduzione belliana (Roberto Vighi, Belli romanesco, 1966) e delle correzioni d'autore (Pietro Gibellini, Le varianti autografe dei sonetti romaneschi, 1973). Con la monumentale Edizione nazionale (Poesie romanesche, 1988-93), Vighi arricchisce la raccolta di un massiccio corredo esegetico; sul piano strutturale segue a grandi linee l'ordine cronologico, accostando però liberamente sonetti di tema affine ma di data diversa. Ora, in questa nuova edizione critica, a cura di Pietro Gibellini, Lucio Felici e Edoardo Ripari, i 2279 sonetti di sicura paternità belliana sono riccamente annotati e commentati. La lezione è fedele agli autografi anche nella grafia, e l'ordine dei testi ripristina la sequenza cronologica, più o meno alterata da tutte le edizioni precedenti. L'apparato filologico che la completa comprende la lista delle correzioni d'autore, i sonetti incompiuti e le poesie romanesche in altro metro.
Vita breve di Trilussa
Lucio Felici
Libro: Copertina morbida
editore: La Scuola di Pitagora
anno edizione: 2018
pagine: 104
Trilussa, al secolo Carlo Alberto Camillo Salustri (1871-1950), fu poeta romanesco, coltissimo e raffinato, maestro della contaminazione tra la vena favolistico-moraleggiante e il ritratto spietato dei vizi e dei tic della borghesia. Estensore d'eccezione di questa breve ma densa e documentata biografia, Lucio Felici, studioso di Leopardi e Belli, mette in risalto il tratto fondamentale della poesia di Trilussa che è poi anche il carattere profondo della sua personalità: «Come non pensare alle tante figure trilussiane che suscitano ad un tempo il riso e la pietà, la pietà dopo il riso?»
La luna nel cortile. Capitoli leopardiani
Lucio Felici
Libro: Prodotto composito per la vendita al dettaglio
editore: Rubbettino
anno edizione: 2006
pagine: 247
Gli scritti che compongono questo libro si articolano in tre percorsi di studio. Scavando tra le pagine dello Zibaldone, si procede anzitutto a un esame sistematico degli appunti e abbozzi poetici, per poi affrontare due temi trasversali: il riso (ossia il comico) che, sentito da Leopardi come manifestazione di insensatezza, va a correlarsi col nulla che ci circonda; la meridionalità da nozione geografica, si trasforma in categoria sovrastorica e si confonde con le stagioni luminose (fanciullezza e prima giovinezza) di ogni creatura umana. Il secondo percorso privilegia invece l'Epistolario, per ricavarne soprattutto la personalissima idea leopardiana del viaggiare, come strumento di conoscenza di sé e non come occasione per descrivere ambienti e paesaggi. Fa da corollario un capitolo, apparentemente eccentrico, su Paolina Leopardi e Matilde Manzoni, due "viaggiatrici immobili" le cui speculari letture e circostanze biografiche costituiscono un caso singolare di "destini incrociati" all'ombra di Giacomo. Seguono alcune indagini sulla fortuna postuma del poeta. Il capitolo su Schopenhauer fa giustizia di un abusato paragone che ha prodotto la generica formula del "pessimismo leopardiano"; mentre quello su Calvino analizza l'ardita tesi, formulata dall'autore delle Cosmicomiche, secondo la quale uno dei padri del romanzo moderno italiano sarebbe il Leopardi delle Operette morali più che il Manzoni dei Promessi sposi.
L'italianità di Leopardi e altre pagine leopardiane
Lucio Felici
Libro
editore: Maria Pacini Fazzi Editore
anno edizione: 2015
pagine: 176
Il primo saggio, che dà il titolo al volume, non è solo una curiosa rassegna di fraintendimenti otto-novecenteschi relativi al patriottismo leopardiano, ma anche la delineazione dei vari aspetti che il concetto di italianità assunse nella mente di Leopardi, dalla giovanile proclamazione di amor patrio al Giordani alle risentite rivendicazioni nazionalistiche dei pur disincantati Paralipomeni; così, l'individuazione di una precisa scultura di Tenerani (la Psiche svenuta), visionata da Leopardi nell'atelier dello scultore, non resta una semplice scoperta del biografo, ma va a nutrire l'interpretazione di un capolavoro poetico quale Amore e Morte; così ancora, la riesumazione di una pregevole tesi di laurea primonovecentesca su Leopardi e Madame de Staël, è l'occasione per un ripensamento di quel rapporto alla luce delle ultime risultanze critiche; e così via.
L'Olimpo abbandonato. Leopardi tra «favole antiche» e «disperati affetti»
Lucio Felici
Libro: Libro in brossura
editore: Marsilio
anno edizione: 2006
pagine: 231
Perché l'essere? Perché il male? Perché il nulla? E ancora: di fronte all'irrompere dilagante dell'ottimismo razionalista, che ne è della poesia? Quali le sue possibilità in un mondo, come quello moderno, incapace di narrare ancora "favole", ma che, nella "disperazione" dell'affetto, non può tuttavia rinunciare alla memoria? Distante sia dai classicisti sia dai romantici, Leopardi reinterpreta i miti in termini antropologici e ontologici, chiamandoli con pregnanza vichiana "favole antiche" e inserendosi nel grande dibattito europeo sulla morte o resurrezione degli dèi. Nella sua visione, il tramonto dei miti coincide con la perdita della fantasia creatrice, la quale si alimentava della facoltà di ascoltare la natura e di parlare con essa.