Libri di Mimma Carbone

Con quest'ultimo volume pongo fine al racconto autobiografico, realizzando così una trilogia, meta ambita da qualunque scrittore. Non so se sono riuscita a narrare tutto quanto avevo da dire - e da ricordare - altrimenti sarà una quadrilogia. In oltre ottant'anni di vita vissuta intensamente, ognuno di noi avrebbe tante cose da raccontare, se si va a rovistare nei cassetti della nostra memoria, laddove sono stipate le vicissitudini del proprio trascorso, e ritrovarle dipende da ognuno di noi a seconda del modo con cui le ha conservate, e se le ha previdentemente catalogate, come farebbe un buon archivista del passato o dei mezzi informatici moderni.

Il Museo di Scido non è solo pipe artistiche. All'interno del Palazzo Ruffo di Calabria è possibile ammirare la Biblioteca Comunale “Paolo Greco”, importante centro culturale, corredata da migliaia di volumi e manoscritti originali appartenuti al Medico Chirurgo del quale porta il nome. È possibile ammirare importanti reperti Archeologici e Numismatici, nonché preziosi Beni Etno-Antropologici.

Il secondo volume è il sequel della storia narrata nel primo volume “Vestivo la bambole” e riparte dal momento in cui dovevo fare una scelta netta di campo nel prosieguo della mia vita: restare dipendente o diventare imprenditrice. Avevo 72 ore di tempo per decidere, senza se e senza ma. Si o No. Decisi di avventurarmi in questo percorso denso di ostacoli, pur nella consapevolezza delle difficoltà e delle rinunce; d'altronde ero figlia di un artigiano e con mia madre partecipavo alla conduzione di una attività sartoriale di paese, abbandonata dall'oggi al domani per congiungerci con una parte della famiglia migrata a Torino.

Vestire le bambole era un gioco, una passione travolgente insita nel mio DNA. Iniziai a vestirle quando avevo poco più di 3 anni, mentre il Paese si liberava dall'occupazione nazi-fascista e si respirava aria nuova con l'entusiasmo di ricostruire i paesi sulle rovine della guerra, ricreare lo spirito e la voglia di creare bellezza. Facevo parte di due grandi famiglie, quelle dei miei genitori, ubicate in due paesi confinanti sulle montagne dell'Aspromonte: Delianuova e Scido, quasi tutti falegnami. Anche mio padre era artigiano, a largo spettro, un vero tuttofare. Questo libro autobiografico si sofferma a lungo sulla saga familiare, che si intreccia col mio percorso e le mie conquiste: la scuola e la passione della sartoria. Nell'immediato dopoguerra i piccoli paesi vivevano il fenomeno dello spopolamento a causa della miseria e della mancanza di lavoro, e il flusso migratorio riprese verso l'America, il Nord Europa, poi verso il settentrione, sulla spinta del boom economico. Anch'io dovetti migrare, dopo la morte di mio padre, alla volta di Torino, Città della Moda, che già conoscevo per aver frequentato la scuola di sartoria. Anch'io dovetti inventare il mio futuro.

"Il ricordo del maestro De Giglio, scomparso più di dieci anni fa, è ancora vivo nella memoria di moltissimi scidesi. Per le nuove generazioni, per tutti coloro i quali non hanno avuto la fortuna di conoscere il nostro brillante e geniale concittadino, questo volume rappresenta una nuova possibilità di scoprire, conoscere e lasciarsi affascinare da un’arte profondamente “radicata” nella tradizione culturale scidese."