Libri di Serena Vitale
Resurrezione
Lev Tolstoj
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2002
pagine: 544
Il principe Nechljudov riconosce nella prostituta Ljubaša, accusata in un processo per omicidio, la contadina Katjuša Maslova, che egli aveva sedotto dieci anni prima, provocandone la rovina. Oppresso dai sensi di colpa, si adopera per salvare la donna e, con lei, la propria anima. Da un «affare giudiziario» realmente avvenuto prende spunto l'ultimo grande romanzo di Tolstoj, che è soprattutto una riflessione sull'ineluttabilità del male, sull'ingiustizia universale della sofferenza, alla quale l'uomo può opporre solo la prospettiva di un riscatto individuale, come quello che troveranno, ciascuno a modo proprio, Katjuša e Nechljudov.
Il dono
Vladimir Nabokov
Libro
editore: Adelphi
anno edizione: 1998
pagine: 474
Il testo più importante del periodo russo di Nabokov.
Il paese dell'anima. Lettere (1909-1925)
Marina Cvetaeva
Libro
editore: Adelphi
anno edizione: 1988
pagine: 496
La sonata a Kreutzer e altri racconti
Lev Tolstoj
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2002
pagine: 272
Nell'inverno del 1888, durante una soirée tra amici, Tolstoj ebbe modo di ascoltare la Sonata a Kreutzer di Beethoven. Ne fu così profondamente turbato da decidere di scrivere un racconto, tra i suoi più inquietanti, che ne riprende il titolo e che nel tema della lotta tra passione dei sensi e ideale di castità preannuncia Il diavolo e Padre Sergij, pubblicati postumi nel 1911 e compresi in questa raccolta. La Sonata (1891), il più dostoevskiano tra i racconti di Tolstoj per il precipitare degli eventi verso il finale tragico-grottesco, esplora in chiave naturalistica i risvolti più amari e minacciosi di un sentimento irrazionale come la gelosia. Apologo sulla crudeltà dei rapporti umani basati sul possesso che trasforma persino l'amore in una schiavitù legalizzata e brutale, è anche una spietata requisitoria contro il concetto borghese di matrimonio: una prostituzione legalizzata, sostiene il protagonista Pozdnyšev, condita di falsi romanticismi che conduce all'insofferenza reciproca.
Teatro: Il Cavaliere avaro-Mozart e Salieri-Il Convitato di pietra-Festino in tempo di peste-Rusalka-Scene di epoche cavalleresche-Boris Godunov
Aleksandr Sergeevic Puškin
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2021
pagine: 240
Prendendo a modello Shakespeare, Puškin mira ad affrancare la drammaturgia russa dalle convenzioni del teatro di corte per farne un genere autenticamente popolare. Boris Godunov (1825), storia del sovrano che ha conquistato il potere con un delitto, è il grandioso esito di questo processo di rinnovamento. Le quattro «piccole tragedie» del 1830 - Il cavaliere avaro , Mozart e Salieri , Il convitato di pietra , Festino in tempo di peste , cui questo volume affianca gli incompiuti Rusalka e Scene di epoche cavalleresche - sono invece brevi drammi in versi di «vertiginosa concisione» (secondo la definizione della Achmatova), nei quali l'autore affronta quattro umane passioni portate all'estremo sino a tramutarsi in vizi: avarizia, invidia, lussuria, bestemmia. Con una scrittura splendidamente disadorna, Puškin affida a questi straordinari frammenti poetici la sua meditazione matura sui grandi temi della sua poesia: l'arte, l'amore, la morte. Il volume comprende: "Il cavaliere avaro", "Mozart e Salieri", "Il convitato di pietra", "Festino in tempo di peste", "Rusalka", "Scene di epoche cavalleresche", "Boris Godunov". Introduzione di Serena Vitale Prefazione di Fausto Malcovati.
Chadzi-Murat
Lev Tolstoj
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2020
pagine: 240
Chadži-Murat è un traditore, un soldato ceceno che, durante la lotta del proprio popolo contro lo zar Nicola I, abbandona i compagni per unirsi al nemico russo, avviandosi lungo una parabola che lo condurrà a scontare le inevitabili conseguenze della propria scelta. Sullo sfondo della sua vicenda personale e drammatica c'è poi la devastazione della guerra: le case e i villaggi saccheggiati e distrutti, la morte, il pianto delle madri sui cadaveri dei figli fotografano con scioccante attualità gli strazi di una tragedia senza tempo e ci parlano di quella cosa - nota Paolo Nori - «della quale sentiamo parlare talmente tanto che anche il nome, conflitti razziali, non ci dice più niente». Scritto durante gli ultimi anni di vita di Tolstoj e pubblicato postumo nel 1912, Chadži-Murat è un'opera poco nota eppure imprescindibile, in cui ritroviamo intatta la grandezza di un capolavoro come Guerra e pace. Introduzione di Serena Vitali.
I cosacchi e altri racconti
Lev Tolstoj
Libro: Libro in brossura
editore: Garzanti
anno edizione: 2019
pagine: 448
Stanco della mondanità e delle ipocrisie dell'ambiente nobiliare e mosso da un confuso desiderio di felicità, il giovane Olenin lascia Mosca in cerca di una nuova vita. Nel villaggio caucasico dove trova rifugio è affascinato dalla fierezza dei cosacchi: l'intrepido Lukaška dal fucile infallibile, il possente zio Eroška, gran cacciatore, la bella e altera Mar'janka di cui si innamora. Nei loro costumi semplici e primitivi scopre un'autenticità che lo tocca nel profondo e a poco a poco ne comprende la ragione: questo popolo nasce, ama, combatte e muore seguendo le leggi immutabili della natura. Nel lungo racconto giovanile, pubblicato nel 1863, Tolstoj rivisita il mito ottocentesco dell'eroe romantico in fuga dalla civiltà, e ne decreta il definitivo tramonto: rinnegare le proprie origini per cercare di vivere come i cosacchi si rivela un sogno impossibile e a Olenin, inerte spettatore di un'esistenza che non gli appartiene, non resta che ripartire portando nel cuore l'amarezza di un'illusione infranta. Il volume comprende i racconti: "I cosacchi", "Due ussari", "Polikuška", "Cholstomer", "Memorie di un pazzo", "Tre morti". Introduzione di Serena Vitale. Prefazione di Fausto Malcovati.
Viaggio sentimentale. Memorie 1917-1922
Viktor Šklovskij
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2019
pagine: 346
«La mia storia d'amore con la rivoluzione è profondamente infelice...» scrive a Gor'kij dalla Finlandia, dov'era fuggito per evitare l'arresto, Viktor Sklovskij. È il 15 aprile 1922. A Mosca si preparava il processo ai «socialrivoluzionari di destra», e Sklovskij aveva militato nelle cellule clandestine del Partito socialrivoluzionario. «Negli allevamenti di cavalli ci sono stalloni che chiamano "ruffiani" ... Il ruffiano monta sulla giumenta, lei prima si rifiuta e scalcia, poi inizia a concedersi. A quel punto il ruffiano viene trascinato via e fanno entrare il vero riproduttore ... Noi socialisti abbiamo "scaldato" la Russia peri bolscevichi...». E mentre attende di poter partire per Berlino, comincia a scrivere nuove — le più ardue, dolorose — memorie del recente passato. Nasce così "Viaggio sentimentale", titolo che è un palese e sorridente omaggio a Sterne, lo scrittore da lui «resuscitato in Russia». La prima guerra mondiale, la rivoluzione d'Ottobre e la lotta fratricida che ne seguì — tutto è raccontato da un testimone che, per nostra fortuna, non ha pretesa alcuna di imparzialità. È semmai la scrittura, l'inconfondibile e celebrata paratassi sklovskiana (frasi essenziali, brevi, dai legami sintattici e logici ridotti al minimo), a illuminare di verità il racconto — erratico, digressivo e aberrante come i fatti che cambiarono la storia del XX secolo. Grande bricoleur, teorico della letteratura e «narratore professionista» che riesce, parlando, raccontando, a confondere anche la polizia politica che gli dà la caccia, Sklovskij ha scritto con "Viaggio sentimentale" il suo libro più bello, dove alla sapienza nell'organizzare un materiale ancora caldo, grondante stupore, pietà e sdegno, si unisce l'abilità nel fondere due piani — dei fatti e della memoria, della visione e della coscienza morale — sempre intermittenti. E, ancor più, un libro indispensabile per chi voglia assistere dal vivo, quasi in presa diretta, alla «fine dello spettacolo "Russia"». Non rimpiango, certo, di aver baciato, mangiato, visto il sole; mi rincresce di essermi avvicinato alle cose per cercare di dar loro un indirizzo, mentre tutto andava invece secondo un itinerario prestabilito. Mi rincresce di aver combattuto in Galizia e sul Dnepr, di essermi occupato dei mezzi blindati a Pietroburgo. Non sono riuscito a cambiare niente. E ora me ne sto seduto alla finestra, guardando la primavera che mi passa accanto senza chiedere a me che tempo dovrà allestire domani, la primavera che non ha bisogno della mia autorizzazione, forse perché sono forestiero, e penso che allo stesso modo avrei dovuto lasciarmi scivolare accanto la rivoluzione. «Quando cadi come una pietra non bisogna pensare, e se pensi non bisogna cadere. Ho confuso due mestieri. «Ciò che mi muoveva era al di fuori di me. «Ciò che muoveva gli altri era al di fuori di loro. «Io sono soltanto una pietra che cade. «Una pietra che cade, e cadendo può accendere una lanterna per vedere dove va a finire». Nota introduttiva di Serena Vitale.
Sonecka
Marina Cvetaeva
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2019
pagine: 287
Marina Cvetaeva conobbe l'attrice Sof'ja (Sonecka) Gollidej – il suo «più grande amore femminile» – alle soglie del 1919, il «più nero, pestilenziale, mortifero» degli anni postrivoluzionari, quando in una Mosca misera e affamata «si affratellò a una banda di commedianti»: gli attori allievi del Secondo Studio presso il Teatro d'Arte. Ventidue anni – ma con l'aspetto di una ragazza-bambina –, elfo, Mignon, Infanta, Sonecka, che aveva allora grande successo nelle «Notti bianche» di Dostoevskij, era capricciosa, sentimentale, indisciplinata, instancabile raccontatrice di sciocchezze, sogni, deliziose storielle, con un debole per le «paroline da collegiale», i diminutivi, le romanze strappalacrime da cui sembrava lei stessa uscita – l'opposto dell'indole «virile, retta, di acciaio» di Marina. Fra le due donne nacque una «amicizia frenetica, reciproca deificazione di anime», destinata a concludersi quando, dopo neppure un anno, Sonecka abbandonò Mosca per seguire il suo «destino di donna». Scritto nel 1937, quando ormai tutto annunciava la catastrofe finale (la Cvetaeva era stata definitivamente proscritta dalla colonia «émigrée» parigina e il marito, smascherato come agente sovietico, sarebbe fuggito di lì a poco nella Russia comunista, dove aveva già fatto ritorno la figlia Alja, dalla quale era arrivata la notizia della morte di Sonecka), all'ombra della perdita e del dolore, il racconto-epitaffio è smagliante, luminoso, sembra irradiare vitalità e tepore. Prodigi di una ancora viva affezione, ma anche di una scrittura – sempre sottesa dal pensiero poetico – che coniuga arditamente il sublime con la lingua della vita quotidiana, della strada.
La mite. Racconto fantastico
Fëdor Dostoevskij
Libro: Libro in brossura
editore: Adelphi
anno edizione: 2018
pagine: 112
«Immaginate un uomo la cui moglie, suicidatasi alcune ore prima gettandosi dalla finestra, sia stesa davanti a lui su un tavolo» scrive Dostoevskij nel presentare ai lettori questo racconto perfetto, che di quell'uomo restituisce, con stenografica precisione, il soliloquio delirante e sconnesso, tutto esitazioni, ripetizioni, contraddizioni, pause, balbettii, ripensamenti. Di lui sentiamo i gemiti, e perfino l'eco dei passi che tornano in continuazione al cadavere steso sul tavolo. L'uomo, quarantuno anni, ex capitano cacciato da un illustre reggimento con l'accusa di viltà e ora titolare di un banco dei pegni, non è un giusto, ma nemmeno un inveterato criminale. È semmai parente stretto dell'Uomo del sottosuolo, con cui ha in comune la rabbia dell'individuo rifiutato dalla società, l'istinto dell'animale braccato. Sragionando ad alta voce, cerca di capire e ricostruire le cause della catastrofe. Ha amato la Mite, ma torturandola con le parole e ancor più con il silenzio, con il perverso «sistema» ideato per vendicarsi di un'antica offesa e ritrovare la dignità perduta. E ora continua a chiedersi: «Perché questa donna è morta?». Genio guastatore, maestro nel far saltare i ponti dei legami causali, Dostoevskij gli nega – e lo nega ai lettori – il sollievo di una spiegazione univoca, definitiva. E il monologo si sgretola in un dialogo con immaginari interlocutori: giudici? avvocati d'ufficio? fantasmi?

