Nuova Editrice Berti

Questa è la storia di Arturo, vent'anni. Sua madre Alberta, pittrice di talento, si è tolta la vita un anno prima, lasciandolo solo con il padre, un ammiraglio di Marina. Messi di fronte a un dolore troppo grande, i due si muovono spinti da forze opposte e contrarie: così, mentre il padre si chiude in un silenzio fatto di pensieri allucinati e gesti folli, il figlio sente crescere dentro di sé la voglia di vivere e di innamorarsi. Quando incontra Renato, aspirante musicista punk, e Manuela, figlia del barista Altomare, Arturo si innamora di entrambi, e senza provare a dare un nome preciso ai suoi sentimenti, si muove confuso e inebriato, in cerca delle coordinate per salvarsi la vita. Un romanzo di formazione che nel suo procedere per frammenti rivela i personaggi attraverso lo sguardo di un ragazzo vulnerabile e introverso: le parole acquistano peso e sostanza, e riflettono direttamente i suoi paesaggi interiori, come soffi del respiro che accompagnano la scoperta del mondo.

Il personaggio del barone di Charlus, omosessuale elegante e coltissimo, è tra i più riusciti e i più celebri del capolavoro proustiano. È anche uno dei pochi personaggi presenti da un capo all’altro della Ricerca: compare per la prima volta a Combray, quando Marcel bambino si sente da lui osservato con un’attenzione inquietante, e lo vediamo sullo sfondo dei più diversi scenari – nei salotti aristocratici, nella Balbec delle fanciulle in fiore, nella Parigi notturna del 1915 dove è “l’uomo in catene” che si fa flagellare. La sua ultima apparizione è straziante: il dandy orgoglioso si è trasformato in un re Lear canuto, impacciato nei movimenti e nella parola, che prende atto della scomparsa del mondo in cui ha vissuto. Percorrendo i Cahiers proustiani (i 75 quaderni manoscritti nei quali nasce la Ricerca conservati alla Biblioteca Nazionale di Parigi), ci si accorge che nella figura di quest’uomo costretto dalle convenzioni a nascondere la propria vera natura l’autore ha messo molto di sé stesso. I testi raccolti qui, ancora per la gran parte inediti in italiano, permettono di seguire la creazione della figura di Charlus e di coglierne la straordinaria complessità. Postfazione di Ezio Sinigaglia. Nota bibliografica a cura di Giuseppe Girimonti Greco.

Leggere I Watson fa sempre pensare a quanto sia un peccato che Jane Austen non abbia continuato la narrazione. Lo stile, i dialoghi, i personaggi: tutto contribuisce a farci immaginare una storia davvero interessantissima. In questo frammento di romanzo, vanno in scena le vicende la famiglia Watson, numerosa e infelice, che abita ai margini di una piccola città nella contea del Surrey. Il padre, un reverendo, è un vedovo malinconico, caduto in disgrazia. I due figli maschi, Robert e Sam, sono ormai fuori casa, mentre le figlie Elizabeth, Penelope e Margaret vivono nel terrore del disastro economico e sociale che porterebbe la morte del padre. Vera protagonista è però Emma, vissuta per quattordici anni a casa di una zia e ora destinata a tornare in famiglia...

Creato nel 2001 sotto l'egida di una legge dello Stato con una formula di collaborazione territoriale senza precedenti in Italia, il Reggio Parma Festival è un'associazione costituita da cinque fondatori: i Comuni di Parma e di Reggio Emilia e le Fondazioni I Teatri di Reggio Emilia, Teatro Due e Teatro Regio di Parma. Obiettivo statutario è la costruzione di un'offerta culturale di alto livello, concepita per promuovere e incrementare le capacità produttive delle Fondazioni socie, facendole interagire nel tessuto territoriale delle due province in una prospettiva nazionale e internazionale.

Prima uscita della collana “RPF Quaderni:”, il volume celebra tre ricorrenze (i cento anni dalla nascita di Luigi Nono, i dieci anni dalla morte di Claudio Abbado, i cinquant’anni della rassegna Musica e Realtà) che hanno segnato la storia della musica e della città di Reggio Emilia. In accompagnamento al concerto svoltosi al Teatro Valli il 13 febbraio 2024, che ha riproposto il programma del concerto che concludeva il primo ciclo di Musica e Realtà del 1973, il quaderno diviene strumento di memoria e di racconto. “Riproporre quel concerto e quel programma oggi, cinquantuno anni dopo, è un modo vivo di connettere il presente con la propria storia, non solo musicale: riavvolgere il nastro da capo, a un punto di partenza, per dire che quei valori e quelle idee abitano ancora – seppur diversamente – qui. Per dire che il futuro ha radici salde” (Paolo Cantù, Direttore di Fondazione I Teatri di Reggio Emilia). Saggi di Veniero Rizzardi, Roberto Favaro, Ira Rubini e Roberto Fabbi.

La prima indagine di Rocco Pietrini, fotoreporter parmigiano che si ritrova coinvolto in una spirale di morti sospette e misteriosi messaggi in codice. Sulla scena apparentemente quieta della provincia emiliana si alternano i personaggi di questo giallo: due ragazzi coinvolti in un losco giro di droga; un pittore abilissimo nel riprodurre quadri d’autore; un capitano dei carabinieri col bernoccolo dell’antiquariato; un frate sardo schierato dalla parte dei più deboli; una sequenza di donne bellissime che fanno soffrire; due cronisti d’assalto improvvisati. Tutto ha inizio con un cadavere ritrovato per caso al Maretto, “il mare dei poveri, uno specchio di acqua fonda e pulita che nel corso degli anni si era ridotto a una scolatura di liquami putridi” e ruota con insistenza intorno a una celebre locuzione latina: noli me tangere…

Proprio mentre è in vacanza nell’afosa Sardegna con la sua amata Remedia, il fotoreporter Rocco Pietrini si ritrova coinvolto in un nuovo caso da risolvere: il cadavere di un noto immobiliarista parmigiano, legato a un ex consigliere comunale caduto in disgrazie, viene infatti ritrovato in una vecchia cascina sarda nei pressi di Orosei. Per fortuna arriva in suo soccorso il fidato amico e collega Niccolò Folli: sullo sfondo di un’isola selvaggia e misteriosa, i due seguiranno piste e indizi, trovando anche il tempo per fare amicizia con un simpatico giornalista del posto e con l’enigmatico Comandante dei carabinieri di Orosei…

A dispetto della forma leggera e scanzonata, questa è una narrazione complessa che tocca temi attualissimi per la Russia di oggi. È il racconto dell’esperienza di Daria Serenko come collaboratrice delle istituzioni statali. Qui, le dinamiche sono sostanzialmente identiche per tutte le impiegate: ovunque, c’è la stessa intenzione (apparente) di fornire attività utili alla collettività, la stessa quotidianità lavorativa che fagocita la sfera privata all’interno di un sistema rigido e che si auto-rigenera all’infinito, senza un senso né una direzione. La definizione di “ragazze” non ha alcun riferimento anagrafico, ma sta a indicare l’impiegata di un micromondo specifico e chiarissimo a tutti coloro che frequentano la Russia: lavoratrici di qualunque età che operano in uffici tutti simili tra loro, con pavimenti ricoperti di linoleum e adesivi murali, il bollitore del tè in un angolo e i fiori sul davanzale interno. Per le ragazze, l’istituzione diventa un micromondo duplice: da un lato rappresenta la collettività femminile, dall’altro il Moloch patriarcale di burocrazia, imperscrutabile nelle decisioni che vengono imposte.

I bambini sono dei concentrati di emozioni che non sono mai a metà, non hanno sfumature né mezze misure. Se amano, amano da morire, se odiano, lo fanno a morte, se tristi, lo sono inconsolabilmente, se felici, urlano dalla gioia. Si dice che il punto di vista dell’infanzia sia per molti aspetti coraggioso e rivoluzionario. Ma questo spesso è il pensiero dell’adulto, che da lontano osserva, senza mettersi davvero in dialogo. Il “come” può diventare il teatro: in quel gioco serissimo che è il teatro, il modo di usare la parola che hanno i bambini trova spazio, ed è uno spazio ardito, pirotecnico, spiazzante. Beatrice Baruffini, in anni di lavoro e di esperienze, ha costruito questo spazio per poterli ascoltare e costruire dialoghi con le loro parole: “i dialoghi dell’infanzia, appunto, che decostruiscono le nostre certezze” come scrive Giovanna Zoboli nella sua introduzione a questo libro. Mentre ascoltiamo le voci dei bambini che parlano a Dio, alla Natura, alla Morte, o dicono la loro sui nonni e sulla scuola o descrivono luoghi con umorismo travolgente, “quella che va in scena è la verità dell’esperienza, con le parole che da questa scaturiscono”. E quando, tra confessioni e ragionamenti fuori da ogni schema, il punto di vista dei bambini si confonde con quello degli adulti, si finisce per parlare davvero a tutti, e di tutti.