Effigie: Saggi e documenti
Se l'aria ci avvelena da vent'anni in Lombardia
Paolo Ferloni, Massimo Oddone
Libro: Libro in brossura
editore: Effigie
anno edizione: 2019
pagine: 135
Ogni anno centinaia di sostanze chimiche nuove prodotte dall'uomo sfuggono nell'ambiente, oltre a molte esalate da fonti naturali, e possono causare danni alla salute umana e agli ecosistemi nelle regioni più avanzate, come la Lombardia. Qui respiriamo, tra l'altro, monossido di carbonio (CO), biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili (VOC), ozono (O3), metalli pesanti, particolato atmosferico (PM 2,5 e PM 10): cioè gas che hanno differenti reattività e capacità di diffondere su distanze lunghe o corte e inquinare estesi territori. L'aria della Lombardia, come di tutta la pianura padana, negli ultimi vent'anni è stata molto inquinata, e ha indotto effetti sia acuti sia cronici sulla salute: da irritazioni respiratorie e gravi malattie cardiache e polmonari, a infezioni acute nei bambini e bronchiti croniche negli adulti, a leucemie e tumori, con mortalità prematura e ridotta speranza di vita. I dati della più accurata e recente ricerca scientifica, italiana e internazionale, mettono in guardia sulle principali conseguenze del respirare polveri sottili e smog. Il libro ne presenta in breve i meccanismi d'azione sulla popolazione, come pure su animali e piante in diverse zone lombarde.
Questo è Cefis. L'altra faccia dell'onorato presidente
Giorgio Steimetz
Libro
editore: Effigie
anno edizione: 2010
pagine: 230
L'uragano Cefis
Fabrizio De Masi
Libro: Libro in brossura
editore: Effigie
anno edizione: 2022
pagine: 403
Dato alle stampe nel 1975,""L'uragano" Cefis" è un libro unico per davvero. Se ne conserva infatti una sola copia, quella che nel marzo 2010 il chiacchierato senatore-bibliofilo Marcello Dell'Utri espose tra i pezzi di pregio alla Mostra del libro antico di Milano. Da allora "L'uragano" ha preso a circolare in fotocopia a mo' di samizdàt, e si spiega: il libro contiene informazioni esatte, dunque pericolose, sulla sfacciata intraprendenza a fini personali di Eugenio Cefis, presidente dell'Ente nazionale idrocarburi (Eni) e poi della Montedison. "L'uragano" si sofferma sul brulicante arcipelago di società private che, per tramite di prestanome, fanno tutte capo a Cefis: società immobiliari, petrolifere, metanifere, finanziarie, del legno, della plastica, della pubblicità, televisive, ecc. affidate a uomini di fiducia del presidente di Eni e di Montedison; e che, con Eni e poi con Monte-dison, sono a volte indebitamente in affari, altre volte in concorrenza. Era l'epoca di bassa marea morale, per dirla con Calvino, in cui l'hanno vinta i peggiori. Ne emerge la foto di gruppo di una borghesia parassitaria, incline all'affarismo e socialmente noncurante: la borghesia più ignorante d'Europa, direbbe Pasolini. Di questa borghesia traffichina Eugenio Cefis parrebbe il paradigma, «la storia mediocre di un uomo mediocre...» scrive Fabrizio De Masi (un nome di comodo), ma dal suo libro traspare semmai la storia di un uomo che — tornando a Pasolini (e a Dostoevskij) —ha conosciuto «la grandezza sia dell'integrazione che del delitto»: la metamorfosi di un "eroe diabolico" metà guardia e metà ladro, la storia di una vita legata a filo doppio ai tanti, troppi intrallazzi e misteri che hanno attraversato e attraversano questo nostro Paese. Non è tutto. Nel suo ampio saggio conclusivo Giovanni Giovannetti rende conto di ciò che l'autore di "L'uragano Cefis" ha inteso tacere, raccordando l'inchiesta di De Masi alla biografia politica e morale dell'onorato presidente": Eugenio Cefis, quel giovane sottotenente fucilatore di partigiani e antifascisti poi diventato lui stesso partigiano e antifascista, nome di battaglia Alberto, uno tra i più preparati comandanti militari della Resistenza di area cattolico-monarchica. Dopo la Liberazione, eccolo prima all'Agip e poi all'Eni accanto a Enrico Mattei, il presidente dell'Ente petrolifero di Stato ucciso il 27 ottobre 1962 (una morte che vedrebbe Cefis coinvolto). A Mattei subentrerà proprio l'ex partigiano Alberto, chiamato a perseguire politiche industriali non sempre volte al pubblico interesse e a prefigurare mutamenti istituzionali in aperto contrasto con la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza. Fosse dipeso da lui oggi l'Italia sarebbe una Repubblica presidenziale, più autoritaria che autorevole, guidata dall'"uomo forte" o dal tecnocrate di turno. Introduzioni di Giovanni Giovannetti e Pier Crescenzi.
L'albero del romanzo. Un saggio per tutti e per nessuno
Massimo Rizzante
Libro: Libro in brossura
editore: Effigie
anno edizione: 2019
pagine: 201
Nella presentazione al libro Milan Kundera scrive: «Credo soltanto di sapere che la letteratura non potrà sopravvivere senza la critica letteraria in forma di saggio. Senza una meditazione personale così come la conosciamo (ad esempio) in Nietzsche, in Hermann Broch, in Julien Gracq, in Octavio Paz. Questo tipo di riflessione saggistica, attraverso i suoi sguardi, i suoi giudizi, i suoi stupori, i suoi dubbi, ha sempre accompagnato la letteratura». Ma «la critica letteraria in forma di saggio» e di «meditazione personale» sembra scomparsa, appartenere al passato, fagocitata da una parte dalla Dea Attualità e dall'altra dalla scienza e dai suoi proclami post-umanistici. Eppure senza l'arte del saggio, anche le altri arti, secondo Kundera, rischiano di essere condannate alla solitudine, all'oblio, alla moda, alla morte. Nel suo saggio «per tutti e per nessuno», Massimo Rizzante ci ricorda che essere radicali significa tornare continuamente alle radici, che la storia non può essere sostituita dalla cronaca e che i frutti dell'albero dell'arte del romanzo, considerati i décalage che esistono tra le diverse parti del mondo – e la coesistenza di diversi gradi di civiltà –, possono nascere nei luoghi più segreti. Tuttavia, afferma l'autore, se il romanzo è un albero, il romanziere non aspira a coltivarlo. Non aspira al giardinaggio. Quel che desidera è appartenergli, diventare un ramo di quell'albero. A tal punto che sarà inutile cercare di ridurre la complessità dell'opera alla storia del suo paese natale, alla sua lingua, al patrimonio della sua nazione. Ogni nuovo ramo dell'albero del romanzo, infatti, è una misteriosa messa in discussione della sua genealogia.
Il geografo e il viaggiatore. Lettere, dialoghi, saggi e una nota azzurra sulla prosa di Italo Calvino e Gianni Celati
Massimo Rizzante
Libro: Libro in brossura
editore: Effigie
anno edizione: 2017
pagine: 134
Questo libro smisuratamente breve, scritto in un periodo smisuratamente lungo, è un libro sull'amicizia tra Calvino e Celati. Ma anche sull'amicizia come forma, forse l'ultima, in grado di renderci più vicini a noi stessi e più in dialogo con il mondo, meno sentimentali e più sensibili. Il geografo Calvino e il viaggiatore Celati, per quanto diversi, sono accomunati da quella vena artistica che, nata agli inizi dei Tempi Moderni, ha segnato un po' controcorrente fino al XX secolo la nostra civiltà letteraria fondata sulla dura legge della mimesis. Si tratta di quello humour che Thomas Carlyle, parlando di Ariosto, di Cervantes, di Sterne e di Jean Paul definisce: «il prodotto non del disprezzo ma dell'amore, non della deformazione superficiale delle forme naturali, ma di una profonda quanto piacevole simpatia nei confronti di tutte le forme della Natura». Entrambi, ciascuno a suo modo, il viaggiatore con cambi umorali più erranti, il geografo con cambi di passo più lineari, hanno attraversato i generi, non hanno mai fatto finta che il lettore non esistesse, non si sono mai arresi al vizio della trama, hanno mostrato senza affettazione i capricci dei loro procedimenti, hanno riflettuto sulla loro opera e su quella altrui diffidando sempre delle definizioni. Entrambi spiriti malinconici nati sotto l'influenza di Saturno, sono figli dello humour, di quello cervantino come di quello ariostesco, di quello che traspare nelle opere di Giordano Bruno, nella Scienza nuova di Giambattista Vico o nella prosa di Leonardo e Galilei, di quello del Leopardi delle Operette morali e dello Zibaldone, come di quello che si incontra nelle passeggiate di Robert Walser e Raymond Queneau o nei quaderni di Paul Valéry.
Azzurra nostalgia. Lucio Mastronardii e gli altri di Vigevano
Adriano Ballone
Libro: Libro in brossura
editore: Effigie
anno edizione: 2016
pagine: 245
Lucio Mastronardi fa il maestro elementare e lo scrittore di romanzi diventati cult oggi (ad esempio Il maestro di Vigevano) e Vito Pallavicini scrive canzonette che ancora cantiamo e che riempiono la pubblicità (Azzurro ad esempio). Che hanno a che spartire questi due? Forse nulla. Forse molto. In comune hanno la stessa città di origine, quella Vigevano, città di provincia allora ignota ai più, che per alcune fortunate circostanze diventa, come dice Giorgio Bocca, una "città campione": quella città la vivono nelle stesse strade e negli stessi bar. E negli stessi anni: tra la fine della guerra e la fine dei Settanta, anni nei quali l'Italia, "miracolosamente" (ma in verità per merito della sua gente), esce all'improvviso dal suo "medioevo" e si proietta in un futuro post-capitalistico: si passa dalla bici all'auto, dalla matita alla biro, dalla latrina nel cortile al bagno vicino alla cucina. È così veloce il cambiamento che pochi hanno tempo e modo di comprendere cosa stia succedendo: Vito, nel suo piccolo, il cambiamento lo provoca, lo colora; Lucio, nel suo piccolo, lo studia, lo interroga, trova la parole giuste per raccontarlo. Oggi ci aiutano a capire cosa significhi "cambiamento" e con quale malessere tutti quanti lo viviamo, allora e oggi: di molte parole siamo debitori nei loro riguardi.
Un dialogo infinito. Note in margine a un massacro
Massimo Rizzante
Libro: Libro in brossura
editore: Effigie
anno edizione: 2015
pagine: 258
Octavio Paz ha detto una volta: "Ho scritto e scrivo perché intendo la letteratura come un dialogo con il mondo, con il lettore e con me stesso - e il dialogo è tutto il contrario del rumore che ci nega e del silenzio che ci ignora. Ho sempre pensato che il poeta non è solo colui che parla, ma colui che ascolta". La parola scritta, infatti, è un bambino che dorme e soltanto quando si dialoga il bambino riapre gli occhi. Che cosa può fare la critica letteraria se non aprire gli occhi sul mondo e dialogare con le opere? Negli ultimi vent'anni Massimo Rizzante è stato in molti luoghi e ha scritto su autori di molti paesi, dall'Islanda al Maghreb, dall'America Latina all'Europa centrale, dal Giappone alla Grecia. Nel libro il lettore potrà vagabondare liberamente tra le opere di Saramago, Fuentes, Kundera, Oe, Goytisolo, Bergsson - che l'autore ha incontrato e con cui ha dialogato -, o fermarsi ad ascoltare le voci più lontane ma sempre presenti di Kafka, Nabokov, Eliade, Andric, o di poeti tanto dimenticati quanto essenziali come Oscar V. de Lubicz Milosz, Lamborghini, Crnjanski, Kachtitsis... Oggi, secondo l'autore, non basta concepire la storia della letteratura in modo sovranazionale: bisogna tener conto dell'albero genealogico che ogni artista fa crescere e ramificare dalla sua opera e dalla sua immaginazione. Soltanto così la Storia e la storia della letteratura ci saranno restituite in modo non solo più legittimo, ma più profondo.
Indagine su Leonardo. Pavia, Vigevano, il Ticino e l'università
Giovanni Giovannetti
Libro: Copertina morbida
editore: Effigie
anno edizione: 2015
pagine: 275
Chi è davvero Monna Lisa? Quell'enigmatico sorriso potrebbe appartenere a Isabella d'Aragona, a Pavia dal 1488 al 1497; lo comproverebbero i simboli della casata Sforza, ben visibili sull'abito eppure sino ad ora elusi. Leonardo avrebbe dipinto il ritratto ufficiale della duchessa proprio al Castello Visconteo, tra colonne solo abbozzate nell'incompiuto quadro al Louvre ma ben visibili, ad esempio, nella "Vernon Gioconda" (è negli Stati Uniti) e nell'"Isleworth Mona Lisa" (è in Svizzera). Entrambe queste versioni sembrano precedere la Gioconda parigina. Anche il disegno dell'Uomo Vitruviano - simbolo grafico del nostro tempo (è ovunque, anche sulla moneta italiana da un euro) - trova maturazione a Pavia nel 1490, col protrarsi del soggiorno di consulenza sull'erigendo Duomo pavese. A Pavia Leonardo rende migliore la vita all'infelice Isabella (un'intesa forse più che intellettuale). Rimira l'antico monumento equestre del Regisole ("di quel di Pavia si loda più il movimento che nessuna altra cosa. L'imitazione delle cose antiche è più lodevole che le moderne"), prendendolo infine a modello del mai concluso "gran cavallo" in onore di Francesco Sforza. E quando appunta la sua avveniristica "città ideale" prende spunto da una piacevole città "vissino a uno fiume", disegnandola attraversata da canali a convergere nel "Tesino". A Vigevano, tra il 1493 e il 1494 Leonardo prosegue la bonifica dei terreni paludosi presso la cascina Sforzesca...
All'alba di una idea. Breve storia dell'evoluzionismo
Michele Caldonazzi
Libro
editore: Effigie
anno edizione: 2015
pagine: 136
Nelle Scienze i dogmi non esistono. Se esistessero il credo centrale della Biologia moderna sarebbe l'esistenza dei processi evolutivi, poiché la comprensione del fenomeno della vita - dalla più minuscola delle cellule fino all'intera biosfera - trova il proprio senso solamente nell'evoluzione. Eppure c'è ancora chi testardamente si rifiuta di accettare questa ovvietà. Il rifiuto non si basa su motivi razionali bensì ideologici: l'evoluzionismo viene ancora visto come una mortale insidia per una visione religiosa e morale del mondo. Per i suoi detrattori questa teoria scientifica sarebbe dunque una sorta di vaso di Pandora dal quale deriverebbero gran parte dei mali che affliggono il mondo attuale: dall'atesimo al nichilismo, dal razzismo all'eutanasia, dal capitalismo selvaggio al classismo. Fino a qualche decennio addietro queste apparivano le posizioni di minoritarie sette fondamentaliste. Numerosi episodi recenti dimostrano invece che le visioni anti-evoluzionistiche (e in ultima analisi anti-scientifiche) rimangono purtroppo attuali, e non solo in qualche isolato circolo di fanatici religiosi. Gli esempi non mancano. "All'alba di una idea" si propone quale attento viaggio nella storia della biologia dell'evoluzione.
La lotta per nascere. Nove tesi su Antonio Moresco
Libro: Libro in brossura
editore: Effigie
anno edizione: 2013
pagine: 204
Tra il 2003 e il 2008 otto giovani, ancora studenti, di sette diverse sedi universitarie, dedicano le loro tesi di laurea e di dottorato a Antonio Moresco. Quasi nessuno dei professori che le hanno seguite conoscevano l'opera di questo autore di romanzi dalla forma originalissima e orbitante, di racconti visionari, di saggi e di potenti testi per il teatro. Ignoto alla critica accademica ma anche a quella mediatica, i libri di Moresco non erano nelle classifiche e nemmeno tra i vincitori di un qualche premio letterario, non si trovavano in pile sui banconi delle librerie, e gli editori stessi nemmeno li ristampavano (fino al 2009 "Canti del caos" era introvabile, "Gli esordi" fino al 2011). Ci si chiede allora per quale canale questi giovani studiosi abbiano potuto intercettarli e esserne attratti e persuasi al punto da farli diventare oggetto di studio. Evidentemente per il canale più diretto, la lettura: un incontro fortuito, un passaparola e ovviamente la forza di quei libri. A esclusione del primo saggio, di Gianpiero Marano, gli altri qui raccolti provengono da quelle tesi di laurea. È in assoluto il primo libro di critica che affronti con profondità di analisi e sistematicità di sguardo l'opera di uno scrittore che, come scrive Carla Benedetti nell'Introduzione, "ha di fatto inventato un nuovo pezzo di letteratura italiana".
La memoria in piazza. Monumenti risorgimentali nelle città lombarde tra identità locale e nazionale
Libro: Copertina morbida
editore: Effigie
anno edizione: 2012
pagine: 195
Introdotti da una illuminante messa a punto metodologica di Catherine Brice, i saggi degli autori chiamati a collaborare a questo volume - riccamente illustrato da numerose fotografie e documenti spesso inediti - affrontano, da diversi punti di vista, il tema della memoria del Risorgimento come fondamento legittimante della nazione che si era fatta Stato. Si analizzano qui gli aspetti artistici, simbolici e allegorici; si esaminano i riti commemorativi, più o meno partecipati, spesso unitari ma talvolta anche divisivi e si seguono i loro mutamenti nel corso del tempo; si evidenziano le dinamiche tra istituzioni, amministratori, singoli personaggi, circoli politici, uomini di Chiesa, opinione pubblica, innestate da questioni quali la scelta del soggetto da immortalare, le modalità di finanziamento dell'opera, il luogo dove collocare la statua o magari dove trasferirla, nel quadro di nuovi assetti urbanistici. I casi di studio, qui riuniti sotto il comun denominatore regionale, testimoniano gli sforzi effettivamente compiuti dalle élite nazionali e locali per radicare nelle coscienze degli italiani le basi di una possibile religione civile, ma per altro verso confermano le difficoltà di mettere in atto le procedure di nazionalizzazione, rivelando la persistenza di sentimenti non omologabili e persino antagonisti rispetto alle istituzioni. A ragione si parla infatti di "Risorgimento conteso" e di linee di frattura non mai composte nell'identità italiana.
Il gatto in poltrona. La televisione italiana e la penna di un poeta
Alfonso Gatto
Libro: Libro in brossura
editore: Effigie
anno edizione: 2012
pagine: 160
Tra il settembre 1964 e il dicembre 1965, Alfonso Gatto firma una rubrica di critica televisiva sulle pagine della "Fiera letteraria", ironicamente intitolata "Il gatto in poltrona". Il poeta salernitano per 15 mesi diventa così osservatore dei programmi proposti dalla Rai, e li commenta con l'attenzione dell'intellettuale affascinato dalle potenzialità del nuovo mezzo, ma preoccupato per la banalizzazione della cultura e della comunicazione che già allora si nascondeva tra i lustrini delle trasmissioni. Nelle pagine di questa rubrica scorrono i nomi dei protagonisti televisivi negli anni Sessanta: dagli spettacoli di varietà che avevano per protagonisti Marisa Del Frate o le gemelle Kessler, Enrico Viarisio o Corrado, o l'immancabile Mike Bongiorno, alle trasmissioni più decisamente culturali. Quanto al giornalismo, Gatto mostra la sua spiccata predilezione per TV7, format talmente azzeccato da essere ripreso in anni più tardi dalla tv e tuttora ben vitale. Così come La domenica sportiva. E poi il cinema, il teatro, e ogni occasione di cultura proposto dal video. Gatto osserva, si diverte, si annoia, a volte si indigna. L'autore commenta dal punto di vista dell'uomo di lettere, e spesso la sua penna prende solo spunto da un programma andato in onda nella settimana, per stilare pezzi di costume, di arte, di attualità. Postfazione di Aldo Grasso.