Il Saggiatore: La piccola cultura
Le tetradi perdute di Marshall McLuhan
Marshall McLuhan, Eric McLuhan
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 283
"Le tetradi perdute" nasce come continuazione di "Gli strumenti del comunicare" e di "La legge dei media". Nel corso del loro lavoro di aggiornamento e revisione, Marshall McLuhan e suo figlio Eric trovano uno strumento teorico completamente nuovo, che si manifesta in una forma assolutamente inusitata e che si applica tanto ai prodotti materiali (come gli occhiali) quanto a quelli astratti (come la repubblica) dell'evoluzione. Le nuove leggi scoperte dai McLuhan sono un metodo valido e rivoluzionario per la comprensione di ogni fenomeno umano. Sono le tetradi. Una tetrade raggruppa le quattro leggi che governano tutte le innovazioni umane: ogni innovazione amplifica, rende obsoleto, recupera e capovolge qualcosa. Questi processi hanno luogo in tutti i casi, senza eccezioni, ogni volta che un'innovazione si sviluppa e si diffonde nella cultura e nella società; perciò sono stati chiamati leggi. Sono le leggi dei media nella loro forma definitiva. Per esempio, il refrigeratore amplifica la gamma dei cibi disponibili, rende obsoleti il cibo fresco e il cibo essiccato, recupera il tempo libero di chi provvede alla cucina e si capovolge nell'omogeneità di sapore e consistenza. Oppure: l'orologio amplifica il lavoro, rende obsoleto l'ozio, recupera la storia come forma d'arte e si capovolge in un eterno presente. O ancora: la macchina fotografica amplifica l'aggressione privata, rende obsoleta la privacy, recupera il passato come presente e si capovolge nel dominio pubblico. Le tetradi perdute di Marshall McLuhan è l'opera che offre la cornice teorica conclusiva per l'analisi di ogni nuovo medium. E lo fa in una forma che trascende la forma tradizionale del discorso, la forma saggio, la forma comune di una comunicazione umanistica: una tetrade è una poesia, una strofe di quattro versi, presentata con un suo peculiare codice visivo. Qui accompagnata dalle spiegazioni di Eric McLuhan, che ci consentono di seguire il processo di invenzione e sviluppo delle tetradi nel suo farsi: ci consentono di assistere all'ultima rivelazione del grande filosofo dei media.
L'uomo senza frontiere. Vita e scoperte di Albert Einstein
Jeremy Bernstein
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 235
Figura emblematica del nostro tempo, geniale esploratore dell'intelligenza umana e dello spaziotempo, Albert Einstein è ancora oggi considerato uno dei più importanti scienziati della storia. Le sue scoperte e intuizioni hanno riscritto totalmente il nostro modo di interrogare la realtà e dato abbrivio a una nuova, straordinaria prospettiva scientifica, da cui nessun modello fisico del presente e del futuro può prescindere. Ma come ha fatto un timido bambino nato a Ulm, piccola cittadina sulle sponde del Danubio, a diventare uno degli uomini più famosi di tutti i tempi? Jeremy Bernstein ripercorre in maniera sapiente e appassionata la vita di Einstein, coniugando le imprese scientifiche con quella parte della sua personalità, più intima e familiare, che soltanto a pochi era permesso conoscere. Ricostruisce momenti fondamentali della sua maturazione come studioso e come uomo, dagli anni di infanzia trascorsi a suonare il violino all'ammissione presso l'Istituto federale svizzero di tecnologia di Zurigo, dal matrimonio con Mileva all'«anno dei portenti», durante il quale formulò i fondamenti della fisica moderna, dal premio Nobel ricevuto nel 1921 alla fuga dall'Europa per scampare alle persecuzioni naziste contro gli ebrei. Si sofferma spesso sul volto di un giovane ragazzo con lo sguardo trasognato, su cui nessuno - né gli amici né i professori - avrebbe mai scommesso, ma che già nei primi anni di vita costellava i suoi sogni a occhi aperti di visioni prodigiose: come quando, a cinque anni, il padre gli mise in mano una bussola e lui vi vide l'ago magnetico che indicava la sua strada. "L'uomo senza frontiere" è la biografia attraverso la quale riscoprire gli esperimenti e le teorie scaturite dalla mente che ha riscritto le regole del nostro mondo.
Baudelaire. Dal fango all'oro
Stefano Agosti
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2019
pagine: 161
«Mi hai dato il tuo fango e io ne ho fatto oro» scrive Baudelaire nell'"Ébauche d'un épilogue", un unico verso a custodire un'intera dichiarazione di poetica: la scoperta dell'oro della poesia nel cuore del prosaico - negli inferi dei bassifondi, fra i demoni celesti delle città-, l'immersione negli abissi dell'eros e dell'ebbrezza, in una noia fisica e metafisica che trova il suo atroce riscatto nella bellezza. Soprattutto, la ricerca del verso come parola alchemica, formula filosofale per le infinite metamorfosi della materia: metafore, sinestesie, comparaisons che tramutano lampade in sguardi sanguinanti, parole in fate dagli occhi di velluto, languidi baci in liquidi cieli disseminati di stelle. Grazie a un'eccezionale contiguità con il testo di Baudelaire, Stefano Agosti mostra come questa sostanza mutante - scaturita da una delle più potenti pulsioni emotive mai registrate dalla letteratura - si riversi in una struttura geometricamente ordinata, segnando l'ingresso della poesia lirica nella modernità. Leggere questo testo, che di "Les Fleurs du Mal" costituisce un indispensabile contrappunto critico, significa ripercorrere la nervatura portante del grande Canzoniere dell'era moderna: «l'istanza flagrante, dirompente, grondante del "moi"» che governa gli itinerari pseudobiografici del poeta, i momenti in cui il significante si solleva alle più pure manifestazioni di musicalità e in cui una violenza espressiva inedita si infiltra nei moduli di una suprema elaborazione formale. È un movimento nelle profondità di un'opera scritta da Baudelaire con tutto il suo cuore, tutto il suo odio, tutta la sua religione e la sua tenerezza, che nella lettura di Stefano Agosti giunge intatta al lettore contemporaneo.
Breve storia dell'ubriachezza
Mark Forsyth
Libro: Libro in brossura
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 292
Secondo una leggenda africana, le donne persero coda e pelliccia quando il dio della creazione insegnò loro a fare la birra. Fu così che ebbe origine l'umanità. Da allora, incontriamo l'alcol ovunque, dai primi insediamenti neolitici fino alle astronavi che sfidano l'ignoto spazio profondo, e insieme al bere troviamo la sua compagna più sfrenata, allegra e sovversiva: l'ubriachezza. L'ubriachezza è universale e sempre diversa, esiste in ogni tempo e in ogni luogo. Può assumere la forma di una celebrazione o di un rituale, fornire il pretesto per una guerra, aiutare a prendere decisioni o siglare contratti; è istigatrice di violenza e incitamento alla pace, dovere dei re e sollievo dei contadini. Gli esseri umani bevono per sancire la fine di una giornata di lavoro, bevono per evasione, per onorare un antenato, per motivi religiosi o fini sessuali. Il mondo, nella solitudine della sobrietà, non è mai stato sufficiente. "Breve storia dell'ubriachezza" osserva il nostro passato dal fondo di una bottiglia, da quello spazio vitale - il bar - che è abolizione temporanea delle regole dominanti, festa del divenire e convegno di gioie. Grazie alla scrittura colta ed esilarante di Mark Forsyth, vivremo l'ebbrezza di un viaggio che dalle bettole degli antichi sumeri penetra nelle stanze di un simposio ateniese; assisteremo al sorso di vino che ha cambiato il mondo per sempre, quello bevuto da Cristo nell'ultima cena; entreremo nella taverna in cui è nata la letteratura inglese e ascolteremo il crepitio dei revolver nei peggiori saloon del Selvaggio West. Infine, come in quell'antica leggenda africana, scopriremo che la nostra civiltà nasce grazie al sacro dono dell'alcol: perché bere è umano, ubriacarsi è divino.
Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social
Jaron Lanier
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 211
I segreti più profondi della Cia e dell'Nsa sono stati hackerati e resi pubblici, più di una volta. Ma stai certo che da nessuna parte, nemmeno nel dark web, troverai una copia dell'algoritmo di ricerca di Google o dell'algoritmo del feed di Facebook. Oggi questi algoritmi determinano l'andamento della vita umana sul nostro pianeta. Jaron Lanier, informatico della Silicon Valley, pioniere della realtà virtuale, non ha nessun account social. In "Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social" spiega perché non dovresti averne nemmeno tu. Google e Facebook, insieme a Instagram, WhatsApp - cioè di nuovo Facebook, Twitter e gli altri social, costituiscono l'impero della modificazione comportamentale di massa. Tirano fuori il peggio di te, spingendoti a manifestazioni d'odio di cui non ti pensavi neppure capace; ti ingannano con una popolarità puramente illusoria; ti spacciano dopamina a suon di like, intrappolandoti nella schiavitù della dipendenza. Distorcono il tuo rapporto con la verità e degradano la tua capacità di empatia, disconnettendoti dagli altri esseri umani anche se ti senti più connesso che mai. Corrompono qualsiasi politica che ambisca a dirsi democratica e devastano qualsiasi modello economico che non sia fondato sul lavoro gratuito. Inoltre - e questa è la cosa che ti scoccia di più, se ci pensi - si arricchiscono infinitamente vendendo tutti questi dati agli inserzionisti (che sarebbe più corretto chiamare manipolatori attivi della società e della natura umana), plasmando la tua volontà attraverso pubblicità targettizzate; e lo fanno attraverso algoritmi che spiano e registrano qualunque cosa tu faccia. I benefici che ti danno i social media non controbilanceranno mai le perdite che subisci in termini di dignità personale, felicità e libertà di scelta. Jaron Lanier ci mette in guardia: questo totalitarismo cibernetico ci distruggerà. Internet non è il male, ma va ripensato profondamente. Compi un gesto che spinga le tech company a cambiare, non resterai tagliato fuori dal mondo. Riprenditi il controllo della tua vita. Cancella subito tutti i tuoi account social.
Pornage. Viaggio nei segreti e nelle ossessioni del sesso contemporaneo
Barbara Costa
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 307
Dentro al porno ci siamo tutti. Gaudenti e bacchettoni, adolescenti e attempati, single e fidanzati. È il video hot che teniamo in sottofondo mentre scriviamo una mail al capo. È il messaggio sexy che ci compare sullo schermo del telefono alla fine di un appuntamento noioso. È il brivido che ci attraversa in metropolitana immaginandoci avvinghiati allo sconosciuto seduto davanti a noi. Ma è anche l'adulto che si eccita pagando per essere trattato come un bambino, mangiare omogeneizzati e giocare col pongo, o il filmato a luci rosse di un ultrasettantenne i cui amplessi vengono visualizzati in rete da milioni di utenti entusiasti. Con "Pornage" Barbara Costa ci spalanca le porte del sesso contemporaneo: un universo in cui la tecnologia più all'avanguardia si unisce alla perversione più raffinata e le sperimentazioni in camera da letto aprono la strada al cambiamento sociale. In queste pagine il porno diventa una lente di ingrandimento attraverso la quale guardare il presente, lo specchio osceno in cui la collettività si riflette e dalle cui immagini viene a sua volta plasmata. Come nella inedita cartina geografica dell'Italia ricavata dai risultati delle ricerche su Pornhub regione per regione, o in quella che mostra la diffusione dei nuovi modelli di famiglia nati dal poliamore e dal superamento delle identità di genere. "Pornage" è un racconto in cui si mescolano l'alto e il basso, la fisicità delle escort e la «pura utopia» - come la definisce Giampiero Mughini nella sua prefazione - delle fantasie pornografiche. Un'opera che delinea il mondo che abitiamo e quello che abiteremo. Perché nei porno in virtual reality possiamo godere dei nostri sogni di onnipotenza futuri e le sex realdolls di oggi, obbedienti robot del sesso dotate di intelligenza artificiale, sono già gli ibridi uomo-macchina di domani.
Crazy is a compliment. Avere successo andando controcorrente
Linda Rottenberg
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 362
Leader visionari che dirigono aziende rivoluzionarie; individui carismatici che costruiscono imprese dalla fisionomia inconfondibile; innovatori che trasformano radicalmente il proprio settore: ci sono tanti tipi di imprenditori geniali. Ma hanno un tratto in comune: se li chiamate folli lo considerano un complimento. Tutti noi dobbiamo pensare e agire come questi imprenditori quando sviluppiamo i nostri progetti. Dobbiamo essere flessibili, audaci, anzi un po' sconsiderati, per non restare indietro, per produrre il cambiamento. Dobbiamo avere il coraggio di pensare in grande e andare controcorrente. Ma come si fa? Ce lo insegna Linda Rottenberg, fondatrice di un incubatore di start up ed esperta nella promozione della creatività su scala mondiale. Rottenberg ci spiega quale road map seguire per realizzare le nostre aspirazioni, dominare la paura connaturata all'avvio di una nuova impresa, gestire i problemi che inevitabilmente sorgono e sfruttare il caos come fattore propulsivo. Coniugando ricerca sul campo, consigli pratici e il racconto di storie e casi paradigmatici - da Walt Disney a Estée Lauder, da Burberry a Leila Velez, che ha dato vita a un impero da ottanta milioni di dollari partendo dalla cucina di casa sua -, Linda Rottenberg ci fornisce le istruzioni per l'uso della nostra capacità creativa. "Crazy is a compliment" è un manuale per trasformare il nostro talento in successo. Perché l'unico modo per fare la differenza è una sana combinazione di follia e razionalità. Perché bisogna essere un po' pazzi per immaginare quello che gli altri non vedono, escogitare un'idea insolita e portarla avanti. Perché il mondo ha bisogno di qualcuno che abbia sogni impossibili. Perché chi ha rotto gli schemi e ce l'ha fatta ci dimostra che dobbiamo provarci anche noi.
Dante in Cina. La rocambolesca storia della «Commedia» nell'Estremo Oriente
Eric Salerno
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 260
«Voi credete forse che siamo esperti d'esto loco; ma noi siam peregrin come voi siete»; Dante ha condensato una vita in queste poche parole, ed Eugenio Volpicelli ne ha fatto il suo manifesto. Nato nel 1856 da famiglia nobile, cresciuto a Napoli, vegetariano integralista, maniaco dell'esercizio fisico, appassionato di testi esoterici, studente modello del Collegio Cinese L'Orientale, nel 1881 Volpicelli lascia la città natale alla volta dell'Oriente e in breve diventa console generale responsabile di tutta la Cina meridionale. È un uomo coltissimo, scaltro, poliglotta, sempre in viaggio; si sposta in canoa per i fiumi della Cina, in treno sulla Transiberiana, in nave verso gli Stati Uniti e in motonave per tornare in Italia; si guadagna una laurea in ginecologia e l'odio del governo britannico; affronta pirati e incontra missionari francescani, alterna visite ai templi e colazioni nei salotti di notabili e intellettuali. Dopo aver vissuto a Hong Kong e a Macao, Volpicelli approda a Nagasaki, la Napoli d'Oriente. Dalla Cina al Giappone la Commedia dantesca rimane la sua stella fìssa, la missione diplomatica è quasi un pretesto per la sua vera missione e ragione di vita: diffondere Dante e ritrovarlo in tutto l'Estremo Oriente. Traduce passi in cinese, tiene conferenze sull'opera dantesca, individua nessi tra Dante e Confucio e, grazie all'illustrazione del viaggio infernale di un bonzo custodita al museo di Kyoto, intreccia l'escatologia buddhista con quella cristiana. Con "Dante in Cina" Eric Salerno ricostruisce le vicende di un personaggio straordinario, vissuto a cavallo tra Otto e Novecento in un Oriente segnato dal colonialismo europeo, dalla guerra sino-giapponese e dalla rivolta dei Boxer. Un personaggio che - superando frontiere linguistiche e barriere culturali - congiunge i maestri di Oriente e Occidente, integra le due tradizioni letterarie e filosofiche e unisce i saperi di questi mondi lontani eppure sorprendentemente vicini.
Perché il tempo vola e perché la felicità è un lampo e quando ci annoiamo le ore non passano mai
Alan Burdick
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 425
Perché siamo più produttivi quando abbiamo molto da fare mentre nei momenti di relax ci pare di non riuscire a combinare niente? Perché ci sembra che la nostra prima storia d'amore sia durata molto più a lungo di quanto sia avvenuto in realtà? Possiamo in qualche modo controllare e plasmare la nostra percezione dello scorrere dei giorni, delle ore, dei secondi? E ancora, che forma ha il tempo? È una retta, come la freccia di Zenone e il suo tragitto impossibile? È un cerchio, come il ciclico calendario dei Maya? O ha il volto dell'astronauta Scott Kelly che, tornato sulla Terra dopo aver passato 520 giorni in orbita, era invecchiato 5 millisecondi in meno rispetto al gemello rimasto a casa? Alan Burdick ci invita a un curioso viaggio nel mondo del tempo: dalle meridiane e dalle clessidre ad acqua dell'antichità all'invenzione del secondo; dall'UTC, il Tempo Universale Coordinato, che regola tutti gli orologi del pianeta, alle scoperte sul ritmo circadiano, il nostro naturale orologio interno; dalle teorie di Einstein sulla dilatazione temporale al caso del musicista Clive Wearing che, persa d'improvviso la memoria, si ritrovò a vivere in un eterno presente. Con "Perché il tempo vola" il Saggiatore propone un'originale riflessione attorno alla dimensione che forse più di tutte influisce sulla nostra vita affettiva e lavorativa. Un percorso che attraversa la fisica, la filosofia e la letteratura, unendo sant'Agostino e Richard Feynman, il «presente specioso» di William James e i viaggi nel futuro di H.G. Wells, gli esperimenti di Michel Siffre - che trascorse più di duecento giorni in un laboratorio isolato sottoterra per indagare la percezione del tempo in condizioni di deprivazione sensoriale - e la lingua pirahà, quasi priva di riferimenti temporali. Per porre domande le cui risposte inevitabilmente aprono ad altri quesiti: perché se c'è una cosa sulla quale abbiamo sempre trovato il tempo di interrogarci è, per l'appunto, il tempo.
Autobiografia del Novecento. Storia di una donna che ha attraversato la Storia
Vera Pegna
Libro: Libro in brossura
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 271
Quella di Vera Pegna è la storia di una vita comune e, in quanto tale, straordinaria. La storia di una donna normale, una qualsiasi cittadina del mondo; la storia di una donna speciale, vissuta attraverso il più lungo dei secoli brevi. La storia di Vera Pegna è la nostra storia. L'infanzia ad Alessandria d'Egitto, gli insegnamenti del nonno, la disciplina del collegio, il debutto in società. Poi gli anni in Svizzera, l'università, l'interpretariato, l'incontro con il buddismo. Il lungo viaggio verso Palermo per conoscere Danilo Dolci - il Gandhi siciliano -, il Partito comunista e la lotta contro la mafia. L'arrivo a Milano, l'impegno nel Comitato Vietnam, la difesa della causa palestinese sotto il vessillo del laicismo. Il trasferimento a Roma, gli incontri con Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e Karol Wojtyla. Vera Pegna custodisce ricordi di donne e uomini illustri e non illustri, ma sempre valorosi. Memorie di terre lontane e orizzonti esotici, ma anche di province meridionali accerchiate dalla mafia. Su tutti questi ricordi e queste memorie posa uno sguardo fiero e appassionato; e la sua prospettiva illumina le storie minime che hanno contribuito a scrivere la grande Storia, nelle quali ognuno di noi può riconoscersi, con le proprie debolezze e le grandi aspirazioni, con i propri sogni, desideri e illusioni. "Autobiografia del Novecento" è la storia di una donna che ha attraversato il secolo con un unico, invincibile principio: siamo noi, con le nostre vite minuscole, a dover muovere il primo passo per costruire un futuro migliore; e sono i molti assetati di pace e giustizia, non le ambizioni dei pochi, a scrivere nel lungo tempo la traiettoria umana. I suoi ideali e la sua missione civile sono un dono e un imperativo per noi e per le generazioni a venire.
Il paradosso di Icaro. Ovvero la necessità della disobbedienza
Carlo Bordoni
Libro: Copertina morbida
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 352
L'uomo è la più tronfia, superba e tracotante delle creature. La necessità di soddisfare i suoi bisogni e la sete di conoscenza lo hanno indotto a esplorare, sperimentare, a spostare il limite sempre un po' più in là. All'inizio è stata una questione di sopravvivenza, poi è diventato un meccanismo talmente abituale da risultare connaturato, a tratti perverso: competere con gli dèi, sottomettere gli animali, dominare la natura, sconfiggere la morte. Questa è la hybris, il tragico errore di Icaro. Per Carlo Bordoni è alla hybris che va ricondotta la crisi del nostro tempo. Oggi i valori di democrazia, libertà, uguaglianza e progresso appaiono scarnificati, scoloriti e intermittenti, fragili origami privi di autorevolezza e sacrificati al dio dell'eccesso; oggi si profetizza un nuovo declino dell'Occidente. Perché il colmo della tracotanza consiste nell'ignorare deliberatamente il futuro, nel vivere in un eterno presente dominato dalla voracità del benessere e da un'inquietante forma di indifferenza. Ma, paradossalmente, è proprio grazie alla hybris che possiamo riscattare il presente e nutrire speranze per il futuro: avere la spinta a superare i limiti significa saper deviare dal percorso già tracciato, compiere uno scarto e magari trovare una nuova via. Significa riappropriarsi del potere di determinare il futuro, a dispetto di qualsiasi opprimente organismo sovranazionale o orwelliano dispositivo di controllo. Essere disobbedienti significa essere creativi. Essere Icaro significa volare alto, quasi fino al sole. Dopo "Fine del mondo liquido", il Saggiatore offre ai lettori il nuovo libro di Carlo Bordoni, "Il paradosso di Icaro": per riassegnare un valore al concetto di limite, rinunciando al nostro protagonismo assoluto; per ridimensionare il nostro ruolo divino, attenendoci a quello di ospiti del pianeta; per imparare la lezione senza rinunciare alle ali.
Figure, idoli, maschere
Jean-Pierre Vernant
Libro: Libro in brossura
editore: Il Saggiatore
anno edizione: 2018
pagine: 269
Pietra grezza, trave, pilastro, figura animale mostruosa, infine figura antropomorfa: che servisse a esorcizzare la paura della morte, ad allontanare il terrore ancestrale o a placare le potenze ignote, la rappresentazione del divino si è evoluta insieme all'uomo. In Grecia ha raggiunto il suo coronamento: in Grecia sono nate l'immagine e l'arte modernamente intese. Di Figure, idoli, maschere nella mitologia e nella religione greca ci parla qui Jean-Pierre Vernant. Troviamo la testa di Medusa, la Gorgone per antonomasia, di guardia alla frontiera del mondo dei morti, regno di Ade e Persefone. Troviamo Dioniso, il dio travestito par excellence, che danza insieme alle Baccanti invasate in feste falloforiche. Troviamo Artemide, la cacciatrice solitaria che sottopone le adepte a ordalie di verginità ma protegge le partorienti. Troviamo Narciso, che non trova se stesso. Per Vernant le figure sono simboli, gli idoli sono riti, le maschere sono specchi. Il doppio è l'emblema, la chiave necessaria per leggere il rapporto dell'uomo col soprannaturale, il luogo in cui si gioca la partita dell'identità. "Figure, idoli, maschere" è un testo fondamentale di mitologia classica e psicologia storica, che il Saggiatore ripropone con una nuova prefazione di Giulio Guidorizzi. Vernant svela questa legge universale: dato che l'essenza del divino è sempre sfuggente, resiste a qualsiasi tentativo di farsi imbrigliare in una forma, l'uomo può rappresentarla in infiniti modi diversi. Perciò l'arte è espressione della nostra eterna tensione al superamento degli umani limiti, sublimazione della nostra eterna ricerca di ciò che ci manca e che non possiamo fare a meno di desiderare. Perché, come diceva André Malraux, le figure create dall'uomo sono così potenti da negare il suo stesso nulla.

