Pacini Editore: Biblioteca della miscellanea società storica della valdelsa
L'architettura romanica vallombrosana in Toscana
Italo Moretti
Libro: Libro in brossura
editore: Pacini Editore
anno edizione: 2024
pagine: 624
«Il volume che qui si presenta è il frutto di tanti anni di lavoro su testi e documenti, nonché di ricerca sul campo, che Italo Moretti, scomparso nell’aprile del 2022, non è riuscito a vedere a stampa, e che i curatori, legati a lui da stretti vincoli di amicizia – e nel caso di Fabio Gabbrielli anche da rapporti di discepolato – si sono sentiti in dovere di portare a conclusione. In Moretti la passione per la storia dell’architettura medievale era iniziata ancor prima della laurea in Lettere discussa nel 1976 a Firenze con una tesi su L’architettura romanica religiosa nell’antico territorio di Siena, relatore Roberto Salvini. Già allora egli vantava numerosi studi pubblicati a partire dai primi anni Settanta, e fu grazie a questi lavori che nel 1979 ottenne l’incarico di Storia dell’urbanistica alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Siena, dove nel 1985 divenne professore associato di Storia dell’Architettura, cattedra tenuta sino al pensionamento nel 2007. Nei quasi tre decenni di insegnamento universitario Moretti ha tenuto a Siena – o come professore supplente a Firenze – anche corsi di Storia della città e del territorio e di Architettura del paesaggio, intitolazioni che danno conto dell’ampiezza dei suoi interessi…» (I Curatori)
Colle al tempo di Dante. Contributi per il 750° anniversario della battaglia di Colle di Val d’Elsa (1269-2019) raccolti e pubblicati in occasione del VII centenario della morte di Dante Alighieri (1321-2021)
Libro: Libro in brossura
editore: Pacini Editore
anno edizione: 2023
pagine: 472
«Quando una Comunità arriva a date simboliche che segnano la propria storia, nasce la voglia – per non dire la necessità – di celebrare la ricorrenza con attività che siano ricordate nel tempo, con l’intento dichiarato di non disperdere la memoria del momento e quello, meno palese – forse più profondo – di affermare la propria più intima essenza. Fino ai primi mesi del 2019, in pochi a Colle si ricordavano della battaglia combattuta il 17 giugno del 1269 e l’invidiosa Sapìa, non di rado confusa con l’‘assonante’ Pia de’ Tolomei (sempre di personaggi danteschi si tratta, entrambe Senesi…), non era una figura familiare, se non per qualche oscuro richiamo toponomastico o per fantasiose ricostruzioni bibliografiche, del tutto avulse dalla solida e oramai definita realtà storica. Tuttavia, quando sono partite le prime ricerche, quando sono state convocate le prime riunioni per stabilire il modo migliore per ricordare questo importante giorno della storia della Città, tutti si sono sentiti coinvolti: chi rivendicava un radicato guelfismo, mescolato a una orgogliosa (quanto antistorica) appartenenza calcistica alla Viola, “Gigliati fin dal Medioevo”; chi invece, trasponendo in chiave novecentesca la lotta tra papato e impero, si intestardiva a far discendere il proprio accanito anticlericalismo dallo spirito del Salvani e dei Ghibellni senesi. Come se la Toscana Rossa, ammesso che esista sempre, traesse la propria linfa dai mattoni vermigli della Piazza del Campo o dalle lastre del Ponte di Mezzo, incrostate della salsedine dell’antica Repubblica Marinara. In realtà ogni Toscano è, in fondo, un Ghibellin fuggiasco, ovvero uno spirito contraddittorio in cui le aspirazioni ideali e il senso di appartenenza non di rado si scontrano con la dura realtà. “Ma Dante o ‘un era Guelfo”. “Mah, vedrai, si sarà sbagliato Foscolo”. E le nostre contraddizioni restano lì, mai dichiarate, mai superate, fino al successivo schiaffo della Storia...» (i curatori)
Percorsi valdelsani. Saggi e scritti diversi fra storiografia e scienza politica
Mario Caciagli
Libro: Copertina morbida
editore: Pacini Editore
anno edizione: 2022
pagine: 176
«Questo libro raccoglie gli scritti, di varia natura e di varia consistenza, che ho dedicato alla Valdelsa nell'arco di oltre mezzo secolo, risalendo il primo al 1961 e l'ultimo al 2013 - il che testimonia una lunga fedeltà. Si tratta di sei saggi, una pre- e una postfazione, due recensioni e due profili di intellettuali valdelsani. Ci sono gli oggetti da me studiati nei lunghi anni di attività. Ho ripulito leggermente i testi, in particolare uniformando i criteri tipografici e l'articolazione in paragrafi. Rimangono alcune ripetizioni, ruotando i lavori, pur essendo dispersi nel tempo, intorno ad assi comuni. Lo scritto del 1961, il quarto in questa raccolta, era il primo capitolo della tesi di laurea che discussi in quell'anno e che sarebbe divenuta trent'anni dopo un libro della collana della MSV grazie al sostegno del Comune nel quale sono nato nel 1938, Colle di Val d'Elsa. Pur vagando i miei interessi conoscitivi per altre plaghe geograficamente lontane, ho continuato a rivisitare per decenni la Valdelsa, sia pure saltuariamente e con percorsi diversi, approfittando sì delle occasioni che mi sono state offerte, ma anche perché, come suona il verso di Charles Guillaume Etienne che ho messo per epigrafe al secondo di questi lavori, "on revient toujours à ses premiers amours". Anche se non hanno uguale impostazione, tutti questi scritti rientrano nel genere che i tedeschi chiamano con il termine comprensivo di Lokalforschung, cioè ricerca locale. Quelli sui demo-socialisti e sulla nascita del PSI appartengono però alla specie 'storia locale', mentre quasi tutti gli altri - sicuramente quelli sull'identità valdelsana e sulla cultura politica diffusa da "La Martinella" - appartengono alla specie 'politica locale', sub-disciplina della scienza politica. Come dimostra proprio la lunga, gloriosa vicenda della "Miscellanea Storica della Valdelsa"; la storia locale ha un suo statuto pienamente riconosciuto, statuto che è uscito addirittura rafforzato dalla crisi delle grandi narrazioni universali del Novecento. La politica locale, a sua volta, quello statuto se lo sta conquistando ed è ritenuta una colonna portante dell'analisi politologica...» (l'autore)
«Becuccio bicchieraio da Gambassi». Competenze professionali e mobilità sociale nella Firenze rinascimentale
Franco Ciappi, Silvano Mori
Libro: Libro in brossura
editore: Pacini Editore
anno edizione: 2020
pagine: 248
«La ricerca che qui presentiamo nasce dall'esigenza – e dalla curiosità – di accertare chi realmente fosse quel “Becuccio bicchieraio da Gambassi” che, per ben due volte, Vasari nomina nelle sue Vite. Non ci sembrava, infatti, sufficientemente corroborata da un valido supporto documentario, né tantomeno da una visione diretta delle fonti, l'ipotesi identificativa con “Domenico di Iacopo di Mattio o Maffio da Gambassi” che, circa 35 anni fa, Alessandro Conti aveva proposto nell'ormai famoso saggio Andrea del Sarto e Becuccio bicchieraio. Questo lavoro, che ha l'indubbio merito di aver accertato che il soggetto di due ritratti eseguiti da Andrea (tavv. 1 e 4) era l'amico Becuccio bicchieraio, presenta un'evidente debolezza proprio nell'individuazione del personaggio. Non era, cioè, del tutto convincente il procedimento mediante il quale Conti era giunto a questa identificazione. Lo storico dell'arte, a proposito della cosiddetta Pala di Gambassi (tav. 2), cercando di determinare, sulla base dell'affermazione del Vasari, l'istituzione religiosa per la quale Becuccio aveva commissionato l'opera, trova conforto nel volume che, a inizio '900, don Socrate Isolani scrisse su Gambassi. L'accostamento di due personaggi ivi citati, che lo stesso Isolani non sembra percepire, è ispirato al Conti da tre notazioni presenti nella scheda che l'ecclesiastico dedica al monastero dei Santi Lorenzo e Onofrio delle Romite di Gambassi. Questi, riportando brani da lui tradotti dal latino della “Visita pastorale compiutavi da mons. Castelli […] nel settembre del 1576”, nel punto in cui descrive la vita delle monache, scrive: “Cosicché rimangono in Chiesa per quattro ore, dopo le quali viene il Sacerdote e vi celebra la Messa ogni giorno, per il quale servizio gli danno tredici scudi lasciati per questo da certo Domenico di Gambassi che fece anche a sue spese l'altare in calcetra magnifica”. Nella seconda, a proposito della chiesa del monastero, scrive: “Sull'altare in faccia, vi stava la bella tavola che Andrea del Sarto dipinse per Becuccio Bicchieraio da Gambassi suo amico e che ora ammirasi ai Pitti. Infatti nella Visita di mons. Castelli si dice: ‘L'altare che era di pietra aveva una magnifica tavola grande e bellissima per ottime pitture con grande cornice dorata'”…». (Gli Autori)
Fra principi, mercanti e partigiani. Francesco Aringhieri politico e diplomatico senese nel Quattrocento
Barbara Gelli
Libro: Libro in brossura
editore: Pacini Editore
anno edizione: 2019
pagine: 373
«Negli ultimi decenni la storiografia è stata oggetto di una profonda revisione interpretativa che ha fatto registrare importanti acquisizioni sotto il profilo della storia dei linguaggi, delle pratiche e delle istituzioni politiche e di governo. Merito di un dibattito sempre più articolato attorno ad un pluralismo di corpi e di soggetti e di una più generale riconsiderazione dei concetti di ‘pubblico’ e ‘privato’ indotta dal progressivo riesame del ‘mito’ storiografico dello Stato regionale. Negli anni Settanta dello scorso secolo alcuni studiosi italiani hanno cominciato a mettere in forte discussione il ‘paradigma statalista’ (elaborato dagli studi giuridici e politici europei di fine Ottocento) che vedeva nello Stato del Rinascimento il traguardo inevitabile di un’evoluzione istituzionale e politica imperniata sulla costruzione di un apparato di potere accentrato e razionale. Evidenziando la funzione unificatrice di quello che era andato sempre più identificandosi come il nuovo Stato Moderno infatti, questi studi erano andati definendo l’evoluzione delle formazioni politiche italiane del Quattrocento secondo i principi di sovranità, burocrazia, razionalità organizzativa ed istituzionale. In particolare, gli studi di Elena Fasano Guarini e di Giorgio Chittolini hanno avuto il merito di inserire un forte correttivo, sottolineando l’estrema complessità di un sistema politico basato sulla costante dialettica tra i poteri. Da qui l’immagine di uno stato ‘pattizio’ o contrattuale, scevro da ogni interpretazione evoluzionista basata sulla indivisibilità del potere, sulla sua personalità giuridica unitaria e sulla razionalità amministrativa. Queste tesi non hanno mancato di suscitare ampi consensi e la discussione ha finito per animare il dibattito storiografico degli anni Ottanta e Novanta del Novecento sino alla compiuta identificazione dello Stato del Rinascimento nel risultato di una complementarietà di poteri, pratiche e sistemi di mediazione, frequentemente indagati attraverso uno studio dei linguaggi, dei rapporti sociali e di rete. Nuove tematiche si sono imposte al centro del dibattito e gli approcci più innovativi della ricerca si sono caratterizzati per una crescente integrazione tra la storia istituzionale (particolarmente in voga durante gli anni Novanta) ed una rinnovata attenzione per un’analisi antropologica delle ‘pratiche privatistiche’ come quelle di patronato, clan, fazione, parentela. In quest’ottica gli assetti istituzionali dei vari stati non vivrebbero affatto una sorta di ‘grado zero’ della statualità, ma risulterebbero fortemente permeabili all’influenza dei soggetti politici di cui appaiono ogni volta diretti strumenti di espressione. La conoscenza dei molteplici meccanismi di interazione tra le pratiche politiche ed il funzionamento ordinario dei sistemi pubblici di governo sarebbe dunque in grado di evidenziare i peculiari organigrammi politici degli stati…»
La «Maestà» di Lippo Memmi 1317-2017. Atti della Giornata di studi (San Gimignano, 28 ottobre 2017)
Libro: Libro in brossura
editore: Pacini Editore
anno edizione: 2019
pagine: 91
"Quando abbiamo deciso di festeggiare i 700 anni dalla realizzazione della Maestà di Lippo Memmi ho subito pensato che potesse essere un’occasione unica per costruire un percorso di valorizzazione dell’opera, ma soprattutto che potesse essere un modo per riconoscerle il ruolo di icona identitaria per la nostra comunità. Il valore dell’opera, da un punto di vista storico-artistico, era già noto e certamente, in questo intenso anno di incontri e studi, è stato ampiamente approfondito. Gli studiosi che hanno accolto il nostro invito a parlare della Maestà nella giornata di studi, ci hanno permesso di rileggere l’opera da più punti di vista e di conoscerla a fondo: la presente pubblicazione testimonia la qualità degli interventi. Ma non era soltanto l’approccio scientifico quello che mi interessava, volevo che la nostra comunità si ricordasse di questa opera, della sua importanza, che avesse voglia di eleggerla a luogo identitario. Durante i miei studi universitari ero affascinata dall’idea che le opere nel Medioevo venissero portate a furor di popolo nelle chiese, che la partecipazione della comunità fosse così forte, che l’arte e la cultura fossero al centro della comunità e rappresentassero valori e contenuti centrali. Si graffiavano con le mani le rappresentazioni dei demoni nelle pale per esorcizzare il Male e punirlo, si chiedeva di costruire ampliamenti a chiese per rendere più funzionale il culto, proprio come è accaduto alla nostra Chiesa di San Lorenzo in Ponte a San Gimignano. Il popolo partecipava, chiedeva alla cultura e i committenti e gli artisti rispondevano. Volevo che la nostra comunità si ricordasse di quella spinta e la facesse propria. Volevo che parlassero della Maestà non soltanto gli studiosi, ma che la comunità la ripensasse, la digerisse e la restituisse secondo la propria sensibilità." (Carolina Taddei)
La ricerca storico-documentaria nel territorio di Casole d'Elsa
Libro: Libro in brossura
editore: Pacini Editore
anno edizione: 2018
pagine: 141
"La mostra su Marco Romano e il contesto storico artistico senese fra Duecento e Trecento – tenutasi a Casole d’Elsa nel 2010 – e la conclusione dei lavori di ordinamento e inventariazione dell’archivio storico comunale, cui ha fatto seguito la pubblicazione dell’inventario nel 2015, sono state le due iniziative culturali più significative promosse e finanziate dal comune valdelsano nel corso degli ultimi anni. Per la pubblicazione del catalogo della mostra, curato da Alessandro Bagnoli, era stata chiesta la collaborazione a studiosi e ricercatori di diverse discipline che, nel seguire la lezione magistrale di Giovanni Previtali, avevano fornito utili indicazioni e precisato molteplici aspetti sull’attività del grande scultore del periodo gotico. Anche la fine dei lavori di sistemazione complessiva dell’archivio era stata un’altra tappa fondamentale per l’amministrazione comunale, che negli ultimi anni si era fortemente impegnata e aveva investito cospicue risorse per rendere nuovamente fruibile la documentazione conservata. Proprio per dare il giusto rilievo a queste due iniziative culturali, il Comune di Casole d’Elsa aveva promosso una Giornata di studi su «La ricerca storico-documentaria nel territorio di Casole d’Elsa», tenutasi il 15 marzo 2014 nella località valdelsana. L’evento è stato, pertanto, un’occasione per fare un primo bilancio sullo stato di alcune ricerche storico-documentarie e storico-artistiche che erano state condotte di recente in quest’area."
San Miniato al Tedesco. Una terra toscana nell'età dei comuni (secoli XIII-XIV)
Vieri Mazzoni
Libro: Libro in brossura
editore: Pacini Editore
anno edizione: 2017
pagine: 278
«Alla fine degli anni Novanta del secolo scorso, quando cominciai ad occuparmi di San Miniato, la vulgata riteneva impossibile lo studiarne le vicende interne prima del 1370, e ciò a causa della quasi completa perdita della documentazione pubblica precedente la conquista fiorentina. Qualche anno dopo […] mi resi conto che invece era possibile studiare il ceto dirigente sanminiatese nel periodo del libero comune, ed in modo anche abbastanza approfondito. Alla condizione necessaria – seppur non sufficiente – di svolgere un’accurata, e quanto più vasta possibile, analisi prosopografica sugli individui e le famiglie che ne avevano fatto parte. Analisi che, di per altro, mancava anche per tutto il primo secolo e mezzo di dominazione fiorentina, e che una quarantina di anni fa era stata sì compiuta da Armando Benvenuti in un suo studio (fondamentale), ma nei limiti cronologici della prima età moderna1. Ho svolto perciò le mie ricerche prosopografiche sull’arco temporale dei secoli XIII e XIV, basandomi su fonti tanto edite quanto inedite – conservate queste ultime in vari archivi di stato e comunali della Toscana – e su una bibliografia di ambito sia regionale che sovraregionale. Grazie ad esse sono arrivato infine a compilare una cinquantina di profili storico-genealogici su altrettante famiglie cognominate, prima conosciute soltanto per il gentilizio e/o il nome di qualche membro, ed un’altra trentina di profili su parentele senza un cognome accertato [...]. Vengo infine alla struttura del libro medesimo. Struttura che, naturalmente, ne rispecchia l’impostazione concettuale. Come ho anticipato spiegandone la genesi, il centro nevralgico della mia disamina è l’analisi del ceto dirigente castellano, condotta attraverso il metodo prosopografico. Il quadro vero e proprio, però, è rappresentato dall’evoluzione sociale e politica di San Miniato, per definire la quale ho composto quattro capitoli, ordinati secondo un criterio gerarchico di importanza (decrescente) conforme alle mie idee personali sulla materia. Il primo incentrato sulla fondazione del castello – soggetto questo ripreso in buona misura dalle ricerche della Cristiani Testi – e la costruzione del dominio – un fattore determinante, a mio avviso, per lo stesso sviluppo del castello. Il secondo, sull’economia – purtroppo nei limiti cronologici del solo Trecento, non esistendo di fatto registri di imbreviature per il Duecento. Il terzo, sulle relazioni con gli altri comuni, toscani e non. Il quarto ed ultimo, sulla politica interna – seguendo un percorso piuttosto lungo, che copre più di due secoli, e va dalla nascita del comune sino all’integrazione nello stato fiorentino...» (Vieri Mazzoni)