Vertigo: Preziosi

Senza proclami, senza pretesa di universalità, senza voler insegnare niente a nessuno, nel coraggio di chi si mette a nudo sulla pagina con semplicità, Massimo Zanetti ci fa assaporare questi "Tre centesimi d'anima", scolpiti dentro un corpo in apparenza inerme, dentro braccia che abbracciano e donano al lettore l'eterno miracolo della vita.

Dino Caldera gioca con le parole, con il verso, con la punteggiatura: quasi come un bambino, costruisce con fantasia tutto ciò che riesce ad immaginare dal punto di vista della struttura della poesia. Crea abbinamenti semantici e lessicali anche arditi e li mescola per far emergere il sapore sempre piacevole della musicalità sfumata, o più incisiva, a seconda dell'effetto che vuole creare.

La ricerca, il bisogno di scavare e arrivare all'osso e ai nervi, alle pieghe più riposte. Le atmosfere d'ombra si sposano alla luce e questa ricerca poetica ricalca un atteggiamento reale, concreto. Una voglia di stanare la bellezza da ogni angolo, mostrarla al lettore in tutta la sua nudità, senza orpelli ma mirando a comunicare un mondo tutto personale eppure da condividere.

Un cammino ideale quello che l'autrice compie in questa opera breve ma intensa. Un percorso tortuoso quale è quello dell'uomo che si divincola fra le difficoltà dell'esistenza ma che trova nella poesia una via per mettere in contatto l'umano e il sovrumano, il basso e l'alto, il male e le redenzioni. Il segreto è in ogni caso costruire, che siano cattedrali reali o immaginarie, il proprio angolo di silenzio da cui poter far affiorare le enormi distese che sono dentro ogni essere umano.

C'è un profondo amore, in Sergio Aramini, per la città svizzera di Lucerna. Un amore che si traduce in parole chiare ed esaustive, in un saggio che, tuttavia, mantiene una piacevolissima informalità. Dalla storia alla letteratura, passando attraverso i ricordi, poi l'unione di narrativa, poesia e saggistica in un unico diario, scritto da una ragazza nei primi anni del Novecento. Una grande quantità di informazioni e curiosità su una città incantevole, capitale del cantone omonimo, che fu oggetto di attenzioni, tra gli altri, anche del grande scrittore Lev Tolstoj.

"Pur nella sua giovane età, Rebecca Dispendi sembra aver dedicato molto studio alla poesia, alle sue componenti essenziali, alla sua strutturazione, quasi a diventare portavoce di quella tradizione che vuole il fare poesia frutto di un attento lavoro di studio e consapevolezza." (Dalla Prefazione di Pamela Michelis)

C'è molta profondità in questa silloge, più di quanta se ne possa scorgere ad una prima superficiale lettura. Sotto una coltre di immagini potenti e rarefatte allo stesso tempo, e di sapienti accostamenti lessicali e semantici, ribollono sentimenti ed emozioni fortissime, di una spinta propulsiva disarmante. La Natura, e questo l'autrice lo sa bene, non è solo bellezza e armonia, è anche violenza, sopraffazione. È una forza bestiale che a momenti fa paura.

Sembra essere il cinismo e la durezza il benvenuto che Vittorio Musca sembra riservare ai suoi lettori, un benvenuto ruvido, come sanno essere talvolta questi versi, controversi, in cui si assiste a una parziale ricostruzione di un mondo destrutturato, privo di bussola e talvolta di senso. Ecco quindi il tentativo di tornare all'origine delle cose, al lessema, al fonema, alla lettera singola, isolata, sottolineata, come a voler fare una analisi elementare, ripartire dal grado zero della scrittura: una tabula rasa che è igiene del mondo (poetico).

«Le poesie di Bianca inneggiano al mistero nella sua verticalità, che è essenzialmente la forza dell'amore che spinge verso l'altrove-la natura del mio amore, la sua verticalità nella notte è un dono dell'universo, il mio omaggio alla vita-come un profumo di spezia che cattura ogni atomo della nostra attenzione trasformando la banalità di un pasto in un rito di memoria. [...] Il mistero, che non sta nelle nostre vene, però palpita in esse: il corpo è il luogo della meraviglia, che ci fa entrare nel senza tempo.» (dalla prefazione di Evelina Piscione)

«La poesia di Ivano Mozzillo è un filosofo puro, presocratico. Non la figura dotta e accademica a cui ci siamo rassegnati. Quel filosofo che viveva nella carne la prova del suo sapere e nella carne cercava le ragioni di un esistere. Eppure, la scrittura di Mozzillo sembra non avere peso. Un'azione antigravitazionale la spinge in alto, su quote celesti di musicalità, senso divaricato, e incredibili, eccezionali qualità acustiche che, insieme all'appropriazione del significato, rappresentano la punta apicale di tutto un poetare.» (dalla prefazione di S. Chiariello)

Senza dubbio, per Silvano Pasquini, la poesia rappresenta una piccola redenzione. Scrivere significa per l'autore depurare l'animo spogliandolo dei dolori, perché raccontandoli si riesce ad elaborarli e dunque a comprenderne la natura profonda sì da poterli anche superare.

55 moti dell'anima... 55 emozioni del cuore... 55 suggestioni della mente...