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ABE: Paesi della campania

Pietrastornina (Av) nata col papa di Avignone: la mensa detta San Martino dei 29 paesi di benevento da Clemente VI a Benedetto XIII rifondati dai migranti fuggiti dopo il sisma del 1348 che distrusse il Sannio antico

Pietrastornina (Av) nata col papa di Avignone: la mensa detta San Martino dei 29 paesi di benevento da Clemente VI a Benedetto XIII rifondati dai migranti fuggiti dopo il sisma del 1348 che distrusse il Sannio antico

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2024

pagine: 124

Secondo una teoria tutta nostra, la prima chiesetta nella zona del monte Vergine, intitolata a Santa Maria Vergine e Genitrice di Dio, nacque con un preposto insediatosi ora a Campora di Rotondi, ora in una non meglio identificata Submonte che palleggia l'antichità lombarda della Valle di Avellino con il luogo detto Trasmonte. Prima di ogni altra ipotesi che accomuna i paesi della Valle Caudina con quelli della Valle di Campobasso sarà preferibile analizzare meglio i toponimi. Non a caso il Catalogo dei Baroni, retrodatato finalmente al 1096, parla di una Valle Gauda e di una Valle Gaudina in un altro luogo del medesimo territorio. Moltre sciocchezze infatti potrebbero cadere studiando meglio la rivoluzione migratoria avvenuta dopo il sisma, la peste e l'invasione ungherese del 1348, quando molti paesi vennero ricostruiti e ben 29 dei circa 36 furono proprio quelli del Partenio, come risulta da una bolla del 1348, quando l'inviato del papa di Avignore, Bernardo Deucio, rifondò l'arcidiocesi di Benevento e questi 29 paesi che non estevano più nei luoghi originari e furono riedificati dove li vediamo, da Montesarchio a Sant'Angelo a Scala. Il 28 e 30 aprile 1348 Papa Clemente VI scrisse subito all'arcivescovo Balduino Treverense dell'Oppido Aquensi, Aquensis o Aquense, che rappresentava la Leodiensis Diocesis, dopo la vacazio dell'Imperio Romano per la morte di Enrico Imperatore e la seguente discordia con Ludovico di Baviera, eretico e manifesto scismatico. Lo fece poi sapere anche agli elettori imperiali: l'Arcivescovo Gerlaco di Civitate Maguntina, nelle vicinanze della Parte Incolis al vescovo Diaconense, al vescovo Coloniense che sono i quattro grandi elettori dell'Imperio Romano. Poi avvisa Re Carlo nella sua sede di Civitate Argentinensis il 4 agosto 1346 dell'invasione del Regno Romano super Alveo Reni, facendo Carlo, primogenito di Giovanni Re di Boemia divenuto cieco, da marchione della Moravia a Re dei Romani. Facendo pace il 23 agosto con il Re di Francia ed Inghilterra. Dilectis filiis nostri, si-abiiiis, consilio ot communi ojiidi -iuensis Leodiensis diocosis- 25 novembre Clemente VI scrive a Betrando. «Clemens Papa VI, legatum misit Bertrandum Cardinalem Deucium, a quo habitâ omnium diligenti informatione et antiquorum limitum, terminos Territorii Beneventani sic definivit diplomate Pontificiôm quod servatur in Archivo civitatis; estque huius tenoris: Urget nos Apostolicae servitutis etc. ex certa scientia limitamus per modum et terminos infrascriptes, In primis Castrum Pontis inhabitatum, et inde ascendere Castrum Casaldoni, Castrum Campi lattari, Castrum montis Leonis, Castrum Sancti Severi, Castrum Fragneti Monfortis, Castrum Fragneti Abbatis, Castrum Sancti Georgii Molendinaria, Castrum Sancti Andreae de Molinaria, Castrum petrae maioris, Castrum Paduli cum suo suburbio, sive Casali Sancti Archangeli, Castrum montis mali, Casale Templani, Castrum Apicii cum casalibus, Castrum Moroni, Castrum Venticani, Castrum montis Militum, Castrum montis aperti, Castrum montis Fuscoli cum casalibus, Castrum Tufii, Castrum Altavillae, Castrum Cepalloni, Castrum Petrae Strumierae, Castrum S. Martini, Castrum Cervinariae, Castrum montis Sarveli, Castrum Tocci cum casalibus, Castrum Torregusii, cum casali Popisii et aliis casalibus. Volumus itaque etc. Datum Avenione septimô Kalendes Iunilannô nonô, salutis autem 1350. «Sicque territorium Beneventanum erat amplum; nunc autem ab Hispanis valde suit imminutum: complectiturque tantum in praesentia Castra S.Angli de Cupola, Mottam, Panellam, Montem Orsi, Maccolum, Sciarram, Pastenam, Balnearam, S.marci a montibus, S. Lucii, S. Angeli, et Francavillam; quae omnia vix 3. aut 4. milliaribus distat a Benevento».
26,00

Montefusco. Passeggiate emozionali alla scoperta di atmosfere e storie nell'ex Capoluogo della provincia di Principato Ultra Benevento in Regno di Napoli

Montefusco. Passeggiate emozionali alla scoperta di atmosfere e storie nell'ex Capoluogo della provincia di Principato Ultra Benevento in Regno di Napoli

Lucia Gangale

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2024

pagine: 180

Dalle prime curve che, in salita, conducono a San Giorgio del Sannio, è possibile vedere Montefusco, alto e fiero sulla sua maestosa montagna. Bello e fascinoso, se ne sta a guardia di una vallata senza fine, e già capisci che, con quella posizione, con quella linea che forma uno skyline inconfondibile, deve avere avuto una storia bella e importante. Il mio viaggio era cominciato l'anno precedente la stesura di questo volume con l'apertura di Palazzo Giordano, ma stavolta, per raccontarvi di Montefusco e della sua storia, parte dalla parte a valle del paese, e cioè da Contrada Potenza, in quel mistico luogo dove un tempo sorgeva la casa natale della Beata Teresa Manganiello, e prosegue verso il centro storico, distante da qui circa due chilometri. C'è un freddo che entra nelle ossa. La temperatura è scesa a -1.0 gradi. Rari sono i passanti in strada.
44,00

29. San Martino valle Caudina, e i 29 oppidi papalini rifondati nel 1348

29. San Martino valle Caudina, e i 29 oppidi papalini rifondati nel 1348

Arturo Bascetta, Claudio Rovito

Libro

editore: ABE

anno edizione: 2024

pagine: 134

Prima di ogni altra ipotesi che accomuna i paesi della Valle Caudina con quelli della Valle di Campobasso sarà preferibile analizzare meglio i toponimi. Non a caso il Catalogo dei Baroni, retrodatato al 1096, parla di una Valle Gauda e di una Valle Gaudina in un altro luogo del medesimo territorio. Moltre sciocchezze infatti potrebbero cadere studiando meglio la rivoluzione migratoria avvenuta dopo il sisma, la peste e l'invasione ungherese del 1348, quando molti paesi vennero ricostruiti e ben 29 furono proprio quelli del Partenio, come risulta da una bolla del 1348, quando l'inviato del papa di Avignore, Bernardo Deucio, rifondò l'arcidiocesi di Benevento e questi 29 paesi che non estevano più nei luoghi originari e furono riedificati dove li vediamo, da Montesarchio a Sant'Angelo a Scala. In primis Castrum Pontis inhabitatum, et inde ascendere Castrum Casaldoni, Castrum Campi lattari, Castrum montis Leonis, Castrum Sancti Severi, Castrum Fragneti Monfortis, Castrum Fragneti Abbatis, Castrum Sancti Georgii Molendinaria, Castrum Sancti Andreae de Molinaria, Castrum petrae maioris, Castrum Paduli cum suo suburbio, sive Casali Sancti Archangeli, Castrum montis mali, Casale Templani, Castrum Apicii cum casalibus, Castrum Moroni, Castrum Venticani, Castrum montis Militum, Castrum montis aperti, Castrum montis Fuscoli cum casalibus, Castrum Tufii, Castrum Altavillae, Castrum Cepalloni, Castrum Petrae Strumierae, Castrum S. Martini, Castrum Cervinariae, Castrum montis Sarveli, Castrum Tocci cum casalibus, Castrum Torregusii, cum casali Popisii et aliis casalibus. Volumus itaque etc. Datum Avenione septimô Kalendes Iunilannô nonô, salutis autem 1350. Sicque territorium Beneventanum erat amplum; nunc autem ab Hispanis valde suit imminutum: complectiturque tantum in praesentia Castra S. Angli de Cupola, Mottam, Panellam, Montem Orsi, Maccolum, Sciarram, Pastenam, Balnearam, S.marci a montibus, S. Lucii, S. Angeli, et Francavillam; quae omnia vix 3. aut 4. milliaribus distat a Benevento. 1. In primis Castrum Pontis inhabitatum, 2. et inde ascendere Castrum Casaldoni, 3. Castrum Campi lattari, 4. Castrum montis Leonis, 5. Castrum Sancti Severi, 6. Castrum Fragneti Monfortis, 7. Castrum Fragneti Abbatis, 8. Castrum Sancti Georgii Molendinaria, 9. Castrum Sancti Andreae de Molinaria, 10. Castrum petrae maioris, 11. Castrum Paduli cum suo suburbio, sive Casali Sancti Archangeli, 12. Castrum montis mali, Casale Templani, 13. Castrum Apicii cum casalibus, 14. Castrum Moroni, 15. Castrum Venticani, 16. Castrum montis Militum, 17. Castrum montis aperti, 18. Castrum montis Fuscoli cum casalibus, 19. Castrum Tufii, 20. Castrum Altavillae, 21. Castrum Cepalloni, 22. Castrum Petrae Strumierae, 23. Castrum S. Martini, 24. Castrum Cervinariae, 25. Castrum montis Sarveli, 26. Castrum Tocci cum casalibus, 27. Castrum Torregusii, cum casali Popisii et aliis casalibus.
21,00

Durazzano paesi della Campania

Durazzano paesi della Campania

Virgilio Iandiorio

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2021

pagine: 100

21,00

Benevento 1458-1498. Lo Stato del papa fra congiura e riconquista. Volume Vol. 3

Benevento 1458-1498. Lo Stato del papa fra congiura e riconquista. Volume Vol. 3

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2018

pagine: 144

20,00

S. Angelo a scala. San Silvestro e l'Incoronata di papa Paolo IV (nuova serie)

Oscar Ciriello

Libro: Libro rilegato

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 158

C'è da dire che fino a qualche anno fa la storia dei nostri paesi era solo nei racconti degli anziani. Poi, credo almeno trent'anni fa, quello che era un giovane sbarbatello come Bascetta, diede vita ai primi libri concreti sull'Incoronata e San Silvestro, sostenendo, ieri come oggi, che Sant'Angelo a Scala fu il primo luogo abitato della Montagna. Anzi, debbo aggiungere, che Arturo si sbilanciò oltre, sostenendo che il Beato Giulio fondatore della nostra Incoronata dei Carafa non fosse il «Giulio di Nardo» esposto a Montevergine, che nel 1900 gli anziani di Lioni riconoscevano come conterraneo chiamandolo «Giulio Colantuono da Lioni», per la provenienza dal Goleto. Non c'era insomma nulla in comune con fra' Giulio Nardonensis e il compagno fra' Giovanni Figarola: i due eremiti che misero la prima pietra per conto dei Camaldolesi sul Monte Vallatrone. Un sottile scontro religioso e politico che terminò con la distruzione dei Francesi del comandante Sigismondo Hugo, padre del celebre Victor, e il saccheggio delle opere d'arte marchiate, dei marmi, dei registri e delle maioliche che Donato Massa di Pietrastornina, coautore del Chiostro napoletano di S.Chiara, aveva realizzato per l'Incoronata e per altre chiese di S.Angelo, Pietrastornina e Avellino, ai cui devoti, dopo la soppressione dell'eremo, tornarono gradini e altari scolpiti. A questa e alla riscoperta di altre storie che, per amore per i nostri paesi, Bascetta dedica praticamente la sua vita, dobbiamo molti libri pubblicati che spesso stravolgono la 'linea' ufficiale, alla luce di infiniti documenti che spuntano dai polverosi archivi. Non a caso, anche in questo testo, come appare dalle stesse pergamene verginiane, si sottolinea che vi fu la prima chiesa di un precursore greco, detta del preposto e sita a Campora di Rotondi, dedicata alla madonna di Costantinopoli, e poi un'altra proprio qui, dedicata a S.Maria, con i primi beni donati dai sostenitori di Summonte, forse ancora prima che nascesse il monastero montano. Negli ultimi anni, di pari passo ai lavori storici, anche il nostro Oscar Ciriello, architetto di professione, partendo dalle mappe, si è cimentato soprattutto nelle ricostruzioni delle chiese e, grazie alla tecnologia, è arrivato a riprodurre modelli tridimensionali anche dell'Incoronata. Questi successi, dettati dall'amore per le cose belle, fanno di S.Angelo la orgogliosa patria di tante eccellenze, in tutti i campi, oltre che nella storia antica, essendo altresì patria di due papi. Non a caso a breve uscirà un altro lavoro di Bascetta in cui, grazie al rinvenimento di alcuni documenti beneventani, si dimostra che «S.Silvestro in oppido di S.Angelo a Scala» fu una delle 12 abbazie mitrate generate dalla fondazione del S.Spirito a Benevento, prima che venisse assorbita in commenda da S.Sofia e poi da M.Vergine. La nostra storia, lunga mille anni, è quella della colonia del Principato che l'ha abitato proprio qui, per la prima volta, sul versante di una timida e originaria «Villino». Ma S.Angelo restò sempre legata all'antica Atripalda beneventana, rappresentando il cuore di questa immensa Montagna che, con S.Silvestro prima e l'Incoronata poi, è e resterà motivo di vanto e di orgoglio per noi e per la memoria dei nostri avi. Carmine De Fazio.
26,00

Rotondi e Campora del Taburno: il casale de Rotundis e la Madonna Stella. Con nomi e luoghi, da Casa Gallo a Pelagalli, Peroni, Tre Zalossi e Maietta

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 102

Era il 20 settembre del 1878 quando questo regolamento veniva approvato dalla giunta comunale guidata dal sindaco Luciano Vaccariello e dagli assessori Mattia Maietta e Federico Lanni, con un Maietta a segretario. Fra gli altri regolamenti (Rotondi detiene sicuramente un primato di tal genere), vi è anche quello più comune di polizia rurale, con la "solita" inibizione all'accensione dei fuochi a meno di cento metri dalle case, col taglio delle siepi per il libero passaggio delle strade, la "piantazione" regolare dei nuovi alberi di alto fusto.Oltre ai vari divieti, vi è l'inibizione "ai possessori di bestiame, di lasciarlo vagando e senza custodia nei fondi non chiusi da muro e da fitta siepe, se non sia sotto la vigilanza di un proporzionato numero di custodi…": era il 18 novembre del 1893, ai tempi del sindaco Giuseppe Cioffi e degli assessori Luigi Mendozza ed Andrea Marotta, con Angelo Maietta a segretario. Ma diamolo uno sguardo più completo verso l'amministrazione comunale, in quel 22 novembre del 1893, rammentando anche i nomi dei consiglieri Giuseppe Mercaldo, Filippo Maietta, Filippo Cioffi, Gennaro Mercaldo, Domenico Maietta, Antonio Vele, Giuseppe Boccalone, Raffaele De Capua, Giuseppe Cosentini, Giuseppe Meridozza, Vincenzo Lanni e Francesco Boccalone. Tutti erano lì, pensate un po', a modificare il terzo articolo di Polizia Rurale sulle nuove piantagioni. Ma le novità non finiscono qui, e la giunta del 10 ottobre 1870, approvava anche un regolamento di Polizia Rurale Amministrativo, con a sindaco Alessio Vaccariello. Un'ultima scartoffia, carina assai, riguarda il "Regolamento e provvedimenti per la distruzione delle cavallette", a seguito della grande invasione del marzo 1894 (o 95), che spingeva il sindaco, il giorno 23, ad emanare un urgente avviso, dopo aver ricevuto regolare missiva da parte del prefetto Frate il 6 marzo precedente. "In alcuni Comuni di questa Provincia", scriveva il prefetto, "una gran quantità di bruchi è comparsa nei campi danneggiando, con pericolo di invadere anche i comuni limitrofi tuttora innocui". Il funzionario invitava così il sindaco di Rotondi "ad adottare le misure prescritte dal Regolamento per l'esterminio dei bruchi (pagina 482, Bollettino di Prefettura anno 1892)". Rotondi aveva accettato il regolamento il 15 febbraio 1893, con Andrea Marotta assessore facente funzione da sindaco. Abbiamo ritrovato anche il "Regolamento Vaccinico" del 1895, oggetto di un consiglio comunale del 1894, con a sindaco facente funzioni Luigi Mendozza. Manca, alla lista, quello sulle capre. Siamo però sicuri che, da qualche parte, sbucherà fuori.
26,00

Pietrastornina e i racconti del campanaro (seconda parte): La magia bianca delle nutrici: la «mavanaria» delle streghe e il tesoro perso da Re Renato d'Angiò

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 130

In primo piano sono gli usi e costumi del popolo, inseriti nel ciclo dell'anno e della vita, con a punti di riferimento il semestre primario e una famiglia contadina spiegato ai ragazzi, come se fossimo davanti al focolare di una volta. La seconda parte è fatta proprio di storie vere, cioè di episodi, sconosciuti ai più che rallegrano anche gli animi dei grandi. Il calendario dà un senso reale, di movimento, di vita, di continuità a cose che, se elencate soltanto (proverbio, detto, canto, racconto), avrebbero avuto un tanto di irreale e di effimero, perdendo, per la statica freddezza, l'originale valore che invece viene rafforzato e suggellato dalle storie. Ecco allora le pagine assumere un volto diverso dal solito, una veste più popolare e autentica delle nostre genti. Il racconto non abiura alcuna scientificità dello scritto, anzi ne esalta il vero storico. Agli avvenimenti con tanto di documento finale, si antepone un altro aspetto, quello orale delle tradizioni, più semplice dal punto di vista di studio, ma di certo complesso nell'elaborazione dei dati, desunti da un patrimonio tramandato nella Valle Beneventana e assorbito da una società in continua evoluzione. Questi dati, a volte modificati dal tempo, ma trasportati dal dialetto parlato fino a noi, sono una minima parte del patrimonio orale del tempo, quella meno predisposta a mutarsi - per le sue diverse origini etimologiche - e quindi scevra da infiltrazioni che fortunatamente non ne hanno permesso alcuna integrazione nella lingua parlata moderna. Per esempio la parola "comodino" ha come equivalente "colonnetta" e prima "columella": ci è giunta mutata nel senso e nel valore con il diretto equivalente italiano di comodino. L'uso del termine è lo stesso, ma da "colonnina porta lume" a "comodino", come cioè oggetto di comodità, il significato cambia. Con nostra soddisfazione, non capita la stessa cosa con parole come "bardascia", che oggi ritroviamo in voga tanto a Pietrastornina, ex casale sofiano, quanto in un quartiere di Spoleto, e come "quatrana", che non hanno un equivalente etimologico italiano se non nella parola "ragazza". Ma "bardascia" ha una storia diversa, deriva dal francese "bardashe", dallo spagnolo "bardaja", e prima ancora dall'arabo "bardag" e significa "schiava", mentra la 'quatrana' si rifà alla neonata che gattona, ormai sostituita dal classico 'guagliona' anche a S.Martino Valle Caudina e Pannarano. Purtroppo, però, casi come questo sono più unici che rari. Nonostante ciò, siamo riusciti a riunire abbastanza materiale orale da farne una pubblicazione che si rifà più alla tradizione sabatina, quella che trae origine dall'area dei Maccabei, racchiusa fra i casali di Montefusco e del Partenio, per tornare in città da Ponte Sabato. Al centro della nostra attenzione è comunque l'uomo, più che Benevento, o se volete le donne, quelle con le loro illusioni nate per alleviare le sofferenze di ogni giorno, per dare colore a una vita spesso monotona e grigia. In epoche diverse, si sono avuti vari insediamenti umani: opici, sabelli, sanniti, romani, beneventani; ognuno dei quali, con una propria cultura, una propria religione, arricchendoci di usi e costumi non sempre comuni. Chi ci ha tramandato questa storia, fatta di riti, superstizioni, oltre che di avvenimenti, sono i vecchi. Ecco il vero capitolo, sconosciuto a molti, ancor vivo grazie alla memoria storica degli anziani della Valle Beneventana, ai paesi del 'Noce' che non c'è, alla… Rocca delle streghe. Riti magici, filastrocche, cattiverie e libri di magia nera, ma anche fatti accertati, che si rifanno a papi, re e briganti.
26,00

Pietrastornina in età moderna (prima parte): Emigranti, portieri e nutrici dei nobili di Napoli. Il paese del direttore de L'Unità di New York e dei Massa di Faenza riggiolari di Santa Chiara

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 174

A pagina 7 dell'Inventario antico redatto dall'Abate Massa della Chiesa di S.Maria de Juso di Pietrastornina viene ricordato che l'Università comune aveva già redatto un Catasto ad opera di Pietro Antonio Fusci all'anno circa 1630 in 1650, di cui non si hanno altre notizie, se non un estratto notarile relativo ai beni acquistati da Antonio de Fusco dal Notar Giovanni Ricci fra la Via Pubblica da Sotto e Via Publica da Sopra, forse presso L'Arco, in Loco Rosola. In esso compaiono altri luoghi antichi come Monticello e la Selva di Calze donata alla Cappella del SS.Rosario e perciò chiamata Selva del Rosario. Altrove, a pagina 10, è detto che la vendita era descritta al foglio 70, nel Catasto dell'Università fu formato (come si crede) dal fu Pietro Antonio Fusco. Seguono: Campo d'Antona, Cerrito, Lo jardino, Carpenito, e quello di Giovanni battista de Alesandro in Loco Vecelleto seu Carbona ò Vesceglito concesso anticamente à Don Pietro Sasso e poi ad Achille Riccio. Gli Onciari si presentano come dei grossi volumi divisi in sezioni, fra atti preliminari e rivele. Nel 1749, a Catasto compilato, Pietrastornina ha cambiato volto. Si è adeguata al rinnovamento avuto con l'aumento delle libere proprietà che hanno permesso il nascere del ceto civile in tutto il Regno di Napoli. Niente più pagamenti a destra e a manca per i capifamiglia, ma solo tre tasse statali che si imposero più di ogni altra, da versare nelle casse del Regno: quelle sopra le teste dei suoi cittadini ed habitanti, loro beni stabili, animali ed industrie. In effetti si trattava del solo testatico, aumentato dell'imposta sui beni posseduti e dell'imposta sul reddito prodotto dai figli maschi lavoratori. L'Università è mandata in tassa per tot fuochi. Questo sistema aveva evitato la forte evasione, specie di quei forestieri che dichiaravano di non abitare né in un posto e né nell'altro, e degli ecclesiastici bonatenenti, mai tassati fino ad allora, pur incamerando i censi (provenienti da terre e case affidate in enfiteusi), benefici e beni delle parrocchie. Pesi fiscali, questi, che nell'Onciario vengono scalati dalle tasse, sebbene ad agevolarsene, oltre i minorenni, esentati di diritto, furono i non-lavoratori: i troppo-poveri e i troppo-benestanti; i primi dovettero dichiararsi mendicanti; i ricchi, vivendo del proprio (se ne guardarono bene dall'investire il capitale, come nello spirito della legge), finirono per accumulare solo ducati e per esercitare come professione l'essere "possidente". Questo libro è dedicato ai Massa, a Gino Bardi direttore dell'Unità di New York e Alfredo Bascetta, ai Ciardiello, e a tutti gli emigranti, i portieri e le nutrici della meglio gioventù di Napoli.
26,00

Apice: il castello, i feudi, le chiese. Volume Vol. 34

Arturo Bascetta

Libro: Libro in brossura

editore: ABE

anno edizione: 2023

pagine: 168

Narrare la storia delle molteplici controversie tra Conti, Duchi, Baroni, Principi e Re, gli eventi, le situazioni, le stragi delle innumerevoli guerre per conquistare Castelli, Città e Terre dei luoghi in cui oggi viviamo è una grande fatica. Un aiuto massiccio però ci viene dalla documentazione delle "Cronache" di Falcone e del Telesino Beneventano, delle "Carte" di Montevergine e del "Catalogo dei Baroni". E' vero. Anche in tali documenti vi sono contraddizioni, oscurità, ripetizioni che non rendono agevole il districarsi tra fatti ed eventi riportati. Di qui la ricerca di conferme, chiarimenti e specificazioni più attendibili in ulteriori documenti nascosti in Chiese, Abbazie ed altri luoghi sacri. Un fatto è certo. Le "Cronache" di Falcone e del Telesino sono una vera e propria miniera di notizie tali da incoraggiare la consultazione da parte dei vari storici locali che meritano l'elogio della maggioranza dei cittadini delle nostre contrade che sono messi a conoscenza della vita dei propri antenati. La storia locale, spesso trascurata dagli storici che vanno per la maggiore che, con spocchia, la catalogano in senso spregiativo come storia "minore", ha un valore inestimabile. Essa mette in condizione ognuno di noi di conoscere non solo le proprie radici, ma soprattutto consente di appropriarci dei comportamenti, spesso eroici, delle popolazioni che ci hanno preceduto nei secoli e che, con imprese, sacrifici e sangue versato, hanno contribuito a consegnarci interi territori. Si tratta della memoria storica dei nostri avi, a cui attingere per proseguire nel solco da loro tracciato nell'attività, nell'impegno, nel contributo che ognuno di noi deve dare per il progresso e lo sviluppo della propria terra. Le realtà locali sono un patrimonio di cultura, di storia, di arte, di fatti ed eventi che devono sempre più essere il baricentro da cui partire per comprendere la storia complessiva della nostra bella Italia. Gli storici "minori" sono veri topi di biblioteca e ricercatori pazienti in Abbazie, Chiese, Comuni, Province, Regioni ed Archivi di Stato. Fatiche che spesso non ricevono il dovuto riconoscimento appunto per un male inteso senso della storia, ma che ottengono il plauso e l'encomio di numerosissime personalità che sanno apprezzare il lavoro certosino di chi pone a disposizione di tutti conoscenze che, altrimenti, rimarrebbero nell'oscurità. Glorie, affanni, tormenti, sconfitte, vittorie, miserie patite dai nostri avi. Gente, popolo, individui, che devono essere sottratti all'oblio che rappresenta uno dei più gravi crimini contro la verità. Ed è la verità dei fatti che diventa viva nella memoria di noi moderni. Memoria che è veramente un qualcosa di divino, che rievoca scontri, situazioni, eroismi, sacrifici degli antenati facendoci sentire accanto a loro, confortati dal ricordo. Aver memoria di avi lontani, consente di affrontare con più consapevolezza i problemi di oggi. La memoria secondo i Greci è la madre delle Muse. Era chiamata mnemosine. Archelao di Piene, nella sua opera "Apoteosi di Omero", la presenta effigiata in luogo d'onore ove, in maestoso atteggiamento, rivolge lo sguardo verso Zeus, padre delle Muse stesse. "Memoria" o "Oblio" sono i corni del dilemma. La prima è preferita, ammirata, amata da tutti gli uomini che rispettano i valori della storia, della cultura e dell'umanità. La seconda, spesso odiata, è apprezzata soltanto dalle anime scialbe e imbelli. E' la memoria storica che affascina il nostro spirito. E' così. La realtà, la vita, degli antichi e lontani avi di Apice, attraverso la memoria, viene impressa con caratteri di fuoco nel nostro animo e nel contempo risorge "attuale" nel nostro pensiero.
30,00

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