ABE
Poesie e poeti napoletani. Tra Ottocento e Novecento
Franco Martino
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2016
pagine: 360
Dalla abile penna di un autore apprezzato quale Francesco Martino, nasce questo volume sulla canzone napoletana. Una sorta di dizionario su artisti famosi e meno noti, anzi un commentario sulla vita e le opere dei poeti che hanno fatto grande Napoli. Il testo si avvale di una presentazione a cura di Paolo Saggese.
Santo Masaniello. La rivolta di Tommaso Aniello nella collana de Il Regno di Napoli in più epoche. Gli spagnoli della dinastia degli Asburgo d'Austria (1598-1647)
Libro: Copertina morbida
editore: ABE
anno edizione: 2009
pagine: 80
Gli Asburgo si insediano a Madrid con Filippo III che siede un vicerè a Napoli e uno a Palermo. Chiese corrotte ricche d'argenti danno vita alla fuga sugli eremi. Nasce l'Incoronta del Beato Giulio da Nardò col rinnovamento dei Carafa e San Pietro a Cesarano di Mugnano con Trabucco. A Napoli si fonda l'Oratorio dei 4 altari per i più potenti, ma il popolo è oppresso dalle tasse, specie nei feudi. Da qui i moti di fronda e la rivolta di Masaniello contro il Viceré d'Arcos. Dal partito frondista napoletano di Genoino e Vitale, ai 3 giorni da guappo di Tommaso Aniello, Capitano che si svenge per un po' di pesce alla Duchessa. Viene assassinato e la rivolta scoppia in tutto il regno con La Pelosa e D'Alessi, masanielli siciliani.
Fli tra realtà e magia
Flavio Franceschino
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 86
Quando l'undicenne Fli trova la chiave nascosta sotto una mattonella del giardino, non immagina che quel piccolo oggetto lo condurrà nel cuore del segreto più grande lasciatogli dal padre Peter, misteriosamente scomparso. Tra un'agenda di incantesimi, una pipa capace di rendere invisibili e una profezia oscura, Fli scopre che il male ha un nome: Evil Black, la creatura che ha distrutto la sua famiglia e ora vuole lui. Per sfuggire al suo destino e ritrovare la verità, Fli intraprende un viaggio verso l'enigmatico paese di Cold River, dove lo attendono lo zio Joseph, una villa piena di magie dimenticate e un lago nero abitato da mostri leggendari. Con l'aiuto del fazzoletto incantato, dell'amica strega Aras e dei ricordi del padre, il ragazzo affronta prove sempre più pericolose, fino a scoprire il tesoro nascosto che tutti cercano. Ma la ricchezza più grande non è fatta d'oro né di pozioni immortali: è nella forza di scegliere il bene, di proteggere chi si ama e di trasformare il dolore in un nuovo inizio. Età di lettura: da 7 anni.
Storia di Teora, Tigano e Viara: nelle terre scippate dai Balbano all'abbazia dei Franchi e annesse al tribunale dei Lombardi di S.Angelo nel 1093, a cui seguirono il Castrum degli Svevi e il comune del 1300
Arturo Bascetta
Libro
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 144
La tradizione vuole che Teora, nel corso dei secoli, abbia seguito Conza nel corso dei secoli, essendo stata considerata suo casale. Si è poi capito, nel corso degli ultimi anni, che Teora potrebbe essere stato un feudo a sé, preesistente sul territorio poi detto Irpinia, laddove giunsero i Conzani, provenienti dall'antica Conson dei romani, a rifondare Conza dopo l'invasione dei Lombardi e del papa che, a far data dal 1093, rifondarono il Regno d'Italia di Pavia, liberando il Sud dai bizantini e dagli imperiali, che diffondevano il rito greco, a danno di quello apostolico e romano. Da qui la necessità di rifondare una diversa Lombardia Meridionale, cioè un nuovo principato avverso alla Langobardia Minor dei Longobardi dell'Apulia di Verola Vetere, che ebbe sede prima a Barola Nova (poi Manfredonia) e, dopo il sisma e la inviasione imperiale del 1101-18, a Baruletta, a cui aggregare una serie di nuove diocesi di esclusivo rito degli apostoli. Fu questa la nuova capitale dei Lombardi fino alla uccisione del Re Corrado a Florentia nel 1101, quando cominciò la guerra con gli imperiali sostenuti a sud da Ruggero Borsa, contro il fratellastro Boemondo di Canosa, filo bizantino, sostenitore del Principe Tancredi per la nascita del Regno di Neapolis. Solo allora Teora si ritrovò nella nascente arcidiocesi di Conza che i nuovi conquistatori, giunti dal Mare Infero, dove era anche la Conza romana descritta da Tito Livio, rifondarono la nuova città sottomessa all'arcidiocesi di Salerno. In queste pagine così ricche di eventi, l'Autore non si smentisce. Egli legge, trascrive e commenta i toponimi originari tratti dalle pergamene di oltre dieci monasteri, accompagnando il lettore nel ragionamento dello studioso incallito. È questo un libro da conservare, su cui riflettere, ogni tanto, su come così repentinamente, potevano e possono cambiare le condizioni di vita di interi popoli, ora immensi, ora ridotti a seguire un capobastone alla ricerca di un pezzo di terra per rifondare, ovunque sia possibile, la città della propria stirpe. La diocesi di Conza del Principato di Sala Consilina resterà per dieci anni sottomessa a Novas, l'urbe del Principato e Ducato di Amalfi che durerà dal 1101 al 1111, lasciando il passo poi a Salerno. Ma questo accadrà solo quando Borsa sarà assassinato perché s'era messo in testa di fare il vicario di Dio, in un regno che sarà solo del figlio dell'uomo che lui aveva ucciso: Ruggero II Altavilla. Questo succoso libretto analizza meticolosamente le condizioni della vita feudale di Teora e Conza, quando padrone dei feudi era un solo signore che darà origine alla lunga dinastia dei Gesualdo e della loro Contea. I vari Conti e nobili che si susseguirono in questa parte del Principato di Salerno, poi assoggettata ad Avellino, daranno vita a un vivace territorio di cui sono stati riassunti luoghi, mestieri e abitanti, nonché chiese, preti e benefici, della università comunale. Sono le vicende storiche della grande Diocesi conzana dei Salernitani che diede vita all'attuale Teora, i cui abitanti sono per certo i discendenti dell'antica Tegora. Arturo Bascetta, con questa sua opera, dà legittimazione e validità storica alla realtà di allora. Una ricerca, quella del Nostro, che ci fornisce una conoscenza, diretta e più vera, di momenti della storia irpina, non sempre esplorati con sistematicità e metodologie aggiornate e accurate, che termina con una nota di colore su tutti gli elettori di fine secolo, con i mestieri di commercianti, esercenti e artigiani delle arti e professioni.
Abusi e disabilità in età moderna: indagine sugli emarginati del Regno di Napoli
Raffaele Sabatino
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 114
Colma un vuoto questo libro. Un vuoto di conoscenze su come è stata considerata e vissuta la disabilità in epoche passate. Le persone con menomazioni fisiche e mentali sono state per lunghissimo tempo marginalizzate dalla società, considerate quasi "non esistenti". Rientravano nel calderone delle difficoltà fisiche o sociali, con i poveri, gli storpi, i vagabondi, i folli, tutti mescolati in un insieme globale e confuso. Nessuna investigazione analitica, nessuna documentazione specifica ci resta. Il primo riconoscimento che la ricerca merita va dato quindi alla pazienza dell'autore che quasi con una lente da entomologo ha ricercato le tracce di ciò che in epoche passate non era oggetto di studio, intrecciando sapientemente varie tipologie di fonti. In mancanza di documentazioni e testimonianze storiche specifiche soccorrono anche testi letterari, lettere, dipinti. Viene evocato alla nostra memoria Tersite, brutto, deforme e disprezzato, disabile certamente, ma pur protagonista dell'Iliade omerica. O il quadro famoso "La parabola dei ciechi", di Bruegel il vecchio, con il corteo di storpi che sembra destinato a precipitare in un orrido abisso. Ma il lavoro certosino compiuto da Raffaele Sabatino, convalidato da una ricchissima bibliografia, ci fa conoscere tantissime esperienze molto poco conosciute con cui le società del passato hanno "rinchiuso" i portatori di disabilità. Sappiamo così, per citare solo alcuni riferimenti, degli Ospedali dei poveri, della Ruota dell'Annunziata a Napoli o degli "Incurabili" (il termine dice tutto!) sia a Napoli che a Milano, o la vicenda del "grande internamento". Ma anche ci sorprendono i riferimenti ad alcuni personaggi famosi di cui vengono evidenziati atteggiamenti quanto meno da definire borderline. Ad esempio, lo zar Pietro il grande, apprezzato per aver modernizzato con vigore la Russia agli inizi del sec. XVIII, ma autore anche di comportamenti ed atti sconvolgenti che sono da alcuni studiosi attribuiti a tratti patologici fisici e psichici. Tutto descritto con minuziosità scientifica, ma anche con partecipazione emotiva, cosicché ci immergiamo in alcune realtà vivendole empaticamente anche da lettori. E anche questo è un valore aggiunto del libro. È solo a partire dall'epoca illuministica - ci dice Raffaele Sabatino - che inizia una maggiore sensibilità verso il tema della disabilità, che non si traduce ancora in forme di inclusione, ma quanto meno di assistenza. Lo spartiacque teorico è la Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino: "Tutti gli uomini nascono e rimangono liberi ed uguali nei diritti" (1789). Grazie al nuovo clima culturale e ai progressi della scienza i soggetti di diversa abilità iniziano ad essere oggetto di studio e ci si comincia a porre il problema di come inserirli nella società. Nel binomio esclusione/inclusione il pendolo sembra finalmente pendere verso il secondo termine. E oggi? La domanda sembra scorrere sottesa tra i vari capitoli. Anche se analizzare l'oggi non è tra le finalità della ricerca, la partecipazione emotiva che innerva l'argomentazione ci spinge ad interrogarci su come stiamo oggi riguardo all'oscillazione esclusione/inclusione delle persone con disabilità. Spostandoci in avanti rispetto ai confini storici in cui si muove lo studio, possiamo considerare come nuovo spartiacque la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (2006), il cui art.1 recita: "Scopo della presente Convenzione è promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità". Roberta Calbi, Presidente dell'Aps "Vita attiva" - Napoli
Crimine e potere nel tardo Medioevo: trenta curiosi casi nazionali dell'avvocato Maranta da Venosa 1476-1535
Virgilio Iandiorio
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 172
Nelle manifestazioni dedicate ai libri, siano essi saloni fiere o meeting, si fanno intervenire personaggi famosi e autori noti, che discutono in pubblico di argomenti attinenti alla lettura e alle materie da essi trattati nelle loro opere. L'interesse per la lettura da parte di un pubblico vasto non deriva soltanto dall'importanza che alcuni argomenti possono avere, ma anche dal modo come vengono presentati. Le narrazioni di natura storiografica sono, in genere, considerate appannaggio degli specialisti o dei cultori di patrie storie. Il problema che mi affascina da sempre è come portare il racconto storico ad un pubblico sempre più vasto, e non esclusivamente a chi si interessa per motivi professionali o per personale passione della storia. La narrazione, la ricostruzione di fatti storici può risultare accattivante e interessante quando si portano anche all'attenzione del lettore non specialista i personaggi e gli eventi come se fossero davanti ai nostri occhi. Un poco come avviene per i film, che parlano attraverso le immagini a tutti gli spettatori, senza distinzione di età, di cultura e di sesso. Nel nostro tempo in cui spesso e volentieri l'ideale si trasforma pericolosamente in ideologia, che si fa violenta contro la tradizione e la storia in ossequio al pensiero unico e a chi lo impersona, il lavoro storiografico ci dice che non si può rinunciare agli ideali, che hanno fatto e fanno la storia; e ci conferma nella convinzione che ogni ricostruzione storica, che cerca onestamente e con la necessaria competenza la verità, è aperta ad interpretazioni diverse. Il senso dell'eredità del passato è nella consapevolezza che il tempo non è mai perduto. Non domandare: come mai i tempi antichi erano migliori del presente? poiché una tale domanda non è ispirata da saggezza.
Amicizie e potere sul fine Medioevo: i Castriota di Atripalda e altri casi di Eliseo Danza da Montefusco e Nicolò Franco da Benevento
Virgilio Iandiorio
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 128
Questa IV parte è tradotta dal terzo tomo del Tractatus De pugna doctorum, e non è facile reperire neppure in latino. Non si trova indicato in nessuna delle biblioteche della Regione Campania. A volte si cerca lontano, quello che invece si trova vicino. E così nella Biblioteca Provinciale di Avellino, grazie all'ausilio del qualificato personale in servizio, ho potuto leggere il brano che fece arrabbiare, se così si può dire, Scipione Bella Bona. Il capitolo è dedicato alla trattazione del laudemio, che nell'antico diritto feudale era la prestazione dovuta dal vassallo al signore ogni volta che il feudo cambiava proprietario; successivamente, indicò la somma pagata al padrone di un fondo per la concessione dell'enfiteusi o per il rinnovo del contratto enfiteutico. Scrive Eliseo Danza a proposito del laudemio:" La nostra sacra casa degli Eremiti Camaldolensi sotto il titolo "Dell'Incoronata" ha annessa l' Abbazia di San Paolo nella Civita di Avellino, che possiede altri beni nella stessa Civita, e altre parti redditizie alla medesima Abbazia, che per antica consuetudine fondata su privilegio e decreti più volte interposti da parte del Sacro Regio Consiglio e dalla Magna Corte della Vicaria è nel possesso di esigere la quarta ogni qualvolta viene venduto un bene redditizio, che noi comunemente chiamiamo la quarta parte" (7). In effetti la questione del laudemio è controversa:" La più comune obbligazione del padrone utile è quella di pagarsi il laudemio in ogni passaggio del fondo enfiteutico in altre mani diverse da quelle cui fu concesso. Esso non si deve, come altrove abbiam osservato, se non qualora siasi espressamente convenuto, ed in una somma non maggiore della quinquagesima parte del prezzo; siccome pure non deesi che in occasione di vendita o di altra alienazione delle migliorie (art. 1697). E' lecito ai contraenti stabilire una somma minore pel laudemio, ma è proibito di pattuirsi più della cinquantesima parte del prezzo (ivi). L'avvocato di Montefusco passa ad una esemplificazione:" Si può dare un esempio; poniamo che il fondo possa essere venduto al prezzo di cento ducati semplicemente per il suo valore, ma si potrebbe vendere con la neve conservata al prezzo di duecento ducati, nella raccolta della neve sono stati spesi venti ducati che dovrebbero essere detratti dal suddetto prezzo e rimane il semplice e puro apprezzo di ducati centottanta e per questi è dovuto il laudemio, non per quei venti spesi per la conservazione della neve. In caso simile se il marito avrà speso qualcosa per una cava di pietra trovata nel fondo della moglie, compensa le spese sostenute sulla porzione della questione determinata -155 n.21. (8) Sulla questione interrogato da un mio amico della terra di Atripalda, io risposi che così andava fatto; e non era opportuno sforzarsi in niente, per comprendere l'articolo: Infatti ci sono lì uomini esperti, e troppo spesso ho desiderato esporre qualcosa di essi; adesso si presenta l'occasione, e bisogna sapere che la Terra di Atripalda, che si trova descritta in antichi codici sotto alla parola Atripalda. In verità anche in altri scritti del famoso poeta Nicolò Franco, da citare successivamente, anche adesso scrive in molti punti di Atripalda D. Ferdinando de la Marra duca di Guardia (9) nelle umane lettere uomo di grande erudizione in un suo bel discorso, che per il bene della Repubblica ha dato alle stampe col titolo: le Armi nobili del Marra, nei primi tempi però passa sulla parola Atripalda e rispetto alle altre parti del Regno per diversi motivi è giudicata illustre e famosa, motivi che io ho esaminato, e mi accingo a mostrarli a quelli che non li conoscono per far acquistare notorietà nei popoli con i nostri occhi e affetto, che spero di soddisfare verso di essa e i suoi Patrizi (nobili).
La canzone napoletana importata da Lipsia: le audizioni e le incisioni della Polyphon in Germania (1911-1915)
Antonio Sciotti
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 190
La Canzone Napoletana diventa un prodotto tedesco... Massimo Weber, rappresentante della Polyphon Musikwerke a Napoli, ama la canzone napoletana e nel 1910 decide di fondare una grande casa editrice musicale che coinvolga i migliori poeti e musicisti di Napoli per creare una produzione musicale di rilievo nazionale e internazionale. Weber non si occupa solo di musica, ma rappresenta anche vari altri prodotti tedeschi. Dopo essersi dedicato allo sviluppo di un piano artistico e commerciale, il progetto viene approvato in meno di tre mesi. Per avere successo, Weber chiede aiuto a Emilio Gennarelli, esperto nella vendita di prodotti musicali. In incontri storici alla birreria Gambrinus e all'hotel Bertolini, Weber e Gennarelli riescono a ingaggiare i migliori autori e musicisti del tempo, tra cui Ferdinando Russo, che diventa direttore artistico. Le proposte economiche per gli artisti sono senza precedenti, con stipendi tra 125 e 500 lire mensili, somme molto alte per l'epoca. Con gli accordi stabiliti, nel 1911 nasce ufficialmente la casa editrice musicale Polyphon Musikwerke, che viene annunciata al pubblico con una conferenza stampa. L'accordo suscita polemiche ed è pubblicato sul quotidiano Il Giornale d'Italia. La canzone napoletana viene descritta come un importante prodotto di esportazione, ora monopolizzato dalla Polyphon di Lipsia. Il progetto si sviluppa attraverso vari capitoli, che includono audizioni musicali dal 1911 al 1914, e termina con la fine della Polyphon e il rinnovamento della canzone napoletana. Introduzione Nel 1910, Massimo Weber, rappresentante di Polyphon Musikwerke a Napoli, decide di avviare una casa editrice musicale dedicata alla canzone napoletana, cercando il talento dei migliori poeti e musicisti della regione. Punti chiave • Weber, oltre a rappresentare Polyphon, collabora con altre aziende tedesche produttive. • Sviluppa un progetto artistico e commerciale, che viene approvato in meno di tre mesi dalla direzione a Lipsia. • Chiede aiuto a Emilio Gennarelli, esperto nella vendita di prodotti musicali, creando un partnership chiave per il successo della nuova casa editrice. • I due organizzano incontri a Napoli e Roma per ingaggiare autori e musicisti, incluso Ferdinando Russo come direttore artistico. • Attraverso offerte economiche attraenti, Weber riesce a contrattare 32 tra poeti e musicisti, con stipendi significativi per l'epoca. • La nuova casa editrice, Polyphon Musikwerke, viene presentata al pubblico il 21 febbraio 1911, sollevando anche polemiche. • Il quotidiano Il Giornale d'Italia annuncia l'accordo, sottolineando il monopolio di Weber sulla canzone napoletana. Conclusione La creazione della Polyphon rappresenta un momento cruciale per la canzone napoletana, trasformandola in un prodotto con respiro internazionale e proprio di una crisi di valori culturali e commerciali, che si evidenzia tra il 1911 e il 1915.
Potere e nobiltà nella città dei papi su Niccolò Franco da Benevento. Volume Vol. 3
Virgilio Iandiorio
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 172
Volle lasciarsi nell'anonimato l'autore della biografia-romanzo di Nicolò Franco. Si tratta di un francese che nel saluto al marchese di Seignelay, colonnello del reggimento di Champagne, premesso al libro, si firma Abbé***, Censeur Royal. La censura reale In Francia , a partire dal XVII secolo, era l'incarico dato a dei censori di giudicare la legittimità editoriale di un manoscritto e autorizzarne la pubblicazione. Insomma dare l'imprimatur. L'opera di questo anonimo scrittore si intitola Le danger de la satire ou La vie de Nicolo Franco poete satirique italien (Il pericolo della satira ovvero La vita di Nicolò Franco poeta satirico italiano) e venne pubblicata a Parigi nel 1778. Di essa si trovano accenni in alcuni autori, forse perché considerata poco biografia e più romanzo. Ne dà notizia Benvenuto Gasparoni, curatore del periodico il Buonarroti (Un Dialogo tra Niccolò Franco e il Buonarroti, in: il buonarroti scritti sopra le arti e le lettere raccolti per cura di Benvenuto Gasparoni, Roma 1866 vol. I p.90, Il Quaderno IV datato aprile 1866):" Capitatoci a questi giorni fra mani un libro francese, assai malagevole a trovarsi, intitolato Le danger de la satire, ou la vie de Nicolò Franco poeta satirique italien, e vedutovi dentro un dialoghetto fra Niccolò e Michelangelo, fu subito nostra cura il voltarlo nella italiana favella, e farne parte a' leggitori cortesi". Il Gasparoni dà anche un giudizio su questo libro, affermando che "Né veramente sappiamo quanta fede possa meritarsi quel suo racconto che disteso a mo' dei romanzieri che sursero sullo scorcio del passato secolo (e appunto il libro è stampato a Parigi del 1778) non contiene a parer nostro che qualche fondo di vero, sul quale poi l'autore ha tessuta la tela di parecchi avvenimenti, a quella guisa che si costuma in que' romanzi che tolgon nome di storici. Ad ogni modo non potrà essere senza piacer di chi legge il vedere questo dialoghetto che, pognamo non sia veramente accaduto, certo potrebbe essere almeno probabile"; e più avanti "l'autor della vita o vogliam dire romanzo di Niccolò Franco (che veramente è pieno di buona morale, ed è tutto inteso a mostrare come la satira sia cosa malvagia e pericolosa) racconta un altro fatterello in cui ha parte il Buonarroti, e però anche questo volemmo tradurre pe' nostri lettori". L'anonimo autore della biografia di Nicolò Franco attinge le sue notizie da una tradizione che non aveva cessato di avere i suoi cultori. Nel Nuovo Dizionario Istorico, alla voce Franco N., a proposito della sua morte, per impiccagione a Roma nel 1570, si legge:" la tragica morte di questo sciagurato scrittore seguì nel 1569, avendo sbagliato alcuni, che l'hanno fissata al 1554, come pure sbagliano coloro, i quali asseriscono, che fuggisse di carcere, che fosse appiccato solamente in effigie, e che di cordoglio e vergogna morisse poco dopo in Benevento" (l' opera composta da una Società di Letterati in Francia, venne tradotta in italiano col titolo Nuovo Dizionario Istorico, Napoli 1791, tomo XI). Invece ad essa fa riferimento l'autore francese, quando narra la morte in Benevento di Nicolò Franco. In Francia l'interesse per le opere di Nicolò Franco si manifestò già nel XVI secolo; se nel 1579 Gabriel Chapuis pubblicò la traduzione francese dei Dialogi piacevoli. Nelle città in cui Nicolò Franco è stato, ha lasciato sicura traccia della sua permanenza, così a Venezia con l'amicizia/inimicizia di Pietro Aretino, a Casal Monferrato dove fondò l'Accademia degli Argonauti, a Cosenza, dove promosse un'accademia. Il giudizio morale ha pesato molto sul nostro autore beneventano.
I Festival degli anni '50 in televisione (1947-1959)
Antonio Sciotti
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 380
Dopo il periodo d'oro della canzone napoletana che, a partire dalla fine dell'Ottocento e fino alla prima metà degli anni '30 del Novecento, ha seminato successi europei e internazionali, inizia una crisi della musica partenopea che si manifesta dalla seconda metà degli anni '30 e fino alla fine degli anni '40. La diffusione delle ballate e del sound proveniente da paesi oltre oceano e anche da paesi europei, mettono in grave difficoltà la canzone napoletana (e anche quella italiana) divenuta un fenomeno artistico stantio, scartato dalle nuove generazioni che seguono le nuove tendenze. Rispetto ai grandi successi del passato, in questo periodo soltanto alcune canzoni partenopee riescono a superare le difficoltà, imponendosi sul mercato del disco, come 'Na sera 'e maggio, Che t'aggia ddì, 'O mese d''e rrose, Tammurriata nera, Simmo 'e Napule paisà, Munasterio 'e Santa Chiara, più qualche macchietta (Agata, Ciccio Formaggio, L'hai voluto te, I due gemelli, Dove sta Zazà). Troppo poco rispetto ai periodi precedenti. Fortunatamente la crisi sfuma grazie all'esplosione del fenomeno della commercializzazione (o rinnovamento) e la canzone napoletana torna al suo iniziale splendore. Per debellare la crisi, era necessario un cambiamento radicale e pure una schiera di nuovi autori (e di autori adattati) e di nuovi artisti (e di artisti adattati), da contrapporre agli autori e ai cantanti conservatori. Questi riescono nell'intento di creare un nuovo interesse verso la musica partenopea che addirittura oltrepassa i confini nazionali, affermandosi nel mondo con brani che, ancora oggi, sono eseguiti da artisti di grande popolarità. Come per il periodo dell'industrializzazione della canzone napoletana che viene identificato con il leggendario motivo Funiculì funiculà del 1880, anche il rinnovamento della musica partenopea degli anni '50 è identificabile con una canzone che funge da apripista, ovvero Anema e core, considerata la prima melodia del nuovo "filone confidenziale" della canzone napoletana che rilancia la musica partenopea in Italia e nel mondo. L'artefice di questa nuova scrittura è il poeta Tito Manlio che, immediatamente al dopoguerra, sviluppa l'idea che la canzone napoletana, pur rimanendo fedele agli schemi tradizionali di Ernesto Murolo, E. A. Mario o di Libero Bovio, deve adattarsi ai tempi moderni; deve, cioè, parlare l'antico linguaggio ma con uno stile nuovo. Anema e core viene presentata, per la prima volta, al Festival di Capri del 1950, manifestazione organizzata dalla casa editrice Leonardi, e si aggiudica il primo posto nell'esecuzione di Roberto Murolo. Ma il successo non arriva con il noto menestrello napoletano, bensì grazie al tenore Tito Schipa che la inserisce nel suo repertorio e la rende famosa a livello internazionale. Nell'autunno del 1950, Tito Schipa incide Anema e core su disco La Voce del Padrone. Ma fa anche di più. Il popolare tenore, in dodici incisioni su sei 78 giri, raggruppa quanto di più bello è stato presentato al Festival di Capri nelle prime due edizioni del 1949 e 1950, imponendo quasi tutti i brani e rilanciando pure un'altra composizione di stile moderno che farà la storia: Me so 'mbriacato 'e sole di Tito Manlio e Salve D'Esposito (vincitrice dell'edizione festivaliera del 1949). La leggenda racconta che il testo di Anema e core sia stato scritto da Manlio su ispirazione di un furioso litigio con la moglie e da una successiva pace avvenuta con baci e abbracci e con il trionfo dell'amore. Il successo della canzone è arcinoto; lo slow con ritmo sincopato viene tradotto in moltissime lingue ed è inciso da importanti cantanti, quali Frankie Avalon, Cliff Richard, Grace Jones, Eddie Fisher, Beniamino Gigli, Perry Como, Connie Francis, Amalia Rodriguez e tanti altri.
Taurasi e l'antica Taurasia: il castello perduto da Ruggiero di Avellino, demanio dei Balbano per i migranti Bebiani
Arturo Bascetta
Libro: Libro in brossura
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 150
È questo non solo un testo di storia antica sui discendenti di Taurasia in Sannio, la città del 280 a.C, confusa con Torino, dove furono portate le colonie dei Liguri Bebiani, e poi fuggiti risalendo il fiume Calore nell'attuale Irpinia. Ma esso analizza e studia i 3 agri del Sannio antico di Circello con la prima Taurasia nell'agro dei Campi ardenti: Apuani a Taurasia (Campi Flegrei), Bebiani (Tammarense) e Corneliani (Alifano). Queste le colonie dei Liguri da cui presero vita i futuri fondatori di Taurasi. Bascetta analizza tutti i documenti altomedievale di Montevergine, Cava e San Vincenzo al Volturno che parlano di tutte e tre le diverse fondazioni di Taurasi, tracciando un profilo esaustivo sugli spostamenti nel corso dei secoli, specie dopo la distruzione operata dai Saraceni. Ma questa è anche l'occasione per approfondire i documenti sul Monastero della Beata Santa Maria in Loco Sano, la Basilica di San Felice in M.Mariano del 750 d.C., e quella di S.Felice Magno in Loco Sano sul fiume Calore, presso Quintodecimo e S.Agata distrutte dai Saraceni, i quali, per un secolo, poi arriva Ottone II e la fuga dalla Valle di Sora e Cominio all'Alto Calore nel 981 a rifondare Cassano e Luogosano, confuse con le originarie Lo Cossano, cioè Lo(cu) Cusano (Mutri) Il libro si conclude con un interessante spaccato storico-economico e antropologico di Taurasi e dei suoi abitanti tra la fine dell'Ottocento e la metà del Novecento. Ecco una sintesi e analisi dei punti principali, suddivisi per temi: 1. Economia Locale e Trasformazione Sociale Alla fine dell'800, piccole imprese familiari e negozianti locali rappresentano il motore dell'economia di Taurasi. Si tratta di un passaggio cruciale: gli ex servi della terra si trasformano in artigiani e commercianti. Alcuni esempi: Gioacchino Angelis, Marciano Caputo, Scipione Caggiano: negozianti di vino e cereali. Roberto Degli Uberti, Lodovico Maffei: commercianti di prodotti dei propri fondi agricoli. Alfonso Rocci: commerciante di grano, cuoio e vino. Pasquale Tranfaglia: venditore di farmaci. Ciò indica una microeconomia contadina e commerciale, basata su filiere corte, prodotti agricoli e trasformazione alimentare. 2. Infrastrutture carenti e centralizzazione dei servizi Il caffettiere, gli orefici e altri commercianti non si trovavano a Taurasi, ma in paesi vicini come Fontanarosa e Mirabella Eclano. Servizi pubblici come Carabinieri, Uffici del Registro, Posta e Diocesi erano distribuiti tra più comuni (Mirabella, Grottaminarda, Avellino), mostrando una forte dipendenza esterna per le necessità amministrative. 3. Sistema di Misurazione Locale L'autonomia e la frammentazione dei sistemi di misura mostrano le difficoltà di un'economia non ancora unificata: A Taurasi, il moggio era di 900 passi quadrati, mentre a Savignano era 960. Il barile di vino era diverso da paese a paese: a Taurasi era 30 caraffe (≈ 0,2679 hl), a Casalbore era 40 pinte (≈ 0,3571 hl). Per l'olio, si usava il cantaro = 89,1 kg. Questa varietà rendeva difficile il commercio tra paesi e facilitava possibili truffe o errori, specie per i meno istruiti. 4. Continuità e successo imprenditoriale Nonostante difficoltà economiche, tasse e balzelli, alcune ditte familiari resistono e prosperano: Benigno Caggiano & Fratelli, Pasquale Tranfaglia → olio d'oliva (nel catalogo esportatori 1922). Antonio Caggiano → vino e alcool (dal 1931). Con il dopoguerra, Taurasi entra nel commercio vinicolo internazionale, segnando l'inizio di una nuova fase di sviluppo economico. 5. Taurasi nel secondo dopoguerra 1956: 3322 abitanti. Reti di trasporto: ferrovia Avellino-Rocchetta Sant'Antonio, linee automobilistiche locali. Fiere e mercati: settimanale il sabato, fiera importante il 16-17 maggio. Attività turistiche emergenti: agriturismi e ospitalità rurale (famiglia Pasquariello, signora Fraola). 6. Vocazione agricola e paesaggio Taurasi è descritto come: Un centro agricolo della media Valle del Calore.
Faber. Dietro i testi di Fabrizio De André
Mario Martino
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 100
Passare da un blog a un libro in carta e inchiostro è stato un lavoro davvero impegnativo per ovvi motivi di stile, organizzazione e ricerca. Tuttavia, la volontà di imprimere indelebilmente la nostra idea su carta, ha soppiantato la paura di sbagliare, la preoccupazione di fallire, la vergogna di esporsi. Oggi siamo convinti che lavorare giorno e notte alla ricerca delle fonti, alla rifinitura dei contenuti, alla pulizia del prodotto, sia stata davvero la scelta migliore oltre che una meravigliosa avventura. Esplorare la realtà, la società, la storia, la letteratura e la filosofia, utilizzando come filo rosso le canzoni, è stata un'esperienza che ci ha ripagato di tutti i sacrifici fatti. Nel lavoro preliminare alla stesura del volume, ci è sembrato davvero di viaggiare insieme a tutti quei personaggi, quelle melodie, quelle frasi, quelle emozioni che Faber ha saputo regalare alla storia della musica italiana. L'avventura di una rubrica online del sabato mattina è durata circa sei mesi; a un certo punto ci siamo accorti che un blog non era il posto giusto per un lavoro del genere. Da qui, inizialmente, l'idea di chiudere i battenti, perché non tutto dura per sempre, perché era giusto così. Poi, qualcuno, per evitare che tutto il lavoro si smarrisse nella marea di scritti digitali, ci ha suggerito di revisionare i lavori già scritti, arricchirli e adattarli a un volume. Ecco come è nato questo libro: dal bocciolo di un blog irrigato con dedizione, un fiore sbocciato tra paure e difficoltà. Nell'adattamento a una versione cartacea, per evitare di scadere nella superficialità, nell'incompletezza e nell'imperfezione, ci è sembrato inevitabile fare un lavoro più che certosino di rifinitura, pulizia e ricerca. Durante questo processo abbiamo deciso di raggruppare i brani analizzati in categorie. In effetti, è molto difficile far rientrare i testi di De André in una determinata categoria poiché spesso le canzoni di Faber riescono a coinvolgere una pluralità di tematiche nel giro di qualche verso. La seconda parte, La protesta, racchiude quei brani che, a nostro avviso, rappresentano una reazione (violenta come quella del Bombarolo o psicologica come quella del soldato Piero) ai luoghi comuni, ai miti e alle ingiustizie: ora la politica, ora la religione. Si trovano, perciò, in questa seconda parte quelle canzoni in cui Faber invita ad assumere un punto di vista diverso da quello predominante. Dopo la protesta, abbiamo inserito una sezione dedicata al tema amoroso, perché anche di questo De André ha saputo parlare e cantare bene. Le canzoni inserite nella categoria L'amore ci raccontano storie immaginate, relazioni pericolose, gelosie, passione e dolore spesso uniti a fatti e vicende storiche. Infine, spazio alle canzoni dedicate agli emarginati, coloro che comunemente vengono definiti Gli Ultimi. Nei loro confronti il cantautore è stato sempre solidale e comprensivo. De André ha cercato di indossare gli occhiali dei meno fortunati provando a guardare il mondo dal loro medesimo punto di vista. Era più che doveroso, dunque, dedicare una sezione a tutti quelli che non hanno avuto forza, modo o spazio di cantare la propria sfortuna da soli. In conclusione una precisazione è doverosa: il volume non pretende di essere un'antologia, ma il tentativo di raccontarvi come noi abbiamo interiorizzato la morale deandreiana. Per dirla come Faber, noi non abbiamo "[…] nessuna verità in cui credere, […] nessuna certezza in tasca" e "va già molto bene" se riusciremo a "regalarvi qualche emozione". Considerate, perciò, questo volume non un punto di arrivo ma un punto di partenza, un diario.

