ABE: Storia internazionale della canzone italiana
La canzone napoletana importata da Lipsia: le audizioni e le incisioni della Polyphon in Germania (1911-1915)
Antonio Sciotti
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 190
La Canzone Napoletana diventa un prodotto tedesco... Massimo Weber, rappresentante della Polyphon Musikwerke a Napoli, ama la canzone napoletana e nel 1910 decide di fondare una grande casa editrice musicale che coinvolga i migliori poeti e musicisti di Napoli per creare una produzione musicale di rilievo nazionale e internazionale. Weber non si occupa solo di musica, ma rappresenta anche vari altri prodotti tedeschi. Dopo essersi dedicato allo sviluppo di un piano artistico e commerciale, il progetto viene approvato in meno di tre mesi. Per avere successo, Weber chiede aiuto a Emilio Gennarelli, esperto nella vendita di prodotti musicali. In incontri storici alla birreria Gambrinus e all'hotel Bertolini, Weber e Gennarelli riescono a ingaggiare i migliori autori e musicisti del tempo, tra cui Ferdinando Russo, che diventa direttore artistico. Le proposte economiche per gli artisti sono senza precedenti, con stipendi tra 125 e 500 lire mensili, somme molto alte per l'epoca. Con gli accordi stabiliti, nel 1911 nasce ufficialmente la casa editrice musicale Polyphon Musikwerke, che viene annunciata al pubblico con una conferenza stampa. L'accordo suscita polemiche ed è pubblicato sul quotidiano Il Giornale d'Italia. La canzone napoletana viene descritta come un importante prodotto di esportazione, ora monopolizzato dalla Polyphon di Lipsia. Il progetto si sviluppa attraverso vari capitoli, che includono audizioni musicali dal 1911 al 1914, e termina con la fine della Polyphon e il rinnovamento della canzone napoletana. Introduzione Nel 1910, Massimo Weber, rappresentante di Polyphon Musikwerke a Napoli, decide di avviare una casa editrice musicale dedicata alla canzone napoletana, cercando il talento dei migliori poeti e musicisti della regione. Punti chiave • Weber, oltre a rappresentare Polyphon, collabora con altre aziende tedesche produttive. • Sviluppa un progetto artistico e commerciale, che viene approvato in meno di tre mesi dalla direzione a Lipsia. • Chiede aiuto a Emilio Gennarelli, esperto nella vendita di prodotti musicali, creando un partnership chiave per il successo della nuova casa editrice. • I due organizzano incontri a Napoli e Roma per ingaggiare autori e musicisti, incluso Ferdinando Russo come direttore artistico. • Attraverso offerte economiche attraenti, Weber riesce a contrattare 32 tra poeti e musicisti, con stipendi significativi per l'epoca. • La nuova casa editrice, Polyphon Musikwerke, viene presentata al pubblico il 21 febbraio 1911, sollevando anche polemiche. • Il quotidiano Il Giornale d'Italia annuncia l'accordo, sottolineando il monopolio di Weber sulla canzone napoletana. Conclusione La creazione della Polyphon rappresenta un momento cruciale per la canzone napoletana, trasformandola in un prodotto con respiro internazionale e proprio di una crisi di valori culturali e commerciali, che si evidenzia tra il 1911 e il 1915.
I Festival degli anni '50 in televisione (1947-1959)
Antonio Sciotti
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 380
Dopo il periodo d'oro della canzone napoletana che, a partire dalla fine dell'Ottocento e fino alla prima metà degli anni '30 del Novecento, ha seminato successi europei e internazionali, inizia una crisi della musica partenopea che si manifesta dalla seconda metà degli anni '30 e fino alla fine degli anni '40. La diffusione delle ballate e del sound proveniente da paesi oltre oceano e anche da paesi europei, mettono in grave difficoltà la canzone napoletana (e anche quella italiana) divenuta un fenomeno artistico stantio, scartato dalle nuove generazioni che seguono le nuove tendenze. Rispetto ai grandi successi del passato, in questo periodo soltanto alcune canzoni partenopee riescono a superare le difficoltà, imponendosi sul mercato del disco, come 'Na sera 'e maggio, Che t'aggia ddì, 'O mese d''e rrose, Tammurriata nera, Simmo 'e Napule paisà, Munasterio 'e Santa Chiara, più qualche macchietta (Agata, Ciccio Formaggio, L'hai voluto te, I due gemelli, Dove sta Zazà). Troppo poco rispetto ai periodi precedenti. Fortunatamente la crisi sfuma grazie all'esplosione del fenomeno della commercializzazione (o rinnovamento) e la canzone napoletana torna al suo iniziale splendore. Per debellare la crisi, era necessario un cambiamento radicale e pure una schiera di nuovi autori (e di autori adattati) e di nuovi artisti (e di artisti adattati), da contrapporre agli autori e ai cantanti conservatori. Questi riescono nell'intento di creare un nuovo interesse verso la musica partenopea che addirittura oltrepassa i confini nazionali, affermandosi nel mondo con brani che, ancora oggi, sono eseguiti da artisti di grande popolarità. Come per il periodo dell'industrializzazione della canzone napoletana che viene identificato con il leggendario motivo Funiculì funiculà del 1880, anche il rinnovamento della musica partenopea degli anni '50 è identificabile con una canzone che funge da apripista, ovvero Anema e core, considerata la prima melodia del nuovo "filone confidenziale" della canzone napoletana che rilancia la musica partenopea in Italia e nel mondo. L'artefice di questa nuova scrittura è il poeta Tito Manlio che, immediatamente al dopoguerra, sviluppa l'idea che la canzone napoletana, pur rimanendo fedele agli schemi tradizionali di Ernesto Murolo, E. A. Mario o di Libero Bovio, deve adattarsi ai tempi moderni; deve, cioè, parlare l'antico linguaggio ma con uno stile nuovo. Anema e core viene presentata, per la prima volta, al Festival di Capri del 1950, manifestazione organizzata dalla casa editrice Leonardi, e si aggiudica il primo posto nell'esecuzione di Roberto Murolo. Ma il successo non arriva con il noto menestrello napoletano, bensì grazie al tenore Tito Schipa che la inserisce nel suo repertorio e la rende famosa a livello internazionale. Nell'autunno del 1950, Tito Schipa incide Anema e core su disco La Voce del Padrone. Ma fa anche di più. Il popolare tenore, in dodici incisioni su sei 78 giri, raggruppa quanto di più bello è stato presentato al Festival di Capri nelle prime due edizioni del 1949 e 1950, imponendo quasi tutti i brani e rilanciando pure un'altra composizione di stile moderno che farà la storia: Me so 'mbriacato 'e sole di Tito Manlio e Salve D'Esposito (vincitrice dell'edizione festivaliera del 1949). La leggenda racconta che il testo di Anema e core sia stato scritto da Manlio su ispirazione di un furioso litigio con la moglie e da una successiva pace avvenuta con baci e abbracci e con il trionfo dell'amore. Il successo della canzone è arcinoto; lo slow con ritmo sincopato viene tradotto in moltissime lingue ed è inciso da importanti cantanti, quali Frankie Avalon, Cliff Richard, Grace Jones, Eddie Fisher, Beniamino Gigli, Perry Como, Connie Francis, Amalia Rodriguez e tanti altri.
Faber. Dietro i testi di Fabrizio De André
Mario Martino
Libro: Libro rilegato
editore: ABE
anno edizione: 2025
pagine: 100
Passare da un blog a un libro in carta e inchiostro è stato un lavoro davvero impegnativo per ovvi motivi di stile, organizzazione e ricerca. Tuttavia, la volontà di imprimere indelebilmente la nostra idea su carta, ha soppiantato la paura di sbagliare, la preoccupazione di fallire, la vergogna di esporsi. Oggi siamo convinti che lavorare giorno e notte alla ricerca delle fonti, alla rifinitura dei contenuti, alla pulizia del prodotto, sia stata davvero la scelta migliore oltre che una meravigliosa avventura. Esplorare la realtà, la società, la storia, la letteratura e la filosofia, utilizzando come filo rosso le canzoni, è stata un'esperienza che ci ha ripagato di tutti i sacrifici fatti. Nel lavoro preliminare alla stesura del volume, ci è sembrato davvero di viaggiare insieme a tutti quei personaggi, quelle melodie, quelle frasi, quelle emozioni che Faber ha saputo regalare alla storia della musica italiana. L'avventura di una rubrica online del sabato mattina è durata circa sei mesi; a un certo punto ci siamo accorti che un blog non era il posto giusto per un lavoro del genere. Da qui, inizialmente, l'idea di chiudere i battenti, perché non tutto dura per sempre, perché era giusto così. Poi, qualcuno, per evitare che tutto il lavoro si smarrisse nella marea di scritti digitali, ci ha suggerito di revisionare i lavori già scritti, arricchirli e adattarli a un volume. Ecco come è nato questo libro: dal bocciolo di un blog irrigato con dedizione, un fiore sbocciato tra paure e difficoltà. Nell'adattamento a una versione cartacea, per evitare di scadere nella superficialità, nell'incompletezza e nell'imperfezione, ci è sembrato inevitabile fare un lavoro più che certosino di rifinitura, pulizia e ricerca. Durante questo processo abbiamo deciso di raggruppare i brani analizzati in categorie. In effetti, è molto difficile far rientrare i testi di De André in una determinata categoria poiché spesso le canzoni di Faber riescono a coinvolgere una pluralità di tematiche nel giro di qualche verso. La seconda parte, La protesta, racchiude quei brani che, a nostro avviso, rappresentano una reazione (violenta come quella del Bombarolo o psicologica come quella del soldato Piero) ai luoghi comuni, ai miti e alle ingiustizie: ora la politica, ora la religione. Si trovano, perciò, in questa seconda parte quelle canzoni in cui Faber invita ad assumere un punto di vista diverso da quello predominante. Dopo la protesta, abbiamo inserito una sezione dedicata al tema amoroso, perché anche di questo De André ha saputo parlare e cantare bene. Le canzoni inserite nella categoria L'amore ci raccontano storie immaginate, relazioni pericolose, gelosie, passione e dolore spesso uniti a fatti e vicende storiche. Infine, spazio alle canzoni dedicate agli emarginati, coloro che comunemente vengono definiti Gli Ultimi. Nei loro confronti il cantautore è stato sempre solidale e comprensivo. De André ha cercato di indossare gli occhiali dei meno fortunati provando a guardare il mondo dal loro medesimo punto di vista. Era più che doveroso, dunque, dedicare una sezione a tutti quelli che non hanno avuto forza, modo o spazio di cantare la propria sfortuna da soli. In conclusione una precisazione è doverosa: il volume non pretende di essere un'antologia, ma il tentativo di raccontarvi come noi abbiamo interiorizzato la morale deandreiana. Per dirla come Faber, noi non abbiamo "[…] nessuna verità in cui credere, […] nessuna certezza in tasca" e "va già molto bene" se riusciremo a "regalarvi qualche emozione". Considerate, perciò, questo volume non un punto di arrivo ma un punto di partenza, un diario.

