Astrolabio Ubaldini: Adagio
Analisi musicale
Diether de La Motte
Libro: Libro in brossura
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2020
pagine: 250
Nel suo vasto progetto di ricondurre le categorie assolute della musicologia tedesca entro una prospettiva storico-antropologica, de la Motte riscatta la pratica dell’analisi musicale rivendicandone, da una parte il lato creativo, inventivo, in cui l’analista si deve forgiare da sé, volta per volta, degli strumenti (non certo gli unici, o quelli ‘giusti’) utili a indagare il fenomeno musicale; dall’altra mettendo a nudo la venatura di soggettività che rimane ineludibile retaggio dell’impresa analitica. E lo fa a suo modo, sia inventando, appunto, con una creatività appassionante, strumenti analitici che nascono dal rapporto stesso che l’analista, con la sua personalità, la sua cultura, e, perché no, col suo gusto personale, instaura con l’opera musicale; sia chiedendo a un personaggio della statura di Carl Dahlhaus di buttar giù, alla fine di ogni analisi, un paio di pagine di critica, come una mini-controanalisi che, se necessario, smonti o anche ribalti il lavoro di de la Motte. E Dahlhaus fa questo senza complimenti, col suo ben noto acume critico, con la capacità di penetrazione che in poche righe apre prospettive, panorami insospettati. Quale messaggio più profondamente educativo per chi studia questa materia? Anche in questo volume, il cuore del lavoro di de la Motte resta il suo impegno didattico, verso chi in futuro la musica dovrà farla, o anche solo conoscerla e comprenderla.
Bach. Una biografia musicale
T. A. Williams
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2019
pagine: 764
A partire dai classici viennesi, e sempre più fino ai nostri giorni, le biografie dei musicisti han potuto basarsi su una massa di dati, reperti, testimonianze e lettere che appare molto ricca quando paragonata con la documentazione che ci è pervenuta su Johann Sebastian Bach come musicista, e ancor più come uomo. Per aggirare questa grave carenza nel costruire una biografia di Bach, Peter Willams ha scelto una strategia estremamente impegnativa: egli segue quasi passo per passo la scarna biografia (il Necrologio) pubblicata poco dopo la morte di Bach e curata dal figlio Emanuel e dall'allievo Agricola, e legge, analizza e interpreta le notizie che essa riporta sullo sfondo di tutta la documentazione attinente a noi disponibile, oltre che delle sue enciclopediche conoscenze della cornice storica e musicale, immaginando scenari possibili, alcuni più probabili, altri meno, altri ancora assolutamente convincenti, anche se la decisione di accoglierli rimane comunque al lettore. Di fronte a questa straordinaria capacità dell'autore di porsi domande e di immaginare possibili risposte alle quali il materiale biografico e lo sfondo storico possano prestare consistenza, il lettore è chiamato a partecipare attivamente, in prima persona, accogliendo uno o l'altro degli ampi quadri che Williams ha la capacità di delineare nel suo esame sistematico della vita di Bach come compositore (una "biografia musicale"), e quando possibile come uomo. Un altro aspetto eminente di questa biografia è che l'autore è stato anche un importante esecutore all'organo e al clavicembalo della musica per tastiera di Bach e della musica tedesca, francese e italiana coeva. E quando questa conoscenza da virtuoso, che consente di accedere alla viva materia musicale, per così dire, dall'interno, si trova a congiungersi con una vocazione profonda allo studio della prospettiva critica e storico-musicale, si rivela spesso, come in questo caso, una fonte di penetrazione e di intuizione unica e impareggiabile. A ciò si aggiunga che la conoscenza diretta degli organi storici di tutto il continente europeo, acquisita da Williams in anni di viaggi anche nell'allora difficilmente penetrabile Repubblica Democratica Tedesca, era ed è ancora un unicum tra gli studiosi dello strumento.
La notazione musicale. Scrittura e composizione tra il 900 e il 1900
Manfred Hermann Schmid
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2018
pagine: 328
La scrittura musicale ha avuto e probabilmente sempre avrà due obbiettivi non del tutto coincidenti: indicare all'esecutore le azioni necessarie a produrre un determinato flusso di suoni, e registrare, attraverso un sistema di scrittura, la struttura stessa della musica presente in quel momento culturale. Schmid chiama scrittura 'funzionale', o 'esecutiva', una modalità di scrittura pensata prevalentemente per il primo di questi due obbiettivi, e scrittura 'sistemica', o 'strutturale', una modalità volta essenzialmente al secondo scopo. E particolarmente interessante che la ripresa, verso la fine del primo millennio d. C, del sistema notazionale greco-romano privilegiasse l'aspetto sistemico, mentre il metodo di notazione alternativo diffuso all'epoca, quello cosiddetto 'neumatico', mettendo in condizione il cantore che già conoscesse l'altezza delle note di riprodurre una melodia, si collocava piuttosto sul versante funzionale. Tutta la storia della scrittura della musica occidentale fino ai suoi esiti attuali è stata segnata dalla confluenza di queste origini miste, e il libro di Schmid ne costituisce una narrazione minuziosa e appassionante. Ma c'è un secondo assunto che questo libro intende dimostrare. Il tipo di scrittura della musica disponibile nei vari momenti del suo sviluppo storico, da un lato è conseguenza della musica viva che si faceva a quell'epoca, dall'altro a sua volta condiziona fortemente la creazione di nuova musica: letteralmente, rende possibili sviluppi del linguaggio musicale prima impensati (o anche ne condanna all'obsolescenza altri). Dunque la musica che fu scritta in e per una certa notazione non può essere trascritta in un linguaggio storicamente lontanissimo da essa senza che se ne perdano quote più o meno importanti di senso. Ma se la scrittura non è neutrale o ininfluente per la trasmissione del senso di un'opera, come consentire l'accesso a quell'opera in un mondo in cui la scrittura è interamente cambiata? A questo dilemma Schmid propone una soluzione, per così dire, mista. Per accedere oggi a un'opera del passato lontano lo studioso non può che tornare alla scrittura originale, ma per l'esecutore questa può essere resa più comprensibile con vari procedimenti di trascrizione che Schmid discute, illustra e insegna con opportuni esercizi di pratica, mostrando attraverso casi concreti come questo tipo di trascrizione intermedia chiarisca e in certi casi letteralmente illumini il senso della musica.
La musica nello stile galante
Robert Gjerdingen
Libro: Copertina morbida
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2017
pagine: 518
Durante il diciottesimo secolo un vasto, ma non enorme, numero di modelli pre-compositivi paragonabili a blocchi di costruzioni (l'autore li chiama 'schemi') era coscientemente impiegato, in pratica, da qualsiasi compositore, e molti di essi venivano trasmessi alle generazioni successive. L'addestramento dei giovani compositori, specialmente in Italia, consisteva nell'imparare a praticare quegli schemi. Di questo, tuttavia, non è quasi rimasta traccia nei trattati, che sono stati finora l'unica fonte su cui si è basata la ricerca sulla storia delle teorie musicali. Al contrario, i modelli, o schemi, abbondano, nella loro forma più pura e riconoscibile, nelle raccolte manoscritte di esercizi di composizione (partimenti, regole per accompagnare il basso, esercizi di contrappunto, solfeggi) che a migliaia si trovano nelle biblioteche musicali di tutta Europa. Nella storiografìa musicale tradizionale, lo 'stile galante' occupa un periodo limitato a una trentina d'anni, schiacciato tra il 'barocco maturo' e lo 'stile classico'; esso era caratterizzato come "elegante, scherzoso, naturale, brillante, raffinato e ornato". La ricerca di Gjerdingen propone di guardare alla musica del Settecento tenendo conto in primo luogo di quello che pensavano e di come imparavano a comporre gli stessi protagonisti di quella storia musicale, per i quali termini come 'barocco' o 'classico' erano completamente sconosciuti in quanto applicabili alla musica. L' autore sostiene che il tratto distintivo dello stile galante consisteva in un particolare repertorio di frasi musicali standardizzate da usare in determinate successioni convenzionali. È la presenza degli schemi, dunque, a costituire il contrassegno dello stile galante, e non le caratteristiche di eleganza, scherzosità, naturalezza, brillantezza, raffinatezza e ornamentazione, che, se pure esistono nello stile galante, non ne sono però il tratto essenziale. L'idea è che la parola 'composizione' presa nel suo significato letterale, come cum ponere, descriva esattamente il sistema di produzione della musica del Settecento, e anche di una parte significativa dell'Ottocento. Inteso così, lo 'stile galante' inizia col diciottesimo secolo ed estende la sua influenza a lungo anche nel diciannovesimo. Il presente libro è il tentativo di esplorare questi modelli o blocchi, che l'autore chiama 'schemi galanti', isolandoli dai contesti musicali in cui compaiono e mostrandone concretamente l'uso in un impressionante corpus di composizioni i cui autori spaziano da Corelli (1653-1713) a Chopin (1810-1849).
Opera e dramma
W. Richard Wagner
Libro: Libro in brossura
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2016
pagine: 320
Simbolicamente rilegato in rosso, il colore della rivoluzione, il manoscritto di Oper und Drama fu completato il 10 gennaio del 1851 e spedito all'amico Theodor Uhlig, critico musicale e fervente sostenitore di Wagner, con la dedica: "Rossa, o amico, è la mia teoria!". Il volume era nato come un articolo di ampie dimensioni sull'opera moderna, ma crebbe a dismisura tra le mani di Wagner, ed apparve a Lipsia alla fine di quell'anno in tre tomi. Sebbene ne curasse la ristampa altre due volte, nel 1869 e nel 1872, con correzioni e l'eliminazione di vari riferimenti polemici, dopo la prima edizione Wagner sentì il bisogno di prendere le distanze dal suo maggiore trattato teorico, senz'altro anche influenzato dal pensiero di Schopenhauer, che lo portò a rivedere in parte la propria concezione della musica come mezzo dell'espressione al servizio del dramma. Questa nuova edizione italiana ricostruisce filologicamente l'intero tragitto editoriale dell'opera, e la propone per la prima volta al lettore non solo nella sua integralità ma anche nel suo divenire. Il testo principale qui tradotto segue quello dell'ultima edizione (che Wagner giudicò definitiva), riportando in nota le parti inedite del manoscritto fatte conoscere da Klaus Kropfinger nella sua riedizione dell'edizione del 1851, nonché le principali varianti introdotte da Wagner nelle edizioni successive, riscontrate direttamente sugli originali.
Robert Schumann. Araldo di una «nuova era poetica»
John Daverio
Libro: Libro in brossura
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2015
pagine: 576
Facendo giustizia della massa compatta di miti che avvolgevano la figura di Schumann, miti biografici (a cominciare dalle circostanze e dalla natura della sua malattia mentale e del suo improbabile influsso sulla creatività del musicista), storici (ad esempio l'immagine di Schumann come musicista geniale agli inizi e sempre meno ispirato fino a terminare nell'aridità di ispirazione), o musicologici (come la presunta mancanza di talento nell'orchestrazione, o l'immaginaria incapacità di controllare le forme ampie), Daverio propone di riconsiderare l'opera di Schumann comprendendola a partire dalle concezioni estetiche del musicista, e in particolare dall'ininterrotta riflessione che dedicò al rapporto tra letteratura (sia poetica sia narrativa) e musica. Ciò fa emergere con evidenza la profonda impronta impressa sull'opera di Schumann dalla sua convinzione di una continuità indissolubile tra letteratura e musica, dove la musica è pensata come "letteratura in suoni". E la continuità, l'osmosi tra formazione letteraria, filosofica e musicale si rivela una chiave fondamentale per comprendere la personalità e l'opera di Schumann, incluse la sua passione per la critica musicale e la sua acutissima sensibilità letteraria. Sul piano biografico, un particoare interesse è dedicato alle sfumature, varie e talora ambivalenti, nel rapporto tra Schumann e la moglie Clara Wieck, la grande virtuosa del pianoforte...
Teoria e pratica della composizione. I grandi compositori come maestri e come allievi
A. Mann
Libro: Libro in brossura
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2013
pagine: 252
All'origine di questo lavoro sta una grande intuizione: Mann ha compreso quale risorsa potesse rivelarsi per la comprensione storica della musica la documentazione su come il linguaggio musicale veniva trasmesso di generazione in generazione nei vari momenti della storia, ossia, come i musicisti imparavano (e a loro volta insegnavano) a comporre. Ciò che Mann ha visto tra i primi è quanto quei modi di trasmissione della pratica abbiano condizionato lo sviluppo del linguaggio stesso. Attraverso l'esame e il commento di una serie di documenti fino allora considerati di scarso significato, Mann ricostruisce il rapporto didattico che grandi compositori (che vanno da Händel e Bach fino a Berlioz o Cajkovskij, passando per Haydn, Mozart, Beethoven, o Schubert) ebbero sia con i loro maestri sia con i loro allievi. Mann può dimostrare in tal modo come solo in una certa fase della storia della musica, circa a partire dal primo ottocento, si sia venuta a creare la nozione di "teoria musicale" così come è intesa oggi, e come questa creazione, radicata sostanzialmente in un nuovo modo di produzione e di consumo della musica, abbia determinato una frattura fra norma e prassi che ha fortemente condizionato lo sviluppo del linguaggio musicale fino alle grandi scosse telluriche del '900. Mann analizza con una cura e una penetrazione instancabili il passaggio dall'insegnamento da uno a uno, da compositore a compositore.
L'estetica della musica
Carl Dahlhaus
Libro: Libro in brossura
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2009
pagine: 164
Chiunque pensi che leggersi un libretto d'opera sia un fastidio inutile, un disturbo alla fruizione dello spettacolo, o chiunque al contrario si legga il testo di un Lied mentre lo ascolta durante un concerto; chiunque ignori il programma letterario di un poema sinfonico considerandolo una trascurabile appendice 'extramusicale' all'opera vera e propria; chi sia convinto che l'opera lirica sia una manifestazione spuria della vera musica, che sarebbe solo strumentale; chi non ammetta l'esecuzione, poniamo, del Clavicembalo ben temperato se non su 'strumenti d'epoca', o chi, al contrario, sia convinto che sia del tutto legittimo ignorare completamente, fino allo stravolgimento, le idee che l'autore poteva avere sull'esecuzione di una sua opera; chiunque prenda posizione su queste ed altre analoghe questioni relative al fenomeno della musica colta spesso non sa che sta attuando decisioni in materia di estetica musicale, che ciò che afferma sono idee maturate e radicate nell'ambito di ampie visioni dell'arte musicale, idee la cui portata non può essere realmente compresa ed eventualmente posta in questione senza collegarle alle ragioni profonde e al contesto di pensiero che le hanno generate. L'estetica musicale, per lo meno attualmente, non è più una disciplina normativa. Non prescrive come si deve pensare, bensì spiega come si è pensato nel corso dei secoli.
Le sonate per pianoforte di Beethoven
Charles Rosen
Libro: Prodotto composito per la vendita al dettaglio
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2008
pagine: 332
Composte sia per l'esecuzione privata, sia per le sale da concerto, le trentadue sonate per pianoforte costituiscono uno dei più importanti corpus di opere dell'intera storia della musica. Attingendo alle stupefacenti risorse della sua cultura, musicale e non, della sua esperienza e del suo acume critico, Rosen ha costruito una guida pratica che si rivolge all'ascoltatore appassionato come anche al pianista, amatoriale o professionista, pur trattando aspetti tecnici quali la forma, il fraseggio, il tempo, l'impiego del pedale, gli abbellimenti. Una prima parte studia le sonate nel loro insieme e nella prospettiva più vasta del linguaggio musicale di Beethoven e dei suoi contemporanei e predecessori, mentre la seconda analizza le sonate una per una, corredandole di considerazioni preziose per l'esecuzione o per il semplice ascolto attivo. Per maggior chiarezza e precisione, Rosen ha voluto illustrare alcuni punti cruciali delle sue analisi eseguendo, su un pianoforte d'epoca, gli esempi musicali più significativi del testo e registrandoli sul CD accluso al presente volume.
Manuale di armonia
Diether de La Motte
Libro: Libro in brossura
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2007
pagine: 377
Il trattato di armonia di Diether de la Motte ha una caratteristica che lo distingue fortemente dalla maggioranza dei comuni testi di studio creati a questo scopo: la concezione dell'armonia su cui si basa è radicalmente storico-antropologica. Ne consegue che l'armonia non ha più nulla a che fare con una disciplina normativa astratta, basata su una presunta 'natura' dei rapporti tra suoni, ma è vista e studiata come una prassi umana; non è proposta come una scienza, ma è riassorbita in una dimensione stilistico-estetica. Coerentemente con questa concezione, a partire dagli albori della musica colta occidentale, da Ockegem al '500 inoltrato, passando per il periodo barocco, il classicismo viennese, il romanticismo, e via via fino ad arrivare alla musica seriale, ogni capitolo di questo libro sviluppa un'indagine sul linguaggio armonico quale lo si può dedurre partendo direttamente dall'opera concreta dei grandi musicisti del periodo, e corredandola con una doviziosa rassegna di esempi. Ogni trasformazione, ogni evoluzione del linguaggio armonico introdotta nella prassi musicale viene osservata e illustrata in dettaglio, e gli esercizi di cui il libro è disseminato diventano proposte per provarsi a comporre come si faceva in un'epoca determinata e all'interno di quel determinato quadro stilistico.
Le voci degli eroi nell'opera in musica. Da Monteverdi a Wagner
T. Seedorf
Libro: Libro rilegato
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2025
pagine: 160
Il teatro è quello spazio in cui il corpo e la voce dell’attore, prima ancora di esprimere contenuti, sono già di per sé significanti. Questa caratteristica ineludibile di ogni rappresentazione scenica diventa emblematica al massimo grado nel teatro d’opera, che prima ancora di essere ‘dramma degli affetti’ è un ‘teatro delle voci’. Qui la vocalità dei personaggi che salgono sul palcoscenico è portatrice di significati, simboli e caratterizzazioni indissolubilmente legati al contesto storico e culturale del pubblico di riferimento. Questo studio ripercorre con grande chiarezza e ricchezza di dettagli il contesto storico, i repertori e il ruolo che le grandi cantanti e i grandi cantanti ebbero nella trasformazione delle manifestazioni vocali dell’eroico dagli inizi dell’opera italiana fino alla fine del XIX secolo.
Le variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach
Peter Williams
Libro: Libro in brossura
editore: Astrolabio Ubaldini
anno edizione: 2024
pagine: 160
Con la sua ineguagliata conoscenza e intima dimestichezza, sia come studioso sia come esecutore, con la letteratura musicale per tastiera del seicento e del settecento, Williams si è trovato in una posizione unica per collocare storicamente questa mitica opera di Bach in un contesto molto più ampio di quello offerto dagli storici e musicologi che se ne sono occupati: il contesto delle pratiche tastieristiche cresciute e prosperate in Europa tra il 1600 e il 1750, con tutte le peculiari convenzioni, tratti idiomatici e sfumature che le hanno connotate, da Frescobaldi a Philipp Emanuel Bach. Ma se Williams dimostra come Bach avesse presenti tutte queste tradizioni, dalle più antiche alle più recenti, le conoscesse perfettamente e interagisse con esse nella sua composizione delle “Goldberg”, tuttavia non perde mai d’occhio la misteriosa bellezza, la profondità e l’unicità di quest’opera bachiana, anche nel panorama della musica di Bach stesso. E non cessa di interrogarsi, perciò, sulla natura di quella bellezza e su ciò che ce la rende così manifesta, così inevitabilmente percepibile. Né dimentica che l’ammirazione per la strabiliante ingegnosità contrappuntistica delle “Goldberg”, sebbene ineludibile, potrebbe sviare rispetto a delle qualità più sfuggenti dell’opera: ad esempio, il suo tono particolare che la rende riconoscibile anche da una sola battuta udita di sfuggita, o la misteriosa proprietà che le “Goldberg” hanno di trasportarci in un mondo sonoro a noi non familiare ma nemmeno oscuro, qualcosa di inesprimibile e di sconcertante. “Credo – dice l’autore – che quest’opera sia sentita come ‘speciale’ perché, qualunque antecedente abbia questo o quel suo aspetto specifico, la sua bellezza è al contempo originale come poca altra musica, anche di Bach, e allo stesso tempo afferrabile, comprensibile, coerente, fondata su armonie semplici e ‘vere’”.