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Johan & Levi: Biografie

Morozov e i suoi fratelli. Storia di una dinastia russa e di una collezione ritrovata

Natalia Semenova

Libro: Libro in brossura

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2020

pagine: 240

Eredi di una casata di industriali tessili la cui ascesa sociale è intrisa di leggenda, i fratelli Morozov non passano di certo inosservati. Colti, raffinati e al contempo fuori dagli schemi, incantano l'intelligencija moscovita con le loro gesta eccentriche: vestono alla moda e frequentano femmes fatales, giocano d'azzardo e abitano palazzi dagli stili a dir poco eclettici, amano l'arte e, soprattutto, la collezionano. Michail è il primo a volgere lo sguardo alla nuova pittura francese, ma dopo la sua morte precoce sarà Ivan a seguirne le orme assecondando una passione che non tarda a prendere il sopravvento. Dal 1904 lascia le sue fabbriche tutte le volte che può per far visita ai mercanti parigini più in voga, ma di rado si fa abbagliare dalle loro proposte. Ha un'idea precisa delle opere che cerca e una visione chiara di come esporle nelle sale del suo palazzo. Nella maniacale caccia ai dipinti più eccelsi dei maestri che predilige sa essere paziente come nessun altro e, a detta di Vollard che lo soprannomina il "russo che non contratta", non lesina mai. Nel giro di pochi anni mette insieme una collezione superba che spazia dagli impressionisti a Cézanne, da Matisse e Picasso ai migliori pittori russi coevi. Una raccolta che non ha nulla da invidiare a quella del compatriota Sergej Ščukin, con la quale condividerà la triste sorte all'indomani della Rivoluzione. I capolavori che animavano le pareti del palazzo di via Prečistenka verranno infatti requisiti dallo Stato, smistati come carte da gioco tra Mosca e San Pietroburgo e lasciati a languire nei depositi dei musei per decenni prima di andare a costituire il nucleo di arte moderna del Museo Puškin e dell'Ermitage. A restituire a questa collezione il suo originario splendore è ora Natalia Seménova, che con piglio romanzesco riporta in vita lo sbalorditivo personaggio che fu Ivan Morozov, strappandolo all'oblio del rivolgimento fatale che ne ha oscurato la memoria.
30,00 28,50

Sergej Scukin. Un collezionista visionario nella Russia degli zar

Natalia Semenova, André-Marc Delocque-Fourcaud

Libro: Copertina morbida

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2020

pagine: 335

Quando nel 1906 si trova faccia a faccia con lo scandaloso Le Bonheur de vivre di Matisse, Sergej Scukin è colto da un fremito che a stento riesce a controllare. Rampollo di un'illustre famiglia moscovita, a poco più di cinquant'anni Scukin è un consumato collezionista con un vissuto importante alle spalle. Già da un decennio, dopo aver risollevato le sorti dell'impresa tessile paterna, ha preso a frequentare Parigi dove può ammirare i pittori d'avanguardia esposti ai salon: sono i Monet, i Degas, i Cézanne, i Gauguin e i Van Gogh che vanno via via a rivestire con le loro tinte oltraggiose le pareti di palazzo Trubeckoj. In quel 1906, dunque, Sergej riconosce l'ondata di emozione che lo travolge quando sente sua un'opera fin dal primo istante. È l'inizio di un legame complice e fecondo con Matisse, grazie a cui nasceranno capolavori come La Danse e La Musique, e che segna il culmine della visione profetica di Scukin, espressa alla perfezione dal suo monito al pittore francese: «Il pubblico è contro di lei, ma il futuro è dalla sua parte». Qualche anno dopo, a fare ingresso nella sua dimora sarà niente meno che Picasso: accolto inizialmente con quella circospezione che si riserva a un nuovo ospite, finirà per dominare il suo già eclatante corpus di tele. Prende forma così una collezione ineguagliata che, prima ancora di essere requisita dallo Stato in seguito alla Rivoluzione del 1917, sarà regolarmente aperta al pubblico. Di fronte a quel vortice di colori i giovani artisti russi sono investiti da uno choc culturale pari all'euforia per quei bocconi infuocati che ispireranno i lavori delle future generazioni. Nell'inquadrare le vicende dell'uomo e del mecenate, Semënova e Delocque non possono fare a meno di rievocare anche il destino dei quattro fratelli che hanno giocato un ruolo decisivo nella sua avventura: Nikolaj, Pëtr, Dmitrij e Ivan Scukin, emblemi dei diversi volti del collezionismo, hanno contribuito con le loro raccolte ad arricchire il patrimonio dei musei russi. Insieme a loro Sergej è protagonista di una saga familiare che intreccia la turbinosa storia della Russia a cavallo tra il XIX e il XX secolo con quella della rivoluzione artistica che negli stessi anni ha sconvolto l'Europa.
32,00 30,40

Il mio Morandi

Luigi Magnani

Libro: Copertina morbida

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2020

pagine: 148

Se molto è già stato detto sul Giorgio Morandi artista, è ancora possibile accostarsi «sotto altro aspetto» all'uomo senza per questo eludere le tappe della sua fortuna critica. È proprio quanto fa Luigi Magnani, collezionista e artefice della fondazione che porta il suo nome: forte della lunga e profonda amicizia che lo legò al pittore bolognese, mette la sua erudizione e sensibilità al servizio di un'affinità elettiva che si traduce in un affettuoso ritratto. "Il mio Morandi", apparso per la prima volta nel 1982, è la testimonianza di una personalità schiva e raffinata, ed è accompagnato da un insieme di lettere dell'artista che, quasi duplicando la narrazione, la rendono maggiormente tangibile. Il volume è ora arricchito da una prefazione di Stefano Roffi, direttore scientifico della Fondazione Magnani-Rocca, e da una postfazione di Daniela Ferrari che ricostruisce il percorso della critica morandiana.
17,00 16,15

Arthur Cravan. Una strategia dello scandalo

Maria Lluïsa Borràs

Libro: Copertina morbida

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2019

pagine: 222

Dopo aver preso «tutti i treni e tutte le navi» Fabian Avenarius Lloyd si stabilisce a Parigi, smanioso di ottenere fortuna per mezzo della poesia. A ventidue anni, con un talento non esattamente proporzionale alla corporatura titanica, è pronto a usare ogni espediente pur di farsi un nome. Non il suo ma quello di Arthur Cravan, pseudonimo che si attribuisce nel 1910 insieme all'epiteto più o meno legittimo di "nipote di Oscar Wilde". Nelle fulgide serate dell'avanguardia desta scalpore con numeri eccentrici e scabrosi, di giorno si allena alla boxe nell'atelier del pittore Kees van Dongen, mentre si appresta a introdurre il pugno anche nella lotta artistica. Duchamp e Picabia sono estasiati dalla sua irriverenza: dalle pagine di Maintenant, Cravan scaglia contro i salons frecce velenose che gli costeranno otto giorni al fresco e la stima del critico più rispettato, Félix Fénéon. Scoppia la guerra e Cravan, nazionalità svizzera, si eclissa. Lo ritroviamo a Barcellona, travestito da pugile professionista, dove sfida il fuoriclasse nero Jack Johnson. Le locandine lo proclamano campione europeo, titolo che si è guadagnato senza combattere. Il match - così breve da risolversi in un'esibizione statica del mastodontico rivale - gli frutta quanto basta per imbarcarsi su un transatlantico diretto a New York, mettendo così un oceano fra sé e l'Europa in guerra. Dopo aver errato per Stati Uniti e Canada «mascherato da soldato per non essere soldato», eccolo di nuovo a New York dove il salotto degli Arensberg è il ring dorato in cui ambientare nuovi scandali e alimentare la sua "funesta pluralità": l'incontro con la spregiudicata poetessa Mina Loy gli sarà in questo senso fatale. Le grida di rivolta, le folgoranti intuizioni poetiche, la strategia dell'arte al servizio della vita, l'antimilitarismo collocano Cravan tra i pionieri dell'avventura dadaista. La sua esistenza, così folle da sembrare inventata, è qui ricostruita nel dettaglio - dalla nascita a Losanna nel 1887 fino alla misteriosa scomparsa nel Pacifico nel 1918 - grazie ai fitti carteggi della madre. Ne emerge una personalità scissa, irregolare, dirompente, oltremodo contraddittoria, che riassume in sé vizi e virtù di un'intera epoca.
23,00 21,85

Alberto Giacometti. Biografia

Catherine Grenier

Libro: Copertina morbida

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2019

pagine: 306

«Sorride. E tutta la pelle grinzosa del suo viso si mette a ridere. In uno strano modo. Non solo gli occhi ridono, ma anche la fronte. Tutta la sua persona ha il colore grigio del suo atelier. Per simpatia, forse, ha preso il colore della polvere.» Con queste parole Jean Genet, modello prediletto, descrive Alberto Giacometti, scultore irriducibile, un carattere che gli anni travagliati e il lavoro ossessivo hanno scolpito sul suo volto. L'attività nello studio di rue Hippolyte-Maindron, del resto, è molto intensa: a varcarne la soglia si assiste all'incessante lavorio sulle figure, che Giacometti distrugge e ricostruisce senza requie, in un'estenuante ricerca della perfezione, un oscillare tormentoso fra un ideale a cui tendere e i tentativi abortiti, un andirivieni di dubbi e ripensamenti. Pochi secondi fa rideva, ora tocca una scultura abbozzata e, rapito dal contatto delle dita con la massa di argilla, non si cura più di chi ha di fronte. Nato nel 1901 a Borgonovo, Alberto trascorre la giovinezza nello spazio aspro e familiare della Svizzera, con il padre che lo inizia all'arte fin dalla più tenera età e segue passo passo la sua carriera offrendogli incoraggiamento e sostegno. Nel 1922 si trasferisce a Parigi, dove compie i primi passi sotto la guida di Antoine Bourdelle e Zadkine, affrancandosi però ben presto dai suoi mentori per avvicinarsi, seppure per una breve fase, al Surrealismo di Breton e al Cubismo. Lo spirito ribelle, che segna tutta la sua ricerca e il suo passaggio attraverso le avanguardie, lo porterà a intraprendere un cammino solitario, ai margini del mondo dell'arte, nonostante le assidue frequentazioni con gli intellettuali più celebri dell'epoca nei caffè del Quartiere latino e di Montparnasse. Sedotto dalle arti primitive, approderà a una rappresentazione più sintetica e allucinata, dando vita a una schiera di figure vacillanti e in perenne cammino, che lo consacreranno sulla scena internazionale. «Non lasciarmi influenzare, da niente» annota in uno dei suoi taccuini: Alberto Giacometti appartiene a un tempo senza tempo, ciò che caratterizza l'essenza più autentica dell'arte. Il volume è pubblicato in formato solo testo.
30,00 28,50

Automitobiografia

Enrico Baj

Libro: Libro in brossura

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2018

pagine: 272

Marcel e Suzanne Duchamp, Octavio Paz e Edoardo Sanguineti, Breton e Man Ray, de Chirico e la duchessa di Beaufort sono solo alcuni dei personaggi che compongono la fauna di questo racconto erudito e sagace, a tratti esplosivo, lontano da qualsiasi convenzione autobiografica. Procedendo a ritroso dal 1983, anno in cui viene pubblicata, al 1924, anno di nascita dell'autore, "Automitobiografia" si configura come un viaggio iperbolico che risale la corrente degli eventi. Un viaggio che ci immerge fin dalle prime pagine nella coeva cultura visiva e che sembra rispondere, attraverso il suo percorso, alle tendenze allora in atto dell'arte "colta" e del citazionismo. Esperienze ben note a Baj, già abile artefice, fin dagli anni sessanta, di rifacimenti ludici delle opere dei grandi maestri, come il ciclo Chez Picasso o composizioni come La cravatta di Jackson Pollock e la Vendetta della Gioconda. Una vocazione che anche nei lavori successivi lo porterà a redimere - insieme a un repertorio di icone, temi e stilemi del passato uno sgargiante armamentario di brocantes, medaglie, passamanerie, lustrini, scampoli damascati, coccarde e ogni genere di paccottiglia che affolla il suo studio. Questo metodo, volto al costante recupero e all'accumulo, si traduce sul piano della narrazione in un grande assemblage di ricordi, riflessioni e citazioni mutuate da artisti e intellettuali di ogni epoca e origine. A cominciare dal suo geniale mentore Alfred Jarry e dalla Patafisica, la vera "scienza", baluardo di quell'ironia che irrora l'intero universo culturale di Baj. Fanno capolino, accanto alle innumerevoli personalità, anche oggetti che popolano la vita quotidiana dell'artista, come la Macchina agricola, una moto Kawasaki o un semplice ascensore: splendidi congegni meccanici ed erotici capaci non solo di titillare la curiosità del lettore ma anche di puntellare le convinzioni sociali, scientifiche, filosofiche, sostenute da Baj. Il quale per anni si è battuto non solo per un rinnovamento dell'arte della pittura ma anche per un profetico ritorno alla natura contro le minacce di una tecnologia sempre più totalizzante. Prefazione di Angela Sanna.
23,00 21,85

Un posto per tutti. Vita, architettura e società giusta

Richard Rogers

Libro: Copertina morbida

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2018

pagine: 372

Molto più di una semplice autobiografia, questo libro è un'improvvisazione jazz in cui si amalgamano memorie personali e idee per una società migliore. Raccoglie progetti, disegni e fotografie, collaborazioni e dispute. L'autore vi esprime la sua passione per le grandi città e gli spazi pubblici, il suo amore per la famiglia e gli amici, la sua fiducia nell'istruzione e nella cittadinanza attiva. In qualunque modo lo si voglia leggere, farà comprendere come l'architettura sia uno strumento fondamentale per far fronte alle due grandi sfide della nostra epoca: le disuguaglianze sociali e il cambiamento climatico. Nato a Firenze nel 1933 fra gli arredi modernisti del cugino Ernesto Nathan Rogers e una vista sulla cupola del Brunelleschi, Richard Rogers intuisce presto che la buona architettura deve riflettere i mutamenti della tecnologia e lo spirito della propria epoca. Così, terminati gli studi a Yale - dove incontra il futuro socio Norman Foster s'imbarca in un road trip alla ricerca di idee e soluzioni progettuali innovative: le tinte forti della California e del Messico, le strutture aperte dell'architettura industriale, la leggerezza e il gioco di trasparenze delle Case Study Houses sono una grande fonte di ispirazione ed entrano per sempre in quel vocabolario visivo che porta con sé tornando a Londra. Parkside - la casa costruita per i suoi genitori a Wimbledon fra il 1968 e il 1969 - è il primo frutto dell'esperienza americana e contiene in nuce tutto il suo ethos architettonico: l'uso audace del colore e di elementi prefabbricati ecosostenibili, il valore della trasparenza e della flessibilità. È il prototipo di un edificio che si presta a molteplici cambiamenti d'uso, incarnando il noto diktat "lunga durata, ampia adattabilità, bassa energia". È anche l'ultimo progetto di edilizia familiare prima di essere inghiottito - insieme a Renzo Piano - nel vortice del concorso per un importante edificio pubblico nel bel mezzo di Parigi. Oggi, a più di quarant'anni dal diluvio di critiche che ne accompagnò la costruzione e l'apertura, il Centre Pompidou continua a essere un'icona indiscussa della modernità e uno dei cuori pulsanti della vita cittadina, a dimostrare che l'architettura ha il potere di modellare le nostre vite: quella buona umanizza e civilizza, quella cattiva brutalizza.
36,00 34,20

La mia arte, la mia vita

Diego Rivera

Libro: Libro in brossura

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2017

pagine: 202

Mostro sacro del muralismo messicano, Diego Rivera è stato in realtà tante cose: sodale di Picasso, donnaiolo impenitente e amante vorace, fervido comunista ben presto espulso dal Partito e sedicente rivoluzionario dell'arte. Rievocando alcuni episodi salienti di questa sua storia personale, raccolta e trascritta dalla giornalista Cladys March, l'artista si rivela anche un narratore incapace di tenere a freno l'esuberante fantasia. Nella sua prosa, così come nella sua pittura, scorrono una travolgente passione per la vita e un'umanità multiforme: prostitute e rivoluzionari, politici corrotti e mecenati capitalisti, ma soprattutto la gente della propria terra, per la quale nutrirà sempre un amore profondo. Dopo i primi passi come pittore cubista in Europa, il ritorno in patria è vissuto infatti da Rivera come una rivelazione: il Messico, con i suoi colori infuocati e la sua luce intensa, le moltitudini gioiose al mercato e alle “fiestas”, gli si presenta come una fonte di incontenibile splendore. A cui attingerà al momento di ritrarre sulle enormi pareti degli edifici pubblici messicani la coscienza politica di un popolo, attraverso scene di schiavitù, di lotta sociale e immagini della cultura precolombiana, plasmando i tratti di quel muralismo che diventerà di lì a poco un movimento pittorico internazionale. L'autoritratto che si dipana sotto i nostri occhi assume via via i contorni di una confessione a cuore aperto, in cui l'autore non risparmia nessuno, men che meno se stesso. La sua versione dei fatti trova un controcanto nelle voci delle donne della sua vita - Angelina Beloff, Lupe Marin, Frida Kahlo, sposata per ben due volte, ed Emma Hurtado - raccolte in appendice. Giunto all'ultima pagina, al lettore non resta che chiedersi dove stia la verità su questo artista che è stato innanzitutto uno straordinario affabulatore o, nelle parole di Elie Faure, un creatore di miti, se non addirittura un mitomane.
23,00 21,85

Jackson Pollock. Energia resa visibile

B. H. Friedman

Libro: Copertina morbida

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2015

pagine: 295

Quando nella primavera del 1955 il giovane B.H. Friedman lo incontra per la prima volta, Jackson Pollock è già un "vecchio maestro" dell'Espressionismo Astratto. Possente nel fisico quanto esplosivo e lavico nel talento, si è conquistato fama internazionale con un corpus di opere che racchiude un'intera gamma espressiva, dal delicato lirismo alle immagini più impetuose. La rivista Life lo ha da poco osannato come il più grande pittore statunitense e alla Cedar Tavern è riverito ogni sera da una folla di giovani artisti che sgomitano per avvicinarsi a lui. Per loro Jackson è quello che ha rotto il ghiaccio e spianato la strada alla prima generazione radicalmente americana. Per i semplici avventori del leggendario ritrovo del Greenwich Village, invece, Pollock non è che un elemento pittoresco, un personaggio tristemente noto per le sue metamorfosi: in preda all'alcol la voce gli si fa più roca, il lessico scurrile, i gesti via via più aggressivi, lo sguardo obnubilato, fino allo scoppio dell'inevitabile rissa. Frutto di un'amicizia nata nell'ultimo anno di vita di Pollock, questo libro ne ripercorre la breve parabola con straordinaria vividezza, senza trascurare i momenti più sofferti: gli stenti degli anni formativi e l'uso dell'alcol per placare i conflitti interiori, i primi lavori accademici realizzati sotto la supervisione di Thomas H. Benton e la scoperta di un linguaggio tutto suo, il dripping.
31,00 29,45

Meret Oppenheim. Afferrare la vita per la coda

Martina Corgnati

Libro: Libro in brossura

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2014

pagine: 538

Donna, artista, outsider, icona: dal fulminante esordio con "Colazione in pelliccia", destinato ad aprirle poco più che ventenne le porte del MOMA, al lungo e impervio cammino intrapreso per liberarsi di ogni etichetta artistica, ideologica e di genere, Meret Oppenheim (1913-1985) è una delle poche figure femminili della storia divenute leggendarie per aver osato sfidare regole e pregiudizi millenari in nome di una vocazione autentica. Una vocazione artistica ed esistenziale che la porterà a scelte e posizioni di rottura tutt'altro che facili, non solo nei confronti della società benpensante dell'epoca ma anche degli insidiosi pregiudizi cui non può dirsi immune lo stesso milieu artistico e letterario del suo tempo. Musa venerata da Man Ray, pupilla irriverente di Breton, complice e lei stessa protagonista delle più grandi sperimentazioni e delle più appassionanti avventure artistiche del Novecento, Meret Oppenheim si muove lungo il secolo con la libertà e l'originalità disinvolta e a tratti sofferta dei purosangue. Dall'avvicinamento alle teorie di Carl Gustav Jung al folgorante incontro con i surrealisti, dalla lunga lotta con la depressione all'attrazione inesorabile che a soli vent'anni la lega fatalmente a Max Ernst, dall'intenso e profondissimo sodalizio artistico con Alberto Giacometti all'amicizia segreta e finora ignota con Marcel Duchamp, Martina Corgnati traccia un accurato ritratto della donna e dell'artista...
35,00 33,25

Infinity net. La mia autobiografia

Yayoi Kusama

Libro: Copertina morbida

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2013

pagine: 158

Un mare color argento di sfere riflettenti, distese smisurate di candidi falli, una proliferazione di pois che tracimano dalle tele fino a invadere l'intera stanza. Al centro, inghiottita dalla sua stessa arte, una minuta giapponese dai capelli neri come la pece, Yayoi Kusama. Nata a Matsumoto nel 1929 da una famiglia tradizionalista, appena può la piccola Yayoi fugge nelle piantagioni del nonno materno dove, tra nuvole di malvarosa, si abbandona alle più stravaganti visioni che poi fissa su tela. La pittura è l'unico sollievo ai precoci patimenti esistenziali, e Yayoi è decisa a coltivarla fino in fondo, a costo di porre un intero oceano tra sé e chi cerca di impedirglielo. Sbarcata ventottenne a New York, l'inferno in terra, ancora una volta è l'arte a salvarla: supera la povertà e i ripetuti collassi nervosi esorcizzando le proprie fobie con i celebri "Infinity Nets" e le "soft sculptures". Dall'arte "psicosomatica" alle folli performance con orge e "partouzes" il passo è breve: sul finire degli anni sessanta Yayoi cavalca lo tsunami hippie e i "Kusama Happenings" diventano gli eventi clou della rivoluzione pacifista. Raccontate in prima persona con spiazzante sincerità e ricche di momenti autenticamente comici, queste pagine ricostruiscono la parabola di una delle personalità più eccentriche, ambivalenti e incantevoli che l'arte giapponese abbia mai conosciuto.
19,00 18,05

Alfred Jarry. Una vita patafisica

Alastair Brotchie

Libro: Libro in brossura

editore: Johan & Levi

anno edizione: 2013

pagine: 446

Alla sua morte, appena trentaquattrenne, Alfred Jarry (Laval 1873-Parigi 1907) era già una leggenda nei salotti parigini, più per l'anticonformismo, praticato con irriverenza, che per il suo genio letterario. Ci sarebbero voluti diversi decenni prima che venisse riconosciuto come uno dei padri delle avanguardie e che "Ubu re" diventasse l'emblema di un teatro radicalmente moderno. La sua influenza è stata così profonda e duratura che tutt'oggi una comunità di cultori mantiene un dialogo postumo con le sue idee attraverso il "Collegio di Patafisica", dove accanto a grandi nomi della cultura internazionale figurano anche intellettuali italiani come Italo Calvino, Enrico Baj e Umberto Eco. Per molti, tuttavia, Jarry resta soltanto l'autore di una pièce assurda e grottesca e la sua vita un mero concatenarsi di stravaganti aneddoti: le spiazzanti provocazioni ai gloriosi "Martedì del Mercure", la totale identificazione con "Pére Ubu" che finì per divorarlo, il disprezzo per ogni forma di decoro, lo humour scatologico, le bravate erculee con l'alcol, gli exploit con il revolver, le prodezze ciclistiche e con la canna da pesca, fino all'ultimo desiderio espresso in letto di morte, ovvero uno stuzzicadenti. In questa prima biografia critica a tutto tondo gli aneddoti rimangono e addirittura si moltiplicano grazie a una profusione di nuove fonti finora inedite cui Alastair Brotchie attinge, però, con discernimento, riuscendo riuscendo a separare il personaggio dal suo mito.
34,00 32,30

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