Longo Angelo: Memoria del tempo
Dante e Ravenna
Libro: Libro in brossura
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2019
pagine: 367
Si offrono qui riunite, a un anno dall'evento, le relazioni del Convegno internazionale di studi su "Dante e Ravenna" (27-29 settembre 2018), che ha celebrato il settimo centenario dell'esilio ravennate del sommo poeta, chiamando a raccolta i maggiori specialisti, docenti in Università italiane e straniere, dell'ultimo Dante e della sua coeva produzione, latina e volgare. Di quel convegno, non circoscritto ai soli italianisti, ma aperto al contributo di filologi classici e medievali, di storici dell'arte e della Chiesa, non meno che di codicologi e antropologi fisici, il presente volume, corredato di un'ampia Introduzione e di una ricca appendice iconografica, rispecchia il carattere interdisciplinare, proprio del Dipartimento ravennate di Beni Culturali al cui interno è stato ideato. Vi si alternano interventi di singoli studiosi (Emilio Pasquini, Andrea Battistini, Alberto Casadei, Sonia Chiodo, Paolo De Ventura, Nicolò Maldina, Alessandro Merci, Roberta Morosini, Pantaleo Palmieri, Laura Pasquini, Marco Petoletti, Angelo Piacentini, Luca Carlo Rossi, Raffaele Savigni, Paola Vecchi Galli) ad altri a due voci (di cui sono protagonisti Gabriella Albanese e Paolo Pontari, Giuseppina Brunetti e Paola Degni, Giorgio Gruppioni e Elisabetta Cilli, Alessandro Iannucci e Marco Orlandi, Fiammetta Sabba e Federica Fabbri), a testimonianza di un confronto dialettico tra scuole e generazioni diverse che, collocandosi sulla scia di una plurisecolare tradizioni di studi, ha sondato il ruolo e la presenza, nella vita e nell'opera di Dante, della città che gli avrebbe offerto l'"ultimo rifugio" e che ne custodisce tuttora i resti mortali.
Poesia e diritto nel due e trecento italiano
Libro: Copertina morbida
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2019
pagine: 248
Che poesia e diritto, nel Due e Trecento, siano intimamente legati è cosa nota. Si sa che grandi poeti come Giacomo da Lentini e Cino da Pistoia furono, al tempo stesso, grandi giuristi. Ma sia gli storici del diritto che i filologi non spingono oltre le loro ricerche e restano nello stretto perimetro della loro disciplina, come se l'idea che il diritto possa entrare in poesia fosse inimmaginabile. Questo volume intende invece prendere insieme poesia e diritto, e capire perché in Italia, nel Medioevo, la poesia sia entrata nel diritto (Literature in Law) e, perché, inversamente, il diritto sia entrato in poesia (Law in Literature). Nei tredici capitoli di questo volume filologi e storici del diritto analizzano il legame tra poesia e diritto per metterne in prospettiva gli effetti e le ripercussioni, in un percorso che va del Duecento fino al primo Rinascimento. Il libro comincia alla corte di Federico II, dove fu realizzato un ambizioso programma giuridico-poetico a cui contribuì Pier della Vigna, coniugando con genio poesia e diritto nell'Ars dictaminis. Ci si sposta poi nel contesto giuridico bolognese, con le poesie di Monte Andrea e di notai poeti come Niccolò Malpigli; si studia l'astrologia giudiziaria con Cino da Pistoia e Francesco da Barberino; si rintraccia la figura del giurista e la sua ascesa nelle due redazioni del Novellino; si analizza l'uso raffinato e critico della retorica giudiziaria in una novella del Decameron. Arrivati in pieno Trecento, si considera la figura del poeta umanista, per capire se il rifiuto del diritto, che Giovanni Boccaccio e Francesco Petrarca ostentano nelle loro epistole, sia apparente o sostanziale. Infine, si scopre che la poesia stessa - non solo la poesia latina, ma anche quella di Dante - si trasforma in fonte d'autorità nel discorso giuridico del Trecento e continua a nutrire l'ius gentium nell'età moderna.
Agostino, agostiniani e agostinismi nel Trecento italiano
Libro: Copertina morbida
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2019
pagine: 257
I contributi raccolti in questo volume esaminano le diverse sfaccettature della multiforme eredità di Agostino nel Trecento italiano. In particolare si concentrano sulla influenza esercitata dalla frequentazione diretta delle opere dell'Ipponate non meno che su quella dovuta alla politica culturale dell'Ordine degli Eremiti di Sant'Agostino fino alla discussione dei vari "agostinismi" tradizionalmente additati dai ricercatori. Il passaggio dalla ricezione e visione medievale di Agostino a quella che sarà propria dell'epoca rinascimentale costituisce un oggetto d'interrogazione comune e trasversale ai saggi, che esplorano gli apporti specifici di Gregorio di Rimini (P. Bermon), Egidio Romano (F. Papi), Simone Fidati da Cascia (X. Biron-Ouellet), Francesco Petrarca (E. Fenzi, L. Marcozzi, E.L. Saak), Roberto de' Bardi (E.L. Saak), la politica iconografica dell'OESA (G. Pittiglio), Coluccio Salutati (L. Baggioni), l'anonimo commentatore della Commedia di Dante noto come Falso Boccaccio (A. Martignoni) e Luigi Marsili e l'anonimo volgarizzatore della Città di Dio (E. Brilli e L. Tanzini). La ricchezza di quest'indagine si deve non solo al taglio multi e interdisciplinare ma anche alla quantità di nuovi documenti, qui editi per la prima volta.
Il bestiario dell'aldilà. Gli animali nella Commedia di Dante
Giuseppe Ledda
Libro: Copertina morbida
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2019
pagine: 312
Una tra le presenze più sorprendenti nel poema dantesco è quella degli animali: una presenza continua e variatissima, che si esprime soprattutto nelle similitudini. Si va dalle tre immagini usate in Inferno V per le anime dei lussuriosi, storni, gru e colombe, e si arriva sino alle api cui sono paragonati gli angeli nell'Empireo (Paradiso XXXI), passando per decine di occorrenze nelle tre cantiche. Non bisogna pensare infatti che la similitudine animale svolga esclusivamente una funzione di degradazione bestiale dei dannati, in quanto tali immagini sono frequenti anche nel Purgatorio e perfino nel Paradiso. Del resto, la cultura medievale conosce una vasta letteratura naturalistica: nei bestiari e nelle enciclopedie si elencavano le caratteristiche, reali o immaginarie, degli animali e se ne offriva poi un'interpretazione simbolica, morale e allegorica. Cosi, le similitudini animali dantesche non sono semplici quadretti naturalistici, come sostenuto a lungo dalla tradizione critica. In esse agiscono invece complesse e rivelatorie strategie di costruzione del significato, attraverso l'attivazione dei valori simbolici attribuiti agli animali nella cultura medievale e la ripresa dei riferimenti in diversi punti del poema.
Dante e la dimensione visionaria tra Medioevo e prima età moderna
Libro: Libro in brossura
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2019
pagine: 192
Che cosa significa che la Divina Commedia è il racconto della visione dell'aldilà che Dante afferma di avere avuto, il resoconto di ciò che giura di avere visto? Queste affermazioni sono "vere", e in che senso possono esserlo? O sono fittizie, giustificate dall'eccezionale inventività poetica dell'autore messa al servizio di una auto-assegnata missione di rigenerazione della Cristianità? Il dilemma fra queste due interpretazioni polari rischia di essere indecidibile e sterile, ma questo volume, frutto di un seminario interdisciplinare tenuto all'Italienzentrum della Freie Universit& di Berlino sotto l'egida della Fondazione Alexander von Humboldt, porta risultati originali che fanno fare passi avanti alla nostra comprensione dei fatti. Il retroterra di Dante viene illuminato in varie direzioni: dal possibile rapporto con la mistica ebraica e con quella islamica, all'onirismo antropologico tardo antico e medievale, alle tradizioni teologiche e profetiche legittimanti la visione dell'aldilà, all'onirismo lirico o allegorico circolante nelle tradizioni poetiche gallo-romanze. La vocazione visionaria di Dante viene saggiata nella Vita nova e nel Convivio e messa alla prova della testualità del poema sacro. Si interroga il significato dei "Danti dormienti" nelle antiche illustrazioni della Commedia. Ed emerge la cesura epistemologica che separa Dante dalle riprese del genere "visione in Petrarca e Boccaccio. Su tutto ciò il lettore troverà in questo libro molte idee nuove.
Dante a Verona 2015-2021
Libro: Copertina morbida
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2018
pagine: 320
Verona è la città che più a lungo ha visto Dante quale ospite, nel primo esilio, allorché sono maturate le opere del "Convivio" e del "De vulgari eloqnentia", e più tardi, durante la scrittura del "Paradiso" e della "Questio de aqua et terra", sotto le ali protettive di Cangrande della Scala. A Verona Dante potè forse approfondire i propri studi filosofici e letterari attraverso la frequentazione della celebre Biblioteca Capitolare. A Verona prenderanno dimora i suoi discendenti, primo fra tutti il giudice Pietro, cultore e commentatore dell'opera del padre. La presenza di Dante fu uno stimolo prezioso per la promozione degli studi locali sulla sua opera e sulla sua biografia, prodromi a una fortuna che nei secoli successivi si allargherà ad ambiti disciplinari e cronologici diversi, alla letteratura moderna e contemporanea, sino ad abbracciare il cinema e il teatro. Il volume ricostruisce puntigliosamente le tappe del primo esilio di Dante, il suo complesso rapporto con la realtà e le istituzioni cittadine veronesi (la tradizione comunale, il clero, il notariato), il suo dialogo con il contesto culturale che lo accolse (gli ambienti legati alla Capitolare). D'altra parte amplia l'orizzonte allo sviluppo degli studi intorno alla sua figura e alla sua opera (Dionisi, Perazzini, Del Lungo, Singleton, Apollonio, De Robertis), ne indaga la fortuna editoriale nei primi secoli della stampa, ne analizza il reimpiego e la riemersione in autori, aree e discipline diverse (Ruskin, Modena, Pasolini).
Boccaccio umanista. Studi su Boccaccio e Apuleio
Igor Candido
Libro: Copertina morbida
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2014
pagine: 165
II volume mette in luce i debiti letterari e filosofici di Boccaccio verso Apuleio di Madaura, uno dei più influenti autori latini dell'età argentea. L'analisi filologica e paleografica dei principali manoscritti della tradizione apuleiana, copiati, annotati o consultati da Boccaccio, si affianca al raffronto intertestuale condotto su tutto il corpus delle sue opere e gli esiti della ricerca mostrano, da prospettive differenti, come la cultura classica e l'atteggiamento intellettuale dell'autore fossero quelli di un vero umanista. Modello di arte narrativa e di inesausta sperimentazione linguistica, filosofo autorevole, Apuleio stimola Boccaccio al dialogo con i classici (Platone, Aristotele, Virgilio, Ovidio, Seneca) e con i moderni (Cavalcanti, Dante, Petrarca). Al centro dell'indagine è l'influenza della favola di Amore e Psiche, uno dei miti fondanti dell'immaginario poetico boccacciano dal Teseida alle Genealogie. La favola è indicata per la prima volta come fonte della novella di Criselda (Dee. X, 10), il cui disegno inventivo è dettato dall'imitazione del racconto apuleiano. Nelle Genealogie, invece, l'allegoria della favola invita alla lettura del modello in prospettiva teologica e filosofica. Per Boccaccio, come per tanti intellettuali medievali che non leggevano il greco, Apuleio rappresentava il tramite privilegiato per la conoscenza della dottrina platonica.
«Per raggio di stella». Cecco d'Ascoli e la cultura volgare tra Due e Trecento
Sara Ferrilli
Libro: Libro in brossura
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2022
pagine: 398
«Virtù s'acquista per raggio di stella»: con questo verso, dal tono gnomico, Cecco d'Ascoli condensa nel secondo libro dell'Acerba la sua definizione della virtù, individuando nella favorevole disposizione astrale le prerogative dei diversi temperamenti umani. Esso simboleggia una riflessione che investe tanto l'attività accademica dello Stabili, quanto la sua opera letteraria, e che racchiude le molteplici chiavi di lettura a cui la sua produzione può essere sottoposta. Con l'Acerba Cecco intende fornire una summa del sapere enciclopedico del Trecento ed espandere il proprio pubblico, prettamente universitario, mediante l'uso del volgare. Oltre all'astronomia e all'astrologia, ambiti prediletti dall'autore, vi si trovano infatti questioni morali, problemi medici e dottrinali, nonché una complessa e a tratti contraddittoria riflessione politica sull'Italia del primo Trecento. Il dialogo con accademici e letterati è uno snodo fondamentale dell'esposizione ed esso delinea al contempo un panorama intellettuale variegato, soprattutto a Bologna, in cui Cecco rivestì un ruolo di primo piano. È proprio dall'approccio dialettico, suggerito dallo stesso autore, che questo libro intende partire per tracciare la biografia di un personaggio da subito divenuto leggendario, ed esplorare i grandi temi che emergono dalla lettura delle sue opere. Oltre all'ombra imponente di Dante, fondamentale contrappunto stilistico e filosofico, spiccano infatti le menzioni di Cavalcanti, Cino da Pistoia, Dino del Garbo, così come le spie testuali che aiutano a ricostruire la biblioteca stabiliana. Ne consegue che nella produzione di Cecco non c'è solo l'impronta dell'eretico perseguitato, del negromante o del feroce contestatore di Dante, ma soprattutto quella del poeta-docente, che rilegge il suo tempo attraverso la lente del determinismo astrologico e difende caparbiamente la propria categoria professionale.
Il caso di Menghino Mezzani tra Dante e la Romagna
Libro: Libro in brossura
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2022
pagine: 167
Custode della memoria di Dante in area romagnola, fu Domenico di Ugolino Mezzani, comunemente conosciuto come Menghino, nato nell’ultimo quarto del sec. XIII e morto nell’agosto 1376. La sua famiglia, originaria di Mezzano (a nord di Ravenna), si era poi stabilita a Pezzolo presso Russi. Coluccio Salutati, in una lettera del 2 ottobre 1399 al cancelliere Niccolò da Tuderano, ricorda come egli fosse «familiaris et socius Dantis nostri». In quest’epistola Coluccio, che desiderava avere un esemplare corretto della Commedia, «opus divinissimum», per far fronte a quella molesta corruzione che ha invaso tutti i libri, scrive di aver sentito che Menghino era considerato un esperto del poema sacro. Il Mezzani, a quanto pare, dedicò a Dante un epitaffio di sei esametri ritmici: «Inclita fama cuius universum penetrat orbem» (Dante ‘la cui inclita fama penetra per tutto l’universo’). Il suo nome è stato accostato a un manoscritto del sec. XIV, datato 1363, che dopo essere transitato per la collezione di Thomas Phillipps (con segnatura 8881), è ora ad Austin, University of Texas, Chronicle Library, H.R.C. 45. Il testo del poema è preceduto da sommari in terza rima (per Inferno e Purgatorio) e accompagnato da glosse esegetiche in latino per gran parte dell’Inferno e per qualche canto del Purgatorio. Sebbene la ricerca abbia dimostrato che questo manoscritto non possa essere considerato autografo di Menghino e dunque occorra rinunciare a identificarlo con il volume ricercato da Coluccio, l’apparato esegetico di questo codice (collocabile in area romagnola) riveste particolare interesse nell’ambito della fortuna di Dante nel sec. XIV. Di grande valore, al di là dei risultati letterari conseguiti, sono i sommari in terza rima per le prime due cantiche, qui editi criticamente, che, se non sono attribuibili a Menghino, a lui, studioso di Dante, furono tuttavia indirizzati.
Per amore di giustizia. Dante fra diritto, politica e teologia
Giulia Gaimari
Libro: Libro in brossura
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2022
pagine: 220
La giustizia, nell'opera di Dante, è un tema capitale e al contempo sfuggente. La pluralità degli ambiti a cui afferisce - etica, diritto, politica, teologia e autobiografia - ne acuisce la straordinaria complessità. Lungi dal volere offrire un quadro esaustivo, questo volume getta luce su alcuni degli aspetti chiave della riflessione dantesca in merito alla questione della giustizia tenendo conto tanto delle idee che circolavano nella Firenze tardo duecentesca e delle dinamiche politiche e culturali che la animavano, quanto delle ambizioni didattiche dell'Alighieri e delle strategie letterarie che egli adotta per perseguire i propri obiettivi, sia prima che dopo l'esilio. Virtù che attribuisce a ciascuno il suo, e che necessita di conoscenza, consapevolezza e amore, la giustizia regola la vita in comune e determina la salvezza eterna dei singoli, configurandosi come un punto di contatto fondamentale fra l'essere umano, il suo prossimo e Dio.
Commedia e civiltà. Dinamiche anticonflittuali nella letteratura italiana del Cinquecento
Massimo Scalabrini
Libro: Libro in brossura
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2022
pagine: 142
I valori retorici ed etici, ereditati dall'Antichità greco-latina, della conversazione, del decoro e della moderazione diventarono nel Classicismo letterario cinquecentesco (nei generi canonici della trattatistica sul comportamento, del poema epico-romanzesco e della commedia erudita) strumenti di prevenzione, contenimento e soluzione del conflitto. L'oggetto di questo volume non è il comico che contesta e mette in questione, che scompone e distrugge misure e valori costituiti, ma quello che, senza rinunciare all'istanza critica e dissacratoria, mira invece a ricucire il tessuto sociale e culturale: non, dunque, un comico anarchico o rivoluzionario, ma moderato e moderante, affermativo e non negativo, indulgente e non aggressivo, sempre propiziatore di conciliazione e spesso di lieto fine.
Lectura dantis ferrariensis
Benvenuto da Imola
Libro: Libro in brossura
editore: Longo Angelo
anno edizione: 2021
pagine: 945
La Commedia di Dante Alighieri fu in Italia il caso letterario del secolo XIV. A promuoverne la legittimazione nell'ambito della cultura “alta” provvide anche il mondo della scuola, grazie alla figura del magister Benvenuto Rambaldi da Imola, docente specializzato nella spiegazione dei testi della latinità e, fra il 1375 e il 1376, anche del poema dell'illustre Fiorentino: proprio in questo periodo infatti ne fece l'oggetto di due cicli di lezioni (ossia due lecturae), a Bologna prima e a Ferrara poi, esperimenti didattici a partire dalla cui rielaborazione l'Imolese produrrà uno dei principali monumenti della storia dell'esegesi dantesca, quel Comentum super Dantis Comoediam per cui è giustamente conosciuto. Delle lezioni di Ferrara – fonte essenziale per il lavoro di un altro esegeta dantesco, Giovanni da Serravalle, che vi assistette – Benvenuto rielaborò successivamente alcune chiose, riscrivendole in versioni più ampie e meglio formalizzate, con l'intento di produrre un testo “di servizio”, un provvisorio dossier di conoscenze. Ma il fascicolo così formato sfuggì al controllo del suo autore, e in qualche modo giunse, senza l'autorizzazione di quest'ultimo, nelle mani di due interessati lettori danteschi, Tedaldo della Casa e Filippo Villani, che seppero utilmente fare uso, ciascuno a suo modo, dei suoi preziosi contenuti.

