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“Ma perché noi siamo guitti” (…) “noi non siamo come gli altri, siamo gente speciale, noi; l’amore, questi amori, certi intrighi, se vuoi anche ricorrenti e convenzionali, lasciamoli agli altri, noi non ne abbiamo bisogno, noi siamo seri, non ce li possiamo permettere, sono in aperto contrasto con la nostra natura, noi siamo guitti, ricordalo Ornella, ricordalo sempre” (…) “noi ci travestiamo ogni volta, indossiamo la maschera e annulliamo noi stessi”. Un romanzo ambientato in una cittadina ai piedi dell’Etna, storie intrecciate di amori e di passioni che vedono coinvolti principalmente attrici di una compagnia teatrale itinerante, i guitti e un aitante – e brillante – notaio del posto. Ognuno sa. L’arte favorisce il sentimento, libera emozioni, riduce le ansie di vite senza senso, si fa pedagogia. E in forma di romanzo si fa terapia. Guizzi improvvisi e poi respiri più lenti, profondi, misurati e scritti ad arte, per condurre il lettore e disporlo verso visioni di vite condivise come se l’autore ne volesse ricevere consensi.

Un antico tratturo è elevato alla dignità di via imperiale. Si snoda fra i campi di grano, costeggiando un fiume che trascina nigre arene. Da questi due elementi, uno dell’uomo e l’altro della natura, si formano le parole chiave della ricerca: Herculia, Rivo Nigro, Imperatore, Levata, Colonia Venusina. Tutte connesse tra loro perché scaturenti dalla cornucopia di ancestrali culti italici; quando il sole baciava la fronte dei primi abitanti del Vulture, alle origini delle comunità che oggi ricadono nei comuni di Rionero in Vulture e Atella. Emerge così un mondo ben più vetusto e complesso di quanto si tenda a credere. Ma soprattutto, che secoli di terremoti, pestilenze e guerre non hanno intaccato la peculiarità di quest’area a Sud-Est del Vulture, consistente in una ricchezza agricola superiore al comune, al punto da essere indicata come statio nello stradario romano noto come Tabula Peutingeriana.

Può l’immagine esterna e la rappresentazione di una terra condizionarne la storia? Quanto nasconde una regione dentro di sé a un osservatore non distratto? Non considerata, quasi ignorata e ignota per tutta l’età moderna, la Basilicata venne finalmente esplorata e analizzata a livello geopolitico ed economico solo alla fine del Settecento dal geostorico Lorenzo Giustiniani nel suo Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli. Un’opera che si colloca alla fine di un lungo percorso di descrizioni del Regno di Napoli e che restituisce, nelle voci dedicate ai centri lucani, una realtà piena di luci e ombre, di peculiarità economiche e di volani di sviluppo mai sfruttati, per la prima volta analizzati in questo volumetto.

È la storia del brigantaggio meridionale di metà ‘800 raccontata attraverso strofe, stornelli e ballate che vedono come protagonisti non solo i capi briganti e i loro affiliati, ma l’intera popolazione di contadini e cafoni vessati e bistrattati sia dal vecchio potere Borbonico che da quello Savoiardo neocostituito. L’autore, Emilio D’Andrea, oltre a ricorrere all’uso intrigante e orecchiabile della rima, cattura il lettore con un altro importante elemento di grande suggestione e ambientazione storica: il dialetto. A quei fatti di eroismo e coraggio, viltà e codardia, compiuti da una parte e dell’altra, si ispirano questi struggenti canti popolari resi ancora più veraci, coinvolgenti e calati nel proprio tempo dal linguaggio semplice, schietto e immediato della parlata dei contadini del Sud. Sono storie inventate ma anche tratte da detti e leggende raccontate dai nostri nonni, che riportano a tragiche vicende realmente accadute intorno a complotti, agguati, esecuzioni, ribellioni, rappresaglie, tradimenti, morti e speranze.

Filastrocca filastrocca vola dal cuore alla bocca. Non lasciarla mai da sola, ogni giorno portala a scuola. Portala a casa, nel tuo zainetto, leggila prima di andare a letto, portala sui monti e pure al mare, poi chiudi gli occhi e inizia a sognare… Età di lettura: da 6 anni.

Ci sono silenzi che dicono tutto più di qualsiasi altra parola. È in quegli attimi, dove tutto tace, che ti senti solo, che fai i conti con te stesso. Questi sono frammenti di cuore, una raccolta di notti insonni dove il cuscino mi sussurrava parole, la penna tra le dita danzava leggera ma ancor di più dove la mia voce mi pregava di uscire fuori.

Nella luce di un'estate è la nuova raccolta di poesie di Vito Viglioglia. Il libro si divide in quattro sezioni compositive: “dal niente del dove”; “poesie nuove”; “immaginando”; “prima della pioggia”. L’estate, l’estate della vita e della rivelazione di quella luce, in poesia, di cui abbiamo avuto sempre bisogno.

L’autore, pur raccontando fatti al confine tra fantasia e realtà, questa volta è stato più possibilista e concreto e si è servito, invece di esprimere esplicitamente i suoi punti di vista, di storie, caricando i suoi personaggi di notevoli oneri. Insomma, nessuno si meravigli più se dovesse ricevere una lettera scritta da un cane… intellettuale o se dovesse imbattersi in un tutore dell’ordine che preferisce in qualche situazione indossare una divisa più umana. Ma in questi racconti c’è anche altro: l’umanità di un tutore della legge e qualche rudimento di pietà cristiana, l’immancabile ironia e… come si può bere un buon caffè, a condizione che sia quello di don Antonio…

Ci sono architetture talmente stratificate che la loro dimensione di palinsesto sembra avere ragione di tutto il resto, così grande è la ricchezza materiale che restituiscono nelle pieghe che ne marcano le vicende storiche. Così è il monastero di San Benedetto ad Atella, in Basilicata, complesso religioso che tra il XV e XVI secolo ha avuto la ventura di impiantarsi su una casa ducale di origine angioina – esattamente come la città - e diventare da allora un cantiere di riferimento per tutto il territorio, non solo riguardo ai cambiamenti di gusto ma anche ai raffinamenti tecnici e costruttivi suggeriti dalla ricorrenza dei terremoti e dalla necessità di arginarne i danni.

Francesco Sperduto è nato nel 1970 a Rionero in Vulture, Basilicata. Generazione di mezzo, sospesa tra ritmi antichi che parevano naturali e immutabili e una modernità che allora cominciava a farsi spazio. In quegli anni la lavatrice e il televisore cominciavano ad arrivare nelle case di tutte le famiglie, però nelle sere estive si vedevano ancora brillare infinite piccole stelle scese in terra: le ccalëcalàššë le lucciole, oggi così rare da vedere. Nei ricordi di Francesco risuona il passo cadenzato dei muli che a sera tornano dalle campagne coltivate a olivi e uve di Aglianico, un rito sempre uguale da secoli; ma anche la musica delle radio libere, le urla dei ragazzi ingaggiati in infinite partite a pallone nel quartiere San Francesco, così come in ogni strada o polveroso fazzoletto di terra del paese. I muli che tornavano dalla campagna oggi non ci sono più, estinti per sempre e consegnati alla storia. È passato anche il tempo dei truk truk, e perfino i bambini non giocano più a pallone nei vicoli. Tutto, però, rivive per incanto nei racconti di Francesco.

Pochi avvenimenti nella storia italiana del '900 assunsero un significato particolare come l'armistizio dell'8 settembre 1943. Circa 600 mila soldati italiani furono catturati dalle truppe tedesche e inviati in centri di raccolta per essere trasferiti poi, con viaggi interminabili, in campi di prigionia sparsi nei territori controllati dal Terzo Reich. Questi prigionieri furono considerati I.M.I (Internati Militari Italiani), uno status particolare ispirato dalla volontà di punire il tradimento italiano dell'8 settembre, eludere i controlli della Croce Rossa e aggirare le limitazioni della Convenzione di Ginevra e furono utilizzati per lo più nell'industria bellica tedesca. Dopo circa ottant' anni, vengono rese pubbliche le memorie manoscritte di quattro prigionieri di guerra: tre di loro furono I.M.I. mentre uno fu prigioniero degli inglesi. Minuziosa cronaca di eventi drammatici consumati nei lager, in cui traspare tutta la ferocia della guerra e i patimenti della prigionia, ma anche l'umanità e il coraggio di questi ragazzi nel condividere tra loro la privazione della libertà e della condizione di esseri umani, con la sempre viva speranza di ritornare presto alle loro famiglie.

"Ho provato a raccontare il mondo attraverso l’occhio della mia fotocamera, intriso di speranze, gioie, lacrime e passioni, di storie racchiuse in un centesimo di secondo. Ho avuto la pretesa un po’ folle di voler parlare attraverso le immagini, di fotografare anime..." (l'autore)