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Edizioni Pendragon: I chiodi

Torino piccola

Mariolina Bertini

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2018

pagine: 110

Questo mosaico autobiografico potrebbe benjaminianamente intitolarsi "Infanzia torinese": l'infanzia di una bambina nata intorno al 1950 in una Torino colta e vecchiotta, che trascina i suoi caratteri risorgimentali, liberty e gobettiani fin dentro il boom. Si fatica a immaginare un'incarnazione più tipica del leggendario milieu che mentre la Bertini cresceva precipitò nelle pagine di "Lessico famigliare". Ma se anagraficamente Mariolina potrebbe essere figlia di Natalia, somiglia più alla scrittrice che ai suoi eredi e ai suoi genitori. Lei pure si descrive come una ragazza che "non sa fare niente" se non giocare con le parole. E qui il ruolo del professor Levi è svolto soprattutto dalla madre, che con virile sbrigatività pretende impossibili performance scientifiche o musicali, concependo l'educazione come una tonificante ginnastica psicofisica. Chi leggerà queste memorie incontrerà una ritrattista: la nonna, le compagne di giochi e i compagni di studi, i parenti frequentati in città, sulle Alpi o a Varigotti, le maestre e i baroni universitari... Dietro la narratrice si sente poi il tocco della saggista, dell'interprete di Proust e Balzac. E i modi in cui Mariolina, dalla scoperta del proprio io a una scoperta della "Recherche" che coincide con la maternità, ha fatto della letteratura il suo rifugio rimandano in effetti ad alcuni motivi proustiani e balzachiani. Non a caso le grandi gioie e le prime letture della sua infanzia sono legate a un Ottocento ridotto a balocco gozzaniano o portato all'assurdo dalle strofe del «Corriere dei piccoli», che con i fumetti, i gialli e i romanzi rosa costituiscono per l'autrice una calda coperta di Linus nel gelo orrorifico del secolo XX. E non è appunto col bello stile degli scrittori un po' antiquati – con le opere, direbbe Benjamin, meno esteticamente intenzionate o trascurabili – che si costruisce una riserva di felicità quel Marcel deciso a scendere negli inferni del neonato Novecento? Le forme letterarie di ogni specie o valore servono qui a incollare i cocci di una vicenda spezzata dal tempo e travolta dai barbari. Ma come mostra il capitolo sul padre, il gioco con le parole è qualcosa di più che uno strumento per tramandare la memoria di generazione in generazione: in questa tribù così pudica, diventa anche la mediazione per eccellenza dell'affetto.
13,00 12,35

Storia di Carla

Federica Iacobelli

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2015

pagine: 362

Una donna legge un romanzo a una donna. Fuori, il ronzio del lussureggiante parco Buttes-Chaumont, nel nord-ovest di Parigi. L'ascoltatrice è Henriette Dubois, una vecchia rattrappita dalla poliomielite che le ha tolto la gioventù e l'amore; la lectrice, invece, è un'attrice italiana di 39 anni, si chiama Carla, e la gioventù e l'amore li ha lasciati sfumare restando invischiata troppo a lungo nel limbo di un'adolescenza artificiale. Così inizia questa Storia, che a una prosa sobria, ginzburghiana, mescola i saporiti ingredienti di un feuilleton alla Soldati. Rispondendo a un annuncio di Madame Dubois, Carla ha deciso di metterle a disposizione la sua voce, e di leggerle su richiesta una lunga lista di romanzi in lingua italiana. In questo strano lavoro prova a dimenticare il naufragio di una promettente carriera teatrale, e a rimarginare una ferita d'amore ancora aperta. Ma proprio in rue de Gourmont, si ritrova presto a fare i conti con le radici più dolorose della sua parabola esistenziale. Lei che, come tiene a dire, l'attrice la fa, non lo è, lei che ha scelto d'immedesimarsi negli altri per capirli battendo vie oblique, sente adesso di dover frugare con metodo nel passato della sua compagna di lettura, e di dover indagare fino in fondo le ragioni del proprio fallimento.
15,00 14,25

Erin e gli altri

Walter Nardon

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2021

pagine: 297

“Per Lucia la scuola non aveva niente a che vedere con l’avventura, e dove non c’è avventura, non c’è neanche conoscenza” commenta il narratore dell’ultimo e più lungo racconto di questo libro. Parla della sorella, che non si capacita del fatto che lui, pur avendo tutte le doti necessarie a insegnare, sia fuggito dalle aule scolastiche per scegliere un impiego strano e ibrido, da colletto bianco in tuta blu. Ma questo impiego alle Officine August gli appare appunto come un’avventura conoscitiva. È una rinuncia operosa, la sua, un’ascesi verso il “cielo glorioso della materia” e il lavoro artigianale ben fatto. Il neoassunto aspira a comprendere le tensioni profonde che muovono l’impresa. Da fenomenologo pratico, vuole riscoprire la realtà nella sua elementare ed enigmatica evidenza: come quella dei tre secchi che quasi a “contrassegno d’esistenza” ogni membro delle Officine tiene accanto a sé. Questo personaggio è il portavoce di uno scrittore che ha letto bene Kafka e Gombrowicz, Volponi e Beckett, magari con la guida di Celati: c’è in lui una specie di cheta follia, una pignoleria che sublima l’aggressività e la paranoia. Fuori dalla fabbrica lo ritroviamo nei racconti più brevi del ciclo di Erin, ragioniera ed estetista di vitalità memorabile, circondata da amici che si muovono fra agenzie di viaggi, trasferte calcistiche e coltellerie immacolate come cappelle votive. Quadro dopo quadro, alternando toni umoristici e sinistri, Walter Nardon indaga così la quotidianità di una provincia del Nord sotto cui pulsa una radiazione misteriosa.
15,00 14,25

Supplenti

Francesco Brusco, Martina Mengoni, Valentina Nappini

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2021

pagine: 240

Mi pongo un interrogativo kantiano: come è possibile Roma?” sembra abbia detto una volta Franco Fortini arrivando nel caos di Termini. La stessa battuta si potrebbe ripetere per la nostra scuola. Questo romanzo racconta l’anno scolastico di tre trentenni che passano per tutte le stazioni della fantozziana via crucis cui vengono sottoposti i “laureati in precariato”: convocazioni affollate dove il prossimo ti appare “sostanzialmente mostruoso”, contratti collettivi temibili “come la Sibilla” (cioè per ciò che non dicono), scrutinii più grotteschi di quelli usciti dalla fantasia di Mastronardi, Piani Educativi Individualizzati che hanno più livelli di lettura della Divina Commedia. Siamo in un liceo che ereditando lo spirito della morettiana Marilyn Monroe è intitolato a DiCaprio, ma nei cui corridoi rimangono ancora le insegne crepuscolari di mezzo secolo fa: fotocopiatrici che si avviano con un colpo di tacco alla Fonzie, armadietti pieni di garze scadute nei primi anni novanta, lampadine fulminate. Tra i reperti si contano anche gli ultimi insegnanti sadici vecchio stampo, come il fascista che vuol propinare ai ragazzi con problemi di apprendimento un progetto sui bersaglieri, e tipi intramontabili come l’Orlando Borioso, il professore che si finge un poeta bohémien “ad baccaglium ficae”. Gianna, Carla e Nicola oscillano tra il tentativo donchisciottesco di comunicare con gli alunni oltre le barriere di burocrazia e smartphone e la tentazione di imboscarsi mostrandosi occupatissimi, secondo l’esempio del collega che sfreccia di continuo per i corridoi con in mano “una piccola risma di fogli” su cui non c’è scritto niente. La sua descrizione ricorda quella dei “quartari” di Luciano Bianciardi, e forse non è un caso: l’ambientazione è toscana, e gli autori hanno un ottimo orecchio per i gerghi e i tic del lavoro culturale. Qui però la satira si scioglie in una comicità esuberante alla Tom Sharpe. Si può pensare che il suo oggetto sia stato irreversibilmente travolto dalla pandemia. Ma in realtà il dibattito pedagogico di quest’ultimo anno non ha fatto che estremizzare i caratteri metafisici del MIUR: dubitiamo che un romanzo sulla scuola italiana, soprattutto se parla così realisticamente di supplenti, possa diventare un romanzo storico.
16,00 15,20

Pagine ad alta voce. Teatro da leggere

Maurizio Garuti

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2021

pagine: 381

Sia detto sottovoce, ma il libro che avete tra le mani è una specie di scandalo. Culturale, letterario; soprattutto teatrale. È lecito riunire in un solo volume una pièce alla Pinter e un’epopea emiliana scritta per Marescotti o Vito? È possibile esordire da sofisticati premi Riccione e maturare convintamente nazionalpopolari? In questo scandalo sta la singolarità di Maurizio Garuti, il cui talento per la narrazione e per la scena si può paragonare a quello di certi vecchi artigiani ormai introvabili. Garuti possiede tutte le doti che i teatranti cosiddetti sperimentali disprezzano senza averle: precisione, estro, senso istintivo dei tempi, amore per la verità concreta. E la sua vittoria giovanile sul loro terreno, riesaminata oggi, sembra quasi una sfida beffarda. È come se il drammaturgo, facendo il primo passo in pubblico, avesse voluto dire: “Visto che ho le carte in regola? Adesso però basta, mi son già stufato”. Eppure in questo Teatro da leggere c’è una coerenza. Prima di tutto, circola ovunque la stessa passione per la storia monumentale e materiale: quando si leggono o si ascoltano le battute novecentesche di Fox, il monologo sul Giro d’Italia del 1914 o le pagine sul mito di Garibaldi, si può star sicuri che ogni particolare illuminato dall’autore è veritiero, e acquista il significato tra personale e leggendario che gli dà chi di quella vicenda si considera un ultimo erede. Ma al tempo stesso, la raccolta è permeata dalla consapevolezza amara che gli eventi si perdono nella diceria quanto più ci si avvicina alle classi che la storia l’hanno subìta senza scriverla, faticando come bestie e rialzando il capo solo in rari attimi di comica, struggente testardaggine. Già nel dramma degli esordi, ciò che resta alle povere figure spaesate non è forse appena un po’ di astuzia bertoldesca, che balugina a tratti nella routine della demenza? Ognuna di loro, come il maiale condotto a morte in un’altra pièce di straordinaria esattezza antropologica, “ignora i dettagli, ma intuisce il senso”. Che è il senso di uno smarrimento originario, indistinguibile dall’identità. “Mi ricordo d’essere sempre stata in clinica” riflette Ester nella Casa dei ferrovieri. E chi mai, in quella Bassa che è forse l’unica vera musa di Garuti, può dire di esserne uscito?
18,00 17,10

Giuseppe in Italia

Giuseppe Raimondi

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2021

pagine: 200

Con un'essenziale introduzione di Nicolò Maldina, ripubblichiamo nei "chiodi" un libro che da troppo tempo non circola più tra i lettori, e che può offrire un'immagine un po' meno schematica della narrativa italiana del secondo dopoguerra. Giuseppe Raimondi si formò durante i primi anni Venti nella rivista "La Ronda", e praticò poi sempre una scrittura polita, cesellata, autobiografica. Ma in questo Giuseppe in Italia, come scrive Maldina, l'autobiografia arriva a coincidere con la «narrazione della vita, politica e culturale, dell'Italia della prima metà del XX secolo». Non a caso Mondadori lo stampò nel 1949 in una collana di studi sociali. Il prefatore Remo Cantoni vide subito nelle sue pagine un prezioso documento sulle vicende umane e intellettuali di un'intera generazione, quella nata tra Otto e Novecento e condannata a sentirsi sempre in anticipo o in ritardo sugli eventi della storia patria. Raimondi la rappresenta con uno stile stenografico ma pensoso, ritagliando tra le pause dei punti e virgola una serie di chiusi tableaux. La sua parsimonia artigiana, unita all'apprendistato della prosa d'arte, gli vieta di comporre i ricordi nel continuum di un romanzo; eppure sotto il titolo insieme umile e superbo, questo figlio della piccola borghesia operaia sa davvero restituirci un denso scorcio della storia bolognese e nazionale dal 1898 della sua nascita alla Liberazione, dagli anarco-socialisti umbertini che esaltano l'Ideale nei caffè dietro Piazza Maggiore alle bandiere polacche issate su Palazzo d'Accursio. In mezzo c'è la formazione di Giuseppe, che conquista la lingua letteraria dei «sgnauri»: i legami con Campana e Morandi, le cartoline di Apollinaire al fronte, i dialoghi romani con Cardarelli... Poi, negli anni Trenta, Raimondi smette di scrivere e scruta l'ordine fascista dalla sua bottega di stufe in Santo Stefano, rifugiandosi in Pascal, Leopardi, Rimbaud, Baudelaire, o negli scienziati del Seicento. I libri, da segno di emancipazione, si fanno muro, come durante gli sfollamenti tra Alfonsine e Molinella. Ma anche nelle stagioni più buie, il Giuseppe è illuminato da una fantasia istintivamente pittorica. Raimondi insiste su due colori: da una parte la «monodia dei rossi» d'arenaria, ma anche del «sangue secco» di antiche faide cittadine; dall'altra parte il verde, che all'inizio connota i biliardi dei vaporosi caffè-acquari, e alla fine una memorabile fuga dalle bombe sotto il granturco.
15,00 14,25

Passare il tempo

Alex Caselli

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2020

pagine: 141

Abitiamo un mondo in cui sembra che tutto sia ovunque uguale, ma in cui, allo stesso tempo, ogni tratto locale o individuale tende a diventare una pittoresca insegna di sé stesso. Così le nostre rare province anonime, ossia quelle che nemmeno dell'anonimato o del degrado riescono a fare un marchio, sono luoghi più esotici di qualsiasi capitale straniera occidentale ovvero occidentalizzata; e possono diventare una buona metafora di ciò che della nostra esperienza ancora non è omologato, ricattabile dalle ideologie di stagione, ridotto al regime della comunicazione onnipresente e completamente socializzato. Forse per questo alcuni tra i letterati meno conformisti guardano oggi con amore a province del genere, e sentono vicini Carlo Cassola o il Goffredo Parise dei Sillabari. E il caso di Alex Caselli. I suoi racconti, novecentescamente travestiti, descrivono le ore monotone e le epifanie improvvise al cui ritmo si svolgono, di solito in uno scenario emiliano-romagnolo, le esistenze di persone qualunque che però qualunque non sono mai, dato che il narratore sa quanto resti enigmatico ogni più semplice momento di ogni essere: due uomini che concludono un affare sulla battigia, la vertigine di un adolescente e di un allenatore che s'interrogano sulle loro scelte, l'ansia di una donna sola in attesa del referto medico... Caselli ci fa assaporare i piccoli riti di queste esistenze, e il modo in cui nei riti s'insinua un disagio, una nostalgia delle potenzialità che sfumano intorno alla realtà quotidiana. Ma spesso, verso la fine, il disagio si dissolve come certi indefinibili malesseri fisici: bastano un gesto appena accennato, un odore o uno sguardo, ed ecco che riaffonda nel mare dell'essere, finché chi l'ha provato torna "calmo, senza coscienza" e "non desidera altro". Questo accade a personaggi inclini a una sorta di flessibile passività, la quale se da un lato li consegna a una depressione leggera, dall'altro li mantiene straordinariamente permeabili, sempre aperti ad accogliere i segnali di qualcosa che è più grande di loro e che li avvolge: un divino che si rivela magari nel gusto di un cibo o in un cambiamento di luce, e davanti a cui le teorie psicologiche o gli apprendistati culturali subito sbiadiscono. Per passare il tempo fermi così nell'occhio del ciclone, evitando di fare mosse false e di smarrire la via di un destino che è quasi indistinguibile dal carattere, bisogna avere una visione religiosa delle cose.
14,00 13,30

L'istante

Laura Fidaleo

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2018

pagine: 137

"Non ho paura e muoio di paura". Così, verso la fine dell'Istante, dice un io che alla perentorietà oracolare unisce una reticenza di bestia ferita, tutta intenta a schivare i fulmini della sorte. Si tratta di un io al tempo stesso chiaro ed enigmatico. Nei paragrafi in cui prende la parola, potrebbe essere quello di una narratrice che si stacca novecentescamente dalla trama uscendo dalla buca del suggeritore. Eppure ha la naturalezza sfacciata di un personaggio che scivola via tra gli altri, sebbene la storia di questi altri appaia aliena dalla sua. È una storia in molti sensi greca, che mette in scena un'agghiacciante vicenda familiare. Agghiacciante e statica: perché ha la calma terribile di uno di quei laghi che ti trascinano giù a tradimento senza lasciare tracce. Il tempo, che si srotola avanti e indietro pagina dopo pagina, sembra in realtà tutto contenuto in questo spazio immobile. È l'effetto di un montaggio in cui si giustappongono disinvoltamente le più varie tecniche narrative: racconti neri, atti unici da tragedia '900, aperture di romanzo storico-sociologico presto fatte a coriandoli dalla fissazione su dettagli irrelati che una depressione profonda impedisce di comporre in un disegno organico di senso. L'unico ritmo che tiene insieme i pezzi è appunto la percezione che tutto è già sempre avvenuto come nei miti, e che tutto - nomi, azioni, voci - ritorna come una fatalità assurda, omicida e suicida, nel trascorrere delle generazioni-copie, o se si vuole delle generazioni-parodie: da Poplia, madre degenere, a Ester, la complice di tutti, alla dolente Rosa; dal mostruoso Picador al mostruoso Ape, un "Caro Michele" crocifisso alla nascita; da un matrimonio illecito ma reale a un altro lecito ma irrealizzabile... Si può scrivere un Cocteau, un nouveau roman con pathos? Si può concepire un giallo dall'aroma oulipiano dove il gioco esclude ogni potenzialità? Lo schema a vista qui non serve all'esibizione metaletteraria, semmai all'ostensione rituale, al tentativo di placare un terrore che per l'io è quello dei lutti futuri, e che nel plot diventa l'indicibile trauma originario di stupro e incesto. In ogni caso non si esce mai dalla famiglia, dove pure non si può abitare. E qui sta il vero orrore, il doppio legame, lo stallo. L'ipnotico ripetersi delle stesse figure mitiche e futili, della stessa gestualità coatta e apotropai-ca, può infine far dimenticare che esiste la vita presente, singola, col suo peso paralizzante e le troppe possibilità che minacciano la schizofrenia. Quell'io lo sa bene: "Da bambina ho attaccato dietro la porta della mia camera un cartello: 'Devo esserci'", ci dice poco prima del sipario.
14,00 13,30

L'originale di Giorgia e altri racconti

Paolo Zanotti

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2017

pagine: 269

Paolo Zanotti, scomparso prematuramente nel 2012, è stato subito riconosciuto come uno degli scrittori più significativi e promettenti della nuova narrativa italiana. I suoi romanzi, "Bambini bonsai" e "Il testamento Disney", avevano suscitato un consenso unanime per la straordinaria invenzione fantastica unita a un realismo minuzioso, e per la sapienza con cui accostavano apocalisse e leggerezza. Ma nella forma breve va visto un lascito non meno importante. Ognuno dei racconti contenuti nella presente raccolta costituisce infatti per stile e originalità di sguardo un mondo a parte: si va dalla fulminante fantaecologia di "Bambini bonsai" (racconto generatore dell'omonimo romanzo, pioniere della climate fiction italiana), alla straziante elegia di "La cella geografica", fino a quell'imprendibile, aerea descrizione della «natura dell'amore collettivo» che è "L'originale di Giorgia". E al centro restano i temi dominanti dell'opera di Zanotti: i sortilegi dell'infanzia, le amicizie di gruppo, gli amori e le illusioni della giovinezza. Introduzione di Nicola Barilli.
16,00 15,20

A letto non si pensa al futuro

Lucia Brandoli

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2017

pagine: 122

Coppie intermittenti, famiglie implose, amicizie finite nel silenzio. E i traumi della vita (crescita, sesso, morte, marginalità, separazione) che si concretizzano e insieme si astraggono in animali domestici e araldici, o in oggetti quotidiani da pop art: biciclette, tazze, coperte, gelati... A un'occhiata superficiale, i diciotto racconti di “A letto non si pensa al futuro” potrebbero sembrare un grumo di satelliti avvolti dalla vasta galassia narrativa carveriana. Eppure, a leggere meglio, si vede subito che qui l'ottimo mestiere da short story anglosassone è incrinato al fondo dallo sguardo di un'aforista, di una saggista, e insomma di una scrittrice "concettuale". È lo sguardo che con rarefatta crudeltà annulla i contorni dei paesaggi internazionali e provinciali, lasciando sfumare le une nelle altre le metropoli scintillanti, le campagne abbandonate e le dozzinali periferie padane; lo sguardo che ci descrive con millimetrica esattezza ogni superficie, ogni lineamento e gesto, ma al tempo stesso li annega tutti in un elemento primario equoreo e virtuale. La raccolta di Lucia Brandoli somiglia a un libro di metamorfosi: quelle delle Salmaci e degli Ermafroditi del XXI secolo, che non trovano posto in "nulla nessuno in nessun luogo mai", e che più inseguono la materia, la fisicità e le membra, più stringono tra le mani gli spettri di un'anedonia, di un'apatia in apparenza irreversibili. “A letto non si pensa al futuro” ci offre il ritratto nitido quanto doloroso di un mondo dove l'infanzia sa già inutilmente tutto, la maturità non sa più utilmente niente, e i due stati convivono, in una sola casa o in un solo corpo, senza potersi fecondare a vicenda.
13,00 12,35

No

Alfredo Oriani

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2017

pagine: 362

Chissà quanti lettori non professionali ha oggi lo scrittore faentino Alfredo Oriani (1852-1909). Pochissimi, crediamo: da più di mezzo secolo le sue edizioni sono rare, e gli omaggi critici mai clamorosi. Spicca, però, nella sua opera il romanzo giovanile "No", presentato qui nel testo della prima edizione, uscita da Galli nel 1881 sotto lo pseudonimo di Ottone di Banzole. In un'Italia insieme provinciale e fiabesca, tra un borgo, una campagna e una città senza nomi, cresce Ida, ragazza di famiglia quasi povera ma educata nella tenuta di Jela, una fanciulla nobile divenuta presto per lei una sorella. Divisa tra il marchio delle origini e le aspirazioni maturate in un ambiente sfarzoso, Ida rifiuta coi suoi esibizionistici «no» il mediocre posto assegnatole nel mondo, e si avvia così verso un destino mostruoso. Capitolo dopo capitolo, scopriamo una figura nei cui tratti la volontà di emancipazione e la volontà di potenza, la ribellione e il bovarismo si fanno indistinguibili. Questa protagonista è una superdonna dannunziana ante litteram, e del dannunzianesimo evidenzia le radici piccolo-borghesi. Somiglia, in fondo, a un Oriani femmina: ha le stesse titaniche ambizioni di provinciale isolata, la stessa oratoria di chi usa le idee per nobilitare un velleitario desiderio di rivalsa. Ma l'autore, in più, sa oggettivare questo desiderio in una narrazione di febbrile intensità, che fa pensare a lui come a un romanziere russo nato per sbaglio in Romagna.
16,00 15,20

Italia in autunno

Nicola Barilli

Libro: Libro in brossura

editore: Edizioni Pendragon

anno edizione: 2016

pagine: 219

Bologna, Italia. Seconda metà degli anni zero. Berlusconi regna incontrastato. Chi si affaccia alla vita adulta trova davanti a sé solo parole come "crisi", "declino", "emigrazione". Dopo un periodo passato a Berlino, Andrea Montini soprannominalo Cinquecento da sua madre in onore di due grandi eccellenze italiane, il Rinascimento e l'omonima automobile - sta finendo senza molta convinzione un dottorato sul tema del "forno" nella cultura tedesca. La fidanzata, i genitori, un amico enigmaticamente scomparso alla soglia dei vent'anni: attorno a lui vortica un mondo piccolo ma implacabile nella richiesta di impegno, di serietà, di progetto, e Andrea Montini ci prova ad assecondarlo, il mondo, ma gli esiti sono quasi sempre grotteschi - quando non tragici... Sì, perché "Italia in autunno" è un romanzo che fa ridere e piangere allo stesso tempo, e ne contiene molti altri dentro di sé: è la storia della crisi italiana degli ultimi quindici anni e di una stabilità impossibile; è una storia d'amore e di disamore; è la storia di una fascinazione per l'estero che permette di capire l'Italia e l'italianità; è il racconto, straniato da una prospettiva inusuale, di una certa Bologna e di una certa Emilia; è il romanzo di formazione di un'epoca in cui non si cresce più.
15,00 14,25

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