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Il Saggiatore: La cultura

Guida galattica per naturalisti. Cosa gli animali ci dicono sull'universo

Arik Kershenbaum

Libro: Copertina morbida

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 344

L'esistenza di pianeti abitabili all'esterno del Sistema solare è ormai certa e gli scienziati sono convinti che presto scopriremo forme di vita extraterrestri; ma siamo davvero pronti per il primo contatto con gli alieni, visto che la nostra fantasia continua a essere popolata dalle creature fantastiche e inquietanti generate nel nostro immaginario dai romanzi e film di fantascienza? Per Arik Kershenbaum dobbiamo partire da ciò che sappiamo della vita sul nostro pianeta: il modo in cui sono fatti gli organismi terrestri può dirci come potrebbero essere fatti i viventi degli altri mondi. Su qualsiasi pianeta, come sulla Terra, gli animali dovranno muoversi, trovare cibo, sfuggire ai predatori, riprodursi, comunicare con i propri simili; e i loro corpi saranno plasmati dalle forze dell'ambiente e dell'evoluzione. Basta uno sguardo più attento alle soluzioni della vita intorno a noi per farci un'idea dei possibili ecosistemi alieni e formulare ipotesi affascinanti quanto plausibili. Grazie a "Guida galattica per naturalisti" scopriamo così che lo scheletro di un delfino, simi- e a quello di un antico ittiosauro, potrebbe essere anche il modello per altri agili predatori acquatici; che in ambienti in cui non ci si può affidare alla vista potrebbero essere diffuse le comunicazioni attraverso suoni, come nei pipistrelli, o segnali elettrici, come in alcune specie di pesci. Visitiamo mondi acquatici ricoperti da una crosta di ghiaccio eterno, sotto la quale organismi simili a gran- chi e vermi potrebbero vivere capovolti; pianeti costellati di laghi di idrocarburi su cui gli animali potrebbero spostarsi con ciglia o pedicelli come molti invertebrati; atmosfere gassose talmente dense da poter ospitare ecosistemi aerei, domi- nati da esseri simili a meduse volanti. Non fatevi prendere dal panico davanti alla vastità del cosmo, alle possibili forme bizzarre dei suoi abitanti, al futuro incontro con civiltà aliene: aprite "Guida galattica per naturalisti" e preparatevi a viaggiare dove nessun lettore è mai giunto prima.
26,00 24,70

Appunti da un'Apocalisse. Viaggio alla fine del mondo e ritorno

Mark O'Connell

Libro: Copertina morbida

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 256

L'Apocalisse non è una fantasia distopica, non è una remota possibilità. L'Apocalisse è intorno a noi: è negli aggiornamenti quotidiani sulla pandemia, è nei video YouTube sullo scioglimento dei ghiacciai, è nelle conversazioni quotidiane sul futuro. È sui giornali, sul web e sui social. Ma cosa sta facendo, concretamente, l'umanità per evitare la fine? Mark O'Connell ha intrapreso un viaggio alla ricerca di risposte. Ha visitato i bunker di lusso costruiti in Sud Dakota. Ha partecipato ai raduni dei membri della Mars Society, convinti che l'unica possibilità sia colonizzare altri pianeti. Ha visitato la Nuova Zelanda, Paese che i tycoon della Silicon Valley hanno scelto come rifugio dal collasso sociale. E infine, si è recato a Chernobyl, il luogo dove l'Apocalisse è già avvenuta, e dove l'umanità è stata spazzata via e resa irrilevante: una visione di un possibile futuro. Il risultato è un libro brillante e sarcastico, ma anche molto intimo: da padre di due bambini, l'autore si domanda in che mondo i suoi figli dovranno abitare. Raccontare l'Apocalisse significa raccontare noi e il tempo in cui viviamo, significa immergersi nell'immaginario contemporaneo e descriverne le paure e le ansie, ma anche le speranze: secondo O'Connell, potremo sfuggire alla fine del mondo non costruendo una via di fuga personale, ma solo rinforzando le comunità che già esistono.
19,00 18,05

Sesso e temperamento

Sesso e temperamento

Margaret Mead

Libro: Libro in brossura

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 351

Spesso associamo alcuni comportamenti soltanto alla donna e altri soltanto all’uomo: pensiamo alla cura del focolare domestico come prerogativa tipicamente femminile, allo stesso modo della dolcezza o della gelosia, mentre chiamiamo «virili» l’irruenza e l’agonismo, così come la volontà di lavorare, governare e proteggere la proprietà. Ma fino a che punto queste differenze di temperamento fra i due sessi sono innate? E fino a che punto sono invece frutto di un condizionamento culturale dovuto all’educazione? Nei primi anni trenta, spinta da questi interrogativi, Margaret Mead condusse ricerche pionieristiche presso tre diverse popolazioni della Nuova Guinea, ottenendo risultati capaci, oggi come allora, di ribaltare le nostre convinzioni. Gli uomini arapesh, per esempio, si comportano esattamente come le donne, avendo cura dei figli in un modo che definiremmo sen- za esitazioni «materno»; le donne mundugumor, all’opposto, assumono caratteristiche tradizionalmente maschili, come l’aggressività, la violenza e lo spirito di competizione. Le donne ciambuli hanno invece un temperamento effettivamente diverso dagli uomini, come avviene in Occidente, eppure detengono nei loro confronti una posizione di potere, gestendo la proprietà con parsimonia. Studiando a fondo il sistema sociale, i riti e l’educazione di questi popoli, Margaret Mead giunse alla seguente conclusione: le differenze di temperamento non dipendono tanto dall’appartenenza a un determinato sesso, quanto dalle convenzioni sociali che le sostengono sin dall’infanzia. Il resoconto accurato di questa scoperta, nonché dei viaggi che l’hanno resa possibile, è custodito fra i racconti storici e geografici di “Sesso e temperamento”, un classico dell’antropologia in cui lo spirito scientifico di Margaret Mead incontra il più limpido gusto narrativo. Interpretando il contemporaneo attraverso il primitivo, l’autrice ci porta a mettere in discussione i nostri pregiudizi, fornendo indicazioni fondamentali su come ripensare la nostra società, attraversata, ancora oggi, dall’inscalfibile paura del diverso. Introduzione di Helen Fisher. Con uno scritto di Catherine Mary Bateson.
14,00

Ci chiamavano matti. Voci dal manicomio (1968-1977)

Anna Maria Bruzzone

Libro: Copertina morbida

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 416

«L'uomo in un caos diventa un caos; l'uomo, fatto vivere come una bestia, diventa bestia.» Lo sa bene Milvia, trentatré anni, che nel 1968, quando si racconta ad Anna Maria Bruzzone, è già al secondo ricovero presso l'Ospedale psichiatrico di Gorizia. Fino a poco fa quella del manicomio era un'istituzione dalle caratteristiche simili a quelle della prigione, dominata da pratiche violente e rapporti verticali disumanizzanti; uscirne era quasi impossibile. Ma negli anni sessanta, proprio partendo dall'ospedale di Gorizia, Franco Basaglia e la sua équipe iniziano a rovesciarne le logiche, in quello che si rivelerà il primo passo di una delle grandi rivoluzioni della scienza medica contemporanea. Anna Maria Bruzzone si reca a Gorizia per documentare questo passaggio storico. Vi passa due mesi, frequentando la struttura ogni giorno, partecipando alle riunioni di reparto, trascorrendo ore e ore con i degenti e trascrivendo fedelmente le loro storie e i loro pensieri. Il risultato è una raccolta straordinaria di testimonianze: un vero e proprio coro di voci, che si allarga poi quando, nel 1977, Bruzzone visita l'Ospedale neuropsichiatrico di Arezzo. Il suo diventa così un grande racconto collettivo sull'istituzione manicomiale in cui per la prima volta sono i «matti» a prendere la parola, con i loro trascorsi e le loro riflessioni, i dolori, le speranze e le paure, con il loro sguardo ravvicinato sulla vita e l'evoluzione dell'istituto: da Michela, che teme di essere abbandonata dai genitori che si vergognano di lei, a Bruno che, or- fano e solo, è stato rinchiuso in manicomio ad appena sedici anni; da Onorina, alle spalle dieci elettroshock, che ha preso a cucire «per cercare di star meglio ed essere più pronta quando andrò a casa», a Gregorio che vorrebbe partecipare alle riunioni dei degenti ma «di fronte a un pubblico non riesco a connettere i concetti». Arricchita dalle interviste inedite del 1968, questa nuova edizione di "Ci chiamavano matti" offre uno sguardo unico su un passato solo apparentemente distante. Un'opera che ci costringe ad ascoltare il grido degli emarginati, che dalle camere imbottite di ieri continua a riecheggiare ignorato nelle nostre grandi, sorde città.
29,00 27,55

E ricomincia il canto. Interviste

Dalla Lucio

Libro: Libro in brossura

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 376

Lucio, chi sei tu? Un clarinettista jazz, un beatnik, un solista ventenne a Sanremo, un cantautore, uno dei più rivoluzionari musicisti della canzone italiana, una popstar globale adorata da quattro generazioni diverse? Lucio, dove vai? Nella tua Bologna in cui non si perde neanche un bambino, a Roma dove la sera fa miracoli, tra il caos di Corso Buenos Aires, nella Napoli il cui mare luccica? Lucio, cosa salvi dei momenti colorati che tu chiami vita? I dischi con il poeta Roberto Roversi, i concerti con De Gregori e Ron, le automobili delle Mille Mi- glia, «Caruso» cantata assieme a Luciano Pavarotti davanti a milioni di telespettatori? Ti contraddici, Lucio? Certo che ti contraddici: contieni moltitudini. E per fortuna le hai condivise con il mondo. “E ricomincia il canto” è un viaggio nell’irripetibile, proteiforme, spettacolare esistenza di Lucio Dalla, narrato dalle sue stesse parole. Il ritratto di un artista che non si è mai negato ai microfoni, concedendosi generosamente a intervistatori di tutti i tipi – da Giorgio Bocca a Gianni Morandi, da Monica Vitti a Vincenzo Mollica – ed esponendosi fino a mettere a nudo la sua più profonda intimità: la morte del padre a sette anni, l’intenso rapporto con la madre, i palchi calcati da adolescente auto- didatta al fianco di Charles Mingus, Bud Powell ed Eric Dolphy, i film con i fratelli Taviani e Mimmo Paladino, la passione per il basket, la devozione per Padre Pio, l’amore e il sesso, la creatività, la censura, le opinioni su venerati maestri e giovani esordienti – da Chet Baker ad Alanis Morissette, da Prince ai Nirvana –, le malinconie e le paure. Curata dal musicologo Jacopo Tomatis, questa raccolta di interviste rappresenta un documento che attraversa i quarantacinque anni di car-riera di una delle più grandi icone pop del nostro paese. Un’opera che ci ricorda che una canzone può terminare in qualunque momento, ma la sua musica continuare a risuonare: «Ma sì, è la vita che finisce / ma lui non ci pensò poi tanto. / Anzi si sentiva già felice / e ricominciò il suo canto».
22,00 20,90

Piccolo trattato di ciclosofia. Il mondo visto dal sellino

Didier Tronchet

Libro: Copertina morbida

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 154

Pedalare per sgranchirsi le gambe. Pedalare per calmarsi dopo una brutta giornata. La bicicletta non è un semplice mezzo di trasporto, che ci consente di arrivare da un punto A a un punto B: la bicicletta è un mezzo per arrivare a una migliore conoscenza di sé e del mondo. Come? Si parte dalla postura. «La differenza» scrive Didier Tronchet «la fa il sedere»: leggermente all'indietro, quella del ciclista è una postura simile a quella delle statue antiche; mentre l'automobilista, «incastrato tra lo schienale e il sedile, non può permettersi l'arroganza del sedere del ciclista». Seduti sul sellino, poi, guardiamo il mondo da un'altezza ideale. Respiriamo meglio, ci muoviamo e, soprattutto, non inquiniamo. Non ci imprigioniamo nel bozzolo falsamente protettivo dell'auto né ci confiniamo negli asfissianti recessi sotterranei della metropolitana: siamo noi a fendere l'aria col nostro corpo; non ci lasciamo trasportare passivamente da una macchina, ma diventiamo noi la macchina che ci trasporta. La bicicletta come prolungamento del corpo, certo, ma non meno dell'anima: che cosa, infatti, più di una passeggiata in bicicletta insieme alla per- sona che amiamo riesce a farci dimenticare di tutto e tutti? E cosa meglio dello sfrecciare piegati sul manubrio ci aiuta a mettere in moto i pensieri e, magari, a trovare la soluzione ai problemi che ci assillano? Didier Tronchet ha distillato in questo "Piccolo trattato di ciclosofia" le sue brevi e gustose illuminazioni filosofiche su quanto e come potrebbe migliorare la nostra vita e quella della Terra se ognuno di noi si spostasse sulle due ruote: un libro che ci fa ridere e riflettere sulle nostre abitudini, invitandoci a un cambiamento radicale alla portata di tutti.
11,00 10,45

Origini. Come la terra ci ha reso ciò che siamo

Lewis Dartnell

Libro: Copertina morbida

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 400

La Terra fa letteralmente parte di noi: l'acqua del nostro corpo un tempo scorreva nel Nilo o formava una corrente nell'oceano; le proteine dei nostri capelli sono state eruttate dai vulcani; il sale del sudore, il ferro del sangue e il calcio delle ossa sono stati estratti dalla crosta terrestre. Ma il pianeta non ha plasmato solo i nostri corpi: dal suolo abbiamo strappato le pietre e i metalli con cui abbiamo creato armi, strumenti e città; i cambiamenti climatici hanno modellato la nostra cultura; la formazione dei continenti ha spinto l'evoluzione della nostra specie lungo percorsi unici. Lewis Dartnell costruisce una narrazione storica e scientifica che va dalla Preistoria a oggi, descrivendo come ogni singolo aspetto della nostra civiltà sia stato influenzato e modificato dalle caratteristiche fisiche, chimiche e meteorologiche del pianeta. E come, ancora oggi, i resti di antichi mari e montagne condizionino le nostre scelte sociali e politiche. Scopriamo così che sono stati gli scontri tra le placche tettoniche, decine di milioni di anni fa, a creare in Africa l'ambiente poi diventato la culla della nostra specie; che proprio lungo i confini tra le placche si sono formati i fiumi e le aree fertili da cui sono emerse, millenni dopo, le prime civiltà; che sono stati i cambiamenti climatici provocati dalle glaciazioni a spingere i nostri antenati ad abbandonare l'Africa per nuovi territori e quindi a diffondersi nel resto del globo; che i resti di organismi primordiali depositati nel suolo e nei mari hanno formato il calcare, carbone e petrolio con cui abbiamo costruito le piramidi e poi alimentato le nostre industrie. "Origini" ci mostra che il pianeta Terra ci accompagna in ogni momento, negli oggetti che ci circondano, nel modo in cui interveniamo sull'ambiente, nelle scelte che abbiamo fatto in passato e continuiamo a fare nella nostra vita quotidiana. È la storia del nostro mondo come non è mai stata raccontata.
27,00 25,65

Johannes Brahms. Autobiografia dell'artista da giovane

Piero De Martini

Libro

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 192

Vienna, 1871. Al terzo piano di un appartamento al numero 4 di Karlsgasse, un «vagabondo senza indirizzo» ha trovato casa e concluso così, dopo i pellegrinaggi degli anni di formazione e dei primi successi, la sua giovinezza raminga. L'uomo si chiama Johannes Brahms e dieci anni dopo quel rigido giorno di dicembre decide di ripercorrere la sua vita, sottraendo i frammenti di una storia lontana e unica dalla nebbia della memoria. L'urgenza di raccontare porta alla luce un'infanzia trascorsa in una fatiscente dimora di Amburgo, cullata da una serena povertà e dall'amore dei genitori, ma anche schiacciata tra le aspirazioni paterne tradite e la terrificante mediocrità dei concittadini benpensanti; un micromondo complesso, abitato da un bambino pallido, destinato a diventare uno dei compositori più liberi e all'avanguardia del Romanticismo. In questa autobiografia impossibile, Piero De Martini dà voce alla giovane esistenza di un musicista eternamente in bilico tra classicismo e passione, tra struttura e sentimento. L'amore verso la letteratura; le idee migliori giunte con il lucido da scarpe in mano; la scoperta del sublime dopo aver toccato le vette e gli abissi dell'anima di Beethoven; le forti amicizie; l'impegno assoluto verso Robert Schumann, l'uomo che lo avrebbe perennemente legato a sé in una vertigine di venerazione e inquietudine; il Deutches Requiem, che cresce lentamente dentro il proprio autore «come succede con tutto ciò che è importante e vitale per noi stessi»: tutto nel giovane Brahms è permeato di musica. Quella di De Martini è un'opera immaginaria, rispettosa ed evocativa, capace di offrire al lettore un nuovo modo per avvicinarsi alla musica di Brahms: un racconto che, bilanciando realtà e fantasia, riesce a restituire l'inesprimibilità del genio, le note nervose e perfette, le percezioni violente di un nomade che trova infine il suo posto nel mondo.
23,00 21,85

La scrittura del disastro

Maurice Blanchot

Libro: Copertina morbida

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 232

«Leggere, scrivere, come si vive sotto la sorveglianza del disastro: esposti alla passività fuori passione. L'esaltazione dell'oblio. Non sarai tu a parlare; lascia parlare in te il disastro, non importa se attraverso l'oblio o il silenzio.» Ultima fra le opere teoriche di Maurice Blanchot, La scrittura del disastro risponde alla necessità di riflettere sul tema del linguaggio poetico e letterario che si era imposta imperiosa con Lo spazio letterario, ma che qui va oltre - «al di là» - il problema di dire ciò che è, al di là del bisogno di appagamento, al di là della descrizione di una totalità. È una ricerca che rompe questa totalità, che turba ogni cosa, e prima di tutto la scrittura. Ha a che vedere con l'interruzione, con la frammentazione, con la catastrofe. Con il disastro. La scrittura stessa allora si frantuma, soccombe a un'esigenza che non trova - che non cerca - la redenzione, ma un'altra possibilità di se stessa. La scrittura diventa qualcosa che porta al meno, all'oblio, al non detto, al mai cominciato. Blanchot recupera gli scrittori amati, antichi (Ovidio) e moderni (Kafka, Melville, Hölderlin), e si confronta con maestri del pensiero come Heidegger e Levinas, per scavare nella non possibilità della parola letteraria, nella possibilità del silenzio senza scopo. Sullo sfondo, Auschwitz, che rivela e mette a nudo «tutte le caratteristiche di una civiltà» e che impone di continuare a «vegliare, senza posa, sull'assenza smisurata». Con uno stile che, adattandosi al disastro, si fa fratto e ossimorico, Maurice Blanchot invita alla lettura chiedendole di rinnovarsi e continua la meditazione che ha praticato (e che lo ha guidato) per tutta la vita, scardinando quanto è venuto prima. Perché «c'è domanda, eppure nessun dubbio; c'è domanda, ma nessun desiderio di risposta; c'è domanda, e nulla che possa essere detto, ma solo da dire».
24,00 22,80

Vivere per sempre. Scenari della nuova immortalità

SPUTNIK FUTURES

Libro: Copertina rigida

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 216

Con "Vivere per sempre" il progetto Sputnik Futures esplora le nuove frontiere dell'immortalità aperte dalla ricerca scientifica: l'invecchiamento non sarà più un destino biologico a cui i nostri corpi sono fatalmente destinati a soccombere, ma un processo che potrà essere modificato, ritardato o curato come una malattia. Farmaci rivoluzionari, terapie genetiche radicali, fusione con le macchine: "Vivere per sempre" è un viaggio nel futuro che ci aspetta, verso il cambiamento definitivo della nostra specie. Verso il giorno in cui spegneremo cento candeline al compleanno: non un record, ma l'inizio della mezza età.
25,00 23,75

Nuovo cielo, nuova terra. L'esperienza visionaria in letteratura

Joyce Carol Oates

Libro: Copertina morbida

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 272

Ogni scrittore è un creatore di trame, eventi, personaggi. Ma esistono artisti la cui visione si estende oltre il mondo materiale e cerca di penetrare le verità celate che muovono gli esseri umani, il destino e i meccanismi stessi dell'universo. Donne e uomini che Joyce Carol Oates non esita a definire «mistici e visionari», eredi degli asceti medievali nella ricerca dei segreti dell'esistenza, la cui opera è percorsa da un anelito irrefrenabile verso ciò che non si può percepire con i sensi ma solo intuire, sognare, desiderare e, a volte, temere. Così i romanzi di Henry James sono permeati da una caduta mitica, dalla perdita dell'innocenza in un mondo ostile e degradato che richiede il sacrificio dei personaggi; Virginia Woolf, invece, non drammatizza tensioni etiche bensì l'ambiguità della vita e dell'individuo, sospeso tra i ruoli sociali e una brama irrealizzata di trascendere il tempo; la poesia di D.H. Lawrence è insieme esperienza religiosa, comunione con il lettore e diario privato di un uomo per cui la vita precede l'arte; le pagine di Harriette Arnow e di Flannery O'Connor aprono squarci devastanti su un mondo crudele e insensato in cui lo spirito deve soccombere alla materia e l'unica salvezza per l'uomo è una fede quasi fisica in un dio inconoscibile; mentre Franz Kafka racconta un'umanità in bilico tra beatitudine e peccato, tra paradiso e inferno, piagata dalla lacerazione della propria stessa mente. In Nuovo cielo, nuova terra Joyce Carol Oates attraversa tutta la letteratura moderna e contemporanea e, con la precisione di un bisturi e la pazienza del rabdomante, va alla ricerca dei filoni nascosti che rappresentano il suo nucleo più prezioso: il tormento e l'estasi di scrittori memorabili.
22,00 20,90

Ultimo parallelo

Filippo Tuena

Libro: Copertina rigida

editore: Il Saggiatore

anno edizione: 2021

pagine: 432

Questa è la storia degli uomini che giunsero al termine del mondo conosciuto: è la storia della conquista mancata del polo sud. Chi fosse stato accanto a loro li avrebbe visti stanchi e stremati, entusiasti e dolenti, in preda alle follie, abbacinati. Sono eroi che partirono carichi di pellicce, racchette, sci di legno, cani, provviste, pony siberiani, slitte, grammofoni, macchina fotografica, pianoforte, libri, medicine. E la cecità imposta dal delirio bianco dei ghiacci non impedì loro di nutrire senza requie il sogno di raggiungere una meta che non era solo geografica. Dal gennaio 1911 al marzo 1912 il gelo polare mise alla prova la resistenza disumana di quegli uomini alla ricerca del limite del mondo infisso nell'acqua ghiacciata. Attraverso la voce e lo sguardo di un narratore spettrale e innominato, capace di attenzione e intima pietà, in "Ultimo parallelo" riprende vita la spedizione del capitano britannico Robert Falcon Scott, che, il 17 gennaio 1912, dopo un viaggio di 750 miglia attraverso le distese dell'Antartide, raggiunge il polo sud insieme a quattro compagni. Durante il viaggio Scott e i suoi scuoiano e sezionano i pony per farne provviste, trainano da soli le slitte, sfigurati dal gelo e martoriati dalle tempeste di neve. Ma al loro arrivo trovano una bandiera nera attaccata a una stanga di slitta, in quella terra che assomiglia alla fine ultima del mondo. Scott aveva perso, gli inglesi avevano perso, il polo era dei norvegesi, di Amundsen.
21,00 19,95

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