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Melville Edizioni: Gli impossibili

La vita comune. Poesie e commenti

La vita comune. Poesie e commenti

Arnaldo Colasanti, Claudio Damiani

Libro: Libro in brossura

editore: Melville Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 208

"La vita comune" nasce da una promessa mantenuta. Dai tempi di «Sant'Agata de' Goti», la galleria inventata a Roma nel 1977 con altri amici artisti e scrittori, alla rivista «Braci», fondata nel 1980 insieme a Beppe Salvia, Giuseppe Salvatori, Gino Scartaghiande. Claudio Damiani - tra i maggiori poeti italiani oggi - ha selezionato venticinque sue poesie, Arnaldo Colasanti - tra i maggiori critici letterari del nostro tempo - le ha commentate. Ma La vita comune non è solamente un libro che fa rivivere i culti ardenti degli anni della formazione e della giovinezza. Nel libro è invece contenuto un unico paradigma: la poesia è utile alla vita; è un'esperienza per tutti spendibile e mai astratta. O forse una semplice verità; quella in cui Damiani e Colasanti hanno sempre creduto, con consapevolezza o con intuizione, con l'istinto di una fedeltà da cui non si sono mai separati. Ecco: la letteratura non esiste. I suoi riti e le sue catalogazioni sono pettegolezzi, cordami accademici, superficialità; fittizi e mediocri approvvigionamenti per cercare di trattenere il flusso inenarrabile dell'esistenza. Conta invece solo la vita, il suo significato, la sua bellezza. Il senso di una vita in comune.
16,90

Pseudo-Paolo. Lettera di san Paolo apostolo a san Pietro

Pseudo-Paolo. Lettera di san Paolo apostolo a san Pietro

Davide Brullo

Libro: Copertina morbida

editore: Melville Edizioni

anno edizione: 2018

pagine: 157

"Davide Brullo ha costruito un libro di teologia, un libro spirituale, inventando una falsa lettera di san Paolo indirizzata a san Pietro, immediatamente lasciando intendere uno scontro a fuoco tra fede e l'istituzione che la sovrintende. Il libro è strutturato come fosse un'edizione critica della «Lettera» e che perciò comprende un'introduzione (la quale spiega anche le ragioni autobiografiche che hanno condotto l'autore dello studio a occuparsi dell'apocrifo), la «Lettera» stessa (arricchita con note che ne esplicitano il significato), un commento e infine un'appendice, che testimonia le influenze che la «Lettera» ha avuto, in maniera più o meno nascosta, nella letteratura - ma anche qui, se i nomi sono veri, i testi sono altrettanto apocrifi, nel senso che è la stessa penna di Brullo a mimetizzarsi dietro quei celebri scrittori. Se non possiamo fare a meno di pensare, per restare in Italia, al Manganelli della Letteratura come menzogna, non dobbiamo dimenticare che il vero modello del libro è in realtà il "Quinto evangelio" di Mario Pomilio, il romanzo che nel secondo Novecento ha espresso, fuori da ogni ideologia, una ricerca della verità che si ripete nella vita di ogni uomo dopo la parola data: la voce di Cristo così come l'abbiamo imparata dalla lettura dei quattro vangeli. Il "quinto" vangelo è insomma quello che ogni uomo scrive cercando la verità. Brullo, su questa scia, vuole restituire un pensiero sul senso del cristianesimo. Attraverso la lettura della «Lettera» che lui stesso ha inventato, rivendica un rapporto con Dio che sia diretto e problematico, in continua tensione. Fa scrivere allo pseudo-Paolo che la Chiesa è un'istituzione destinata a finire, che è di fatto solo una consolazione per i fedeli. Lo pseudo-apostolo radicalmente afferma che non aver conosciuto Cristo direttamente è il messaggio stesso che Dio, scendendo sulla terra e morendo sulla croce, ha voluto trasmettere: ovvero che occorre dimenticarsi dello stesso Cristo per poterlo rivivere nel proprio sangue, nel proprio corpo, nella propria esistenza. Rifiutarsi insomma di invocarlo o di credere che i vangeli siano un prontuario morale da seguire: perché ciò che è necessario è viverlo, vivere la parola di Dio in noi stessi. Brullo, che dimostra di avere una profonda conoscenza dei testi sacri e della patristica, riuscendo a connettere queste sue conoscenze anche a quelle letterarie, ha scritto un libro di grande forza di significati, e lo ha fatto con quella consapevolezza e quell'originalità che appartiene solo agli scrittori di innato talento." (Andrea Caterini)
16,50

Tutti i racconti

Tutti i racconti

Andrea Carraro

Libro: Copertina morbida

editore: Melville Edizioni

anno edizione: 2016

pagine: 253

"La prima cosa che incontra il lettore che si imbatte nei racconti di Carrara è una scrittura attenta ai dettagli fino a generare effetti di disturbo paranoide, dove a volte una strategia che, per l'accumulo di dati, potremmo definire di compressione, si apre ad un esito che lungo la direttiva euforica della verticalità dispiega un contrasto fra ciò che è in basso - e in basso di solito c'è una forma greve di delirio, stati alterati di coscienza per droga, alcol o per la rabbia che in Carrara è dappertutto - e un firmamento che attira magneticamente lo sguardo, ponendosi come luogo utopico di dispersione e cupio dissolvi. Chi conosce Carrara per II branco, il romanzo che gli ha dato notorietà, privilegerà il descrittore dei sobborghi e delle periferie, dell'hinterland della metropoli e della gente che vi vive. Si tratta di una geografia sociale universale, perché ovunque vi sono periferie depresse. I personaggi sono tutti dei balordi: ecco il "tipo" umano che da sempre Carrara descrive e che forse è la versione estrema e radicale dell'italiano "normale". Non basta dire che il balordo è chi, nel giro di minuti, ore o al massimo di qualche giorno viene assalito dalle furie e si trasforma in una specie di invasato. Al centro della questione c'è il rapporto fra pensiero e violenza, fra raziocinio e protervia. Balordo è chi esegue l'ordine aberrante che gli ha dato il cervello senza curarsi delle conseguenze, né della dismisura che tale atto comporta. È una mente che agisce comunque, indifferente all'incoerenza o inutilizzabilità dell'ideologia che la domina. I personaggi di Carrara hanno statura e sono, a loro modo, uomini superiori perché vogliono fare grandi cose e poi le fanno, con la particolarità che le loro azioni rispondono alle esigenze aberranti di sottoculture depresse, comprese quelle goliardiche, pseudo-mondane, ipo-letterarie e così via. È per questo che la maggior parte dei racconti stampati in questo volume innesca una catastrofe che sfocia in un teatro della crudeltà e in una gogna." (dalla postfazione di Fabrizio Ottaviani)
17,50

Gli imperatori. Sei volti del potere

Gli imperatori. Sei volti del potere

Giada Ceri

Libro: Copertina morbida

editore: Melville Edizioni

anno edizione: 2016

pagine: 206

"Ogni personaggio, dei sei raccontati in questo libro potente e profondo di Giada Ceri, è un uomo di potere. Ogni Personaggio una carta che simbolicamente lo rappresenta: la Torre, una manager; la Giustizia, il direttore di un carcere; il Papa, il dimissionario Ratzinger; l'Imperatrice, il premier tedesco Angela Merkel; l'Appeso, uno scrittore di successo; la Luna, un'attrice giunta al suo "ultimo atto". Giada Ceri narra, con grandi mezzi espressivi, una materia calda e pericolosa. 'Gli imperatori' è un libro sul potere ma che di questo sa mostrare anche l'altra faccia. Privato e pubblico dialogano nei racconti nel continuo tentativo di farli coincidere -lì dove toccandosi viene ad aprirsi una faglia che mostra un'umanità fragile e nuda. È proprio questo il mistero che ogni racconto cerca di trattenere: l'attimo in cui, pure nell'apparente onnipotenza dell'imperatore che nessuno può oltraggiare o destituire dal trono che ha conquistato, sorge un uomo che comprende inesorabilmente di poter perdere tutto, e che quel tutto a cui ha affidato la propria vita, a ben vedere non era niente. Giada Ceri ha scritto un libro coraggioso, mai banale. Ha saputo osservare il presente e gli uomini che lo abitano con attenzione clinica e una pietà che non viene mai meno. Qualità che appartengono solo ai veri scrittori." (Andrea Caterini)
16,50

Dove batte l'onda

Dove batte l'onda

Giuseppe Munforte

Libro: Copertina morbida

editore: Melville Edizioni

anno edizione: 2015

pagine: 202

"In una Milano che assomiglia a certi vicoli ciechi di Parigi, i quartieri bohémien gonfi di fumo, alcol, luci fioche e vite perdute, se non fosse che i fumi sono quelli delle fabbriche e delle insegne di qualche negozio sempre aperto di cinesi, Sergio siede al tavolino di un bar, Miss Piggy, isolato in un deserto senza passato. Ha cambiato vita e quella precedente l'ha obliata, ma non del tutto. Ricorda e non ricorda. Qualcosa, un amico, Marcello, o quel suo fratello-discepolo, forse un doppio, impazzito dalla droga, Thomas, lo riportano di tanto in tanto a ciò che ha abbandonato, ma senza l'accelerazione prorompente di una madeleine. Finché una donna, Fulvia, sfuggente e meravigliosa, ambigua e determinata, torna a cercarlo dal passato di una vita che credeva sepolta. Chi è Fulvia se non una calamità che spinge Sergio di nuovo in quella soglia dove vita e morte si sono per un momento fissate, svelando la verità dell'esistenza? Tra loro comincia una storia d'amore, di tormenti e passione; una storia che forse era già cominciata quando Fulvia non era Fulvia, e Sergio era ancora un altro. Una storia che apparteneva alla vita di altri che non sono più loro. Eppure, alla fine di tutto, quella vita che non era la loro pur appartenendogli, li riconnette non già al loro passato, ma a un futuro anteriore, come dire nello spazio di mistero in cui, di nuovo, vita e morte sono un solo barbaglio - lì dove l'essere si afferma proprio nella certezza di non essere già più..." (Andrea Caterini )
15,50

La bellezza che resta

La bellezza che resta

Fabrizio Coscia

Libro: Copertina morbida

editore: Melville Edizioni

anno edizione: 2017

pagine: 153

"'La bellezza che resta' è una riflessione sull'opera d'arte alla fine di una vita. Cosa esattamente rappresenta per un autore la sua ultima opera? Tolstoj scrive fino al termine dei suoi giorni un romanzo, Chadzi-Murat, ridando voce al suo talento artistico e creativo, nonostante ormai da anni rinnegasse il proprio genio a favore di una moralistica idea di bene. Un romanzo che il russo mai si decise a pubblicare e che uscì soltanto postumo. Tolstoj però, è solamente il primo di una serie di ritratti che definiscono il percorso e la visione che Fabrizio Coscia segue come rincorrendo un significato, una ragione, una luce difficilmente afferrabile ed esprimibile. Scopriamo l'ultimo quadro di Renoir, Le bagnanti, dipinto quando il maestro ha le mani rattrappite dall'artrite e che realizza come fosse l'estremo gesto di vitalità e adesione alla bellezza. È il libro testamentario del padre della psicanalisi, Sigmund Freud, che elabora, nel 1938, L'uomo Mose, che ha «la libertà, la sfrontatezza, la temerarietà di un'opera estrema», tornando a dare voce alla teoria del parricidio, ma affrontata qui in chiave religiosa, proprio quando il suo «vecchio caro cancro», come scrive egli stesso della propria malattia in una lettera, gli ha già assalito il corpo. Ma si potrebbero citare altri profili presenti nel libro: Leopardi nei suoi ultimi giorni napoletani; l'ultima lettera di Simone Weil ai genitori, nella quale li invita a vedere nelle cose belle del mondo anche il suo volto; la poesia Ode a un usignolo, in cui Keats «agogna la morte»; ancora l'ultima composizione di Richard Strauss, i Lieder; in ultimo, il definitivo quadro di Frida Kahlo, Viva la vida, forse il suo più originale autoritratto - una composizione vivacissima di angurie. Sono ritratti di artisti che, osservando la morte, non rinnegano ciò in cui fino a quel momento hanno creduto, restando fedeli a loro stessi, a ciò che è di loro stessi la parte più vera: la loro opera. Eppure, l'aspetto maggiormente significativo del libro è quello autobiografico. L'autore racconta gli ultimi giorni di suo padre, e sono pagine commoventi che restituiscono un senso non soltanto all'intero libro - evidenziandone la necessità che lo sottende -, ma a un'esistenza intera. Fabrizio Coscia, consapevole di quanto l'arte sia profondamente radicata nella nostra vita, ha scritto un libro che, proprio per la sua (mai esibita) intimità, riguarda noi tutti." (Andrea Caterini)
17,00

L'argine

L'argine

Deborah Gambetta

Libro: Libro in brossura

editore: Melville Edizioni

anno edizione: 2016

pagine: 285

"Che Sandro sia l'assassino di suo figlio, della sua ex moglie e dei suoi genitori lo sappiamo fin da subito, leggendo la prima pagina del libro. Ma se si trattasse di questo, resteremmo nel puro fatto di cronaca, lo strillo da prima pagina di un qualsiasi quotidiano. Deborah Gambetta racconta invece il cono d'ombra dentro cui un uomo è precipitato, l'imbuto del tempo che lo risucchia e deglutisce. Sandro è sì l'uomo che impugna un fucile da caccia e con freddezza uccide. Ma si ha la percezione che abbia fatto esplodere fuori ciò che gli era già imploso dentro. Dopo più di un decennio passato a lavorare da muratore nell'azienda del suocero, persa la fiducia della moglie e la stima del figlio, Sandro finisce a lavorare di notte in fabbrica, con i ritmi scanditi dall'azione delle macchine. Quell'inflessibile clessidra gli entra dentro, e scava in Sandro un ordine fisiologico. Ma è un ordine che la mente, prima ancora del corpo, non può trattenere a lungo. Sandro si interroga, anche se le sue domande non hanno un oggetto preciso di indagine né un interlocutore che le possa accogliere, e a ogni domanda si approssima sempre di più a quel punto in cui il tempo mostra una crepa, una falla, l'abisso in cui forse è già caduto. Non basterà l'incontro con un vecchio e il suo cane, che ogni sera Sandro vede passare quando si affaccia alla finestra, mentre col fucile punta le case di fronte, gli oggetti, le persone, come cercando quel bersaglio che è pure la radice della propria ferita..." (Andrea Caterini)
16,50

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