Mondadori: Le scie. Nuova serie
Il secolo mobile. Storia dell'immigrazione illegale in Europa
Gabriele Del Grande
Libro: Libro rilegato
editore: Mondadori
anno edizione: 2023
pagine: 636
Cent'anni fa non esistevano passaporti, si viaggiava senza permessi né lasciapassare. Oggi, al contrario, il regime dei visti di Schengen vieta di entrare in Europa alla maggior parte dell'umanità: ovvero ai ceti poveri e prevalentemente non bianchi dei paesi a medio e basso reddito di Africa, Asia e Caraibi. Ai loro emigranti, respinti dai consolati, non resta che imbarcarsi di contrabbando dai porti franchi del Nord Africa e della Turchia. È così che negli ultimi trent'anni hanno attraversato il Mediterraneo tre milioni e mezzo di viaggiatori senza visto, mentre i corpi di altri cinquantamila giacciono tuttora sul fondo del mare mangiati dai pesci. Come siamo arrivati fin qui? E soprattutto, come ne usciremo? Con il rigore dello storico e il piglio del narratore, Gabriele Del Grande scrive la prima storia dell'immigrazione illegale in Europa. Una storia che spazia dallo sbarco delle truppe africane a Marsiglia nel 1914 fino alla crisi delle ONG a Lampedusa, passando per la stagione della libera circolazione con le ex colonie, il divieto di espatrio dal blocco comunista, i riots razzisti nelle capitali europee, la messa al bando dell'immigrazione non bianca, il crollo del muro di Berlino, il doppio cortocircuito dell'asilo e dei ricongiungimenti familiari e la stretta sui visti che dal 1991 alimenta il mercato nero dei viaggi. Nella sua ricostruzione Del Grande non perde di vista il contesto globale della decolonizzazione, della segregazione razziale oltreoceano, della guerra fredda, dell'ascesa dei movimenti islamisti, del ritorno della Cina e dell'India sulla scena mondiale e del boom demografico – e in prospettiva economico – dell'Africa. Il risultato è una narrazione avvincente, che intreccia le vicende dell'immigrazione con quelle dell'emigrazione e, al contempo, contrappone ai fantasmi del passato suprematista euro-atlantico uno sguardo cautamente ottimista sul futuro. Porre fine agli sbarchi e ai naufragi, infatti, è possibile. Prima però è necessario rimuovere l'ultima invisibile linea del colore. Quella dell'apartheid alla frontiera.
Schiavi di Hitler. I militari italiani nei lager nazisti
Mimmo Franzinelli
Libro: Libro rilegato
editore: Mondadori
anno edizione: 2023
pagine: 432
All'annuncio dell'armistizio, divulgato radiofonicamente dal maresciallo Badoglio l'8 settembre 1943, segue rapidamente – in patria e all'estero – lo sfacelo del Regio Esercito. Da Milano a Roma, dalla Francia alla Jugoslavia sino all'isola di Cefalonia, i reparti italiani, lasciati senza direttive, sono esposti all'offensiva dell'ex alleato tedesco e oltre 750.000 tra soldati e ufficiali vengono catturati e deportati nei Lager del Reich. Di questi, solo una minoranza accetta di aderire alla Repubblica sociale italiana in cambio della libertà. Le esigenze dell'economia bellica nazista trasformano quella massa di uomini in forza lavoro coatta: «schiavi di Hitler» fino alla fine della guerra. Basandosi su diari, lettere e fonti d'archivio, Mimmo Franzinelli ripercorre la storia dolente della Resistenza senz'armi di quegli uomini sottoposti a condizioni terribili e per i quali verrà istituita la categoria di Internati Militari Italiani (IMI) per privarli delle garanzie internazionali previste per i prigionieri di guerra. Alle pagine di analisi storica, in cui vengono ricostruite le modalità di cattura di migliaia di giovani soldati, la loro odissea verso i campi di concentramento, le dinamiche collaborazioniste e la strategia «persuasiva» della RSI, subalterna alle esigenze dei nazisti, fa da contraltare la narrazione della vita quotidiana nei Lager in uno stato di privazione assoluta. A raccontare il proprio calvario sono i protagonisti stessi: uomini finora trascurati dalla storia, ma anche figure note, da Giovannino Guareschi a Mario Rigoni Stern. Corredato di una ricca bibliografia, con il censimento delle memorie di tanti internati, "Schiavi di Hitler" approfondisce anche la terribile realtà delle «stragi sconosciute», perpetrate in diverse località da militari tedeschi nella ritirata finale e ignorate nel secondo dopoguerra dalla magistratura militare italiana, in una negazione della giustizia di cui vengono esaminate ragioni e conseguenze. Ma l'opera di Franzinelli rappresenta soprattutto il doveroso omaggio ai tanti reduci dai Lager che, divenuti stranieri in patria ed esclusi per decenni dalla memoria collettiva, hanno ricevuto solo di recente un tardivo – e, per molti, postumo – riconoscimento del valore di quella loro Resistenza.
Le guerre dell'oppio. Il primo scontro tra Occidente e Cina 1839-1842, 1856-1860
Sergio Valzania
Libro: Libro rilegato
editore: Mondadori
anno edizione: 2023
pagine: 588
L'incontro avvenuto nell'Ottocento tra la società europea, guidata allora dalla Gran Bretagna, e l'impero cinese Qing chiuso in se stesso non ebbe il carattere dell'idillio e della felice scoperta reciproca. Per secoli il Celeste Impero, come si autodefiniva la Cina, ha gestito intense e redditizie esportazioni di rabarbaro, tè, seta e porcellane, limitando le importazioni a esigue quantità di cotone e lana. Per gli scambi con l'Occidente era aperto un solo porto, quello di Canton, e tutte le trattative dovevano passare attraverso pochi mercanti cinesi autorizzati. Agli stranieri era proibito entrare in città, aggirarsi per la campagna, studiare il cinese così come insegnarlo, e terminata la stagione delle contrattazioni dovevano ritirarsi. Le navi partivano dai porti inglesi con le stive vuote, cariche solo dell'argento necessario a effettuare gli acquisti. La situazione cambiò quando la Compagnia delle Indie iniziò a importare in Cina oppio in grandi quantità. Si trattava di una merce conosciuta da lungo tempo, utilizzata in Europa e in India tanto come medicinale quanto per le sue doti euforizzanti, e ben accetta al mercato cinese. Il tentativo del governo imperiale di Pechino di proibirne il commercio sul proprio territorio portò a due guerre, combattute a distanza di pochi anni contro il Celeste impero (1839-42, 1856-60), la prima dai soli inglesi, la seconda da inglesi e francesi. In entrambe le occasioni, la Cina venne pesantemente sconfitta e fu costretta ad accettare gravosi trattati di pace che prevedevano cessioni territoriali e la completa apertura del mercato cinese alla penetrazione commerciale e ideologica occidentale. L'eco della lunga stagione di conflittualità interna, guerre e rivolte che ne seguì risuona ancora nella storia presente della potenza asiatica. In un'appassionante e documentata narrazione, che va dai primi tentativi europei di creare rapporti diplomatici «paritari» con l'imperatore Qing al termine dei «trattati ineguali» imposti dalle potenze occidentali al governo cinese, Sergio Valzania indaga una pagina di storia poco nota ma fondamentale per comprendere gli equilibri attuali, sia sul piano culturale che economico.
Il purgatorio dei vinti. La storia dei prigionieri fascisti nel campo di Coltano
Gianni Oliva
Libro: Libro in brossura
editore: Mondadori
anno edizione: 2023
pagine: 216
Da Raimondo Vianello a Enrico Maria Salerno, da Walter Chiari a Enrico Ameri, dal giornalista Mauro De Mauro all’anziano scrittore americano Ezra Pound, dal futuro ministro Mirko Tremaglia all’olimpionico della marcia Pino Dordoni: ci sono tanti nomi diventati illustri tra gli oltre trentamila militi e sostenitori della Repubblica sociale italiana ammucchiati, a fine guerra, nel campo di prigionia allestito dagli Alleati a Coltano, alle porte di Pisa. Sono i vinti della guerra civile, per la maggior parte «ragazzi di Salò», che dopo l’8 settembre hanno scelto la continuità con i valori del Ventennio e in nome di un malinteso senso della Patria e dell’Onore sono andati a cercare la dannunziana «bella morte», schierandosi dalla parte sbagliata della storia. Alcuni dei loro camerati hanno avuto un destino drammatico, travolti nella convulsione della resa dei conti; altri, come Dario Fo, sono riusciti a eclissarsi prima del tracollo; altri ancora sono rinchiusi in campi minori, a Padula, Scandicci, Rimini. Alcuni di loro ricorderanno l’esperienza senza reticenze e senza orgoglio, riferendosi a una stagione della vita rispetto alla quale serve più comprensione che anatema («non rinnego né Salò né Sanremo» confesserà Raimondo Vianello); molti cercheranno di rimuovere e cancellare; altri ancora ammetteranno con imbarazzo rinviando alla confusione del periodo. Con un attento lavoro sulle testimonianze autobiografiche e la documentazione scientifica, l’autore ripercorre la vicenda dei prigionieri di Coltano, le difficoltà delle condizioni di vita, l’indeterminatezza del loro status giuridico, le ambiguità di una stagione sospesa tra volontà punitiva e bisogno di normalizzazione, i successivi percorsi della memoria. Ne risulta un quadro suggestivo, nel quale Coltano non si presenta come il campo di prigionia di ex combattenti nostalgici, ma come lo specchio dello smarrimento ideologico e morale lasciato nelle coscienze dal 1943-45.
Federico II. La guerra, le città e l'impero
Paolo Grillo
Libro: Libro rilegato
editore: Mondadori
anno edizione: 2023
pagine: 348
Federico II di Svevia, re di Sicilia e imperatore del Sacro Romano Impero, è sicuramente una delle figure più importanti e note del Medioevo. Su di lui sono fiorite leggende e miti e a lui sono state dedicate corpose biografie che ne hanno privilegiato ora un aspetto ora un altro, finendo per darne un ritratto spesso parziale o contraddittorio: uomo «moderno» e «meraviglia del mondo» (stupor mundi) per alcuni, principe medievale nel solco dei suoi predecessori, per gli altri. Sotto certi aspetti si presentò come uomo spregiudicato, culturalmente versatile e aperto alla scienza e all'arte, ma sotto altri aveva una concezione del mondo e del potere molto tradizionale, legata all'idea universalistica e sacrale dell'Impero. Sarà proprio quest'ultimo aspetto a spingere lo Svevo a intraprendere un'interminabile guerra per ristabilire il suo primato sui Comuni ribelli dell'Italia settentrionale, guidati da Milano, supportati dal papa e fermamente decisi a difendere quell'autonomia strappata nel 1183, con la pace di Costanza, a Federico Barbarossa. Una guerra feroce, durata ben quindici anni, dal 1236 al 1250, che ha visto vittorie più o meno effimere, voltafaccia improvvisi e brucianti sconfitte, ha assorbito quasi tutte le energie dell'imperatore, drenato gran parte delle ricchezze del Regno di Sicilia e dissanguato lo stesso nemico. Una guerra che, tuttavia, non è mai stata adeguatamente ricostruita. Con questo volume, Paolo Grillo si propone di dedicarle l'attenzione dovuta, e lo fa con una narrazione «in presa diretta», che consente al lettore, come davanti a un vivace e colorato affresco, di rivivere, passo dopo passo, le incertezze, gli eroismi, gli orrori e le miserie di uno dei più importanti, poco conosciuti e spesso spietati conflitti medievali. Perché, se la grandezza di Federico è innegabile, riflette Grillo, il suo progetto universalistico, tanto ostinatamente e vanamente perseguito, ha comportato un «prezzo di sangue, di distruzione e di odio altissimo per l'Italia intera».
Umberto Boccioni. Vita di un sovversivo
Rachele Ferrario
Libro: Libro rilegato
editore: Mondadori
anno edizione: 2022
pagine: 420
«Per raccontare Umberto Boccioni spesso ho usato le sue stesse parole o quelle di chi l'ha conosciuto, in modo da restituire il senso più profondo dell'uomo e dell'artista.» Rachele Ferrario, storica e critica d'arte, ricostruisce in queste pagine preziose la storia burrascosa, e per molti aspetti poco nota, del grande artista capofila del futurismo. Dall'infanzia tra Morciano di Romagna e Padova, all'apprendistato romano con Balla, l'amicizia con Sironi e Severini, il legame con Marinetti, l'amore con Margherita Sarfatti, i viaggi nella Russia degli zar e nella Parigi di Picasso, l'arresto, le risse nella Milano incandescente d'inizio secolo. Boccioni è un outsider. Figlio di un usciere e di una sarta, non ha una formazione accademica, ma un talento innato per il disegno. La madre, Cecilia, da cui eredita la forza e la fragilità di nervi, è la sua prima ispiratrice, il suo soggetto preferito, «la chiave per esprimere il suo punto di vista sul mondo». Un mondo in trasformazione, del quale Boccioni si dimostra un sorprendente interprete, «capace di tradurre in immagini la "selvaggeria futurista", il movimento, la luce elettrica, i treni in corsa, gli stati d'animo di chi parte e di chi resta, l'energia dei primi anni del secolo». Ne sono la prova La città che sale, oggi al MoMA di New York, che arriva a esercitare «una forza magnetica, che imbriglia chi osserva in un'esibizione di potenza lirica», Idolo moderno, Forme uniche della continuità nello spazio e gli altri capolavori di cui Ferrario racconta la genesi. Nella sua vita come nella sua opera, Boccioni è un sovversivo. Un uomo di avanguardia, contro le convenzioni e gli schemi del passato. È convinto che l'arte non possa essere separata dalla politica, dalla vita. Partecipe della temperie da cui nascerà il fascismo, è un futurista, ha il mito dell'avventura, coltiva un'idea epica della modernità. Crede nella guerra, e proprio nelle retrovie della Prima guerra mondiale troverà la morte. È l'agosto del 1916, più di sei anni prima della marcia su Roma. Eppure, sulla sua straordinaria figura, graverà a lungo l'ombra del fascismo. Oggi i suoi quadri sono esposti nei più importanti musei del mondo e «i suoi colori, le sue immagini, le sue visioni» vibrano ancora di eccezionale contemporaneità.
Enigma Evita. Storia della donna che ammaliò il mondo
Elisabetta Rosaspina
Libro: Libro rilegato
editore: Mondadori
anno edizione: 2022
pagine: 264
Giovedì 2 settembre 1971. Un carro funebre, partito dal cimitero Maggiore di Milano, sfreccia lungo la Riviera italiana e francese in direzione del confine spagnolo. L'autista non sa ancora chi sta portando a Madrid. I documenti identificano la defunta come Maria Maggi vedova De Magistris, ma l'eccentrico personaggio che accompagna il feretro, e si presenta come il fratello, sa che quelle carte mentono. Nella bara c'è il corpo mummificato di Evita, che per quattordici anni è stata sepolta sotto falso nome. Sta tornando dal marito, Juan Domingo Perón, l'ex presidente dell'Argentina, esule nella Spagna di Francisco Franco dopo essere stato deposto nel 1955 dalla Revolución Libertadora. Inizia così, con i ricordi tuttora vividi dello chauffeur italiano che inconsapevolmente contribuì a trafugare la mummia più ricercata al mondo, la biografia della donna che in patria continua a essere venerata come una santa. Oppure odiata come un'arrampicatrice senza scrupoli. Quel viaggio, in fondo, è anche la metafora della vita di Eva Duarte: un'esistenza vissuta a tutta velocità, bruciata dall'ansia di arrivare. Viva o morta, il suo traguardo è sempre stato Perón. Le intense pagine di Elisabetta Rosaspina la seguono da quando, sedicenne, partì dall'anonimato e dalla povertà della pampa verso il suo riscatto, nella Buenos Aires degli anni Trenta e Quaranta. Cercava fortuna come attrice, l'avrebbe trovata come politica e filantropa, fino a diventare la donna più potente dell'America Latina, capace di riscuotere l'ammirazione dell'Europa intera, allorché, nell'immediato dopoguerra, girò la Spagna, l'Italia, il Vaticano, la Francia, il Portogallo e la Svizzera in settantanove giorni di lussi e di misteri. Ha «regnato» sull'Argentina appena sette anni, consacrandosi all'amore per i suoi descamisados e all'odio per l'oligarchia, eppure sarà sempre circondata da intrighi e sospetti, idolatria e maldicenza. Persino sulle sue spoglie, «eternizzate» da un medico spagnolo, si scateneranno battaglie, e sulla sua memoria continueranno a scontrarsi sostenitori e detrattori. L'enigma di Evita, agli occhi del mondo, non è mai stato svelato.
Gli uomini della Marcia su Roma. Mussolini e i quadrumviri
Mauro Canali, Clemente Volpini
Libro: Libro rilegato
editore: Mondadori
anno edizione: 2022
pagine: 240
Al centro di quasi tutte le fotografie che hanno immortalato la marcia su Roma campeggia Benito Mussolini circondato da quattro personaggi in camicia nera. Sono i quadrumviri, gli uomini da lui scelti per organizzare e attuare il colpo di Stato, ossia Michele Bianchi, Cesare Maria De Vecchi, Italo Balbo ed Emilio De Bono. Nonostante il ruolo centrale che hanno avuto accanto al Duce, le origini, le personalità, i percorsi politici e gli obiettivi di questi quattro uomini erano talmente diversi da far persino dubitare della riuscita del progetto fascista. L'esito dell'impresa, tuttavia, conferma che avevano buone ragioni per stare dalla stessa parte e collaborare. Che cosa ha potuto unire dunque un ex sindacalista rivoluzionario e antimilitarista come Michele Bianchi all'opportunista ma valoroso generale Emilio De Bono, convinto assertore della guerra? Che cosa ha legato un anticlericale massone di idee repubblicane come Italo Balbo, ras dello squadrismo, a un fervente cattolico nonché fedele monarchico come Cesare Maria De Vecchi? Quale il sentiero che li ha portati a convergere nel fascismo? E che cosa è successo «dopo»? Sono queste le domande che Mauro Canali e Clemente Volpini si sono posti, convinti che, districando i fili delle vite dei quadrumviri, si possano «comprendere meglio alcune questioni importanti e non del tutto risolte della storia del primo fascismo, tra cui l'eclettismo della sua ideologia originaria». Già Renzo De Felice aveva avvertito a suo tempo che «esaurire il fascismo in Mussolini sarebbe una schematizzazione che falserebbe tutte le prospettive». La ricostruzione di Canali e Volpini, basata su nuovi documenti di cui è stata consentita solo in questi ultimi anni la consultazione, fornisce una lettura inedita dell'evento eversivo che ha cambiato la storia d'Italia. Una lettura in grado di gettare nuovi sprazzi di luce sulla genesi e il successo stesso del fascismo, cent'anni dopo la sua presa del potere.
L'insurrezione fascista. Storia e mito della marcia su Roma
Mimmo Franzinelli
Libro: Libro rilegato
editore: Mondadori
anno edizione: 2022
pagine: 360
A un secolo dalla marcia su Roma, c'è ancora chi la ritiene una folkloristica passeggiata di migliaia di estremisti in fez e camicia nera, ai quali un re inetto e governanti paurosi affidarono il Paese. Viceversa, essa fu la risultante del progetto eversivo avviato nell'autunno 1920 con la mobilitazione della periferia fascista per la distruzione degli avversari e l'occupazione delle città. Un esperimento di conquista violenta dello Stato che mutò la storia europea. Con narrazione avvincente e molteplici fonti (documenti ministeriali, telegrammi di prefetti e questori, carteggi e materiale del Partito fascista, diari dei protagonisti), facendo tesoro delle più recenti acquisizioni storiografiche, Franzinelli inquadra la marcia su Roma nella crisi del dopoguerra e ricostruisce il variegato panorama insurrezionale (26-28 ottobre 1922) regione per regione, provincia per provincia, ora per ora. Ne scaturisce il drammatico scenario della resa dello Stato liberale, la disperazione delle sinistre, divise su tutto e inermi di fronte all'offensiva fascista, il sostegno di industriali, agrari e circoli massonici, la connivenza di esercito e forze dell'ordine. Ampio spazio è dedicato alle valutazioni internazionali dell'insurrezione, dalla Germania (sia quelle degli statisti che dei nazionalsocialisti emulatori del duce) all'osservatorio romano dell'ambasciatore statunitense (irretito dalla doppiezza mussoliniana), sino alle analisi controcorrente degli esuli antifascisti (Lussu, Salvemini, Silone, Tasca). Innovativa, poi, è l'analisi della «marcia dopo la marcia», nella sua trasfigurazione da evento storico-politico a mito fondativo del regime attraverso i riti degli anniversari, la pedagogia scolastica del 28 ottobre, la Mostra della Rivoluzione Fascista (1932) e i rigurgiti squadristi della Repubblica sociale. Dal grande affresco tracciato da Franzinelli emerge un'immagine inedita della marcia su Roma, che fu al contempo la mossa strategica di Mussolini per impadronirsi dello Stato e il frutto del suo indiscutibile talento nell'arte di combinare politica e violenza.
Acqua. Una biografia
Giulio Boccaletti
Libro: Libro rilegato
editore: Mondadori
anno edizione: 2022
pagine: 480
Nel luglio del 2010 l'imponente diga delle Tre Gole, sul fiume Yangtze, resistette a un'eccezionale ondata di piena provocata dalle piogge torrenziali che per giorni avevano flagellato la provincia dello Hubei, nel sud-ovest della Cina. Per molti osservatori, la diga era la prova della vittoria dell'uomo sulla natura, l'emblema dell'emancipazione dai rischi e dalla variabilità del paesaggio idrico, il simbolo del progresso tecnico e ingegneristico. Per altri, invece, un'opera dall'elevato impatto ambientale. La diga sullo Yangtze racconta però anche un'altra, straordinaria storia. Quella del rapporto tra l'uomo e l'acqua, della loro mutua dipendenza e del reciproco adattamento. Una storia millenaria di idee, credenze e istituzioni nate per garantire la sicurezza e il benessere delle popolazioni a fronte della forza distruttiva e nel contempo vitale dell'agente più potente del sistema climatico della Terra. Una storia in primo luogo politica, perché l'acqua in quanto 'res publica', bene comune, sfida la proprietà privata e richiede una gestione collettiva, un contratto sociale in virtù del quale regolare il conflitto tra le aspirazioni dei singoli e le esigenze della comunità. Dalle antiche civiltà della Mezzaluna fertile alla Grecia classica, dalla Roma repubblicana all'impero britannico, dalla Guerra fredda all'età della globalizzazione, Giulio Boccaletti, uno dei massimi esperti di sostenibilità ambientale, ci guida alla scoperta di come la distribuzione di questa risorsa naturale abbia di fatto plasmato la civiltà umana, favorendo la nascita dello stato e delle sue istituzioni finanziarie, legali e commerciali, accompagnando lo sviluppo economico e caratterizzando la politica delle nazioni, e come, ancora oggi, nel cosiddetto Antropocene, definisca i termini del nostro rapporto con la natura e l'ecologia del pianeta. Un rapporto che si è fatto sempre più vincolante e che ci pone di fronte a domande ineludibili circa il destino di ognuno di noi.
Discese, speciali e giganti. Una storia dello sci alpino
Matteo Pacor, Stefano Vegliani
Libro: Libro rilegato
editore: Mondadori
anno edizione: 2022
pagine: 250
Cinquemila anni per iniziare a controllare le scivolate sulla neve con semplici assi di legno e un centinaio per passare dalle prime competizioni al super-G. Dopo aver imparato a scivolare, a saltare e a fare qualche curva, ecco che nascono gruppi di appassionati, sci club, associazioni e federazioni. A loro il compito di stabilire le regole, organizzare l'attività e preparare le prime competizioni. Medaglie d'oro, d'argento, di bronzo e di legno. Fatica, freddo e qualche gioia. È dura la vita dello sciatore agonista. Quanti ne abbiamo visti passare dalle retrovie all'improvvisa ribalta e altrettanti, con una capriola inversa, dai successi all'ombra. Sono storie complesse, dove spunta solo il volto e il nome dell'atleta, ma quello che c'è alla base del percorso è spesso nascosto. L'inverno parte a maggio con decine di chilometri di corsa, migliaia di pali rossi e blu da aggirare, scarponi e sci da mettere a punto cercando di trovare quelli che non solo vanno forte, ma gratificano come una coperta di Linus. Le parole degli allenatori. Ore di video studiati e analizzati per capire errori e modifiche da cercare di assimilare in fretta. Antipatie e amicizie sincere che si srotolano in ore e ore di viaggio e in mezze giornate di camere d'albergo condivise. Scherzi, ripicche, urla e pianti. Ansia e carica agonistica la notte prima della gara. Dubbi per molti e certezze per pochi. Gli skiman curano con cautela gli attrezzi proponendo strumenti che sperano vincenti. I fisioterapisti cercano di curare corpo e mente con poco tempo a disposizione e troppi atleti da trattare. Allenatori che discutono di tracciature, acqua, sale, neve e ghiaccio. Sveglie sempre troppo brusche. Colazioni di corsa in tuta e ciabatte. Le mutande della gara. La maglietta del primo podio. Le calze della prima vittoria. Le protezioni che diventano seconda pelle. Il collare di lana della nonna. Il cappellino di zia Margherita. Il pass al collo. Pensieri e sogni. Impressioni e parole. Il sole sorge tra le rocce e gli scarponi scricchiolano sulla neve. Le radio gracchiano. La ricognizione comincia per tutti. È solo l'inizio di una normale giornata di gara. Tra poco la vita di uno di questi atleti potrebbe cambiare per sempre. Un centesimo. Pochi centimetri. Una rossa e una blu. E attenzione alla lunga prima del bosco. Via!
Lo sguardo del capitano. Colombo, von Humboldt e Shackleton, tre grandi esploratori capaci di vedere oltre
Paolo Colombo
Libro: Copertina rigida
editore: Mondadori
anno edizione: 2022
pagine: 180
Il nostro mondo ha più fame di eroi di quanto sembri. E se - come qualcuno ha giustamente detto - è «beato il popolo che non ha bisogno di eroi», forse è fortunato anche il popolo che li sa scegliere, i propri eroi. Questo libro nasce per darci delle possibilità di scelta in più. Paolo Colombo torna indietro nel tempo alla ricerca di capitani coraggiosi che, attraverso le loro imprese, possano essere di ispirazione anche per il difficile periodo che stiamo vivendo. E raccoglie le storie di tre uomini capaci di visione, di leadership, di determinazione: storie in grado di emozionarci e farci riflettere. Con un avvincente stile narrativo, l'autore ci restituisce così un insolito Cristoforo Colombo (1451-1506), la cui fama sfolgorante finisce quasi sempre per oscurare la parte per certi versi più drammatica della sua esistenza, quella successiva al primo sbarco sul continente americano. Ci racconta poi la figura, immeritatamente poco conosciuta, di Alexander von Humboldt (1769-1859), naturalista, esploratore, geografo, botanico nonché consigliere del sovrano prussiano, che con due secoli di anticipo denuncia i pericoli e le conseguenze dell'irresponsabile sfruttamento umano della natura e dell'ambiente, intuendo persino le delicate e complesse questioni alla base del cambiamento climatico. La storia di Ernest Shackleton (1874-1922), infine, quanto a eroismo non ha nulla da invidiare all' Odissea: partito per una spedizione che si prefigge di attraversare a piedi l'Antartide, resta bloccato sui ghiacci insieme al suo equipaggio, ma, dopo aver superato innumerevoli ostacoli e traversie, riporta tutti a casa sani e salvi. Tre grandi capitani, dunque, che col loro esempio possono farci da guida nello sforzo con cui ciascuno di noi, alla fine di ogni giorno, «tra tempeste improvvise, bonacce sfibranti, infidi pericoli» conduce in porto la navicella della propria vita.

