Luni Editrice: Caffè letterario
L'emigrante. Tipi moderni
Ljubov'Fëdorovna Dostoevskaja
Libro: Libro in brossura
editore: Luni Editrice
anno edizione: 2025
pagine: 224
"L’emigrante. Tipi moderni" è un’opera singolare, sospesa tra memoria e letteratura, una riflessione profonda e attuale sulla condizione dell’emigrante, sul senso di appartenenza e sul disorientamento che si prova a vivere tra culture diverse. Figlia del celebre scrittore russo Fëdor, Ljubov' Fëdorovna si trova a vivere la vita lontana dalla Russia, cammina in paesi non “suoi” come una pellegrina laica nel Novecento che cambia volto e, mentre narra se stessa, ci consegna il ritratto smarrito di un’epoca, una meditazione sul destino e sulla decadenza dell’Europa, sullo sradicamento come condizione esistenziale. Osserva i “tempi moderni” con sguardo ferito ma lucido: qui l’esilio si fa stile, l’erranza diventa pensiero, quasi un destino, l’identità come ricerca continua, la difficoltà di appartenere a un tempo o a un luogo. Con una scrittura elegante e profonda, l’autrice descrive città, volti, sensazioni: Firenze, Parigi, Berlino diventano simboli di uno smarrimento interiore. Ma c’è anche un forte elemento critico: guarda ai “tempi moderni” con distacco, talvolta con disillusione e, interrogandosi sul senso dell’evoluzione storica, si confronta con i cambiamenti del tempo moderno – l’industrializzazione, l’emancipazione femminile, la secolarizzazione – mantenendo uno sguardo critico, talvolta conservatore, ma sempre acuto. L’emigrante è il canto sommesso di una figlia perduta tra lingue straniere e cieli che non sono più i suoi: Ljubov’ Dostoevskaja, orfana di una patria e di un nome che pesa come un’eredità troppo vasta, scrive questo libro come chi cerca se stesso nel silenzio del mondo. Ogni pagina è un gesto d’ascolto: della memoria, del dolore, della solitudine; è un’opera unica, attuale, scritta con eleganza e profondità, la cui versione inedita in italiano, tradotta dal russo e curata da Marina Mascher, riprende le sfumature, la freschezza e il ritmo stesso della lingua russa donandoci un libro che è letteratura dell’anima.
I sotterranei del Vaticano
André Gide
Libro: Libro in brossura
editore: Luni Editrice
anno edizione: 2025
pagine: 288
Una "voce clamorosa e incontrollabile: il Papa è prigioniero nei sotterranei del Vaticano, e un sosia regge le sorti della Chiesa. Un aristocratico francese parte per Roma deciso a salvare il pontefice e la cristianità, ma viene aggredito e gettato dal treno in corsa… Sembra (e in parte è) lo spunto di un romanzo poliziesco o di fantapolitica. Non a caso, negli anni che precedettero l'uscita del libro (1914), l'interesse dei letterati francesi si era polarizzato intorno alla crisi del romanzo intimista borghese e alla necessità (ancor oggi singolarmente attuale) di ritrovare e rinnovare gli strumenti del romanzo "d'avventura". Ma I sotterranei del Vaticano, senza dubbio il libro più godibile e avvincente che Gide abbia scritto, non si limita a dare un'efficace risposta a tale esigenza. Come osserva Carlo Bo, se Gide era partito con l'intenzione di "raccontare una storia", egli finì poi, in pratica, con l'affrontare i grandi temi della sua meditazione: il rapporto fra realtà e verità, fra apparenza e sostanza, fra bene e male. E il progettato romanzo d'avventura si mutò (pur non contravvenendo alle regole di un'aurea leggibilità) in romanzo filosofico, incentrato sull'inquietante problematica dell'atto gratuito, forma privilegiata e diabolica di quella protesta assoluta, di quell'astratta, insopprimibile ansia di liberazione da ogni condizionamento materiale e ideologico che attraversa come un filo rosso le tumultuose vicende del nostro secolo.
Van Gogh. Il suicidato della società
Antonin Artaud
Libro: Libro in brossura
editore: Luni Editrice
anno edizione: 2024
pagine: 64
Antonin Artaud, visitando nel 1947 a Parigi una grande mostra di dipinti di Van Gogh, rivede finalmente la sua condizione personale rispecchiata nella follia del pittore. L’esperienza vissuta dello squilibrio mentale, della malattia, della repressione, si trasforma per lo scrittore in un atto di accusa verso la società, che con la complicità della medicina fa dell’artista il capro espiatorio di un sistema che non tollera di essere messo in discussione. Van Gogh perciò non è un “suicida”, ma è stato “suicidato” dalla società e dalla psichiatria, come per liberarsi di un corpo estraneo. E Artaud conosceva bene i metodi, le motivazioni di questa repressione, per averli subiti lui stesso. Dice infatti: “… un alienato è anche un uomo che la società non ha voluto ascoltare e al quale ha voluto impedire di pronunciare certe verità insopportabili”. Nessun vero artista può essere tollerato, secondo Artaud, in “un mondo che, giorno e notte, e sempre di più, mangia l’immangiabile, per raggiungere gli obiettivi della sua malefica volontà”. Fondendo in questi testi la sua scrittura con la pittura di Van Gogh, Artaud ricrea la forza della sua pennellata e soprattutto della sua visione, restituendo all’arte del grande olandese tutta la sua carica esplosiva e rivoluzionaria.
La coppia perfetta
Mingjiao Zhongren
Libro: Libro in brossura
editore: Luni Editrice
anno edizione: 2024
pagine: 400
«La lettura del testo cinese Haoqiu Zhuan, “Il racconto di una coppia perfetta”, mi suscitò una tale piacevole impressione che, dopo aver tradotto [per diletto] i due primi capitoli, sono stato spinto a fare la versione completa del romanzo». Così scriveva il sinologo Sir John Francis Davis (1795–1890), membro della Royal Asiatic Society e Governatore di Hong Kong dal 1844 al 1848, nella Prefazione alla prima edizione integrale in lingua occidentale, l’inglese, di questo romanzo cinese, pubblicata nel 1829. La medesima fascinazione ha colpito Vincenzo Cannata, autore di questa prima versione italiana integrale, tanto da indurlo a offrire anche al lettore italiano la storia avvincente, scorrevole ed emozionante, difficile da interrompere dopo aver letto i primi capitoli. La storia di un amore contrastato dal prepotente di turno, che ordisce trame malvage per concupire la bella Shui Binxing, strappandola all’innamorato Tie Zhongyu. Il coinvolgimento di altri personaggi e la scaltra e fiera resistenza della promessa sposa danno vita a una serie di gustose e avvincenti avventure che si susseguono fino all’epilogo di questa sorta di “Promessi sposi” ante litteram, offrendo allo stesso tempo un quadro vivace e affascinante del mondo dei letterati dell’antica Cina e della vita quotidiana nel Celeste Impero del XVII secolo.
Le avventure burlesche del signor Dassoucy
Charles Coypeau Dassoucy
Libro: Libro in brossura
editore: Luni Editrice
anno edizione: 2024
pagine: 320
Le avventure burlesche del Signor Dassoucy, considerato da Giovanni Macchia "il più avventuroso romanzo del Seicento", costituiscono un momento altamente significativo della narrativa burlesca francese del periodo. Musicista e poeta, amico di Molière, libertino, fu condannato dall'Inquisizione a Roma "per blasfemie e proposizioni ereticali" e perseguitato dai tribunali francesi per la sua omosessualità, Charles Coypeau Dassoucy è forse tra gli eredi più scapestrati di Rabelais. Più volte imprigionato e creduto morto, l'autore traspone nella sua "autofinzione burlesca" alcune delle tribolazioni che quasi gli costarono la vita, lo rovinarono e distrussero la sua reputazione. Attraverso il "racconto meraviglioso" delle sue disgrazie, Dassoucy lavora per ricomporre la sua memoria, attuando, al di là dell'apparente arbitrarietà del racconto, un doppio schema di trionfo e di riappropriazione dell'autostima associata a una profonda consapevolezza delle proprie "sorgenti intime" che permettono, all'eroe-narratore, di resistere a queste prove mortali: per questo motivo le Avventure burlesche possono essere definite in senso letterale come una storia di sopravvivenza basata sullo schema narrativo del trionfo che ripara la disgrazia. Il romanzo della sua vita offre, accanto a scorci d'ambiente della Corte di Francia e d'Italia, uno spaccato di vita popolare – prezioso anche perché piuttosto raro – dove protagonisti sono i musici, i comici, i vagabondi, i folli, i bari e i lestofanti, visti attraverso la lente di un linguaggio che alla vena iperbolica di Rabelais unisce la più sottile e controllata ironia polemica del "Grand Siècle".
Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde
Robert Louis Stevenson
Libro: Libro in brossura
editore: Luni Editrice
anno edizione: 2024
pagine: 112
Due compassati gentiluomini passeggiano davanti alla porta di servizio di un tetro edificio londinese: è l'occasione per riportare alla mente un episodio di violenza sconvolgente e soprattutto il suo autore, Mr Hyde, un «nanerottolo pallido» che suscita immediata ripugnanza in chi lo incontra. Entra in scena così uno dei personaggi più celebri della letteratura mondiale, e anche se la sua fama ci nega la sorpresa di cui poterono godere i lettori contemporanei, la macchina perfetta del racconto di Stevenson tiene con il fiato sospeso fino alle ultime pagine. Solo allora scopriamo quanto sia stretto il vincolo che unisce Hyde con il rispettabile medico e scienziato Henry Jekyll. Robert Louis Stevenson raccontò di aver ricevuto in sogno l'idea di questo mito moderno: una metamorfosi sospesa tra la magia e la scienza, capace di estrarre da un uomo perbene un condensato degli istinti più bassi. Ritenuto uno dei capostipiti dell'horror e del thriller – anche grazie ai numerosi adattamenti teatrali, cinematografici e televisivi – lo Strano caso del Dr Jekyll e di Mr Hyde è un racconto che merita di essere riletto alla luce delle idee del suo tempo: la distruzione della metafisica e della morale operata da Nietzsche, la scoperta dell'inconscio e l'imminente nascita della psicoanalisi, la fobia per la degenerazione e le dipendenze che imperversavano nella società della seconda rivoluzione industriale, la pruderie vittoriana. Ma è anche un libro che, al di là di una costruzione narrativa capace di ammaliare persino i più smaliziati tra i lettori odierni, è stato scritto da Stevenson con un controllo formale che lo rende simile a un poema in prosa. Questa nuova traduzione si propone di restituirne in pieno la ricchezza musicale e lo splendore visionario.
Romanzo buffo
Paul Scarron
Libro: Libro in brossura
editore: Luni Editrice
anno edizione: 2024
pagine: 320
Quando vide la luce Romanzo buffo – che narra la vita e le peripezie di una compagnia di attori girovaghi ed è considerato uno dei massimi capolavori del Seicento – fu un vero best-seller al punto che lo stesso Diderot, più di cento anni dopo, ci fornirà la “ricetta” contro la nevrastenia: «Quattro capitoli del Don Chisciotte e un paragrafo ben scelto di Rabelais, infusi dentro otto o dieci pagine del Romanzo buffo». Il Grand Siècle ebbe inizio intorno al 1660; negli anni precedenti il consumo in Francia di teatro, romanzi, rime e libelli era stato semplicemente frenetico. I modelli venivano dall’Italia e, soprattutto, dalla Spagna, che volava alta nel cielo della letteratura. Romanzo buffo, inestimabile gioiello della letteratura burlesca, oltre a “divertire”, offre anche un penetrante affondo negli animi femminile e maschile, dei quali lo specchio di Scarron amplifica deformità, malizie e ridicole stoltezze. In questo libro c’è qualcosa di organico, che non si lascia scomporre facilmente: vene che pulsano nelle tempie, un cuore nascosto che batte da qualche parte. Lo stile di Scarron è nato da esercizi mimetici, fra parodie e traduzioni; ha sviluppato un vivace linguaggio da animatore di liete compagnie: chiacchiera con i suoi lettori, li vuol sedurre con la sola forza della conversazione spiritosa, come l’amante invisibile della novella. È ovvio che questa conversazione “naturale” culmini nel dar vita e presenza a due personaggi non dichiarati: Scarron medesimo e il suo pubblico, di cui egli va auscultando senza posa umori e possibili resistenze. Gli attori di Scarron, per quanto poveri e girovaghi non sono in genere caratterizzati né come incolti guitti né come attori rustici, ma nemmeno, e qui avviene il cambio di registro, come «vecchie storie piene d’eroi chimerici, che rompono i corbelli a furia di esser perfetti». La presente edizione ambirebbe a rendere giustizia, per quanto possibile in altra lingua e in altro tempo, all’autore, al suo stile, alle sue idiosincrasie: aura teatrale, allusione all’azione, le giocose e plebee baruffe del racconto. Scarron era un uomo spiritoso e pieno di verve e il Romanzo buffo è, a ragione, considerato il migliore dei romanzi del suo secolo e, a tratti, raggiunge la limpidezza senza età riservata ai classici.
Le memorie di Vidocq
Eugène-François Vidocq
Libro: Libro in brossura
editore: Luni Editrice
anno edizione: 2024
pagine: 192
Vidocq, chi era costui? Le memorie di Vidocq ci intrappolano nel racconto al punto che si stenta a credere siano davvero fatti reali ascrivibili a una persona e non frutto di una fantasia alquanto versatile e si dipanano come un piano sequenza continuo della vita di quest’uomo, che fu praticamente tutto e il contrario di tutto. Quella di Vidocq (Arras 1775 – Parigi 1857) è stata una “carriera” iniziata da giovanissimo con i primi furtarelli dalla cassa del padre panettiere e proseguita con i continui vagabondaggi per la Francia pre- e infine rivoluzionaria. Arruolamenti, diserzioni, affiliazioni con zingari, banditi, falsari, i primi arresti e le prime evasioni seguite dai successivi arresti e successive evasioni; l’arruolamento come agente segreto, i contatti con la polizia, l’intuizione e la nascita della Sûreté o “brigata di sicurezza” (per combattere il crimine ci vuole qualcuno che ragioni come un criminale), i riconoscimenti e le promozioni, le inverosimili imputazioni seguite dalle altrettante trionfali assoluzioni, le dimissioni dalla polizia e la nascita della “sua” personale polizia privata; un nuovo processo, l’arresto e la detenzione da “vecchio leone”, gli amori e i duelli (le due passioni dominanti della sua vita) e infine la riabilitazione e la morte a 82 anni nel 1857. Vidocq fu onorato in vita da Lamartine e Victor Hugo, amato da Balzac, ispiratore di personaggi di Dumas prima e in seguito di Maurice Leblanc, di Conan Doyle… Era un uomo vigoroso nel corpo come nella mente imperterrito e audace, mai vittima del destino, mai del tutto carnefice, che si muoveva in una Parigi ancora antica, settecentesca, con sobborghi non ancora faubourgs, i covi fuori porta, le strade illuminate o dalla torcia dei ladri o dalle lanterne della polizia, le vetrine infrante e saccheggiate, le bevute a festeggiare con le tenere e infide prostitute, i bottini sperperati, gli indizi disseminati, le prove azzerate dalle confessioni o dalle delazioni. Si parla, si complotta, si ride: Le Memorie di Vidocq sono il quadro dal vero di un uomo che ha vissuto totalmente la sua epoca, la cancellazione di una innocenza riconquistata: ladro, forzato, evaso, “sbirro” che trova nel prefetto di polizia l’intermediario fra l’umanità della colpa e la divinità della salvazione. Per Vidocq calza alla perfezione quanto scrisse Balzac che era suo grandissimo ammiratore: “dietro a ogni grande fortuna c’è sempre un crimine”.
La grande Milano tradizionale e futurista
Filippo Tommaso Marinetti
Libro: Libro in brossura
editore: Luni Editrice
anno edizione: 2024
pagine: 400
Negli ultimi anni della sua vita Marinetti scrisse alcuni testi che, inediti, sono conservati tra le carte dello scrittore. Il presente volume raccoglie La grande Milano tradizionale e futurista, che dà il titolo al libro, e Una sensibilità italiana nata in Egitto, i quali vanno a comporre un dittico autobiografico che ci svela un Marinetti singolare e sconosciuto. La grande Milano tradizionale e futurista è una vivida e commossa rievocazione della Milano della Belle Époque (anche se, a essere precisi, lo scritto arriva fino agli anni Quaranta), la memoria di chi ha tenuto banco nei salotti, nei teatri, nel famoso ristorante Savini, i ricordi fulminei del “padre” dell’unico vero movimento culturale di portata mondiale del Novecento che è stato il Futurismo. “Poema ambrosiano”, definisce l’opera Giansiro Ferrata nell’introduzione, ma di fatto, del poema ha non solo lo stile – parolibero o aeropoetico – ma l’intima sostanza, più lirica rispetto alla pura memorialistica. Sullo sfondo della città, che poi è la vera protagonista dello scritto marinettiano, emergono i ricordi di vita letteraria e politica, quelli più intimi delle vicende erotico-sentimentali, un quadro “alla Boccioni” di un mondo in cambiamento se non cancellato in seguito dall’orizzonte futurista che avanzava. Una sensibilità italiana nata in Egitto presenta un aspetto più vasto, frastagliato e composito: ai ricordi dell’infanzia egiziana seguono le memorie vivaci ed esplosive della carriera letteraria, con i viaggi, le tournées, gli incontri “straordinari” con Gustave Khan, Diaghilev, Picasso, Isadora Duncan, Jarry, Cocteau… In entrambi gli scritti viene stravolto il tradizionale schema cronologico della memorialistica per lasciare spazio al principio futurista della simultaneità (simultaneità di tempo-spazio e di vissuto-sognato), così che, come dice lo stesso Marinetti, viene ad assumere una sua “elastica imprecisa e affettuosa cronologia”. I due testi offrono un materiale preziosissimo per penetrare a fondo nello spirito del futurismo e nella mente del suo fondatore e offrono un’ampia conferma delle grandi doti di Marinetti scrittore.