Bollati Boringhieri: Temi
La scelta di Abramo. Saggio sulle identità ebraiche
Wlodek Goldkorn
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2020
pagine: 128
Abramo si appresta a compiacere l'ordine impartitogli da Dio e sale sul monte Moriah per uccidere il proprio figlio Isacco. All'ultimo però, un angelo - la sua coscienza - lo ferma, e così Abramo fa una scelta, si oppone a Dio e dialoga con lui perché cambi idea. Dio cambia idea, Isacco è salvo. L'ebraismo è da sempre una tradizione plurale che non dà quasi nulla per scontato; non si china neppure alla divinità: semmai la sfida e la interroga. Ci sono mille modi di essere ebreo, mille sfumature, tanto che una definizione di «ebreo» è sempre risultata elusiva e parziale. Włodek Goldkorn costruisce in queste pagine un saggio poetico e lacerante che riguarda tutti. Parla di Shoah e di Israele, di vittime e carnefici, di antisemitismi e di complottismi, e lo fa con voce potente, scavando nei nodi insoluti della contemporaneità.
Non è un paese per laici. Onestà intellettuale e politica per l'Italia della crisi
Vittorio V. Alberti
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2020
pagine: 144
In quali condizioni si trova, in Italia, il libero pensiero, quindi l'atteggiamento intellettuale laico? È la domanda dalla quale trae spunto il pamphlet polemico del filosofo Vittorio Alberti. Politica senza ideali, sfiducia nel futuro, comunicazione mediocre, qualità soffocata, idee stantie, sono questi i problemi che assillano e indeboliscono la laicità nel nostro paese. L'Italia in crisi ha bisogno di idee nuove, e per denunciare la nostra assenza di laicità Alberti individua come peccato originale un episodio e uno scenario. Il primo è l'appello contro il commissario Luigi Calabresi, firmato nel 1971 da ottocento intellettuali; il secondo riguarda i conti rimasti ancora aperti con la caduta del Muro di Berlino. Esempi entrambi del modo, molto italiano, di mancanza di «libero pensiero». Dalla politica alla società -spiega Alberti - la comunicazione minaccia i pensatori liberi e mette a dura prova il ruolo, quanto mai defilato, degli intellettuali. Perché la laicità è tale solo quando non è faziosa, non spaccia l'interesse di parte per verità, si tiene alla larga dal pregiudizio ed è coraggiosa, inquieta, sempre interrogativa e più che dare risposte allarga il ventaglio delle domande. "Non è un paese per laici" propone un nuovo modo di pensare che sia al passo con la storia e motivi anche in Italia una rinnovata coscienza democratica che ponga al centro dell'azione culturale - superando schemi antiquati e clericalismi non solo religiosi - la migliore intelligenza del nostro umanesimo.
Il tempo della rivolta
Donatella Di Cesare
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2020
pagine: 128
Emarginata dalla riflessione, presentata come un evento caotico e fosco dal racconto mediatico, la rivolta è un tema incandescente nello scenario globale. In questo libro Donatella Di Cesare ne tocca per la prima volta i diversi aspetti, politici e filosofici, offrendo un quadro suggestivo e puntuale dell'attualità. Come la migrazione, anche la rivolta lascia intravedere ciò che accade «fuori», al di là dell'ordine statocentrico, ai bordi dell'architettura politica, intorno ai confini sorvegliati dello spazio pubblico. In un elogio della rivolta, e del suo voltafaccia al potere, Di Cesare si interroga anche sui fenomeni contigui, sulla rivoluzione perduta - nei molti sensi di questa espressione - e sulla resistenza. Se i movimenti che occupano le piazze, sottolineando il declino della rappresentanza, chiedono il diritto di apparizione e l'ingresso nello spazio pubblico, la rivolta va oltre: anziché accettare il conflitto interno, mette in discussione le cornici stesse di quello spazio. I protagonisti sono molti: dai nuovi disobbedienti a coloro che praticano l'anonimato nel web, dai segnalatori d'illeciti a quanti si dichiarano «invisibili». Il tempo della rivolta fornisce un'interpretazione politica della maschera e parla di «zone d'irresponsabilità»; nascondersi per mostrarsi è una sfida allo Stato che condanna ogni maschera che non sia la propria, al potere finanziario senza volto, all'economia disincarnata, noncurante dei propri effetti; si svela così l'enorme dissimmetria, si mette allo scoperto la disparità di forze, si denuncia la sorveglianza planetaria. La rivolta non è un evento effimero, bensì un passaggio anarchico che si compie nel disimpegno dall'architettura politica.
La rivoluzione del ricco
Gaetano Salvemini
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2020
pagine: 144
Nel 1952, Gaetano Salvemini, anziano patriarca dell'antifascismo, affida alle pagine de «Il Ponte» di Piero Calamandrei un saggio in tre puntate sul Risorgimento e sull'età giolittiana alla luce del Ventennio fascista. Tornato dall'esilio americano, l'autore de "Il ministro della mala vita" si confronta con la natura dell'Italia prima e dopo l'avvento di Mussolini, «l'Uomo della Provvidenza che aveva sempre ragione». Nel saggio qui riproposto, lo storico e il polemista si fondono per dar vita a un bilancio lucido e asciutto, intessuto di giudizi taglienti su una stagione cruciale della storia italiana. Ma più in generale queste pagine valgono come riflessione sulla fragilità delle istituzioni rappresentative, quando vengono svuotate delle loro prerogative e non appaiono più sorrette da un sentire diffuso. Ne esce un testo folgorante, limpido e attuale, che risuona in modo inquietante al giorno d'oggi e che tanto sarebbe necessario rileggere.
Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto
Francesco Filippi
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2020
pagine: 256
Dopo "Mussolini ha fatto anche cose buone", Francesco Filippi è ormai riconosciuto come una voce importante nel dibattito sul fascismo in Italia. Avendo effettuato il suo meticoloso e definitivo lavoro di «debunking» sulle numerose e ostinate leggende relative al ventennio fascista e alla figura del duce, ancora così diffuse nel nostro paese, Filippi dirige ora la sua affilata analisi verso i motivi che hanno portato tanti nostri concittadini a cadere vittime, ancora oggi, di una propaganda iniziata oltre due generazioni fa. Com'è possibile – ci si chiede in molti – che dopo tutto quello che è successo – dopo una guerra disastrosa, milioni di morti, l'infamia delle leggi razziali, la vergogna dell'occupazione coloniale, una politica interna economicamente fallimentare, una politica estera aggressiva e criminale, un'attitudine culturale liberticida, una sanguinosa e lunga guerra civile… –,oggi ci guardiamo intorno, ben addentro al terzo millennio, e ci scopriamo ancora fascisti? Ma cos'altro avrebbe dovuto succedere per convincere gli italiani che il fascismo è stato una rovina? Eppure ancora si moltiplicano le svastiche sui muri delle città, cresce l'antisemitismo, un diffuso sentimento razzista permea tutti i settori della società e il passare del tempo sembra aver edulcorato il ricordo del periodo più oscuro e violento d'Italia: a quanto pare la storia non ci ha insegnato abbastanza, non ci ha resi immuni. Per aiutarci a capire perché, Filippi in questo libro ci racconta molte cose: ci racconta com'è finita la guerra, cosa è stato fatto al termine del conflitto e cosa non è stato fatto, quali provvedimenti sono stati presi nei confronti dei responsabili, quali invece non sono stati presi, cosa hanno scritto gli intellettuali e gli storici e cosa non hanno scritto, cosa è stato insegnato alle nuove generazioni e cosa invece è stato omesso e perché. Soprattutto, ci mostra come noi italiani ci siamo raccontati e autoassolti nel nostro immaginario di cittadini democratici, senza mai fermarci a fare davvero i conti col passato. Che, infatti, non è passato.
Come reincantare il mondo. La decrescita e il sacro
Serge Latouche
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2020
pagine: 96
Quando si parla di economia non è azzardato dire che si tratti di una vera e propria religione. Come la religione anche l’economia ha le sue chiese e i suoi templi – le banche e le borse – imprese, agenti di cambio o esperti di finanza sono le sue cattedrali, i suoi prelati o profeti; la pubblicità e il marketing sono le preghiere che ne officiano la liturgia: il consumo. Non a caso secondo Serge Latouche in questo libello combattivo, sulle banconote americane troviamo fissato il motto «In God We Trust» e, se dovessimo immaginare i Dieci comandamenti del capitalismo, non sfigurerebbe la battuta fulminante del finanziere di Wall Street: «L’avidità è giusta». L’idolatria della crescita solleva, dunque, la questione della natura quasi religiosa dell’economia di mercato. Una religione secolare e materialista che disincanta il mondo, distruggendo il legame sociale e gli ecosistemi necessari per la sopravvivenza dell’umanità. «Desacralizzare» la crescita, secondo Latouche, consiste innanzitutto nel rivelare il modo in cui ha avuto luogo la sua sacralizzazione. Il progetto di una società alternativa sostenibile e amichevole, guidata dalla decrescita, mira invece a uscire dall’incubo del produttivismo e del consumismo, ma anche a reincantare il mondo e riguadagnare la nostra capacità di meravigliarci per la sua bellezza. Anche papa Bergoglio d’altra parte – con la sorprendente enciclica Laudato si’ – ha annunciato che la compatibilità tra la decrescita e la religione tradizionale diventa possibile e che la decrescita contiene una dimensione etica, e persino spirituale, essenziale senza necessariamente diventare una nuova religione. Con un libro agile e in felice dialogo con la dottrina cattolica, Serge Latouche torna a occuparsi della prediletta teoria della decrescita, invitando a rovesciare e desacralizzare l’ideologia del profitto a tutti i costi. "Come reincantare il mondo" è un piccolo trattato per combattere la religione del denaro, e un appello per un nuovo modello di società.
Ho studiato economia e me ne pento
Florence Noiville
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2020
pagine: 96
Diplomata nel 1984 in una delle più prestigiose business school francesi, Florence Noiville pone in questo libro due domande fondamentali: le scuole economiche d'eccellenza hanno la loro parte di responsabilità nella crisi che sta devastando società e mercati? Sono state almeno in grado di preparare le élite di domani ad affrontare l'emergenza? Le risposte sono tutt'altro che rassicuranti: sì, le business school sono colpevoli perché orientano esclusivamente al profitto, mettendo ai posti di comando manager nutriti di elitismo e cultura della prestazione; no, non hanno preparato ad affrontare il disastro perché si sono limitate a sopravvalutare il successo economico. Tra ricordi autobiografici e casi concreti, Florence Noiville traccia così una panoramica su alcuni disastri dell'economia più recente. Con la sua lucida analisi del fallimentare rampantismo di una generazione, Noiville consegna al lettore una critica tagliente e ironica della legge del «profitto prima di tutto». A dieci anni dalla prima edizione e in un rinnovato clima di crisi e conflitti sociali accentuati da un neoliberismo incontrollato, Ho studiato economia e me ne pento è ancora oggi un accorato grido di allarme e una denuncia nei confronti di un capitalismo troppo spesso lasciato senza regole.
Morale per disobbedienti
Michel Serres
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2019
pagine: 80
Che cosa ci fa una giraffa a Parigi davanti all'Eliseo? E perché il primo ministro Pompidou urla al telefono contro il direttore dell'École normale? Ce lo racconta Michel Serres in questo suo ultimo libro, insieme a tanti altri scherzi che, da bravo rompiscatole, sí è divertito a fare per tutta la vita: le battaglie con i cuscini contro i sorveglianti del collegio, da studente; le feste fino a tarda notte sui transatlantici, da ufficiale di marina; lo scompiglio caotico durante i corsi di filosofia, da professore. A ottantotto anni Michel Serres ci ha lasciati, ma prima di andarsene ci ha regalato questo libro-testamento, nel quale si addentra «in punta di piedi nel territorio esotico della morale», scegliendo di celebrare non la filosofia, né il sapere scientifico e tecnico — che pure lo hanno reso una delle menti più stimate e apprezzate dell'ultimo secolo in Francia — ma la burla. Lo scherzo e l'impertinenza, infatti, sono stati per Serres la prima vera esperienza sociale e politica, il primo atto di disobbedienza. Da questi, racconta, ha imparato a prendersi gioco delle gerarchie e a preferire l'obbedienza alla verità delle cose, «leali e dure, che hanno in sé le proprie leggi». Da bravo nonno, Serres sceglie di celebrare la risata dolce che, sola, è in grado di renderci umani, e l'umiltà anticonformista di chi sa prendersi poco sul serio, è capace di provare empatia e sa mettersi nei panni di chi è ferito e in difficoltà. Perché sono gli umili e i modesti a possedere «l'intelligenza coraggiosa che si inchina di fronte alla verità piena e alla bellezza del mondo». "Morale per disobbedienti" è il saggio e bonario libro d'addio di un grande filosofo, che ha saputo guardare con profondo rispetto e incrollabile ottimismo al mondo digitale dei suoi nipoti in Non è un mondo per vecchi, invitandoli sempre e comunque a coltivare quella spinta tutta umana che chiamiamo utopia.
Il fine della politica. Dalla «teologia del regno» al «governo della contingenza»
Salvatore Natoli
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2019
pagine: 144
Il fine della politica è quello di governare gli affari umani o è un compito a termine, da svolgere in un tempo intermedio, nell'attesa del mondo a venire, quando giustizia e pace regneranno per sempre? Questa domanda – la matrice stessa della «teologia politica» – è divenuta possibile quando, nella storia è apparsa la categoria giudaica di «éschaton»: l'attesa di un «mondo a venire», il pieno realizzarsi di quanto, fin dall'inizio, era stato promesso. A partire da qui, l'idea di éschaton ha segnato l'intera storia dell'Occidente e la sua filosofia politica: dal giudaismo, tramite il cristianesimo, è giunta al moderno e qui si è secolarizzata nella forma delle filosofie del progresso e delle apocalittiche rivoluzionare. Oggi l'éschaton pare giunto al tramonto: nell'odierno tempo senza fine, la storia non deve raggiungere più alcun culmine e non ci resta che governare la contingenza del mondo, portarsi all'altezza della sua improbabilità. Natoli, in questo breve e denso libro, insegue nei segni della storia i mutamenti che questo concetto centrale ha avuto nei secoli. In origine un termine spaziale, denotante i limiti remoti, i luoghi lontani che si trovano oltre il confine identitario di un territorio, l'éschaton ha assunto nel cristianesimo il suo marcato significato temporale, divenendo il punto cui tendere, il ritorno messianico, il momento nel quale il Giudizio riunirà in una sola cosa giustizia e governo. Intanto, però, nella loro attesa sulla terra, gli uomini vivono una dilatata «epoca del frattanto». È in questo limbo temporale che il governo delle cose umane deve destreggiarsi, darsi un ordinamento, prepararsi al compimento della storia. Fino a quando, nella contemporaneità, l'éschaton perde progressivamente di significato, il tempo si dilata, infinito, e il fine della politica resta la politica stessa.
Nascere. Genesi di un nuovo essere umano
Luce Irigaray
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2019
pagine: 192
Il tema è universale. Forse non c'è tema più universale di questo: che cosa significa per noi umani nascere. Non ci sviluppiamo dalle radici come una pianta, e non siamo neppure autosufficienti come Dio. Così, siamo gli unici viventi che mancano di un'origine, e ne vanno sempre alla ricerca. Privi di un «essere» originariamente identificabile, dobbiamo assumerci la responsabilità della nostra esistenza e del nostro destino. Come? «In primo luogo, coltivando il nostro respiro, una risorsa che troppo passivamente abbiamo attribuito a un Dio estraneo alla nostra esistenza terrena, sebbene il respiro sia ciò che ci permette non solo di vivere autonomamente, ma anche di trascendere la mera sopravvivenza, di superare il livello della mera vitalità, così da essere in grado di portare a compimento un'esistenza umana. Incaricarci di incarnare la nostra appartenenza sessuata è il secondo elemento che ci rende capaci di adempiere la nostra esistenza naturale, pur trascendendola». La sessuazione compensa l'assenza di radici attraverso la spinta all'unione tra due esseri: «Dove prima non c'era nulla tra loro, se non l'aria, a partire dalla loro attrazione e dalla loro capacità di assumere il negativo della loro differenza nasce il germe di un nuovo essere umano e di un mondo in cui possiamo davvero dimorare». La potenza di pensiero di Luce Irigaray si muove con «con passi di colomba» — direbbe Nietzsche — e vince ogni scetticismo circa l'arditezza di un compito di trasformazione che riparta dall'istanza incondizionata della vita in sé, e non dagli «assoluti sovrasensibili che troppo spesso sono il risultato della nostra incapacità di vivere».
Stare in Europa. Sogno, incubo e realtà
Riccardo Perissich
Libro: Copertina morbida
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2019
pagine: 222
Siamo sicuri di sapere davvero come funziona l'Europa? Siamo sicuri di comprendere appieno le conseguenze del voto che ci attende a maggio? Con queste domande pressanti in mente, Riccardo Perissich ha voluto mettere in campo tutta la sua professionalità, la sua esperienza pluridecennale e le sue ampie conoscenze delle dinamiche europee per fare un po' di chiarezza. L'Europa unita è nata come un sogno, prima vagheggiato nel Manifesto di Ventotene a opera di tre intelettuali antifascisti italiani nel 1941, e poi concretamente iniziata da tre capi di governo europei (Schuman, Adenauer, De Gasperi) sulle macerie di un continente devastato dalla più violenta e crudele delle guerre. Quello era il sogno, l'idea rivoluzionaria di un'Europa mai più schiava di guerre, una potenza sovranazionale in grado di gestire i conflitti in maniera pacifica. Col passare degli anni l'Europa ha visto la luce, tra mille compromessi e veti incrociati delle diverse identità nazionali, fino a raggiungere l'istituzione della moneta unica nel 2002. È però intervenuta la più grave crisi economica dell'ultimo secolo. Il risveglio del nazionalismo russo, un'America più isolazionista, il terrorismo islamico e le ondate migratorie hanno reso il mondo minaccioso. Sarebbe stato necessario aggiungere l'integrazione politica a quella economica, ma i governi non sono riusciti a trovare il consenso su come progredire. La paura è subentrata alla speranza e il sogno rischia di trasformarsi in incubo cavalcato in queste elezioni europee dalle compagini nazionaliste. Ma tra il sogno e l'incubo c'è la realtà dell'Europa, una realtà che bisogna conoscere per votare in maniera consapevole nella tornata elettorale del maggio 2019. Perché sull'Europa si sentono dire tante cose, molte delle quali inesatte, distorte o apertamente false. E dal momento che dall'esito di questo voto deriveranno effetti cruciali per le nostre vite, "Stare in Europa" diventa un libro necessario, un libro politico nel più nobile senso del termine.
L'estetica triste. Seduzione e ipocrisia dell'innovazione
Fabio Merlini
Libro: Libro in brossura
editore: Bollati Boringhieri
anno edizione: 2019
pagine: 138
«Scienza triste»: l’economia non è più riuscita a liberarsi del suo epiteto ottocentesco, che metteva sotto accusa la brutalità di appetiti a malapena dissimulati dall’astrattezza dei principi regolatori del mercato. Motivi analoghi inducono oggi Fabio Merlini a qualificare come «triste» anche l’estetica, sfera a cui di solito assegniamo effetti rasserenanti, se non euforizzanti. La bella apparenza che tanto ci seduce nella scenografia della merce esercita infatti un potere di incantamento che da un lato occulta condizioni di produzione talora neoschiavistiche e offese all’ecosistema, e dall’altro stringe alleanze con i regimi di consunzione del tempo nei quali si estenua la nostra esistenza, convocata in un presente privo di orizzonte. Invece di disinnescarla, l’esuberanza delle cose potenzia la tonalità depressiva dell’innovazione, che vive di caducità indotta attraverso vettori di accelerazione: ogni novità presto confligge con la versione aggiornata di se stessa, condannandosi a rapida obsolescenza e denunciando la consanguineità tra moda e morte già colta da Leopardi due secoli fa. A questa inevitabile «tristezza» cooperano adesso la disintermediazione universale, il dinamismo immobile – immediatezza ostile a qualsiasi differimento – e la stilistica della prestazione, che all’insegna dell’easy style costringe in realtà a una sfibrante mobilitazione cognitiva. Di ossimoro in paradosso, Merlini con garbo ragionativo ispeziona il nostro mondo estetizzato e performante, in cui tutto è merce o aspira feticisticamente a diventarlo. Un mondo, conclude, sempre più inospitale.