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Moretti & Vitali: Fabula

Il passo dell'obbedienza

Laura Corraducci

Libro: Libro in brossura

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2020

pagine: 96

Il passo dell'obbedienza è il libro della maturità di una delle poetesse più significative e persuasive di questi ultimi anni. La scrittura trova qui una sua leggerezza speciale, malinconica e bruciante, in cui si percepisce la dimensione del destino, di qualcosa che ci tocca nell'intimo, e che viene reso in una lingua essenziale, scavata, sempre coerente. Ad esempio nella sezione intitolata Le vele, l'autrice sa sviluppare il tema della libertà, o meglio di quel sogno di libertà di cui si nutre da sempre la nostra anima, attraverso le immagini potenti del mare, delle barche che lo solcano, degli uccelli di mare, delle vele che sanno tagliare il vento della vita, e addirittura traversare «la porta della morte», gonfiarsi fra le lenzuola di un letto. Ma non c'è solo la dimensione privata, perché questo è anche un libro ispirato da una sensibilità e da un'umanità che è innanzi tutto un gesto di amore, di apertura alla vita in tutti i suoi aspetti, anche quelli più dolorosi. La sezione centrale dedicata alla storia, e intitolata Il rovescio della luce, si apre infatti con un testo ispirato al farmacista polacco Tadeusz Pankiewicz e porta, nei versi, frammenti importanti della storia del Novecento che domandano alla poesia un passo su un cammino preciso, quello di una memoria che non conosca fine per chi è e per chi verrà. Il passo dell'obbedienza, l'ultima sezione che dà il titolo al libro, è articolata in tre sequenze poetiche distinte, nelle quali vengono tratteggiate le vicende umane e storiche di tre figure femminili: la regina spagnola Juana la Loca, la danzatrice senza braccia Simona Atzori e Maria di Nazaret. Il passo, per le tre donne, è un passo che obbedisce all'urgenza di una vita che deve compiersi in loro e con loro e, alla quale sentono di aderire totalmente — talvolta nella tragedia e nello strappo della morte — senza finzioni o cedimenti.
12,00 11,40

La dimora insonne

Daniela Pericone

Libro: Copertina morbida

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2020

pagine: 94

«"Nel tuffo conta lo stile / la cima è l'ardore": giunta al suo sesto libro, Daniela Pericone continua a serbarsi fedele all'idea di una poesia baluginante, preziosa, a volte oscura e impervia, fatta di metafore ventose e severe, di immagini misteriose, di barocche accensioni, di grumi di suoni che si caricano di un senso remoto e dimenticato, di slanci improvvisi che sembrano spezzare la trama ordinata dei giorni e immettere in un mondo di visioni pure, protette dalla scorza, forte e intensa, delle parole. Una poesia fitta di corrispondenze e di trame epifaniche, e che pure affonda nella concretezza dello sguardo e del sentire, ricca com'è di vita quotidiana, di piccoli eventi naturali e umani, che devono però essere interpretati, ricondotti a un loro segreto originario, svelare un destino. Per questo La dimora insonne è un libro in cui le apparizioni si alternano alle sconfitte, le visioni ai naufragi: quel che si impone è il movimento della parola che sollecita forme più alte di verità, proprio come la terra, nella stagione invernale, "impetuosa reclama / il crepitare della brace / ancora viva, arroventata", covando le sue radici e sovvertendo il potere del gelo. Una poesia di grazia e ardore, povertà e magnificenza, che richiede lettori pazienti, capaci di mettersi in ascolto, e che per questo non delude: il lettore di questa Dimora insonne è posto infatti all'altezza dell'autore stesso, di una parola che lo guida poesia dopo poesia, e si fa soffio, vento, pioggia, "scorta d'oro" verso le regioni della notte e della vita.» (Giancarlo Pontiggia)
10,00 9,50

Una visita a Hölderlin

Daria Gigli

Libro: Libro in brossura

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2019

pagine: 148

L'autrice prende l'avvio, nel brano che introduce questa raccolta, dai resoconti con cui vari scrittori hanno descritto la visita alla torre in cui Hölderlin visse gli anni della follia, dai "Diari" di Wilhelm Weiblinger, al racconto di Hermann Hesse "Nel padiglione del giardino di Pressel. Un racconto dell'antica Tübingen", inserendo così la propria esperienza, se pur metaforicamente intesa come rivisitazione del tema della teofania, nelle pieghe di una tradizione. Dal mito e dagli dèi della Grecia si diparte poi un percorso più intimo che si snoda attraverso la musica ("Lezione d'orchestra"), i luoghi della vita quotidiana ("Ponte a Greve e Salon") e i sogni ("In notturna sinestesia") in una scrittura più pronta ad aprirsi al reale senza filtri ("Nihil obstat") e articolata in una varietà di toni in cui si distingue un atteggiamento di affettuosa ironia verso la vita, che aspira a liberarsi dagli schemi: Impara a vagare / dove non sai chi sei, /suona la glassarmonica / e coppa dopo coppa scoppiala: / bello è lo scoppio e il non restare, / come in sogno caracollare. Nella parte finale prevale un linguaggio più denso ("Improvvisi"), ritmico ed eufonico ("Funambolesco musicale") in cui l'autrice recupera a tratti un lessico e un immaginario della letteratura della sua terra d'origine, la Toscana.
14,00 13,30

Nido di mare

Patrizia Villani

Libro: Copertina morbida

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2019

pagine: 121

«"Nido di mare" è attraversato da un'inquieta, profonda mobilità, qual è quella del mare, una presenza che domina l'intero libro; una mobilità che agisce fra spleen stellare e, al contempo, come discesa vertiginosa nell'animo stesso dell'autrice, e i cui poli, continuamente oscillanti fra di loro, sono in sostanza costituiti dalla Memoria e dall'Immaginazione. Un viaggiare che trova proprio nella sua itinerante mobilità la sua raison d'étre. Molte, di fatto, le immagini emblematiche: a cominciare dall'acqua (ora ipnotica, ora densa di presagi), per arrivare fino all'angoscia del tempo ch'è mitico e mistico insieme. Patrizia Villani è alla ricerca di questo centro genetico che solo la parola poetica è forse in grado di fissare, ben consapevole che esso è insieme punto di arrivo e di ripartenza: senso profondo di rinascita e di catarsi (significativa, in tal senso, l'immagine metaforica della città veliero). L'acqua del mare diventa così, nel suo moto incessante, aspirazione a un'esistenza autre che, "sola e riparata", sappia fronteggiare quel désir fiammante quanto ostinatamente presente, pur tra scorie e scorze del volatile Presente. Il tutto servito da una lingua secca, fratta, ma anche flessuosissima, di forte presa visionaria, alla Coleridge, o, per riportarla a qualche nostro scrittore del secondo Novecento, alla Raffaello Brignetti (penso a libri indimenticabili come "Il gabbiano azzurro" e "La spiaggia d'oro") o anche a certe movenze imprevedibili che si ritrovano nella poesia di Cattafi, un poeta qui presente intertestualmente. Da qui la "risacca" dei ricordi (in primis quello paterno), la nostalgia di tempi più felici nel fluire di realtà personalmente esperite e realtà intrasognate, fra esperienze realmente vissute e altre rivissute per via fantastica. La disamina insomma, su quanto si è perduto e su quanto - rivivendolo con la scrittura - viene proustianamente ricreato. "Nido di mare" è libro denso, ambizioso e assiale nell'opus della Villani, abbagliante per la ricchezza di riferimenti e di "ritrovamenti", tendenti all'aspirazione estrema di una sorta di armonia universale, per la quale anche un singolo "granello" può colmare l'anima del mondo, pur nella sua eterna, inquieta caducità, quell'evanidum gaudium di senechiana memoria.» (Luigi Fontanella)
12,00 11,40

Come dire dell'amore

Nadia Scappini

Libro: Copertina morbida

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2019

pagine: 100

"Queste di Nadia Scappini appartengono al tipo di poesie che accadono a ogni lettura. È adesso che noi vediamo ciò che l'autrice vede e, soprattutto, partecipiamo al suo dialogo ininterrotto con le persone vive e morte (fratello, marito, genitori, amici, poeti) stando essenzialmente nel cuore delle relazioni - relazione la poesia stessa. Sembra infatti che Nadia abbia scoperto il segreto del mondo, ma ogni volta ricomincia dalla stessa scoperta: ogni suo testo è scritto come se fosse evocato, imponendosi inatteso alla mente. A quel punto non resta che farlo scendere sulla pagina, sull'onda della musica, in questo libro accuratamente scandita, che di continuo lo accompagna. Così, piano piano, lo sguardo si mette a posto, le parole vengono pronunciate per i giusti destinatari e la poesia collabora a un'idea di risarcimento delle ferite e del passato, a una sorta di 'redenzione', perché 'bisogna pur cominciare a riparare le parole'." (Gianfranco Lauretano). Postfazione di Giancarlo Pontiggia.
12,00 11,40

Nella pietra

Nella pietra

Massimiliano Mandorlo

Libro: Libro in brossura

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2017

pagine: 96

“Tutto, in questa nuova raccolta di Massimiliano Mandorlo, sembra fondato sul principio dell'omologia tra organismi diversi, tra il mondo dell'animato e dell'inanimato: miriadi di grattacieli ‘bucano / il costato aperto’ di New York, che appare al poeta come ‘crocifissa / nel nero bitume’; la stazione Centrale di Milano è come il ‘ventre oscuro’ di un'immensa balena; ‘arterie grandiose’ pulsano ‘nella dura scorza minerale’. Ma il poeta non si ferma qui: le sue immagini sono figure, portano in sé la fede di un fuoco rigeneratore che brucia, di una luce prodigiosa che redime: sul ‘ventre d'acciaio’ delle viscere della metropolitana si abbatte, all'improvviso, ‘il presente / con la sua forza azzurra / di fiume imprevedibile’; uno stesso abbraccio ‘dà forza’ all'acqua, ‘muove’ la pietra; i migranti colano a picco ‘piantando le braccia / la croce / nei bianchi abissi del mare’. In questo libro tutto impregnato dei simboli della resurrezione, anche le rocce ‘sepolte in montagne di buio e gravità’ sono destinate a riemergere in ‘pareti di luce’. Con una lingua che ha in sé gli accenti visionari della tradizione mistica e scritturale, il poeta vede ‘la pietra liberata, / la terra esplodere / dalle sue crepe ferite / come un canto’. Tra stasi e divenire, buio e luce (parola-chiave, insieme a ‘pietra’, del libro, con la quale condivide il maggior numero di occorrenze), la città dell'uomo di agostiniana memoria pare sprofondare ‘nell'eterna / battaglia del presente’, riemergendone solo nella comunione con i morti-dormienti, e nel nome di Colui che da sempre conosce ‘gli altipiani ventosi’ del cuore. Perché anche il cuore è pietra, e come la pietra conosce ‘la doppia ricchezza / di gloria / di gloria / ed erosione’. Nel segno di una poesia di forme essenziali e di apocalittica tensione, Massimiliano Mandorlo sa rielaborare nella sua lingua scheggiata e sofferente la grande lezione dell'ultimo Luzi: nel ‘viaggio / terrestre’ evocato esplicitamente verso la conclusione del libro, è già compendiata una metafora di vita, e una idea di poesia come forza rigeneratrice e trasformatrice del cuore umano.” (G.P.)
11,00

Effetti di natura

Anna Chiara Peduzzi

Libro: Libro in brossura

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2025

pagine: 80

“‘Effetti di natura’ di Anna Chiara Peduzzi è una raccolta originale, d’intenso attrito mentale e filosofico. In un linguaggio spigoloso, duro e puntuto come una teoria di cristalli, di pietre rare o di cuspidi metalliche, l’autrice evoca momenti in cui l’esperienza quotidiana s’inarca verso l’inesprimibile, verso il magma delle sensazioni cruciali e fugaci, verso “il suono che sale dagli stagni” della mente “incisa di filamenti bianchi”. Qualcosa come un desiderio di misurarsi con l’impossibile, con la povertà radicale dell’essere, col fondo cavo della vita confinante con la morte o col nulla segna questi versi concepiti per linee sdrucciolevoli e sghembe, scanditi a strappi come colpi di frusta o coltello nel tessuto incerto, malato del tempo.” (Paolo Lagazzi). Postfazione di Giancarlo Pontiggia.
10,00 9,50

Rapsodie di un vento sconosciuto

Giulia Perroni

Libro: Libro in brossura

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2025

pagine: 104

"Il vento della poesia che attraversa questa rapsodia in quattro sezioni, più un finale intitolato Sipario, unifica dall’interno le parti, solleva il sipario e mostra tutte le arti sulla scena di un teatro in versi. Con una tecnica quasi cinematografica, in feedback, Giulia Perroni penetra la sfera del mito, recupera il passato personale e le diverse epoche della storia con sguardo sempre volto al presente. Sulla scena irrompono i personaggi più disparati: Ulisse, Penelope, Marte e Afrodite, Paolo e Francesca, Giulietta e Romeo, Amleto e Ofelia; giocano altresì un ruolo fondamentale persone della vita affettiva dell’autrice. Il linguaggio si fa narrativo e di aspra denuncia quando evoca le guerre del passato e le tragedie del presente in una ben integrata combinazione di poesia lirica e civile animata da forte afflato etico. Il testo è un fluido viaggio polisenso sul doppio binario della diacronia e della sincronicità, nella presa d’atto intuitiva dell’Unità di tutte le cose pur nella dialettica irriducibile della Differenza, nella coscienza dell’eterna Metamorfosi." (Luigi Celi)
11,00 10,45

Antagonie. L'età del sacro

Luigi Picchi

Libro: Libro in brossura

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2025

pagine: 80

«Sì come luce luce in ciel seconda»: ha inizio con un esergo paradisiaco la nuova raccolta di Luigi Picchi, ideale continuazione di un libro memorabile come Antiqua lux. E basterebbe leggere la poesia proemiale per cogliere il senso dei versi danteschi: « Tutto è partito da qui, / da queste pietre, / in una vibrazione / sottile dal basso / verso l’alto, / fino a fiorire / nella luce». Pietre che raccontano miti, pietre che evocano e invocano eroi, pietre che fioriscono in luce. Non si potrebbe dare un libro più intransigente e remoto, severo e anacronistico di queste Antagonie, un libro che annuncia la fine dell’età del sacro, e insieme ne testimonia la persistenza, che porta in sé la memoria di un’Arcadia lacustre, di isole beate, di lettere di fuoco e di sapienza che ci pongono sul cammino della verità. Nella forma di una vasta galleria di figure e di immagini che restituiscono il sentimento di una grande civiltà, all’interno della quale non mancano la Como di Plinio e di Giovio, di Aloisio e di Francione, così cara all’autore, e presenze familiari che entrano nella materia della storia e del mito con la stessa necessità e la stessa forza espressiva, l’autore disegna un percorso poetico sempre in bilico tra contemplazione e resistenza morale, reinventando le forme nobili della consolatio o della lettera d’amore. O dando vita a vere e proprie concrezioni immaginative, come questa stupefacente rappresentazione della celebre Stoà: «Anche uno stoico ha il suo képos. / È una cattedrale sotterranea / tutta stalattiti e stalagmiti, / algido ambulacro di concrezioni / saline e calcaree, siderale / gipsoteca, museo delle cere». Luigi Picchi resta il poeta di sempre, animato da una sorta di febbre dell’antico, che però non resta materia inerte, ma oltrepassa il nostro presente per fiondare nel mistero di ciò che ci attende. Ciascuna delle figure e delle immagini di questo libro è come la tessera di un mosaico ravennate: alla fine, ciò che resta è il fulgore dell’oro, la bellezza di un verso che sembra come nascondersi in un mausoleo di pietre notturne, in attesa della torcia che le farà risplendere. (Giancarlo Pontiggia) Postfazione di Paolo Zoboli.
10,00 9,50

Sconfitte non del tutto autobiografiche

Enzo Giarmoleo

Libro: Libro in brossura

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2024

pagine: 168

“Sconfitte non del tutto autobiografiche”, raccolta postuma (e unica) di Enzo Giarmoleo, è un libro schietto, “diverso”, forte e struggente: è l’espressione viva e bruciante di uno tra i pochi poeti italiani contemporanei assimilabili all’intrepida famiglia ideale di Kerouac, Ginsberg e Ferlinghetti o a quella dei maestri zen (da Han Shan a Ryokan a Santoka) cultori della provocazione caustica e sottile, dell’ironia pungente e del paradosso. Nella voce di Giarmoleo lo stupore estatico davanti alla bellezza della natura si coniuga con l’indignazione di fronte alle violenze inarrestabili della guerra e alle falsità della politica, col disgusto per tutte le espressioni d’ipocrisia (comprese quelle presenti nell’opera di molti poeti-divi), con un fastidio radicale per ogni forma di retorica e per ogni manifestazione di rigidità, di durezza ideologica, di sclerosi del pensiero. Un bisogno inesausto di esplorare la terra degli uomini, di osservarla nei suoi doni e nelle sue atroci contraddizioni muove di continuo l’anima, il corpo e il linguaggio di questo poeta viandante che ha speso buona parte della vita al fianco dei più reietti, dagli homeless di Milano ai contadini dell’India, dai combattenti zapatisti agli emarginati della banlieue parigina. Grazie soprattutto all’incontro con l’opera di Gary Snyder, Giarmoleo ha riscoperto lo spirito della wilderness, quella parte “selvatica” – irriducibile al cosiddetto buonsenso come ai diktat del Potere – che vibra dentro ciascuno di noi in attesa del nostro coraggio, della nostra umanità e della nostra passione. Solo osando avventurarci tra i sentieri selvaggi, corrosivi e delicati di una poesia nuda e totale, solo sfuggendo a quegli ingranaggi della Volontà di Potenza che continuano a soffocare la storia, potremo tornare a riconoscere quanta bellezza si annidi perfino nelle cose e nelle creature più piccole e inermi: le “liane di seta” che si aggrappano ai muretti, i germogli che bucano gli asfalti, i fili d’erba che illuminano i momenti “lontano dall’intrigo melmoso” della follia.
12,00 11,40

Stanze. Sogni, nebbia, avventure

Lorenzo Babini

Libro: Libro in brossura

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2024

pagine: 80

Due temi attraversano questo concentratissimo libro di poesia e intrecciandosi lo innervano: la quête amorosa e lo statuto della parola poetica. Secondo libro del poeta romagnolo Lorenzo Babini, e prova di una sicura maturità espressiva, esso fa convergere testi apparsi in edizioni minori e riviste – e inevitabilmente messi in luce dalla critica più avvertita – insieme a nuove composizioni nelle misure di un’architettura che apre e chiude con i tratti di un paesaggio golenale di illusive rifrazioni. A centro una camera che posta alla sommità di una torre e circondata da spalti è specchio del desiderio erotico e banco di prova della poesia. Siamo nella seconda cobla della più celebre sestina del trovatore Arnaut Daniel, il “miglior fabbro del parlar materno” onorato da Dante (Purgatorio, XXVI), e la cambra inaccessibile ne è l’immagine più ardita, nella fulgida e intangibile sua valenza simbolica. Ma è l’intero libro ad essere tramato di reminiscenze trobadoriche, a farsi lucido testimone dell’amore di lontano, l’amor de lonh provenzale qui vivo nel confronto con l’assillo della parola e la messa a punto di una strumentazione necessaria. Autore colto e visionario Lorenzo Babini è infatti a un tempo essenziale e sorvegliatissimo nel varare, al pari di un’arca salvifica, una poesia “di legno e bitume” adatta a prendere il largo. A questa sola condizione avranno corpo, in un’invenzione continua e coinvolgente, figure che sarà difficile dimenticare come quei “soldati / vestiti di scaglie di pesci / o carapace”, o, scesi da una tavola di Paolo Uccello, quei lancieri mossi anch’essi da una quête su un ghiaccio infido di inizio primavera. O ancora, e nella desolazione che unicamente il tempo sa mettere in scena, quell’antico scriba sumero “rimasto solo a parlare” e a chiedersi, per chi dopo di lui verrà, “chi siamo noi / prima dei nomi?” (Marco Vitale)
10,00 9,50

Alla fine del giorno

Alessandro Catà

Libro: Libro in brossura

editore: Moretti & Vitali

anno edizione: 2023

pagine: 96

“C’è un fatto che sconvolge all’origine di questo nuovo libro, struggente e austero, di Alessandro Catà. Un libro che si muove in una sorta di presente assoluto, petroso, dominato dal sentimento del vuoto e della solitudine, ma anche mosso dall’urgenza di aprirsi al racconto di una vita, di tessere un colloquio con le ombre che l’hanno popolata. «Sei dentro la visione piena, adesso», leggiamo nella poesia-prologo della raccolta. E ci inoltriamo in un tempo nuovo, che assume i contorni di un possente rivolgimento cosmico. Catà non rinuncia alla dizione affilata e al rigore verticale della parola, che è stato sempre il sigillo della sua poesia. I suoi versi continuano a esplorare «il destino della materia», ad affondare nel «respiro / delle cose». Le immagini hanno conservato la fermezza di chi è abituato a indagare le leggi della natura. Il vocabolario resta quello di un matematico e di un fisico, o forse di un geografo, che scruta la «corrente / del molteplice». Ma quella corrente è anche quella di Ade, e rinnova l’immagine di una «antica sponda / di dolore». «Qui dove siamo» coincide con «la fine della vita», appena prima che si aprano le porte del bene e del male. Ed è inevitabile che la lingua assorba tonalità nuove, impensate nelle raccolte precedenti: sul «poliedro austero» di un tempo, si raggruma la sostanza impura dell’esistere. «È orribile, adesso. È tardi in ogni / punto della materia», è il grido che si leva, improvviso, dalla pagina, e che si apparenta al patetico lamento dell’albero nella Ballata dell’albero storto. E nei lacerti diaristici dell’ultima sezione, irrompe la materia dispersa del vivere, con le sue date, i suoi luoghi, che prendono la consistenza di un limbo, di un colore che «riemerge / o scompare / nella tenebrescenza / di una pietra ornamentale». Un libro severo, potente, profondamente ispirato, che non ritrae lo sguardo dalla legge di dolore che governa il mondo, e che pure ha la forza – e il coraggio – di chiudere con tre versi carichi di luce e d’amore.” (Giancarlo Pontiggia) Postfazione di Sebastiano Aglieco.
10,00 9,50

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