Neri Pozza: La quarta prosa
L'immemorabile. Il soggetto e i suoi doppi
Andrea Cavalletti
Libro: Copertina morbida
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2020
pagine: 192
A Vienna, nel 1825, un adolescente debole e svogliato fa molto parlare di sé. In pieno giorno piomba in un sonno profondo e muta personalità. Dormendo legge, scrive, gioca a carte, sfida divertito i medici, compie a occhi chiusi gli esercizi più sorprendenti. Un nuovo soggetto è apparso, o un secondo «io» ha ormai soppiantato il primo. Cavalletti registra puntigliosamente le apparizioni inquietanti di questo secondo «io» nella psicologia e nella letteratura degli ultimi due secoli. In uno scenario dominato da amnesie e sonnambulismo, allucinazioni e sogni a occhi aperti, il soggetto borghese, la cui identità sembrava così salda, si rivela abitato da maschere che sfuggono a ogni padronanza, in preda a uno sdoppiamento che non può in alcun modo essere ricomposto. Nei casi che Henri Bergson studierà con attenzione, nelle visioni ottenute da Théophile Gautier con l'aiuto dell'hascisc, fissate da Poe nelle proiezioni dell'incubo o rovesciate da Döblin in comiche parodie, le personalità si moltiplicano e si combattono, e persino la vita e la morte si scambiano le parti. E, alla fine, l'identità del soggetto occidentale si rivela essere una figura umbratile e costitutivamente doppia, che vive soltanto nei suoi mancamenti e nelle sue dimenticanze, nelle sue perdite e nelle sue distrazioni. Immemorabile e, precisamente per questo, indimenticabile. «Non siamo fatti di pensiero, né di carne e di sangue... siamo fatti di passato, e il passato non ci appartiene, e quel che non ci appartiene è indimenticabile».
Opere complete. Volume 1
Ivan Illich
Libro: Copertina morbida
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2020
pagine: 894
Inizia con questo volume la pubblicazione della prima edizione mondiale delle Opere complete di Ivan Illich, un autore la cui attualità e il cui significato, al di là della sua prima, clamorosa ricezione negli anni Settanta del Novecento, forse solo oggi sono diventati pienamente visibili. La sua critica radicale della modernità e delle istituzioni dell'Occidente coincide infatti con un nuovo sguardo sull'umanità dell'uomo, che non appare più come una natura biologica o un'identità culturale presupposta, ma come l'insieme delle pratiche e delle tecniche immemoriali attraverso le quali gli uomini e le donne si rendono la vita possibile, cioè come la dimensione che Illich chiama «convivialità». Si suole distinguere nella biografia di Illich il periodo in cui egli opera ancora all'interno della Chiesa e quello in cui dichiarerà di rinunciare per sempre all'esercizio del ministero sacerdotale, iniziando un'attività di scrittore e conferenziere che farà di lui in pochi anni una figura conosciuta e discussa in tutto il mondo. I testi raccolti in questo primo volume, in buona parte inediti, mostrano che fra l'Illich dentro la Chiesa e quello fuori (o ai margini) della Chiesa non è possibile segnare alcuna frattura. La concettualità dell'Illich critico della modernità e archeologo della convivialità nasce come uno sviluppo radicale e coerente di categorie teologiche e filosofiche già presenti nel pensiero del sacerdote, prima di tutto quella escatologica di Regno, che non è per lui un compito da realizzare nel futuro, ma qualcosa di integralmente presente, di cui occorre testimoniare qui e ora.
Dai principî all'anarchia. Essere e agire in Heidegger
Reiner Schürmann
Libro: Copertina morbida
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2019
pagine: 560
«La pubblicazione, nel 1982, di "Dai principi all'anarchia" (ampliato nell'edizione inglese del 1986, che qui si ripropone, nella traduzione di Gianni Carchia) ha segnato una svolta nell'interpretazione del pensiero di Heidegger e, conseguentemente, di tutta la storia della metafisica occidentale. Se si volesse compendiarne drasticamente in una formula la novità, si potrebbe dire che all'interpretazione di destra di Heidegger, come il pensatore che ha restituito all'essere la sua aura originale, e a quella democratica, che vede in lui l'iniziatore di una decostruzione infinita della tradizione, Schürmann sostituisce un'interpretazione risolutamente anarchica. Accanto e al di là dell'essere come principio della storia epocale dell'occidente sta ora un puro, astorico venire alla presenza, che non fonda né principi né epoche. All'originale, in cui ogni epoca dell'occidente ha cercato il suo fondamento, si contrappone l'originario, un'insorgenza anarchica che non ha storia né destino. Corollario di questa svolta anarchica è che quel che nel nostro tempo giunge alla sua fine non è il pensiero, ma solo la storia epocale dei principi: al di là di questa, si aprono una politica e un pensiero liberati dalla «vigilanza dei principi», in cui per gli uomini, non più "animali razionali", ma semplicemente "mortali", diventa per la prima volta possibile rispondere alla domanda "Che fare alla fine della metafisica?"». (Giorgio Agamben)
Scritti autobiografici
Walter Benjamin
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2019
pagine: 543
"Forse in nessun autore del Novecento il rapporto fra l'opera e la vita, il «vissuto» e il «poetato» è così stretto e, insieme, inafferrabile come in Walter Benjamin. La raccolta esaustiva di tutti i suoi testi di carattere autobiografico che questo libro propone (dai curricula vitae ai diari, dagli appunti di viaggio ai testi narrativi come Cronaca berlinese) è, per questo, tanto più indispensabile quanto più sembra lasciarci inappagati, quasi che il velo che l'autore ha inteso stendere sulla sua biografia s'infittisse nella misura esatta in cui egli prova a raccontarcela nei suoi più minuti particolari. Nel prologo a Infanzia berlinese, Benjamin ci informa che, richiamando alla memoria i suoi ricordi infantili, ha voluto servirsene come una vaccinazione contro la nostalgia. I tratti biografici si ritirano così nell'ombra e lasciano il posto alle «immagini in cui l'esperienza della grande città si sedimenta in un bambino della classe media». I ricordi più intimi e personali, i sogni, la ricorrente tentazione del suicidio, le amicizie, gli amori sono così lo specchio in cui si riflette il ritratto di un'intera epoca e di un'intera società. E forse da nessuna parte Benjamin ci ha lasciato il suo autoritratto come in un appunto della metà degli anni trenta: «Soluzione dell'enigma: perché non riconosco nessuno, perché confondo tra di loro le persone? Perché io stesso non voglio essere riconosciuto, perché io stesso voglio essere confuso con altri»." (Giorgio Agamben)
Paura della libertà
Carlo Levi
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2018
pagine: 154
Sulla spiaggia di Le Baule, mentre le divisioni corazzate tedesche corrono le pianure della Polonia e si preparano a invadere la Francia, l’autore trentasettenne cerca di fissare lo sguardo sulla crisi della cultura europea e di interrogare le ragioni che hanno condotto un’intera civiltà al suo esito catastrofico. Con una scrittura insieme fresca e ambiziosa, Levi sottopone a una critica implacabile la religione (che trasforma il sacro in sacrificio), lo Stato (l’idolo sociale per eccellenza, da cui la politica occidentale in tutte le sue forme non riesce a liberarsi), la guerra, il sangue, la massa, l’amore e l’arte. Ed è solo a partire dalla libertà dischiusa da questo percorso allucinato e quasi profetico che le opere successive di Levi, da "Cristo si è fermato a Eboli" a "L’orologio" acquistano il loro vero senso, che è quello di una testimonianza che non riguarda il passato, ma il nostro presente.
Paesaggi del Regno. Dai luoghi francescani al Luogo Assoluto
Flavio Cuniberto
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2017
pagine: 352
Gli antichi non avevano una chiara nozione del paesaggio. La scoperta, l'invenzione, anzi, del paesaggio nella pittura occidentale avviene tra il XIV e il XV secolo secolo fino poi a diventare un genere autonomo nel Seicento. Questa invenzione, per Flavio Cuniberto, è inscindibile dalla diffusione del francescanesimo nel XIII secolo e dalla sua celebrazione della Madre Terra come immagine del Regno di Dio, del Giardino originario. Inventando il paesaggio, i pittori cominciarono ad aggirarsi senza saperlo intorno a questo luogo: a ritrovarlo nel fascino inspiegabile che si sprigiona dai variegati paesaggi della Madre Terra, sulle tracce del primo formidabile «agrimensore» del paesaggio come memoria del Regno: il santo di Assisi, che lo «misura» percorrendo instancabile e come a passo di danza i luoghi dell'Italia Centrale: di quella Italia che diventerà di lì a poco il «giardin de lo Imperio». Analizzando le opere dei grandi paesaggisti, Flavio Cuniberto conduce il lettore dinanzi al fascino di questa idea: il Luogo, il Giardino originario, che ha attratto anche i grandi viaggiatori metafisici del nostro tempo: Martin Heidegger, alla ricerca di quella che chiama la Terra come Tale (e che non è soltanto la Selva Nera o il paesaggio del Reno), e Peter Handke, innamorato dei luoghi come può esserlo solo chi intravede nei luoghi della terra i contorni baluginanti del Regno.
La pittura e lo sguardo. Scritti sull'arte
Avigdor Arikha
Libro: Copertina morbida
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2016
pagine: 414
Avigdor Arikha è stato uno dei più grandi pittori della seconda metà del XX secolo. Non tutti sanno che, parallelamente alla sua produzione pittorica, ci ha lasciato un'opera di teorico e storico dell'arte non meno sorprendente per acutezza e originalità, che viene qui raccolta nella sua integralità. Congiungendo lo sguardo del pittore con quello del critico, Arikha riesce a situare l'atto del dipingere in una prospettiva completamente nuova, che lo mostra non semplicemente "da vicino", come qualsiasi storico dell'arte può fare, ma piuttosto "da dentro", nella genesi stessa delle opere. Che si tratti dell'astrattismo cromatico di Velasquez o del nitrito del cavallo graffito nella grotta magdaleniana di Gabillou, dello scacco di Giacometti o del ramo d'oro di Poussin, dell'assolo di Bonnard o del «miracolo logico» di Matisse nell'incontro tra il Jazz e l'Apocalisse di Beatus, della pittura pompeiana di David o del Raffaello di Ingres, noi siamo catturati ogni volta dalla novità del suo sguardo e lo seguiamo mentre penetra là dove quello del critico e dello storico si arrestano: l'individuazione del problema che ciascun pittore ha avvertito e ha cercato di risolvere, talora a dispetto del suo tempo.
L'uso dei corpi. Homo sacer. Volume Vol. IV/2
Giorgio Agamben
Libro
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2014
pagine: 208
Con questo libro Giorgio Agamben conclude il progetto Homo sacer che, iniziato nel 1995, ha segnato una nuova direzione nel pensiero contemporaneo. Dopo le indagini archeologiche degli otto volumi precedenti, qui si rielaborano e si definiscono le idee e i concetti che hanno guidato nel corso di quasi venti anni la ricerca in un territorio inesplorato, le cui frontiere coincidono con un nuovo uso dei corpi, della tecnica, del paesaggio. Al concetto di azione, che siamo abituati da secoli a collocare al centro della politica, si sostituisce così quello di uso, che rimanda non a un soggetto, ma a una forma-di-vita; ai concetti di lavoro e di produzione, si sostituisce quello di inoperosità - che non significa inerzia, ma un'attività che disattiva e apre a un nuovo uso le opere dell'economia, del diritto, dell'arte e della religione; al concetto di un potere costituente, attraverso il quale, a partire dalla rivoluzione francese, siamo abituati a pensare i grandi cambiamenti politici, si sostituisce quello di una potenza destituente, che non si lascia mai riassorbire in un potere costituito. E, ogni volta, nel tentativo di definire, al di là di ogni biografia, che cosa sia una forma-di-vita, l'analisi dei concetti si intreccia puntualmente con l'evocazione della vita di alcuni personaggi decisivi del pensiero contemporaneo.
Charles Baudelaire. Un poeta lirico nell'età del capitalismo avanzato
Walter Benjamin
Libro: Copertina morbida
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2012
pagine: 930
Questo libro presenta la ricostruzione - resa possibile dai manoscritti benjaminiani ritrovati da Giorgio Agamben nel 1981 nella Biblioteca nazionale di Parigi - del libro su Baudelaire cui Benjamin aveva lavorato negli ultimi due anni della sua vita, quando, interrompendo la stesura dei "Passages di Parigi", decide di trasformare in un'opera autonoma quello che all'inizio si presentava come un capitolo del libro. Attraverso un paziente lavoro di edizione e di montaggio, che alterna testi inediti ad altri già noti (che trovano solo ora la loro collocazione e il loro senso nell'opera complessiva), il libro permette di seguire la genesi e lo sviluppo, nelle varie fasi della sua stesura, del work in progress che costituisce la summa della tarda produzione benjaminiana. Mentre del libro su Parigi noi abbiamo poco più che lo schedario, "Charles Baudelaire. Un poeta lirico nell'età del capitalismo avanzato" offre un'immagine articolata e coerente, anche se frammentaria, del laboratorio benjaminiano e del suo metodo compositivo. Sfatando la leggenda di un autore esoterico, il libro ci presenta, nel suo stesso farsi, il modello di una scrittura materialista, in cui non soltanto la teoria illumina i processi materiali della creazione, ma anche questi ultimi gettano una nuova luce sulla teoria.
Il regno e il giardino
Giorgio Agamben
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2019
pagine: 120
Da più di due millenni il paradiso terrestre, il giardino piantato da Dio in Eden, è stato per il mondo occidentale il paradigma di ogni possibile felicità degli uomini sulla terra. E, tuttavia, esso è fin dall'inizio anche il luogo da cui la natura umana, caduta e corrotta, è stata irrevocabilmente scacciata. Da una parte, tutti i sogni rivoluzionari dell'umanità possono esser visti come l'instancabile tentativo di rientrare nell'Eden, sfidando i guardiani che ne custodiscono l'accesso, dall'altra il giardino resta invece come una sorta di traumatismo originario che condanna al fallimento ogni ricerca di felicità sulla terra. In entrambi i casi, il paradiso è essenzialmente un paradiso perduto e la natura umana qualcosa di essenzialmente manchevole. Attraverso una critica serrata della dottrina agostiniana del peccato originale e una rilettura del paradiso dantesco, la ricerca di Agamben prova invece a pensare il paradiso terrestre non come un passato perduto né come un futuro a venire, ma come la figura ancora e sempre presente e attuale della natura umana e della giusta dimora degli uomini sulla terra. Un paradigma politico, dunque, da articolare e distinguere dal regno millenario, che ha fornito il modello alle utopie di ogni specie. Se solo il regno può dare accesso al giardino, solo il giardino rende pensabile il regno.
La forma e l'intelligibile. Scritti sul Rinascimento e l'arte moderna
Robert Klein
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 688
Anche se non ha forse ricevuto il riconoscimento che gli spettava, "La forma e l’intelligibile" è un classico delle scienze umane del secondo Novecento. Come ogni classico di questa specie, il libro sconta innanzitutto l’impossibilità di definire la mente dell’autore, al quale si potrebbe riferire la caustica battuta che aveva egli stesso coniato per Aby Warburg, creatore di «una disciplina che, all’opposto di tante altre, esiste ma non ha nome». Se, come quella di Warburg, la «scienza senza nome» di Klein sembra ricalcare i confini disciplinari della storia dell’arte, ciò che ogni volta li smentisce non è, com’era avvenuto per Warburg, l’interesse per la psicologia e l’antropologia, quanto piuttosto un’urgenza genuinamente filosofica. Il giovane intellettuale ebreo che aveva vissuto ventenne in Romania gli anni atroci della dittatura fascista di Antonescu e della Guardia di Ferro, che aveva portato allo sterminio di metà della popolazione ebraica del paese, dopo la caduta del regime si laurea nel 1947 in filosofia all’università di Bucarest. Esule in Francia, l’incontro con André Chastel segna l’inizio di una lunga collaborazione, che lo spingerà a spostare maggiormente le sue ricerche sul terreno della storia dell’arte. È questa filosofia dislocata al di là dei suoi confini che ha permesso a Klein non soltanto di rivoluzionare per molti aspetti la storia dell’arte del Rinascimento, ma anche, col saggio Spirito peregrino, di gettare una nuova luce sulla poesia di Dante e dei poeti d’amore e, con lo studio su L’eclisse dell’opera d’arte, di descrivere con trent’anni di anticipo il destino dell’arte contemporanea. Fino agli studi che concludono il libro, in cui l’etica si definisce attraverso l’ardua dialettica fra appropriazione e alienazione, esser-sé ed essere altro. La nostra edizione aggiunge un testo sul riso, ritrovato dopo la prima pubblicazione del libro. G.A L’idea che il desiderio suscitato dalla bellezza è un desiderio di possesso (eterno)... La bellezza formale è ciò che rende mio il contenuto... La radice comune tra possesso e bellezza formale è il paradosso del godimento che non altera né consuma il suo oggetto... Spiegare l’aspetto «carezza», la finezza d’una esecuzione musicale, il timbro d’una voce, il vellutato di un (dipinto). In un certo senso questo compie l’oggetto; è l’«ultima mano» che elimina l’idea stessa della traccia d’una mano. Vedere la frase sulla bellezza che corrisponde a un desiderio così sottile che non si è potuto nemmeno concepire o sentire prima che sia esaudito: l’oggetto accarezzato è così il soggetto stesso.
La potenza del pensiero. Saggi e conferenze
Giorgio Agamben
Libro: Libro in brossura
editore: Neri Pozza
anno edizione: 2025
pagine: 416
Giorgio Agamben ha raccolto in questo volume un’ampia scelta dei suoi saggi inediti o sparsi in riviste oggi introvabili, dal 1980 a oggi. Ordinati in tre sezioni distinte (Linguaggio, Storia, Potenza), i diversi motivi del suo pensiero ruotano ostinatamente intorno a un unico centro, che il titolo compendia nella formula: la potenza del pensiero. In ognuno di questi testi è, infatti, in corso un esperimento in cui la posta in gioco è ogni volta l’uomo come essere di potenza, che nessun compito storico, nessuna opera e nessuna vocazione biologica possono esaurire, ed è, per questo, irrevocabilmente assegnato alla felicità e alla politica. Ciò che unisce gli uomini fra loro non è né una natura né una voce divina né la comune prigionia nel linguaggio significante, ma la visione del linguaggio stesso e, quindi, l’esperienza dei suoi limiti, della sua fine.