Passigli: PASSIGLI POESIA
Di questo. A lei e a me. Testo russo a fronte
Vladimir Majakovskij
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2009
pagine: 160
Scritto tra la fine di dicembre del 1922 e il febbraio del 1923, durante il periodo di clausura che Majakovskij si era imposto - anche grazie all'aiuto di Lilja Brik, che evitò in quel periodo perfino di telefonargli - per riflettere a fondo su se stesso e sulla sua opera, "Di questo" rappresenta certamente uno dei culmini della poesia del grande poeta russo, tanto che egli stesso lo considerava "per me, forse, e per tutti gli altri, la cosa di maggiore e migliore elaborazione" che avesse scritto. Il tema, secondo le parole dello stesso Majakovskij, è il vivere quotidiano, "quel vivere in cui niente cambia, che si manifesta oggi come il nostro peggior nemico e che fa di noi dei filistei"; quel vivere che, organizzato secondo i valori più meschini della vita borghese, minaccia quanto c'è di più alto nella vita dell'uomo, la sua capacità di amare e di essere amato. Da questo punto di vista, "Di questo" dedicato a Lilja Brik, ma non solo a Lilja Brik: "a lei e a me" recita letteralmente la dedica, come a definire due entità tanto inseparabili quanto distinte - è anche un lungo poema d'amore, un itinerario verso la donna amata e verso il più assoluto dei sentimenti umani.
Poesie scelte. Testo portoghese a fronte
Fernando Pessoa
Libro: Libro rilegato
editore: Passigli
anno edizione: 2006
pagine: XXII-400
Incapace di affrontare una realtà ebbra di pianto, e di mettere ordine fra le pulsioni opposte della sua anima, Fernando Pessoa dà vita a numerose figure eteronime, 'subpersonalità' caratterizzate da una particolare voce poetica a cui assegna una parte importante della propria produzione. Gioco di specchi, moltiplicazione ironica e mistificatrice di maschere, o piuttosto costruzione difensiva dal dolore del vivere, dalle incertezze del conoscere? L'antologia di Luigi Panarese che qui si ripropone rivelò nel 1967 la grandezza di Pessoa al pubblico italiano, e da allora si è riproposta ininterrottamente in questa sua funzione. Con l'ampia scelta dell'ortonimo (che rappresenta il tentativo di contenere razionalmente la vita e l'esperienza del mondo), e una significativa selezione dei tre eteronimi maggiori (Alberto Caeiro, sensibilissimo poeta bucolico, Ricardo Reis, autore di odi sotto il segno di Orazio, e il futurista Alvaro de Campos), il volume conduce il lettore per quello che si è via via configurato nel corso degli anni come un vero e proprio oceano poetico.
Poesie per un corpo. Testo spagnolo a fronte
Luis Cernuda
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2003
pagine: 59
"All'amore si devono chiedere solo alcuni istanti, che davvero equivalgono a un'eternità": così confessava Luis Cernuda due anni dopo aver concluso le "Poesie per un corpo", che rappresentano il retaggio poetico di una breve e intensa storia d'amore con un giovane messicano di nome Salvador. L'incontro era avvenuto nel 1951, allorché Cernuda, in esilio dal 1938 come tanti altri poeti spagnoli della sua generazione, dopo aver vissuto in Inghilterra, in Scozia e negli Stati Uniti, ritrova in terra messicana il sapore mai sopito della sua lingua natale e decide di trasferirvisi. Queste "Poesie per un corpo", sono un vero e proprio canzoniere amoroso, intensa celebrazione della passione d'amore e, insieme, uno dei momenti più alti della poesia di Cernuda.
Il corpo disabitato
Daniele Cavicchia
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2025
pagine: 136
«Uno dei modi in cui si manifesta e prende forma la poesia di Daniele Cavicchia sta nel porsi domande radicali quasi senza volerne aver l’aria; un altro modo sta nel rispondere a queste domande con una stringata quanto nervosa pacatezza (sempre lì lì forse pronta a tradursi in una sorta di ira senza tratti fisici, e invece sedata). Le due cose vengono a dire intanto di un’attitudine inquieta verso le cose della vita, del mondo e di ciò che è prima e dopo la vita e prima e dopo il mondo; poi vengono a dire di una saggia rassegnazione di fronte all’ininterpretabilità di ciò di cui si chiede (per sapere, sempre, mai per avere); infine ci dicono del tormento (preesistente e convivente) nel viaggio verso ciò che convenzionalmente chiamiamo saggezza. Prendiamo le venti stanze che costituiscono il poemetto in apertura: “Il corpo disabitato”. Si tratta di un insieme talmente sfaccettato che ora ci appare in un modo ora nel modo opposto: un poemetto sapienziale contro un diario – per quanto misterioso – di cose quotidiane che si mostrano parzialmente e sempre un po’ trasfigurate. E lo stesso avverbio messo a incipit sembra far derivare tutto il componimento da un inizio che non ci viene detto; o sembra mostrarci tutto come un dialogo del quale abbiamo perduto la prima parte. Oppure, infine, siamo proprio noi quel tu al quale si rivolgono le parole, e ce ne accorgiamo proprio nel momento in cui cominciamo a leggere, prendendo corpo in quel momento?...» (Dalla prefazione di Raffaele Manica).
'Ndrangheta. Testo calabrese a fronte
Alfredo Panetta
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2025
pagine: 184
«“‘Ndrangheta”, ultimo libro di Alfredo Panetta, ribadisce la vita che continua ad avere la lingua altra dei dialetti, conferma la loro necessità nell’italiano. Panetta scrive nel linguaggio della Locride, sua terra natale. La sua poesia da sempre coniugata con temi civili trova in questo libro nomi ulteriori da fissare sulla pagina, come quello di Francesco Panzera, vicepreside del Liceo di Locri assassinato perché si era opposto all’ingresso dell’eroina nell’istituto e che era stato professore di matematica dell’autore. A questa memoria se ne intrecciano altre, in un coro continuo, silenzioso e assordante di presenze-assenze…» (Dalla prefazione di Antonella Anedda) «… Proprio come dice in un suo verso, Alfredo Panetta sa “impugnare la penna come un manico di zappa, usare la conoscenza per forgiare bacchette magiche” e smascherare l’indifferenza dilagante, la sensazione di resa e di abbandono di fronte alle ingiustizie, agli abusi, alla morte di persone innocenti e alla disumanizzazione di tante altre. Non solo in Calabria, né solo per mano mafiosa! Questo grido riecheggia il grido di altri popoli oltraggiati dalla violenza, che in altre terre e in altre lingue affidano ai propri poeti la richiesta di non essere dimenticati». (Dalla nota di lettura di Don Luigi Ciotti)
Le corrispondenze
Francesco Dalessandro
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2025
pagine: 96
«… Si può imparare a morire? Comprendiamo ora meglio l’assunto, l’assillo, di Francesco Dalessandro che “la vera materia prima non è la realtà ma la memoria e il dolore che spesso l’accompagna”. Conosce bene Dalessandro il tempo di un uomo, la verità quale seppero i primi poeti, da prima di Omero; sa la precisione, l’esattezza del nominare che crea la vita, il movimento. E “perciò scrivo da questo / presente”, nonostante e perché più si impongono “visioni di deserti / o di tundre dell’anima o paludi”; e poi, in tempi sempre più terribili, per chi “sbarca vivo” e “si tormenta / per tutto quel che s’è lasciato dietro / per chi si è perso sciolto nel tuo sale / o stretto dai tuoi ghiacci senza fine”, mare. L’uomo è “destinato / d’imperio al suo dolore e al silenzio”; ostinatamente ora il poeta interroga ogni corrispondenza, indaga storie e scritture, ogni amante e più quando gli si para innanzi “il buio / insonne del silenzio” perché non vengono più le “parole a fare luce a fare / giorno”. A noi lettori sarà dato di indagare, di vedere dal vivo della carne. Silenzio e dolore sono parole martellanti affacciate in questo libro, ma fanno la giustezza infiniti tagli di luce, sferzanti, quando dentro una poesia volano improvvise rondini quali corrispondenze ‘di amorosi sensi’…». (Dalla prefazione di Domenico Adriano)
Pugacëv. Testo russo a fronte
Sergej Esenin
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2025
pagine: 136
“Scritto tra il marzo e l’agosto 1921 e pubblicato l’anno successivo, il poema drammatico “Pugačëv” rappresenta uno dei vertici della produzione del poeta russo Sergej Esenin (1895-1925). Emel’jan Pugačëv, capo di una delle più grandi insurrezioni contadine della storia russa, che tenne in scacco per due anni (1773-1774) l’impero guidato da Caterina II, diventa qui protagonista dell’epos lirico eseniniano. Si tratta di una tra le prime opere a tema storico-rivoluzionario degli anni Venti del secolo scorso, in cui sullo sfondo degli avvenimenti storici si distinguono alcune delle caratteristiche più rilevanti della poetica del poeta di Rjazan’, quali la vicinanza con il mondo contadino, il sentimento della campagna, l’interesse per la sorte degli ultimi, l’inscalfibile tensione verso la vita nell’opposizione con una morte spesso tragicamente vincitrice. Tra tutte le sue opere, Esenin provava una predilezione e un amore particolari nei confronti del suo “Pugačëv”, frutto di un lungo lavoro e di una lunga gestazione che dovevano porre il poeta in dialogo e a confronto con Aleksandr Puškin, autore di una “Storia della rivolta di Pugačëv” e della tragedia storica “Boris Godunov”. Numerose sono le testimonianze delle declamazioni del “Pugačëv” da parte dello stesso Esenin, testimonianze che certificano e sottolineano l’importanza dell’opera per il poeta. Maksim Go’rkij parlò di una lettura «commovente fino alle lacrime», lo scrittore belga Franz Hellens della più grande testimonianza incarnata della fusione tra un poeta e la sua creazione, Il’ja Ėrenburg della vastità del respiro dell’opera, identificata come vero e proprio «dono del canto», talmente sentita dal suo autore che spesso dopo la declamazione scoppiava in singhiozzi. Alla predilezione di Esenin corrisponde quella del suo principale traduttore italiano, Iginio De Luca (1917-1997), che scrive del “Pugačëv” come del «momento più felice dell’immaginismo russo» e come della «vetta più alta della poesia di Esenin». Il “Pugačëv” di De Luca, che vide la luce per la prima volta nel 1968, viene qui riproposto nella sua interezza, con testo russo a fronte e con la prefazione e l’apparato di note dello stesso De Luca.” (Riccardo Mini)
Lo sperdimento e altro. 2019-2024
Luigi Fontanella
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2025
pagine: 104
«… Il viaggio, qualsiasi viaggio, non è pensabile se non attraverso categorie spazio-temporali. Anche inoltrarsi nell’ignoto è un viaggio, così come lo è penetrare in una dimensione estranea o aliena. Ma se questo è vero, che viaggio potrà mai essere quello in cui tempo e spazio si comprimono, si dilatano, esplodono, lasciandoci preda di confusione e smarrimento, anzi, di sperdimento? Un viaggio che non è un viaggio, semmai un precipitare in confusione. Eppure c’è confusione e confusione. C’è smarrimento e smarrimento. C’è la perdita del contatto con il reale, che comporta incoscienza e cecità, e c’è il perdersi nello sconfinato, che prelude a un’accensione dello sguardo e lascia aperte tutte le domande…» (Dalla prefazione di Sergio Givone) «… Il libro di Luigi Fontanella è la riproposizione coraggiosa della scrittura come forma di confessione, a se stessi e al mondo, del fallimento dell’Essere, della sua incapacità a mostrarsi per Ciò che È. La realtà nascosta stenta ad emergere anche nella pratica della scrittura: “tutto l’ammasso di carta / immenso e statico di cui ti sei circondato”. Le immagini della vita si accumulano come i fotogrammi di un film e niente ci è dato veramente di sapere». (Dalla postfazione di Sebastiano Aglieco)
Il lampo che non cessa. Poesie d’amore
Miguel Hernández
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2025
pagine: 160
«… Due eventi circoscrivono il concepimento della raccolta “Il lampo che non cessa” (El rayo que no cesa): il fidanzamento con Josefina Manresa, nell’autunno del 1934, e la morte dell’amico Ramón Sijé, avvenuta il 24 dicembre 1935. Un periodo di poco più di un anno, per molti aspetti fondamentale per Miguel: Madrid ha preso il posto della natale Orihuela, il lavoro per Espasa Calpe è subentrato a quello di pastore, i più importanti intellettuali dell’epoca – Pablo Neruda, Vicente Aleixandre, Rafael Alberti, Federico García Lorca – gli permettono di liberarsi dell’egida di Sijé, di un cattolicesimo ormai da lui lontano, del moralismo e del perbenismo di provincia; la passione per Maruja Mallo travolge il fidanzamento con l’umile sartina lasciata al paese e gli fa conoscere l’amour fou; María Cegarra rimarrà sempre un amore platonico, l’ultimo tentativo prima di riallacciare, definitivamente, il rapporto interrotto bruscamente con Josefina. Il periodo si chiude, simbolicamente, con la morte dell’amico che più e meglio rappresentava il suo passato. “El rayo que no cesa” è da intendersi come il ritratto poetico di questa convulsa fase della vita di un uomo e, allo stesso tempo, il momento più alto della poesia amorosa di Miguel Hernández. La poesia diventa l’espressione disperata e sconvolgente dell’amore che Miguel vive, materialmente e integralmente. Miguel dà dunque spazio alla sua realtà, che è fatta d’amore e di campagna, piante, animali, frutti, fiori, pietre, strumenti di lavoro nei campi, fatica e sudore. Con una voce lacerata e “impura”, racconta la vita, il dolore e l’amore… Miguel rinchiude il suo smisurato slancio amoroso, la tempesta di passioni che lo tormenta e la crisi interiore che gli squassa il cuore in una struttura geometricamente precisa, dominata dal rigore e in versi impeccabilmente perfetti, con una precisione architettonica…» (Dalla prefazione di Arianna Fiore)
18 poesie- 18 poems
Dylan Thomas
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2025
pagine: 144
«...18 poesie consente di circoscrivere un preciso momento nell’elaborazione stilistica di Thomas (…) È da quel momento che Thomas inizia a elaborare la sua peculiare “poetica del processo”, secondo l’ormai nota definizione del critico Ralph Maud, che ne mutuò il nome dalla poesia Un processo nel clima del cuore, inclusa in 18 Poesie. Tale poetica si fonda, da un lato, su una precisa visione della natura, dell’uomo e dei processi vitali; dall’altro, su una stringente resa formale che ne veicola il senso profondo. Per Thomas l’universo è caratterizzato da una sostanziale unità, che si attua e si manifesta nei continui processi di mutamento che investono tutti i suoi elementi, e a cui presiedono le due forze simultanee di creazione e distruzione. I contrari convivono, riunificati nell’esperienza ed espressi dalle immagini poetiche giustapposte e polarizzate… Da qui deriva anche la nuova e radicale compressione formale di queste poesie, unita all’utilizzo sistematico della strofa regolare e della rima. All’uscita di 18 Poesie questo aspetto non fu compreso e la critica fu semmai abbagliata dal caleidoscopio di immagini visionarie esibito nelle poesie. È un equivoco che ha tenuto lungamente in scacco Thomas – l’idea semplificatoria e falsa di una poesia delirante, nella migliore delle ipotesi associata agli automatismi psichici del surrealismo, nella peggiore a pretestuose derivazioni biografiche – e che ha adombrato la lucidissima e per niente allucinata elaborazione formale che rende le sue poesie così dense e impenetrabili. Si tratta invece del tentativo ad altissima intensità di serrare in unità linguistica gli opposti, di articolare la loro inconciliabilità logica entro argini ritmici e metrici, di tener dietro al processo di metamorfosi verbale attraverso una sintassi spezzata, che salta i passaggi logici intermedi e frantuma le categorie grammaticali…» (Dalla prefazione di Federico Mazzocchi)
Dopo le parole. Poesie scelte 1965-2015
Nicole Brossard
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2024
pagine: 192
«L’opera di Nicole Brossard non è del tutto sconosciuta in Italia, paese con il quale peraltro ha da sempre avuto varie frequentazioni anche attestate dai suoi scritti (qui si vedano, ad esempio, le pagine di Je m’en vais à Trieste). Mancava tuttavia al catalogo un volume che desse conto anche da noi in modo ampio e articolato del percorso poetico di quella che è stata definita da Judith Fitzgerald “la maggiore poetessa canadese vivente” (…) Nicole Brossard è infatti poeta che pur attraversando le nebbie e gli orrori del nostro tempo sempre sa aprirsi, senza illusioni, all’“enorme trasparenza della speranza” (Tutto), se è capace di cristallizzare in versi folgoranti e indimenticabili come “dio è un’oliva ingoiata da un cane” (Treno AVE) la sua arte verbale. In Brossard, fondamentalmente estranea al biografismo e all’aneddoto, agisce, come ben afferma Pierre Nepveu, “l’aspirazione all’emozione, al delirio, all’energia integrale”. Proprio in questa inesausta e laica fede nella poesia risiede la forza della sua parola, mai appagata e sempre tesa verso un dopo le parole che pur alla parola mai rinuncia e cui strenuamente, confidente, malgré tout s’affida». (Dalla prefazione di Fabio Scotto)
Un'alba americana
Joy Harjo
Libro: Libro in brossura
editore: Passigli
anno edizione: 2024
pagine: 240
«Un’alba americana (An American Sunrise) inizia con la data del 28 maggio 1830, giorno in cui il Presidente Andrew Jackson “firmò illegalmente lo Indian Removal Act per la deportazione delle popolazioni sudorientali dalle nostre terre verso l’Occidente… Dovemmo vedere immigrati che entrarono nelle case con fucili, Bibbie, masserizie, intere famiglie, per prendere quello che era stato nostro, mentre eravamo circondati da soldati e trascinati via come bestiame sotto la minaccia delle armi”. Nonostante il titolo sembri auspicare un rinnovamento in un contesto contemporaneo, risulta subito evidente come l’esplorazione della storia e della colonizzazione procedano attraverso un percorso particolare per incorporare il passato nel presente. Ecco perché questi componimenti si fanno potenti veicoli di memoria, svelamento di eventi e di verità storiche essenziali. Harjo avverte nel profondo l’imperativo della testimonianza, costruendo immagini e accadimenti in una continua accensione memoriale per raccontare di nazioni, popoli, vite individuali che non devono essere spinti fuori dal tempo e dalla storia, come la scrittrice dichiara, “perché siamo di fronte a un’immane macchinazione della stessa storia, tenuta nascosta per proteggere dall’offuscamento il Sogno Americano”. (…) La voce poetica di Harjo evoca paesaggi e luoghi dove la vita è sentita in tutta la sua sacralità, manifestazioni, esseri infinitesimali, singole esistenze mai perse nella memoria e con le quali intesse un dialogo. Sono presenze di una potenza vivificante, nel senso profondo della continuità di un legame e non recupero archeologico e spettrale del passato»... (Dalla prefazione di Laura Coltelli)

