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Corponove

Testimonianze partigiane. Storie vere della resistenza. Vissute da Giovanni Genini. Il partigiano «Gena» di Brembilla

Testimonianze partigiane. Storie vere della resistenza. Vissute da Giovanni Genini. Il partigiano «Gena» di Brembilla

Giovanni Genini

Libro: Libro rilegato

editore: Corponove

anno edizione: 2022

pagine: 160

Nella prefazione del libro, così scrive il figlio del Partigiano "Gena", Mario Genini: «Due Febbraio 2011, il Partigiano Gena lasciava la sua vita terrena per rimanere nei ricordi di chi lo conobbe. Era Mio Padre. Scrisse i suoi ricordi del periodo Partigiano dal 1944 al 1945 e li dedicò a suo padre Giovanbattista che non lo osteggiò nelle sue scelte di Partigiano anzi, lo aiutò in quel terribile periodo, pur sapendone i rischi. Durante la sua ricerca, avvenuta negli anni '80, io avevo intuito ciò che stava facendo ma non ne capii l'importanza... Inn alcune occasioni non lo assecondai, quasi lo osteggiai. Solo dopo quattro anni dalla sua morte, curiosando nelle sue cose personali, trovai la sua ricerca ma non vi diedi molta importanza, perché ancora una volta non capii il lavoro e lo sforzo compiuti nel raccogliere le testimonianze, le fotografie dei luoghi della sua Resistenza Partigiana. Una ricerca svolta con assiduità e costanza da un uomo che non era uno scrittore, ma un narratore della propria vita vissuta. Escludendo il periodo Partigiano e la vita lavorativa, ho saputo poco della sua giovinezza, forse perché troppo impegnato a portare avanti ciò che lui e mia madre avevano realizzato con duro lavoro. Sono passati dieci anni da quel 2 febbraio 2011. Sempre più forte ho sentito la necessità morale di divulgare la sua ricerca, trasformandola in un libro che racconta la vera storia del suo periodo Partigiano, con i ricordi e le testimonianze di personaggi che hanno vissuto la resistenza. Le interviste raccolte dai testimoni in vita sono avallate da filmati, anch'essi girati da mio padre durante la ricerca. Il libro rispecchia la sua ricerca e il suo pensiero, così com'è stato scritto da lui, senza correzioni, senza influenze politiche perché, come lui ha sempre sostenuto, il Partigiano combatteva per la libertà e non per la politica». Così scrive il Partigiano "Gena" all'inizio delle sue Testimonianze. Ognuno di noi ha vissuto la propria storia partigiana, ma non conosce le vicende personali degli altri, in quanto i vari fatti avvennero in luoghi diversi. Interessante fu per me apprendere dai libri sulla Resistenza, fatti che altrimenti non avrei mai conosciuto e così cercavo di immaginare, mentre leggevo, i luoghi dove avvennero gli episodi descritti. Ebbi però anche delusioni, perché mi accorsi che in alcuni casi, gli insuccessi furono superiori ai successi, mentre molte volte, le azioni si erano risolte in semplici scaramucce. Spesso si doveva fuggire di fronte ai rastrellamenti, in quanto i partigiani erano acquartierati, per ordine dei comandanti, in luoghi abitati dalla popolazione montanara, senza la possibilità di sganciamento nel caso di attacco nemico. Fu così che molti persero la vita (sia partigiani, che civili), mentre tutto ciò poteva essere evitato, con una maggiore preparazione dei capi partigiani. Visitando in seguito quei luoghi, rimanevo deluso perché non corrispondevano all'immagine che la mia fantasia aveva costruito leggendo soprattutto il libro intitolato "La Resistenza in Valle Brembana". Sia chiaro pertanto, che il mio giudizio negativo sui comandanti, riguarda unicamente Gastone per la 86ª Brigata Garibaldi e Tiragallo (Ratti) per la Brigata G.L. 24 Maggio. Ecco perché ho desiderato che la storia da me vissuta, fosse in parte visiva, evitando al lettore l'errore di una immaginazione non aderente alla realtà. Dato il tempo trascorso, non sono riuscito ad avere tutte le testimonianze che potessero convalidare quanto da me raccontato. Dai pochi ancora in vita, ebbi testimonianza scritta e filmata, mentre altri si rifiutarono di testimoniare, delusi di non aver avuto alcun riconoscimento (si trattava di partigiani effettivi). Di altri si erano perse le tracce. Mi limiterò quindi a raccontare quella che è stata la mia modesta esperienza personale, documentata solo in parte». Il libro è completato da un indice delle testimonianze documentato e da un elenco dei nomi.
20,00

Note per una teologia dello scoutismo-La spiritualità dello scoutismo

Luigi Cortesi

Libro: Copertina rigida

editore: Corponove

anno edizione: 2022

pagine: 80

Ristampa anastatica di due preziose opere di Mons. Luigi Cortesi, assistente diocesano dell'A.S.C.I. dal 1945 al 1955, due volumetti che al tempo hanno fatto il giro dell'Italia educando migliaia di scouts. Con questa ristampa mons. Umberto Midali vuol fare memoria anche di mons. Andrea Ghetti (detto Baden 1912-1980) importante punto riferimento dello Scoutismo italiano. Nel primo quaderno, don Gino coglie gli "elementi distintivi... che definiscono lo Scoutismo e lo differenziano da ogni altro movimento educativo...; la caratteristica differenziale... consiste in una particolare prospettiva dei fini prossimi, o dei mezzi, che lo Scoutismo si prefigge di conseguire e di mettere in atto... non sviluppi parziali della realtà umana..., ma un ideale di vita cristiana integrale, totale... attraverso lo sviluppo della realtà umana in tutte le sue dimensioni... Il Cattolicesimo, assumendo lo Scoutismo internazionale, lo ha elevato alla dignità di pedagogia cristiana completa...: scout campione di tutte le virtù naturali e soprannaturali..., in continua conversazione con Dio..., in nostalgia appassionata di Dio..., alla ricerca dell'Infinito e della Città celeste. Inoltre, il Professore traccia le linee fondamentali per una teologia dello Scoutismo e giunge a concludere che: A) È teologicamente legittimata l'educazione scout..., e una santità scout...; B) tale santità è quella specifica dei laici...; C) la santità scout ha valore di apostolato cristiano..., vocazione propria dei laici fedeli...13; D) lo Scoutismo è in sintonia con le più sane aspirazioni della società moderna..., ed è chiamato a diventare una potenza nel rinnovamento cristiano dell'umanità; infine, il Professore si commiata affermando che: "Lo Scoutismo è cosa grande e seria". Nel secondo quaderno, l'Assistente scout parla di "integralità della formazione che sogna di fare dell'uomo un capolavoro sia della natura, sia della grazia", del fine e del metodo, del modo, o stile spirituale, del tono "pneumatico"; illustra i caratteri, cioè le coordinate psicologiche e religiose di una vera spiritualità: intimità amorosa dell'impegno...; generosità verso il più e il "meglio"...; gioia tormentosa, o tormento gaudioso di tutto ciò che manca al trionfo di Dio in noi e nel mondo. Passando ad argomentare circa la giustificazione teologica e il valore evangelico della spiritualità scout, afferma il principio centrale della dignità del fedele, figlio di Dio..., ed elenca le figure conseguenti: fratello di Gesù..., coerede con lui e con i fratelli..., collaboratore corresponsabile della Trinità... nella costruzione della civiltà cristiana, della Chiesa, e della città celeste...; punto che viene chiarito ulteriormente: ordine naturale e ordine soprannaturale...: collaborazione universale, necessaria con Dio...; Gerarchia e laicato nell'apostolato...; apostolato dell'A.C....; sacerdozio universale...; servizio scout...; approfondimento: spiritualità cristiana del figlio e collaboratore di Dio...: A) primato dell'amore e interiorità amorosa dell'impegno religioso morale...; B) enerosità...; C) Gioia e tormento...; obiezioni pratiche e discussioni; Quietismo, meccanicismo spirituale... = considerazioni polemiche...: Conclusioni: 1) Esiste una spiritualità scoutistica...; 2) è solidale con genuini principi teologici..., perciò è valore autenticamente cristiano...; 3) è originale rispetto al mondo protestante...; 4) lo stile scoutistico è benedetta reazione... al fatalismo, al pessimismo, al quietismo morale, al meccanicismo nella vita spirituale, e all'utilitarismo spirituale...; 5) è una missione da compiere nel mondo. Oltre ai punti fondamentali che costantemente emergeranno e saranno sviluppati durante i lunghi anni del suo insegnamento, mi piace evidenziare il tema molto caro al Professore della teoria - ansia del "meglio" nel contesto della collaborazione - servizio e che era in sintonia con le parole - maestre: "Servire"; "P...
10,00 9,50

Don Giulio Gabanelli. Fede, cultura, umanità di un prete di provincia

Libro: Libro rilegato

editore: Corponove

anno edizione: 2022

pagine: 272

Don Giulio Gabanelli aveva una visione del mondo ispirata al Vangelo, sostenuta dalla fede e da un profondo umanesimo. Concordi le testimonianze della sua semplicità, generosità, attenzione verso chi bussava alla sua porta, fossero poveri o bisognosi di consigli, di aiuti spirituali o di carattere culturale. Seppe dar vita a grandi progetti sociali innervati della sua passione per la storia, l'arte e l'artigianato, l'archeologia e la paleontologia, oltre che per la poesia. Basti dire che, dopo le 20 pagine finali di biografia (nato a Fonteno nel 1922, quinto di dodici fratelli di cui anche il primogenito sacerdote), ne seguono ben 50 di bibliografia. Una persona grande, scrive don Angelo Vigani, il parroco suo successore a Zogno, un sacerdote grande, con il quale, a un anno dalla sua salita al cielo, è bello riprendere il discorso, far memoria della incisiva presenza sua nei cuori degli zognesi e di tutta la Valle Brembana, mettendo nero su bianco le cose importanti lasciate da don Giulio nei suoi cinquant'anni di vita a Zogno, dove fu parroco dal 1969, dopo essere stato coadiutore a Castione e a Calolziocorte. Non multa sed multum, scrive l'attuale parroco don Mauro Bassanelli, citando Quintiliano: non molte cose, ma molto bene, per dire che la perfezione non sta nel verbo "fare", ma nell'avverbio "bene". Per don Giulio molte sono le cose fatte e fatte bene. La raccolta di alcune in questo libro, può ricordarci che qualcuno è capace di fare molte cose e di farle bene.
20,00 19,00

Quaderni brembani. Volume Vol. 20

Quaderni brembani. Volume Vol. 20

Libro: Libro rilegato

editore: Corponove

anno edizione: 2021

pagine: 400

Questa è la ventesima edizione di Quaderni Brembani - scrive nella sua prefazione Tarcisio Bottani, Presidente del Centro Storico Culturale Valle Brembana “Felice Riceputi2, - un traguardo importante, che conferma la qualificata presenza della nostra Associazione nella realtà culturale della Valle Brembana. Nel corso degli anni il nostro Annuario ha suscitato attenzioni anche fuori Valle, ospitando autorevoli contributi di studiosi d’arte, archeologia e storia. Quest’anno, ad esempio, abbiamo il piacere di leggere un testo inviatoci da una docente di Berkeley (California) sulla vicenda del soldato Giannino Gherardi (suocero del nostro compianto socio Alberto Giupponi), prigioniero negli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale. Pubblichiamo inoltre i risultati di ricerche archeologiche che gettano nuova luce sull’evoluzione storica della nostra Valle e una serie di articoli che delineano un panorama vallare complesso, costituito da tasselli di varia natura e interesse. Sono una sessantina i testi raccolti in questo numero. Il socio Denis Pianetti ha predisposto gli indici analitici di quelli pubblicati nei precedenti 19 numeri, elencando ben 600 saggi e oltre 235 tra testi poetici e narrativi. Questi indici, aggiornati con quelli del presente numero, fanno salire a circa 900 i testi pubblicati in vent’anni di Quaderni Brembani: un patrimonio di cultura, ricerca, documentazione, poesia e narrativa che trova pochi riscontri anche a livello nazionale. Suddivisa in sei sezioni (Anteprima, Apertura, Ricerca (da pagina 51 a pagina 272), Ricerca-Attualità e Memoria, le brevi e intense pagine dei commiati, Racconti e Poesie), la ventesima edizione dei Quaderni Brembani 20, anno 2022, sembra quasi superare le precedenti pur “insuperabili” edizioni. Consueta la chiusura letteraria dello “Scaffale brembano”, dedicato ai libri usciti durante il 2021, e le delicate quanto importanti pagine dell’Undicesima edizione del Sanpellegrino Festival Nazionale di Poesia per e dei bambini, a cura del coordinatore del Festival, Giancarlo Migliorati.
15,00

Il comandante Gastone. Partigiani in Val Taleggio

Cesare Quarenghi

Libro: Libro rilegato

editore: Corponove

anno edizione: 2021

pagine: 264

La Valle Taleggio subito dopo l'8 settembre 1943 vide la presenza delle prime formazioni che diedero un contributo importante alla lotta di liberazione. Le fasi della Resistenza in questa zona sono ripercorse e analizzate da Cesare Quarenghi, che si basa sulla cospicua saggistica, anche recente, prodotta sull'argomento, oltre che sulla memorialistica e su varie testimonianze che ha avuto modo di raccogliere. Vengono così puntualizzati alcuni episodi, chiarite vicende non del tutto lineari e delineate figure dei principali personaggi. Su tutti si staglia quella di Gastone Nulli, per alcuni mesi comandante dell'86ª brigata Garibaldi operante in Valle. Questa figura controversa (che nell'autunno del 1944 scese a patti con i nazifascisti e abbandonò la Valle, sciogliendo la sua formazione, alla fine della guerra fu oggetto di un'inchiesta che lo ritenne colpevole di tradimento e collusione col nemico) viene qui analizzata sotto un'ottica diversa, che ne evidenzia anche l'autonomia di giudizio e le doti di leader quasi carismatico. L'obiettivo dichiarato dell'autore è quindi di appurare chi fosse realmente Gastone e se l'accusa di tradimento è provata o no, ponendosi in alternativa con quanto è stato scritto su di lui in tre quarti di secolo. Si approfondiscono quindi le vicende dell'86ͣ brigata Garibaldi, che operava in quella parte occidentale della Val Brembana con il rilievo del Resegone che divide ed unisce alla Valsassina e al Lecchese. Il suo comandante, Gastone Nulli, già ufficiale del genio e del SIM (Servizio Informazioni Militari), dopo l'8 settembre 1943 e dopo aver preso parte alla prima banda partigiana distrutta in un rastrellamento sul Cancervo il 4 dicembre 1943, passa inverno e primavera a Milano, collegandosi ad un mondo antagonista di ispirazione comunista, stabilendo, lui anticomunista, rapporti di reciproca simpatia. Di forte personalità, punto di riferimento per giovani disposti a darsi alla macchia, Gastone è socievole, convincente, ama i piaceri della vita. La sua autonomia di giudizio lo porta a decisioni che hanno la loro logica e i loro vantaggi, ma sono talora pericolose o addirittura provocatorie per le forze in campo. Così, quando è costretto, per assicurare maggiori risorse alla sua formazione, ad entrare nella 2ͣ Divisione Garibaldina, non saranno pochi i problemi, le frizioni e infine lo scontro che lo porterà a lasciare la brigata a fine novembre 1944 e ad andarsene con il bollo infamante di voltagabbana e di traditore passato ai tedeschi. La vulgata dei racconti resistenziali che riguardano Gastone e la Val Taleggio parte da questo giudizio come da un punto inconfutabile, che, però, a parere dell'autore, è stato assunto in modo piuttosto acritico. L'autore, già preside di un Liceo cittadino, revoca in dubbio questo assioma e crede di poter concludere in modo opposto. Con tutto ciò l'intento non è quello di santificare Gastone del quale, dopo aver riconosciuto le virtù, ci si guarda bene dal voler minimizzare i difetti. Ci si limita a registrare l'improbabilità che Gastone abbia tradito. In questa indagine emergono molte cose: la vita di quel tempo in Val Taleggio, l'atteggiamento di persone che in quella storia hanno avuto ruoli talora di un certo rilievo, le luci e le ombre del comandante Gastone e, inoltre, la filigrana della catena di comando garibaldina, sino all'eccidio con cinque morti compiuto dai garibaldini a Vedeseta il 24 novembre 1944 che è stato per lo più narrato come un fatto fra il fisiologico e il consequenziale… come a dire che Gastone (che pure scampa alla strage) in fondo se l'è andata a cercare! La Resistenza è una parte non secondaria della nostra storia recente; parlarne è certamente importante, fondandosi anche su nuove ricerche, sempre con lo sforzo di meglio capire ciò che è veramente successo, per onorare la Resistenza e restituire la sua verità effettuale a noi oggi e a quelli che verranno.
16,00 15,20

Giacomo Calegari. Pittore verista e ricercato ritrattista

Giacomo Calvi, Chiara Delfanti

Libro: Copertina rigida

editore: Corponove

anno edizione: 2021

pagine: 112

Felice riscoperta di un artista verista e scapigliato, allievo di Enrico Scuri alla Carrara che tanto l'ebbe stima e da cui apprese l'arte neoclassica del ben disegnare e dipingere pur ricollegandosi molto più alla prima scapigliatura bergamasca, avvicinandosi talvolta all'ultimo Piccio. Basti guardare il ritratto di copertina con quell'espressione un po' spavalda, quasi sfida al mondo di un Clark Gable di là da venire. Giacomo, nato a Piazza Brembana nel 1848, lasciò questa vita a Bergamo nel 1915. Da guerra a guerra. La sua vita fu tutta una conquista. La prima, frequentare l'Accademia Carrara su consiglio e aiuto di quel benemerito arciprete di Piazza Brembana don Angelo Tondini, che aiutò anche l'amico Eugenio Goglio, divenuto gran fotografo. Nel 1903 fotografò il suo arciprete morto, seduto una sedia istoriata. Il nostro Calegari vinse premi alla Carrara, fu, insieme a Ponziano Loverini, il prediletto dello Scuri, che ne apprezzava estro, diligenza e straordinario impegno. Fra i compagni della Carrara Rinaldo Agazzi, Giovanni Pezzotta, Spinelli, Riva, Cavalleri. Per poter studiare, Giacomo dipingeva apprezzati ritratti di notabili, mentre intorno al 1880 soggiornò a Roma frequentando artisti fra i quali Cesare Maccari, in auge nella capitale umbertina. Continuò a frequentare la Carrara e a partecipare ad esposizioni. Nel 1987 fu assai apprezzato dalla critica il famoso Ritratto di Gaetano Donizetti in piedi davanti ad una balaustra, manifesto della mostra centenaria del musicista. Apprezzato anche il dipinto di Donizetti morente, in ascolto del significativo finale di Lucia, "Tu che a Dio spiegasti l'ali". Nel 1898, quando il direttore della Carrara, Cesare Tallone (subentrato allo Scuri nel 1885), fu nominato alla Brera, candidati alla successione erano il Calegari e il Loverini. Fu scelto Loverini anche per il precario stato di salute di Giacomo. Salute che nel 1906 andò via via peggiorando, pur continuando egli a dipingere. Ultimo, il Ritratto della Contessa Suardi, in una felice tonalità cromatica, abbozzato con la mano sinistra e vedendo con un solo occhio. Fra gli oltre cinquanta ritratti del libro, il già citato Autoritratto e il Ritratto di don Marco Calvi, del 1875, emblematici della sua stretta e asciutta aderenza al vero, non esente da divagazioni e attenzione a particolari tesi a cogliere la personalità, a renderla viva e attuale, anche con effetti ricercati di luce. Si ammirino gli occhi pungenti e indagatori nel Notaio Bernardo Mocchi; lo sguardo severo del Prevosto di Pignolo don Pietro Armati; il nobile sorriso della Contessa Piccinelli con quel colletto di raso da far invidia a Fra Galgario; l'imponente Dottor Alcaini, di indiscutibile certezza medica;, il Direttore d'orchestra del 1884, di assorta consapevolezza. Il ritratto del suo caro Don Angelo Tondini, del 1903, par riprendere da vivo, con tutto il suo affetto, la fotografia che gli fece da morto l'amico Goglio. Intensi e "moderni" i ritratti del padre, Il papà fa la barba e Papà in lettura; di sobria commozione La mamma che muore. Una tenerezza i ritratti dei familiari. Nel municipio di Piazza Brembana, vive l'altera bontà e fierezza (quasi un alter ego del ritratto Donizetti), nel Ritratto di Clelia Pizzigoni, mamma Calvi, mamma dei quattro fratelli Natale, Attilio, Santino, Giannino, umili eroi del proprio dovere (nella Prima Guerra Mondiale) che ci giudicano con il loro silenzio, come scrisse di loro Ermanno Olmi. Fra le scene di genere, molto conosciuta la Gita campestre, in cui una contadinella fila la lana mentre accudisce le pecore, indicando la via a tre eleganti giovani cittadini. Scarsa la pittura sacra, che tuttavia non manca nel libro. Bene han fatto gli autori a inserire i poco conosciuti disegni, con quell'Abramo scaccia Agar che, mentre denota uno sguardo al quadro di Agar del Piccio, rivela quella grande abilità nel disegno apprezzata dal maestro Scuri.
22,00 20,90

Un viaggio continuo

Battista Rota

Libro: Libro rilegato

editore: Corponove

anno edizione: 2021

pagine: 136

Il libro è nato nella testa dell'autore come una lunga lettera d'amore per un padre che ormai non c'è più, passando per i ricordi, a volte sbiaditi, visti con gli occhi di un bambino, arrivando fino a spacciare aneddoti come insegnamenti anche quando di educativo non hanno nulla, diventando man mano una sorta di inno all'amore e alla venerazione che l'autore provava verso il genitore. Una venerazione che porta a cercare di essere come la persona venerata, arrivando ad un processo di immedesimazione. La linea di demarcazione diventa talmente sottile e invisibile da diventare quasi impossibile, anche all'autore stesso, capire dove finisce Mario e dove inizia Battista o viceversa. Chi non ha conosciuto Mario in vita, non potrà mai farsi un'idea precisa della persona leggendo questo libro, ma potrà farsi un'idea di quanto fosse grande l'amore di Battista per il padre. Un amore che faceva accettare a prescindere e di buon grado tutte le idee e le smanie di quell'uomo anche quando le decisioni erano particolarmente discutibili. Una vita scandita da cambi di abitazione, di negozi, compravendite e ambizioni alla ricerca di una chimera. Sicuramente un gran lavoratore che non guardava in faccia nessuno, a volte nemmeno la moglie, tant'è che leggendo il libro si evince che non veniva nemmeno interpellata quando si parlava di affari, è così e basta, ma probabilmente capace di farsi amare da lei e dal proprio figlio, un figlio che vorrebbe essere tutt'ora come lui. Leggendo, non aspettatevi Shakespeare, prendete il libro per quello che è: un bouquet di ricordi, di avvenimenti che talvolta zoppicando narrano la storia di un padre e di un figlio. Avvenimenti di un'epoca passata che visti con gli occhi di oggi potrebbero stare comodamente in panciolle sul filo del politicamente scorretto, ma che all'epoca erano la norma. Quell'epoca nella quale si migrava dalle piccole realtà per cercare fortuna nelle grandi metropoli, dove Milano era l'equivalente di New York oggi. L'epoca in cui si stava bene anche se non si aveva niente, l'epoca nella quale bastava una caramella per far felice un bambino, l'epoca in cui si mangiava quella minestra o si saltava dalla finestra, l'epoca che forse non era così malaccio...». Raccontano silenziose anche le venticinque fotografie.
15,00 14,25

La zucca Violina. Storie oltre il cancello

Nazareth Simoncelli

Libro: Libro rilegato

editore: Corponove

anno edizione: 2021

pagine: 80

"Se un piccolo seme ha più forza di un destino avverso, un semplice sorriso moltiplicherà il cielo in universo?". Non era un seme perfetto, per questo prediletto. Così comincia la storia della Zucca Violina. Barbabianca era un contadino stagionato, di quella stagionatura genuina di chi conosce il passo delle cose e la misura del tempo che scorre. Barba riccia, naso storto, sorriso a tagliare in due il suo viso e l'abitudine di mettere la esse davanti alle parole. L'inverno volgeva al termine. Aggiustato un ciocco di legno sul fuoco, Barbabianca pensò di scendere in cantina a prendere i suoi semi. Ogni anno conservava, il meglio per la nuova semina. Ma, aspetta oggi aspetta domani, si ritrovò il più grande disastro per un contadino d'esperienza come lui. Tutti i semi di zucca smangiucchiati. "Cosa mi son dimenticato?", "Non ho più smemoria". "Ho slavorato come pochi... e guarda che disastro!" Un inverno senza zucca, una mezza sciagura. Ma fu proprio la "tragedia" a dar inizio a una bellissima storia. Fra le sue mani "Sparlanti di fatica e sudore", in un arpeggio di rughe, si ritrovò un semino, salvatosi per caso. Un due terzi di seme. Se lo rigirava fra le dita per capire se avrebbe dato frutto. Ormai spensierava. Alla tranquillità della casa si contrapponeva l'oltre il cancello, un mondo... sottosopra di padroni d'ogni mestiere, professione e azione, compreso il vivere a danno di altri. Oltre il cancello, un orto ricco con qualche tranello. Il pensiero di Barbabianca era tutto per quel seme ammaccato, sarebbe riuscito ad affrontare le avversità del sopra, del fuori? Lo custodiva e gli parlava. "Il seme è la vita oltre la morte". Prese quel seme rosicchiato, lo mise in terra nel punto più soleggiato dell'orto, lo delimitò a dovere ("Stavolta non voglio sconfondermi") lo innaffiò e incominciò sperare in quel seme sciancrato, la esse qui ci vuole. Gli avrebbe fatto un dono, anzi tre. Glieli avrebbe messi in uno zainetto, per quanto piccolo, ne conteneva d'affetto... Nello zainetto aveva messo... Calma, calma, quanta frenesia per un poco di poesia.
13,00 12,35

Le poste dei Tasso da Cornello all'Europa. Museo dei Tasso

Libro: Copertina rigida

editore: Corponove

anno edizione: 2021

pagine: 224

Di grande importanza il Museo dei Tasso e della Storia Postale, fondato da Adriano Cattani nel 1991, con sede nel medievale borgo di Cornello dei Tasso, uno dei borghi più belli d'Italia. Il Museo, forse il più antico della Valle Brembana, oltre a conservare documenti e missive d'epoca prefilatelica, e una lettera del 1840 con il famoso "penny black", il primo francobollo emesso al mondo, promuove ricerche e convegni sui Tasso, in contatto e collaborazione con diverse istituzioni culturali europee, università, musei, associazioni postali e filateliche, oltre ad essere punto di riferimento per i visitatori. Come scrive il sindaco Andrea Locatelli, «non potevamo che commemorare questo importante traguardo (il 30° di fondazione del Museo) con la stampa di un volume che riassume le tappe di questi anni di ricerca». Il libro "Le Poste dei Tasso da Cornello all'Europa" vuol essere un interessantissimo manuale, vocabolo usato in senso estensivo e riassuntivo, poiché - come scrive il professor Tarcisio Bottani nell'introduzione - fornisce una visione d'assieme della storia tassiana e favorisce il confronto immediato tra discendenze e personaggi, riservando adeguato spazio anche ai grandi letterati Bernardo e suo figlio Torquato, che fanno parte della famiglia Tasso, benché i loro rapporti con i parenti imprenditori postali siano stati poco assidui. Nei vari capitoli vengono sintetizzate vicende che si dipanano lungo mezzo millennio e viene delineato un panorama sintetico della complessa organizzazione delle reti postali che hanno interessato gran parte degli Stati europei dal Quattrocento al Settecento e, in Germania, fino alla seconda metà dell'Ottocento. Considerata la natura divulgativa dell'opera, nella redazione dei testi si è scelto di non inserire le note, se non in rari casi, e di ridurre al minimo la bibliografia. Al termine dei 13 capitoli vengono però indicati i riferimenti bibliografici utili per approfondire la conoscenza dei temi di volta in volta trattati. In taluni casi, come ad esempio nei capitoli dedicati alle origini del casato o allo sviluppo del ramo di Roma e Mantova, sono presenti riferimenti archivistici più dettagliati, perché relativamente ai contenuti di tali capitoli non esistono pubblicazioni monografiche e gli autori [Gabriele Medolago - Adriano Cattani - Bonaventura Foppolo (cap. 2-8-12) - Tarcisio Bottani (cap. 3-4-6-7) - Michela Giupponi -Marco Gerosa (cap.9-10-11-13)] hanno quindi svolto ricerche specifiche, i cui risultati sono documentati con opportune indicazioni relative alle fonti e alle opere consultate. Ricca la documentazione iconografica con più di 80 immagini.
15,00 14,25

La vendetta del grigio

Roberto Trussardi

Libro: Copertina rigida

editore: Corponove

anno edizione: 2021

pagine: 272

La vendetta. Luciano Cattaneo è un attempato agente di commercio che tutti chiamano il Grigio. È stanco ed apatico, con la sola prospettiva di trascinare una vita noiosa e triste, giorno dopo giorno più incolore. Disilluso e rassegnato, non intende impegnarsi per cambiare qualcosa nella sua vita personale e nella società. Tanti anni prima si era battuto per una società diversa militando nelle fila di Autonomia Operaia, ma gli eventi degli anni '80 l'avevano colpito duramente. Luciano e Zelda negli anni '80. Luciano Cattaneo viveva con Zelda, la ragazza che amava. Entrambi si erano resi responsabili di alcune modeste azioni illegali ma Luciano non volle mai andare oltre, non credendo che un'avanguardia armata potesse cambiare il corso della storia in Italia. Zelda aveva invece maturato l'idea opposta e si era avvicinata al gruppo di Aldo Vitali, uno dei killer di Iniziativa Rivoluzionaria. Luciano e Aldo, due personalità inconciliabili, due modi di fare del tutto diversi. Zelda si farà coinvolgere in una spirale di violenza e Aldo, nel frattempo catturato dalla Polizia, tradirà i compagni provocando la drammatica morte di Zelda e guadagnandosi l'odio imperituro di Luciano. L'incontro casuale tra Luciano e Aldo, quarant'anni dopo, riaprirà una ferita mai rimarginata e spingerà Luciano alla vendetta. La seconda vita di Aldo. Spiando la vita del suo antagonista Luciano scopre i traffici di droga di Aldo e il suo coinvolgimento in azioni criminali. Anche la vita di coppia di Aldo viene valutata e "sezionata" dal Grigio, il quale rafforza il suo sentimento vendicativo considerando che nessuno avrebbe sofferto per la morte di Aldo, il quale, oltre che spacciare stupefacente, è un "risolvi problemi" di un noto imprenditore. In questo contesto Aldo parteciperà all'occultamento dei cadaveri di due ragazze morte a causa dei bizzarri comportamenti del figlio dell'imprenditore. Il pubblico ministero e il processo. Le cose non vanno secondo i piani e Il Grigio finisce in carcere dove il Pubblico Ministero Letizia Brissoni, che tutti chiamano Mestizia per via dell'atteggiamento perennemente triste e imbronciato, cerca in ogni modo di far condannare Cattaneo. Il processo però, grazie anche a Lisciachiappe e Lori, i due collaboratori dell'avvocato, sarà ricco di colpi di scena, teso e coinvolgente. L'avvocato Suardi, arguto e dissacrante, non esiterà ad escogitare metodi difensivi ai limiti della deontologia professionale pur di evitare l'ergastolo al suo cliente.
15,00 14,25

Oltre il colle. Zambla Alta, Zambla Bassa, Zorzone. La storia - La vita - Le chiese - Le miniere - L'agricoltura - Il turismo - L'incomparabile bellezza - Quattro diverse radici, un unico albero

Oltre il colle. Zambla Alta, Zambla Bassa, Zorzone. La storia - La vita - Le chiese - Le miniere - L'agricoltura - Il turismo - L'incomparabile bellezza - Quattro diverse radici, un unico albero

Cristian Bonaldi, Silvana Milesi

Libro: Libro rilegato

editore: Corponove

anno edizione: 2021

pagine: 224

Cristian Bonaldi Che bella idea ebbero i primi abitanti di Oltre il Colle a scegliersi questo approdo montano fra cielo e roccia, trionfi di aurore, tramonti e la musica di notti stellate, fra le vette più alte delle Prealpi Lombarde, fra boschi di pini e di faggii, su distese di prati che, in alta quota, diventano un giardino botanico di fiori tra i più rari della flora alpina. La bellezza fu il motivo secondario per accettare di riprendere in mano il libro di Cristian, interrotto d'improvviso lasciando tutti costernati. Motivo primario fu il rapporto di collaborazione con i due precedenti libri di Cristian, "C'era una volta" 1 e 2, quasi premessa a questa bimillenaria storia di Oltre il Colle, che inizia da Plinio il Vecchio. Narra Plinio delle miniere di calamina nella terra di Bergamo, che si estraeva nel distretto minerario di Dossena-Oltre il Colle. Era già vasto lo sfruttamento delle miniere di Arera e Vaccareggio del popolo etrusco, dei Galli Cenomani, poi dei Romani, che deportarono i "damnati ad metalla" tramite i quali forse giunsero qui le prime radici cristiane. Ci stupisce apprendere che nel Medioevo, quando i vescovi sedevano in cattedre d'avorio col pastorale in pugno e la spada al fianco, il vescovo di Bergamo era feudatario dall'Arera, al Branchino, al Vedro, al monte Menna con diritto esclusivo di caccia dell'orso e del camoscio. Si dia uno sguardo al dettagliato indice per vedere l'intrecciarsi con la storia nazionale, sempre vista nella prospettiva locale, e ci si soffermi si commoventi volti dei giovani soldati che partirono con un sorriso buono. per non più tornare. Non meno commovente il ricordo dei minatori che persero la vita in miniera, in un partecipe delineare la loro identità umana. Se è vero che non si dà aristocrazia senza antichità, Oltre il Colle può vantare l'antichità della chiesa di Grimoldo costruita nel 1363, ampliando una cappella risalente al 1250. Un'aristocrazia anche d'animo e di umiltà nel carattere e nel lavoro di uomini e donne, nella fatica dei campi, dell'allevamento, delle miniere, che esigevano anche la fatica dei ragazzi a trasportare il materiale grezzo alla laveria, dove le taissine, con ogni intemperia, lo cernevano e lavavano in vasche d'acqua, oltre ad accudire i figli, rigovernare la casa e gli animali, lavorando "da stelle a stelle", da quelle del mattino a quelle della notte. Un'aristocrazia nell'aprirsi al turismo, allo sport, alla bellezza delle salite, alla passione per la musica e alla fede profonda nell'edificare chiese e cappelle, innalzando la Croce sulle vette più alte, salendovi forse come i biblici patriarchi per parlare con Dio. Oltre il Colle non è un luogo anonimo, è un luogo con un volto plasmato nei secoli dai suoi abitanti e nei millenni dalla meravigliosa natura. La poetessa Mary Oliver scrive: «Presta attenzione, sii attonito, raccontane». Così ha fatto Cristian: ha prestato attenzione, si è stupito, ha raccontato la bellezza e la storia di Oltre il Colle. Era poco più che un ragazzo Cristian, non aveva ancora 45 anni. Una domenica sera ha posato la penna e ha spento il computer. Il "suo" libro di Oltre il Colle poteva dirsi quasi finito, almeno nella sua prima stesura storica. Sua figlia Chiara lo avrebbe letto come prezioso bagaglio per varcare più sicura la soglia del futuro. Era la domenica 28 giugno dell'anno del Signore 2020. Andando a dormire a notte inoltrata, forse Cristian avrà pensato all'esigente Vangelo di quella domenica: «Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me...Ma chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli... non perderà la sua ricompensa». Quanti bicchieri d'acqua fresca aveva donato Cristian con i suoi libri! S'avviò verso il riposo della notte stellata, l'ultima sua notte terrena. Un incanto le foto di Marco e Gina con paesaggi più volte ritratti con lo stesso spirito con cui Monet dipinse le sue 38 cattedrali di Rouen.
32,00

Carona: gli anni della rivolta la tormentata vicenda di due chiese e una comunità

Denis Pianetti

Libro: Libro in brossura

editore: Corponove

anno edizione: 2021

pagine: 216

Denis Pianetti Denis Pianetti, autore ben conosciuto soprattutto per il successo del suo libro "Cronaca di una Vendetta - La vera storia di Simone Pianetti", districandosi con perizia tra la miriade di documenti, lettere, relazioni, ingiunzioni, articoli di giornale, ha saputo delineare una storia quasi dimenticata, una storia travagliata di Carona e della sua gente, cogliendone le complesse dinamiche, evidenziando i caratteri dei principali protagonisti, facendoli rivivere e agire in queste pagine a distanza di oltre un secolo. Era il 12 giugno 1921. Alla presenza del Vescovo di Bergamo Mons. Luigi Maria Marelli, fu consacrata la nuova chiesa parrocchiale di Carona, antico borgo alpestre situato lungo il fiume Brembo tra le montagne dell'alta Valle Brembana, un evento comune ad altri paesi, se non che all'origine di quella chiesa vi è una storia particolare. E piuttosto drammatica. Un paese diviso in due, al di là di evidenti lotte fra partiti, decine di carabinieri a sedare sommosse e a proteggere sacerdoti minacciati di morte, battesimi e funerali celebrati "in proprio" da una parte dei parrocchiani, senza la presenza di alcun prete. Una discordia protrattasi per diversi anni, dai primi del Novecento fino ai giorni della consacrazione. Protagoniste due contrade, Fiumenero e Porta: la prima dove sorge l'antica chiesa quattrocentesca, ostile alla seconda contrada, perché con immani sforzi e sacrifici, si è voluta la chiesa grandiosa, quale si ammira oggi. Le divergenze d'animi, giunte al loro culmine fra il 1913 e il 1914, ebbero conseguenze dolorose per l'intero paese, rimasto senza parroco e senza curato, tanto che dovettero intervenire le forze dell'ordine e autorità come l'on. Bortolo Belotti, il Vescovo Radini Tedeschi e il suo successore Marelli. I fatti di Carona - scrive Tarcisio Bottani - vengono contestualizzati nel più esteso ambito della Valle Brembana di quel periodo, focalizzando l'attenzione sulle non facili condizioni delle comunità di montagna, rispetto ai paesi del fondovalle, e in particolare di San Pellegrino. La contesa fu lunga, estenuante, feroce, condotta senza esclusione di colpi, che vede i "ribelli" accanirsi, senza concrete prospettive di successo, contro le autorità religiose e civili, contro i compaesani della parte opposta, tra i quali non mancavano amici e parenti. Si immagini quale sarà stato lo strazio di chi dovette dare l'estremo saluto ai propri cari, non di rado bambini, senza il conforto delle funzioni religiose e senza l'assistenza del parroco. Quale valutazione possiamo dare di questo quarto di secolo di divisioni, dispute e battaglie in cui fu coinvolta la popolazione di Carona? Quale giudizio sulla disperata contesa degli abitanti di Fiumenero per difendere la loro vecchia chiesa? Non c'è dubbio: un giudizio di grande rispetto, al di là della condivisione o meno delle ragioni che essi potevano addurre. Il rispetto che si deve a chi ha avuto la forza di lottare e di pagare di persona, anche a costo di rinunciare al conforto della pratica religiosa, non per qualcosa di attinente all'interesse materiale e individuale, ma per quello che ritenevano il bene comune. Una storia di lotte e di antagonismi, di errori e di pentimenti. La Grande Guerra e la febbre spagnola smorzarono alla fine i toni della rivolta e, dopo anni di tensioni, e di insoliti quanto curiosi episodi, anche gli ultimi ribelli presero la strada del pentimento e della conversione, varcando la soglia della nuova chiesa.
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